chasing_medea: (Default)
melwrites ([personal profile] chasing_medea) wrote2020-03-21 09:53 pm
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Verba volant, scripta manent

Titolo: Verba volant, scripta manent
Fandom: Percy Jackson
Missione: M5 - Verba volant, scripta manent
Parole: 2222
Rating: nsfw

Nico non odiava il suo lavoro; certo, l’arredamento della tavola calda sembrava uscito direttamente dagli anni ’50, il turno di pranzo era un incubo ed essere gentile con i clienti non era il suo forte, ma la paga era buona, gli lasciavano tenere le mance e aveva diritto al pranzo gratis – che per uno studente universitario fuori sede costantemente al verde non era sicuramente qualcosa da sottovalutare. Lavorava lì dal suo primo anno, quando si era trasferito da Washington a New York per frequentare il corso di arte all’università; per mettere qualcosa da parte aveva cominciato a cercare lavoro e la proprietaria di quel posto, una donna di mezza età che lo aveva ereditato dai suoi nonni, lo aveva preso con sé.
Nel complesso, sì, non odiava il suo lavoro. O almeno questo era quello che pensava quel giorno, quando ancora non erano cominciate le lezioni, studenti e professori non avevano ancora ricominciato a dare l’assalto al locale e durante il turno di pranzo poteva ancora respirare. Quello che odiava erano i suoi amici, che, da quando aveva cominciato a lavorare, avevano eletto quel posto a ritrovo per il pranzo proprio per vederlo costretto a sorridere ai clienti e prenderlo in giro. Si avvicinò al loro tavolo.
«Nico! Stasera andiamo a bere!» gli urlò Percy esaltato, l’estate passata al mare gli aveva scurito ancora di più la pelle già scura: erano lontani i tempi in cui aveva avuto una cotta per lui, ma doveva oggettivamente riconoscere di comprendere come mai mezza facoltà di biologia avesse perso la testa per lui, che però aveva perso la testa per una bionda di architettura – ad oggi nessuno ancora sapeva come avesse fatto, alla fine, per farla cadere ai suoi piedi.
«Domani iniziano le lezioni» provò a ricordargli Annabeth, la sua ragazza.
«Proprio per questo! Non ci sarà ancora nessuno nei locali e i posti migliori saranno liberi!»
«Non mi sembra una buona idea» provò a intervenire Jason.
Sapevano tutti che quella discussione era inutile e che alla fine avrebbero comunque fatto come voleva Percy, ma era ancora il periodo dell’anno in cui provavano ad opporsi.
Nico fu il primo ad arrendersi: «Ditemi ora e posto». Ritornò al suo lavoro e li lasciò a discutere sui programmi della serata.

Finito il suo turno tornò al suo dormitorio e si fece una doccia prima di raggiungere gli altri in un piccolo pub non lontano dal campus che di solito era sempre pieno. Si ordinò una birra e si sedette con gli altri. Dopo qualche drink Piper e Jason pomiciavano in un angolo e Nico, guardandosi intorno, si rese conto di essere l’unico nel suo gruppo di amici a non avere nessuno: Annabeth e Percy erano praticamente inseparabili dal primo anno di università, Hazel – la sua sorellastra – e Frank alla fine dell’anno precedente avevano finalmente deciso di confessarsi e si erano messi insieme; persino Leo e Calypso, nonostante i loro continui battibecchi, potevano essere considerati una coppia stabile da quasi due anni. A Nico in genere non pesava la situazione, ma c’erano serate, come quella, in cui non poteva fare a meno di sentirsi un po’ solo: la sua ultima relazione stabile risaliva a prima di cominciare l’università, da allora aveva avuto parecchi flirt, ma nulla che durasse più di un paio di settimane e un po’ sentiva la mancanza di avere una persona accanto.
Ordinò un altro drink, e poi un altro ancora.

Come conseguenza la mattina dopo si svegliò tardi, perse la sua prima lezione e arrivò al suo turno senza essere minimamente pronto ad affrontare la giornata. Reyna, la sua collega, lo guardò comprensiva, ma venne solamente fulminata in risposta.
Con sua somma sorpresa, nonostante tutto, riuscì a portare a casa il turno senza incidenti. Quando andò a controllare il suo barattolo per le mance trovò un pezzetto di carta piegato in quattro con cura:

Lo sapevi che per sorridere si possono usare da 5 a 53 muscoli? E che anche forzare il sorriso può migliorare l’umore?

era scritto al suo interno con una calligrafia sottile e precisa.
Era forse un commento al suo turno? Non era veramente in giornata per scherzi del genere. A passo spedito si diresse verso il tavolo dove erano seduti i suoi amici: «Vi sembra divertente?», chiese sbattendo sul tavolo il biglietto. Gli altri lo guardarono incuriositi.
Annabeth si prese un attimo per leggere cosa ci fosse scritto sul foglio: «Nico, non è stato nessuno di noi».
Ci vollero alcuni minuti e numerosi interventi per riuscire a convincere il ragazzo; tornò al suo dormitorio stringendo ancora il foglietto nel pugno, pronto a strapparlo in mille pezzi e lanciarlo dalla finestra, ma alla fine lo distese e lo chiuse nel cassetto della sua scrivania.

Per una settimana Nico non pensò più all’incidente. Quel giorno era un turno abbastanza tranquillo – la ressa dell’ora di pranzo era passata e solo pochi studenti erano rimasti ai tavoli. Nico stava approfittando del momento tranquillo per portare avanti il suo progetto per il corso di disegno realistico sul blocco che gli aveva regalato Reyna, stanca di sostituire in continuazione i fazzoletti su cui di solito disegnava nei vari dispenser. Ispirandosi ad una mostra su Leonardo Da Vinci che aveva visto quell’estate in Italia aveva deciso di provare a riprodurre l’interno di un corpo umano. Il suo capo gli aveva anche consentito di scegliere la musica che risuonava nel locale quel giorno e Nico aveva scelto un disco dei Pearl Jam e disegnava muovendo la testa a ritmo e canticchiando tra sé.
Quando arrivò la fine del suo turno guardò come al solito nel suo barattolo; si sorprese a trovarci un altro biglietto. Si guardò intorno alla ricerca di qualche viso conosciuto, ma non vide nessuno – neanche i suoi amici avevano pranzato lì quel giorno. Aprì il foglietto con cautela, quasi temesse di vederlo esplodere:

I feti umani reagiscono alla musica rock con i calci.

Ancora non sapeva bene cosa significasse tutto quello, ma aveva un progetto da portare avanti e non aveva il tempo per preoccuparsene; tornato nel dormitorio mise quel biglietto insieme all’altro e tornò al suo blocco.
Passò così un altro mese, le temperature si abbassavano, gli impegni scolastici si facevano sempre più pressanti e occasionalmente Nico riceveva altri biglietti con le più assurde curiosità mediche che avesse mai letto: si era anche ritrovato a cercarle su internet una sera, solo per scoprire che, in effetti, erano tutte vere. Nico si ritrovava sempre più spesso di quanto avrebbe voluto (o dovuto) a fare le ore piccole per portare a termine qualche compito e quel giorno non era da meno: aveva passato l’intera notte in bianco ed era a malapena riuscito a rispettare la consegna quella mattina e adesso si ritrovava a bere la terza tazza di caffè nel corso del suo turno nella speranza di non addormentarsi nel tragitto dalla cucina ai tavoli.
Non si sorprese più di tanto quando trovò un altro biglietto:

Lo sai che si può avere un’overdose da caffè?
(servirebbe berne almeno un centinaio di tazze ma può comunque succedere)


Era il momento di affrontare la questione. Magari dopo una bella dormita, ma era arrivato il momento di capirci qualcosa.
Quello che fino a quel momento era riuscito a capire dai biglietti era che, chiunque fosse, sapeva il suo nome – probabilmente aveva letto la sua targhetta, quindi doveva essersi seduto ad un tavolo che lui aveva servito. Sapeva poi che, chiunque fosse, faceva attenzione a quello che faceva – dopotutto quel giorno aveva notato l’incremento dei suoi consumi di caffeina. Si chiese distrattamente se, chiunque fosse, fosse uno stalker e se avesse dovuto preoccuparsi invece che cercare di capirci qualcosa, ma accantonò rapidamente il pensiero.
Nico si rese anche conto che stava continuando a pensare al maschile: aveva dato per scontato che la calligrafia fosse di un uomo, ma se non fosse stato così?
E se fosse stato tutto uno scherzo? Gli continuava a sembrare improbabile dover considerare tutto quello che stava succedendo come una sorta di approccio. Sua sorella Hazel continuava a dirgli che aveva un look da bello e dannato, con i suoi indomabili capelli scuri, la pelle chiarissima e gli svariati piercing.
In ogni caso Nico doveva sapere: quella sera Nico elaborò un piano.
Il giorno dopo, non appena vide i suoi amici entrare nel locale, afferrò per un braccio Percy e Jason e li fece sedere al bancone: «D’ora in poi voi mangerete qui. Controllate chiunque metta qualcosa nel mio barattolo delle mance. Se qualcuno infila un biglietto non fate nulla, assolutamente nulla: non vi fate notare e senza fare cazzate me lo indicate. Tutto chiaro?».
I due annuirono perplessi e anche leggermente spaventati.
Alla fine del suo turno Nico trovò un altro biglietto: l’occhio umano può distinguere fino a 10 milioni di colori.
Che fosse anche questo un commento personale? Aveva forse visto i suoi colori in qualche modo?
I suoi amici cercarono di spiegargli chi avesse messo il biglietto, ma l’unico biondo con le lentiggini e dei cardigan discutibili che Nico aveva notato nel locale non poteva assolutamente essere lo stesso – sarebbe stato decisamente troppo per il povero cuore di Nico: quel ragazzo era veramente troppo bello e Nico si era incantato a guardarlo fin troppo spesso. Dai discorsi che aveva sentito doveva essere uno studente di medicina, avrebbe avuto senso. Ma non poteva assolutamente essere lui. O almeno di questo provò a convincersi.
Quando i suoi amici glielo indicarono in giro per il campus Nico entrò in una zona di paturnie mentali completamente nuova. Passò i suoi turni successivi a osservarlo nella speranza di non essere troppo evidente – la missione fallì, a giudicare dalle battute che cominciò a fargli Reyna.
Perché uno così doveva andare a mettere biglietti nel suo barattolo delle mance? Non aveva senso. Forse era uno scherzo studiato con i tizi con cui pranzava di solito? Nico non riusciva a capire.

Il sabato sera era in programma una grossa festa universitaria, l’anniversario della fondazione del campus, e i suoi amici le avevano provate tutte per convincerlo ad andare senza risultati. Finché non intervenne Piper: «Forse ci sarà anche il tuo biondino».
Nico fulminò con lo sguardo Jason e Percy: gli sembrava di essere stato abbastanza chiaro quando gli aveva detto che non avrebbero dovuto far parola con nessuno degli avvenimenti recenti, ma con quei due era sempre e solo fiato sprecato. E, gli scocciava ammetterlo, ma in fondo Piper non aveva tutti i torti – forse lo avrebbe incontrato, gli avrebbe potuto dire che questi stupidi scherzi non attaccavano e chiudere lì una volta per tutte la questione. Il pensiero di non ricevere più quei bigliettini, però, lo rendeva inspiegabilmente di cattivo umore. Alla fine, Nico si arrese e andò con gli altri alla festa. Con la giusta dose di alcol in corpo cominciò anche a ballare.
Non sapeva bene da quanto fossero lì quando Piper e Jason gli fecero cenno di guardarsi alle spalle; Nico vide il biondino che a malapena riusciva a togliersi dalla testa ultimamente.
Fece un cenno agli alti e andò nella sua direzione, camminò spedito verso di lui: «Tu!».
Era più alto di lui. E da vicino era ancora più bello. Sorrise a Nico – e oddio, non poteva avere anche le fossette! – e si presento: «Piacere, Will!».
«Perché?» gli chiese Nico.
«Non sapevo come parlarti» ammise l’altro, ma la musica era ripartita e per parlargli era stato costretto ad avvicinarsi al suo orecchio. Profumava di buono.
Senza pensare bene a quello che stava facendo Nico lo afferrò per il colletto della maglietta e lo baciò – sapeva di mela verde, qualche stupido cocktail probabilmente. L’altro ricambiò con entusiasmo. Nico gli morse le labbra e continuò a baciarlo spingendolo verso il bagno e richiudendo la porta del cunicolo alle loro spalle, lo aveva sbattuto contro la parete e senza troppe cerimonie si era inginocchiato per terra, troppo ubriaco per preoccuparsi di dove veramente fosse. L'altro provò a fermarlo, a ricordargli che aveva probabilmente bevuto troppo e che forse non era il caso di fare una cosa del genere, ma a Nico in quel momento non importava. Voleva togliersi tutta quella storia dal sistema, voleva togliersi quel ragazzo dal sistema, voleva tornare alla sua vita normale e non pensare più a lui, al suo sorriso, ai suoi capelli biondi o ai suoi adorabili biglietti. Qualunque storia fosse quella storia sarebbe finita lì, in quel bagno.

La mattina dopo Nico non riusciva a ricordare bene cosa fosse successo dopo essersi inginocchiato davanti all’altro. Probabilmente si era alzato e se ne era andato, come aveva sempre fatto. Gli faceva male tutto, gli faceva male la testa e le ginocchia e non riusciva a credere si essersi veramente inginocchiato in un bagno pubblico durante una festa universitaria. Avrebbe dovuto bruciare quei jeans ed erano anche i suoi preferiti.
Qualunque cosa fosse stato tutto quello ormai era finito, il biondo – Will, ricordò – aveva probabilmente avuto quello che voleva e lui avrebbe smesso di ricevere strani foglietti.
Quando quel lunedì tornò al lavoro era di umore pessimo – non aveva ancora pienamente ammesso a sé stesso di volerne ancora di quei biglietti.
Will non era con il suo solito gruppo.
Nico si sorprese quando, alla fine del suo turno, contro ogni aspettativa, trovò l’ennesimo biglietto:

Cena?
- Will 555-xxx