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different colors
Titolo: different colors
Fandom: Yuri on Ice
Prompt: A volte le cose buone devono finire perché le cose migliori abbiano inizio. Ogni storia ha una fine, ma nella vita ogni fine è sempre un nuovo inizio.”
Parole: 2327
Rating: safe
Yuri lo sa ancora prima che Victor apra la bocca quello che gli deve dire. Lo ha letto nei suoi ritardi, nelle sue risposte evasive, nel nuovo bagliore nei suoi occhi.
Non può nemmeno fargliene una colpa. Avevano creduto di essere più forti del destino e questo è quello che si meritano per la loro arroganza.
Victor, seduto sul divano del loro appartamento, tiene lo sguardo basso, gioca nervosamente con le dita. Yuri, distante da lui, con la schiena contro il muro aspetta che l’altro dica ciò che deve dire.
- Yurio… io… Mi dispiace. L’ho trovato -, gli dice con la voce che trema.
Ha trovato il suo soulmate, la persona che porta su di sé lo stesso marchio che Victor porta sul costato. Quei quattro pallini colorati su cui innumerevoli volte Yuri ha fatto passare le labbra, incurante che quei colori non fossero uguali ai suoi, prendendosi gioco di quel destino che non lo aveva conosciuto abbastanza bene da sapere che si sarebbe opposto a lui con tutte le sue forze.
Victor singhiozza, tiene i gomiti sulle ginocchia e il viso nascosto tra le mani e Yuri non urla, non questa volta. Si avvicina a lui, gli passa una mano tra i capelli e posa un bacio sulla vertigine al centro della sua testa, là dove i capelli hanno cominciato a diradarsi. Lo supera e si dirige verso la loro camera da letto. Tira fuori una valigia da sotto il letto, la riempie delle sue cose e esce dall'appartamento senza voltarsi indietro.
I giorni successivi scorrono annebbiati. Yuri sa di non stare bene, ma non sta neanche male. Tutto sembra scorrergli addosso senza toccarlo veramente, come se una bolla si fosse creata tra sé e il mondo. Tutto gli arriva ovattato. Continua ad andare ai suoi allenamenti, continua a prendersi cura del suo corpo, a mangiare quello che prevede la sua dieta e a dormire otto ore a notte, e a parlare con suo nonno da cui è tornato a stare per qualche giorno, ma le azioni non lo toccano davvero.
Ogni volta che si aggira per le strade di San Pietroburgo ogni cosa si gli ricorda loro.
Quando gli offrono il posto da Primo Ballerino per il Teatro dell’Opera di Astana, in Kazakhistan non riesce a crederci. Fino a qualche tempo prima avrebbe detto che se non fosse rimasto in Russia non ne sarebbe valsa la pena, ma non può più stare lì, lo sa.
Non può ballare se non sente il suo corpo, non può ballare se tutto sembra così distante.
Per la seconda volta nell’ultimo mese Yuri prepara le valigie. Si volta indietro a guardare suo nonno al terminal prima di partire e lasciarsi la Russia alle spalle.
L'impatto con Astana è particolare. La città è molto diversa da San Pietroburgo e Yuri sa che è esattamente quello di cui ha bisogno in quel momento. Si sente un turista anche ben dopo che ha sistemato le sue cose nel suo nuovo appartamento, non molto distante dalla sala dove si terranno le prove. I suoi colleghi non sembrano male. Non che abbia mai avuto molto a che fare con i colleghi in Russia, sempre troppo concentrato su sè stesso e sulla propria scalata alla vetta, esattamente come tutti gli altri: l'atmosfera era tenuta competitiva al massimo, ma qui l'approccio sembra più alla collaborazione, al mettere su un bello spettacolo. Non che non ci siano rivalità, solo sembrano viverle in maniera più tranquilla.
Yuri scopre di star cominciando a rilassarsi, scopre che non è male avere qualcuno con cui fare due chiacchiere prima e dopo le prove. Tende a tenersi sulle sue, ma è piacevole non essere guardato costantemente come il nemico da battere. Qualcuno gli chiede anche di uscire, ma Yuri rifiuta sempre.
Il giorno delle prove generali arriva in un batter d'occhio e dopo un tempo infinito al tempo stesso. Il teatro è magnifico: Yuri lo guarda con gli occhi spalancati e le lacrime che spingono per uscire. Se l'esterno sembra un tempio greco, l'interno ricorda i grandi teatri europei, con stoffe ricche di un rosso cremisi e intarsi d'oro e con i suoi soffitti affrescati.
Calcherà quel palco nella sua prima volta da primo ballerino.
Mentre indossa la giacca rossa del principe Principe Désiré gli tremano leggermente le gambe, ma non può farlo vedere. L'orchestra si accomoda al proprio posto e possono cominciare le prove.
Yuri sa di essere sempre di un tempo in ritardo. Il passaggio dalla sala al palco non gli aveva mai fatto quell'effetto. Il coreografo, all'uscita, gli poggia una mano sulla spalla ma non dice nulla. Sanno entrambi che sa.
Yuri si cambia ed esce da lì. Mentre percorre i corridoi si scioglie i capelli dalle centinaia di forcine e lascia che le lunghe ciocche bionde tornino a coprirgli il viso. Gli viene da piangere, ma cerca di trattenersi. Percorre ad ampie falcate i corridoi del teatro fino a raggiungere il bar. Si accomoda pesantemente su uno sgabello e ordina un calice di vino.
- Puoi davvero bere il giorno prima della prima? -, gli chiede qualcuno con voce fredda, accomodandosi nello sgabello accanto al suo.
- Non sono affari tuoi -, gli risponde scorbutico.
Lo sconosciuto non sembra prendersela per il tono. - Probabilmente no -, dice solamente.
Fa un cenno al barista che porta anche a lui lo stesso calice di vino.
Yuri alza leggermente la testa e spia lo sconosciuto da dietro i capelli. Ha i tratti del volto decisi, occhi piccoli e scuri, un profilo regolare e la mascella squadrata. Porta i capelli neri quasi rasati ai lati e indossa lo smoking dei musicisti dell'orchestra a cui ha allentato il colletto.
- Puoi davvero bere il giorno prima della prima? -, lo stuzzica Yuri.
- Non sono affari tuoi -, gli risponde l'altro voltando leggermente la testa nella sua direzione. La sua voce non lascia passare nulla, ma il sorriso appena accennato rende evidente che lo sta prendendo in giro.
Yuri beve tutto d'un fiato il resto del vino nel suo calice, si alza e si allontana da lì. Lo sconosciuto non fa nulla per seguirlo.
La sera dopo, la prima va secondo i piani. Yuri riesce a fare un'esecuzione magistrale. Sente il proprio corpo muoversi esattamente come vuole. Il primo violino è limpido e cristallino, risuona nel suo petto, elegante e devastante come solo un violino può essere: diventa la sua guida nel corso del tutta l'opera. La sua mente lo isola dagli altri strumenti, sente solo quello. Penetra nelle sue ossa, rompe qualcosa fuori di lui e rinsalda qualcosa al suo interno.
Yuri ricorda come fosse all'inizio la danza, come fosse la sensazione di sentire come se nascesse dal suo movimento, in perfetta sinfonia. Dimentica la tecnica, dimentica il conto dei tempi. Si allinea con quel suono e lascia che la memoria corporea faccia il resto.
Non ricorda nulla, segue solo le sue sensazioni.
Quando l'opera arriva alla conclusione è il momento dei saluti. Yuri fa un passo avanti e si inchina, si prende gli applausi scroscianti. Sorride appena a sentirli.
Getta un'occhiata all'orchestra che, alla fine di tutto, si alza per prendere i suoi di applausi.
Cerca di vedere chi sia quel primo violino che l'ha scosso tanto e rimane ancora sconvolto nel vedere che è lo sconosciuto al bar del giorno prima.
Senza pensare a quello che sta facendo, Yuri si cambia, si scioglie i capelli e quasi corre fino al bar. Si siede di nuovo allo stesso sgabello, ordina lo stesso bicchiere di vino e aspetta.
Gli sembrano passare ore prima che lo sconosciuto si siede accanto a lui.
- Tu -. gli dice a denti stretti, quasi ringhiando.
- Io? -, gli risponde l'altro.
Yuri vorrebbe inveirgli contro. Non può arrivare e farlo sentire così con quel maledetto violino, non può arrivare e rompere tutto quello che ha costruito in quei mesi. Yuri è arrivato ad apprezzare la sua nuova vita, per quanto opaca, per quanto ovattata, ma sta bene adesso. Non sa come mettere tutto quello in parole senza sembrare un bambino capriccioso, ma vuole provarci. Rimane lì a denti stretti, cercando le parole.
- Mi chiamo Otabek -. gli dice improvvisamente l'altro, con il solito tono piatto.
Arriva anche il suo calice di vino, ne beve un sorso senza guardare in direzione di Yuri.
- Non mi interessa -, risponde Yuri.
- Lo so, ma volevo lo sapessi -.
Yuri digrigna i denti e non risponde.
- Mi è sempre piaciuta la danza -, dice improvvisamente Otabek. - Rimanevo incantato a guardare i ballerini. Mia madre mi portava spesso a teatro a vedere il balletto -.
- Ma non sei un ballerino -, interviene Yuri.
Non dovrebbe rispondere, non vuole continuare a parlare con quel tipo, ma qualcosa lo spinge a rispondere sempre, a non tagliare quel filo più sottile di un capello che li lega.
- Ci ho provato. Ho provato a prendere alcune lezioni di danza, ma non fa per me. Non ho la flessibilità, l'eleganza o le capacità fisiche per fare il ballerino. Ho dovuto trovare un'altro modo per rimanerci accanto -
- Che stai cercando di dirmi? -, ringhia Yuri.
- Che certe volte la chiusura di una strada non è una vera chiusura. Solo una deviazione. Ogni fine è un nuovo inizio -.
Su quelle parole Otabek si alza, lascia sul bancone abbastanza per pagare il vino di entrambi e si allontana.
Yuri rimane ancora un po' seduto lì in silenzio, sorseggia il suo vino, ma la mente è altrove.
La sera dopo, dopo la seconda replica, Yuri si ritrova di nuovo al bar. Le parole di Otabek hanno continuato a ronzargli per la testa per tutta la giornata.
Otabek lo raggiunge poco dopo.
- Che volevi dire? -, chiede Yuri.
- Uhm? -, risponde quello con la testa leggermente voltata nella sua direzione e il boccale di vino sospeso a mezz'aria.
- Ieri sera -
- Quello che ho detto -
- Ho l'aria di uno che ha le vie sbarrate? -, ringhia Yuri.
- Hai l'aria di uno che sta combattendo con tutte le forze per fortificare le barricate -
Yuri alza la testa di scatto con gli occhi spalancati. Non si è neanche preso la briga di sciogliersi i capelli quella sera, non ha neanche quella barriera che possa coprire quanto quelle parole lo colpiscano dritto allo stomaco.
- E tu che ne sai? -, prova ad attaccare in un estremo tentativo di difesa.
- Perchè ci assomigliamo. Hai gli occhi di chi ha lottato e si chiede se valga la pena farlo ancora -
Yuri distoglie lo sguardo, cerca di nascondersi dietro il suo boccale di vino. Lo finisce e va via, lascia a Otabek l'occorrenza di pagare il conto.
- Allora? Qual è la tua storia? -, gli chiede Otabek la quarta sera.
Yuri non risponde, sorseggia in silenzio. E' stata una giornata pessima e non è minimamente soddisfatto della sua esibizione serale. Meno che mai quella sera ha voglia di rispondere a una domande del genere.
Otabek rimane in silenzio accanto a lui. Bevono insieme e non parlano, ma il silenzio è confortevole.
Si alzano allo stesso momento per andar via. Quella sera paga Yuri.
Per due settimane vanno avanti così. Ogni sera, dopo la replica, si siedono agli stessi sgabelli, uno accanto all'altro e bevono un bicchiere di vino. La maggior parte delle volte arriva prima Yuri, alcune volte trova Otabek già seduto, con l'espressione seria, ma non si guarda intorno in attesa. E' sicuro che Yuri verrà. Parlano poco, certe sere non parlano affatto, ma ogni sera entrambi sono lì.
- Stavo con una persona -, esordisce una sera Yuri. Al suo arrivo ha trovato Otabek già lì, si è seduto accanto a lui e per un po' nessuno dei due ha detto nulla. - Stavamo insieme da sempre, da quando avevo 16 anni e lui 20. La sera del mio diciottesimo compleanno... -, sorride amaro al ricordo. - Finalmente sarebbe spuntato il mio marchio e sarebbe stato identico al suo e avremmo avuto entrambi la conferma di quello che sapevamo già -.
Otabek ascolta in silenzio.
- Ma il mio marchio spuntò ed era diverso dal suo. Doveva esserci un errore, per forza doveva esserci. Abbiamo deciso di rimanere insieme comunque. Quel marchio diverso era diventato il nostro simbolo: eravamo più forti del destino -.
Yuri sente la gola seccarsi e il naso pizzicare per le lacrime che stanno cominciando a spingere per scendere.
- Fino a che lui non ha incontrato il suo soulmate. All'inizio non ha detto nulla, ha provato a resistere, ma potevo vedere quanto fosse combattuto, fino a che non ha più resistito -.
Otabek annuisce. Non dice che gli dispiace, Yuri lo apprezza. Ordina un secondo bicchiere di vino per entrambi. Lo bevono in silenzio.
Arriva la sera dell'ultima replica. Si respira un'eccitazione particolare nei corridoi del teatro, un misto di eccitazione, gioia e nostalgia. Ci si chiede dove siano finite quelle due settimane che sono sembrate infinite. Avranno un paio di giorni di pausa e poi partiranno per Sydney, per un altro teatro.
Dopo lo spettacolo Yuri non si cambia neanche, non si scioglie i capelli. Quasi corre fino al bar. Otabek è già lì. Si è tolto la giacca, l'ha piegata ordinatamente e poggiata su uno sgabello libero lì accanto, si è tirato su le maniche della camicia.
Yuri si siede accanto a lui, il suo calice di vino è già lì, pronto per lui.
Comincia a sorseggiarlo in silenzio,
- Avranno un bar all'Opera House? -, chiede Otabek senza guardare nella sua direzione.
Yuri sorride. Volta leggermente la testa ed è allora che li vede. Quattro pallini colorati sull'avambraccio destro di Otabek, quello con cui tiene il bicchiere. Celeste, rosso, nero, bianco. Identici a quelli che Yuri vede sulla sua clavicola ogni volta che si guarda allo specchio.
Torna a guardare davanti a lui. - Sembra che l'Australia abbia ottimi vini -, risponde.
Fandom: Yuri on Ice
Prompt: A volte le cose buone devono finire perché le cose migliori abbiano inizio. Ogni storia ha una fine, ma nella vita ogni fine è sempre un nuovo inizio.”
Parole: 2327
Rating: safe
Yuri lo sa ancora prima che Victor apra la bocca quello che gli deve dire. Lo ha letto nei suoi ritardi, nelle sue risposte evasive, nel nuovo bagliore nei suoi occhi.
Non può nemmeno fargliene una colpa. Avevano creduto di essere più forti del destino e questo è quello che si meritano per la loro arroganza.
Victor, seduto sul divano del loro appartamento, tiene lo sguardo basso, gioca nervosamente con le dita. Yuri, distante da lui, con la schiena contro il muro aspetta che l’altro dica ciò che deve dire.
- Yurio… io… Mi dispiace. L’ho trovato -, gli dice con la voce che trema.
Ha trovato il suo soulmate, la persona che porta su di sé lo stesso marchio che Victor porta sul costato. Quei quattro pallini colorati su cui innumerevoli volte Yuri ha fatto passare le labbra, incurante che quei colori non fossero uguali ai suoi, prendendosi gioco di quel destino che non lo aveva conosciuto abbastanza bene da sapere che si sarebbe opposto a lui con tutte le sue forze.
Victor singhiozza, tiene i gomiti sulle ginocchia e il viso nascosto tra le mani e Yuri non urla, non questa volta. Si avvicina a lui, gli passa una mano tra i capelli e posa un bacio sulla vertigine al centro della sua testa, là dove i capelli hanno cominciato a diradarsi. Lo supera e si dirige verso la loro camera da letto. Tira fuori una valigia da sotto il letto, la riempie delle sue cose e esce dall'appartamento senza voltarsi indietro.
I giorni successivi scorrono annebbiati. Yuri sa di non stare bene, ma non sta neanche male. Tutto sembra scorrergli addosso senza toccarlo veramente, come se una bolla si fosse creata tra sé e il mondo. Tutto gli arriva ovattato. Continua ad andare ai suoi allenamenti, continua a prendersi cura del suo corpo, a mangiare quello che prevede la sua dieta e a dormire otto ore a notte, e a parlare con suo nonno da cui è tornato a stare per qualche giorno, ma le azioni non lo toccano davvero.
Ogni volta che si aggira per le strade di San Pietroburgo ogni cosa si gli ricorda loro.
Quando gli offrono il posto da Primo Ballerino per il Teatro dell’Opera di Astana, in Kazakhistan non riesce a crederci. Fino a qualche tempo prima avrebbe detto che se non fosse rimasto in Russia non ne sarebbe valsa la pena, ma non può più stare lì, lo sa.
Non può ballare se non sente il suo corpo, non può ballare se tutto sembra così distante.
Per la seconda volta nell’ultimo mese Yuri prepara le valigie. Si volta indietro a guardare suo nonno al terminal prima di partire e lasciarsi la Russia alle spalle.
L'impatto con Astana è particolare. La città è molto diversa da San Pietroburgo e Yuri sa che è esattamente quello di cui ha bisogno in quel momento. Si sente un turista anche ben dopo che ha sistemato le sue cose nel suo nuovo appartamento, non molto distante dalla sala dove si terranno le prove. I suoi colleghi non sembrano male. Non che abbia mai avuto molto a che fare con i colleghi in Russia, sempre troppo concentrato su sè stesso e sulla propria scalata alla vetta, esattamente come tutti gli altri: l'atmosfera era tenuta competitiva al massimo, ma qui l'approccio sembra più alla collaborazione, al mettere su un bello spettacolo. Non che non ci siano rivalità, solo sembrano viverle in maniera più tranquilla.
Yuri scopre di star cominciando a rilassarsi, scopre che non è male avere qualcuno con cui fare due chiacchiere prima e dopo le prove. Tende a tenersi sulle sue, ma è piacevole non essere guardato costantemente come il nemico da battere. Qualcuno gli chiede anche di uscire, ma Yuri rifiuta sempre.
Il giorno delle prove generali arriva in un batter d'occhio e dopo un tempo infinito al tempo stesso. Il teatro è magnifico: Yuri lo guarda con gli occhi spalancati e le lacrime che spingono per uscire. Se l'esterno sembra un tempio greco, l'interno ricorda i grandi teatri europei, con stoffe ricche di un rosso cremisi e intarsi d'oro e con i suoi soffitti affrescati.
Calcherà quel palco nella sua prima volta da primo ballerino.
Mentre indossa la giacca rossa del principe Principe Désiré gli tremano leggermente le gambe, ma non può farlo vedere. L'orchestra si accomoda al proprio posto e possono cominciare le prove.
Yuri sa di essere sempre di un tempo in ritardo. Il passaggio dalla sala al palco non gli aveva mai fatto quell'effetto. Il coreografo, all'uscita, gli poggia una mano sulla spalla ma non dice nulla. Sanno entrambi che sa.
Yuri si cambia ed esce da lì. Mentre percorre i corridoi si scioglie i capelli dalle centinaia di forcine e lascia che le lunghe ciocche bionde tornino a coprirgli il viso. Gli viene da piangere, ma cerca di trattenersi. Percorre ad ampie falcate i corridoi del teatro fino a raggiungere il bar. Si accomoda pesantemente su uno sgabello e ordina un calice di vino.
- Puoi davvero bere il giorno prima della prima? -, gli chiede qualcuno con voce fredda, accomodandosi nello sgabello accanto al suo.
- Non sono affari tuoi -, gli risponde scorbutico.
Lo sconosciuto non sembra prendersela per il tono. - Probabilmente no -, dice solamente.
Fa un cenno al barista che porta anche a lui lo stesso calice di vino.
Yuri alza leggermente la testa e spia lo sconosciuto da dietro i capelli. Ha i tratti del volto decisi, occhi piccoli e scuri, un profilo regolare e la mascella squadrata. Porta i capelli neri quasi rasati ai lati e indossa lo smoking dei musicisti dell'orchestra a cui ha allentato il colletto.
- Puoi davvero bere il giorno prima della prima? -, lo stuzzica Yuri.
- Non sono affari tuoi -, gli risponde l'altro voltando leggermente la testa nella sua direzione. La sua voce non lascia passare nulla, ma il sorriso appena accennato rende evidente che lo sta prendendo in giro.
Yuri beve tutto d'un fiato il resto del vino nel suo calice, si alza e si allontana da lì. Lo sconosciuto non fa nulla per seguirlo.
La sera dopo, la prima va secondo i piani. Yuri riesce a fare un'esecuzione magistrale. Sente il proprio corpo muoversi esattamente come vuole. Il primo violino è limpido e cristallino, risuona nel suo petto, elegante e devastante come solo un violino può essere: diventa la sua guida nel corso del tutta l'opera. La sua mente lo isola dagli altri strumenti, sente solo quello. Penetra nelle sue ossa, rompe qualcosa fuori di lui e rinsalda qualcosa al suo interno.
Yuri ricorda come fosse all'inizio la danza, come fosse la sensazione di sentire come se nascesse dal suo movimento, in perfetta sinfonia. Dimentica la tecnica, dimentica il conto dei tempi. Si allinea con quel suono e lascia che la memoria corporea faccia il resto.
Non ricorda nulla, segue solo le sue sensazioni.
Quando l'opera arriva alla conclusione è il momento dei saluti. Yuri fa un passo avanti e si inchina, si prende gli applausi scroscianti. Sorride appena a sentirli.
Getta un'occhiata all'orchestra che, alla fine di tutto, si alza per prendere i suoi di applausi.
Cerca di vedere chi sia quel primo violino che l'ha scosso tanto e rimane ancora sconvolto nel vedere che è lo sconosciuto al bar del giorno prima.
Senza pensare a quello che sta facendo, Yuri si cambia, si scioglie i capelli e quasi corre fino al bar. Si siede di nuovo allo stesso sgabello, ordina lo stesso bicchiere di vino e aspetta.
Gli sembrano passare ore prima che lo sconosciuto si siede accanto a lui.
- Tu -. gli dice a denti stretti, quasi ringhiando.
- Io? -, gli risponde l'altro.
Yuri vorrebbe inveirgli contro. Non può arrivare e farlo sentire così con quel maledetto violino, non può arrivare e rompere tutto quello che ha costruito in quei mesi. Yuri è arrivato ad apprezzare la sua nuova vita, per quanto opaca, per quanto ovattata, ma sta bene adesso. Non sa come mettere tutto quello in parole senza sembrare un bambino capriccioso, ma vuole provarci. Rimane lì a denti stretti, cercando le parole.
- Mi chiamo Otabek -. gli dice improvvisamente l'altro, con il solito tono piatto.
Arriva anche il suo calice di vino, ne beve un sorso senza guardare in direzione di Yuri.
- Non mi interessa -, risponde Yuri.
- Lo so, ma volevo lo sapessi -.
Yuri digrigna i denti e non risponde.
- Mi è sempre piaciuta la danza -, dice improvvisamente Otabek. - Rimanevo incantato a guardare i ballerini. Mia madre mi portava spesso a teatro a vedere il balletto -.
- Ma non sei un ballerino -, interviene Yuri.
Non dovrebbe rispondere, non vuole continuare a parlare con quel tipo, ma qualcosa lo spinge a rispondere sempre, a non tagliare quel filo più sottile di un capello che li lega.
- Ci ho provato. Ho provato a prendere alcune lezioni di danza, ma non fa per me. Non ho la flessibilità, l'eleganza o le capacità fisiche per fare il ballerino. Ho dovuto trovare un'altro modo per rimanerci accanto -
- Che stai cercando di dirmi? -, ringhia Yuri.
- Che certe volte la chiusura di una strada non è una vera chiusura. Solo una deviazione. Ogni fine è un nuovo inizio -.
Su quelle parole Otabek si alza, lascia sul bancone abbastanza per pagare il vino di entrambi e si allontana.
Yuri rimane ancora un po' seduto lì in silenzio, sorseggia il suo vino, ma la mente è altrove.
La sera dopo, dopo la seconda replica, Yuri si ritrova di nuovo al bar. Le parole di Otabek hanno continuato a ronzargli per la testa per tutta la giornata.
Otabek lo raggiunge poco dopo.
- Che volevi dire? -, chiede Yuri.
- Uhm? -, risponde quello con la testa leggermente voltata nella sua direzione e il boccale di vino sospeso a mezz'aria.
- Ieri sera -
- Quello che ho detto -
- Ho l'aria di uno che ha le vie sbarrate? -, ringhia Yuri.
- Hai l'aria di uno che sta combattendo con tutte le forze per fortificare le barricate -
Yuri alza la testa di scatto con gli occhi spalancati. Non si è neanche preso la briga di sciogliersi i capelli quella sera, non ha neanche quella barriera che possa coprire quanto quelle parole lo colpiscano dritto allo stomaco.
- E tu che ne sai? -, prova ad attaccare in un estremo tentativo di difesa.
- Perchè ci assomigliamo. Hai gli occhi di chi ha lottato e si chiede se valga la pena farlo ancora -
Yuri distoglie lo sguardo, cerca di nascondersi dietro il suo boccale di vino. Lo finisce e va via, lascia a Otabek l'occorrenza di pagare il conto.
- Allora? Qual è la tua storia? -, gli chiede Otabek la quarta sera.
Yuri non risponde, sorseggia in silenzio. E' stata una giornata pessima e non è minimamente soddisfatto della sua esibizione serale. Meno che mai quella sera ha voglia di rispondere a una domande del genere.
Otabek rimane in silenzio accanto a lui. Bevono insieme e non parlano, ma il silenzio è confortevole.
Si alzano allo stesso momento per andar via. Quella sera paga Yuri.
Per due settimane vanno avanti così. Ogni sera, dopo la replica, si siedono agli stessi sgabelli, uno accanto all'altro e bevono un bicchiere di vino. La maggior parte delle volte arriva prima Yuri, alcune volte trova Otabek già seduto, con l'espressione seria, ma non si guarda intorno in attesa. E' sicuro che Yuri verrà. Parlano poco, certe sere non parlano affatto, ma ogni sera entrambi sono lì.
- Stavo con una persona -, esordisce una sera Yuri. Al suo arrivo ha trovato Otabek già lì, si è seduto accanto a lui e per un po' nessuno dei due ha detto nulla. - Stavamo insieme da sempre, da quando avevo 16 anni e lui 20. La sera del mio diciottesimo compleanno... -, sorride amaro al ricordo. - Finalmente sarebbe spuntato il mio marchio e sarebbe stato identico al suo e avremmo avuto entrambi la conferma di quello che sapevamo già -.
Otabek ascolta in silenzio.
- Ma il mio marchio spuntò ed era diverso dal suo. Doveva esserci un errore, per forza doveva esserci. Abbiamo deciso di rimanere insieme comunque. Quel marchio diverso era diventato il nostro simbolo: eravamo più forti del destino -.
Yuri sente la gola seccarsi e il naso pizzicare per le lacrime che stanno cominciando a spingere per scendere.
- Fino a che lui non ha incontrato il suo soulmate. All'inizio non ha detto nulla, ha provato a resistere, ma potevo vedere quanto fosse combattuto, fino a che non ha più resistito -.
Otabek annuisce. Non dice che gli dispiace, Yuri lo apprezza. Ordina un secondo bicchiere di vino per entrambi. Lo bevono in silenzio.
Arriva la sera dell'ultima replica. Si respira un'eccitazione particolare nei corridoi del teatro, un misto di eccitazione, gioia e nostalgia. Ci si chiede dove siano finite quelle due settimane che sono sembrate infinite. Avranno un paio di giorni di pausa e poi partiranno per Sydney, per un altro teatro.
Dopo lo spettacolo Yuri non si cambia neanche, non si scioglie i capelli. Quasi corre fino al bar. Otabek è già lì. Si è tolto la giacca, l'ha piegata ordinatamente e poggiata su uno sgabello libero lì accanto, si è tirato su le maniche della camicia.
Yuri si siede accanto a lui, il suo calice di vino è già lì, pronto per lui.
Comincia a sorseggiarlo in silenzio,
- Avranno un bar all'Opera House? -, chiede Otabek senza guardare nella sua direzione.
Yuri sorride. Volta leggermente la testa ed è allora che li vede. Quattro pallini colorati sull'avambraccio destro di Otabek, quello con cui tiene il bicchiere. Celeste, rosso, nero, bianco. Identici a quelli che Yuri vede sulla sua clavicola ogni volta che si guarda allo specchio.
Torna a guardare davanti a lui. - Sembra che l'Australia abbia ottimi vini -, risponde.