Dec. 24th, 2019

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Titolo: Valse allegro
Fandom: Food Wars! Shokugeki no Soma
Pair: Yukihira/Shinomiya
Parole: 1494
Prompt: allegro (Maritombola)


- Chef Shinomiya? -, lo chiama timidamente Marie, la caposala, affacciandosi alla porta della cucina.
Shinomiya trattiene a stento un gesto di stizza. Tutto il suo staff sa perfettamente di non doverlo disturbare mentre si occupa della preparazione per il servizio della sera.
- Cosa? -, risponde secco senza alzare lo sguardo dalla riduzione all’aceto balsamico a cui sta lavorando.
- Mi dispiace disturbare -, continua la ragazza. – C’è qualcuno che chiede di vederla -.
- Mandalo via –
- Ci ho provato. Si è seduto davanti alla porta e minaccia di non far entrare i clienti fino a che non l’avrà incontrato -.
Shinomiya sbuffa. – Chiama la polizia -.
Marie sembra avere qualche dubbio sulla cosa. – Oh. Okay -, mormora ugualmente. – Farò un altro tentativo, forse basterà la minaccia -.
- Almeno ha detto chi è? –
- No, solamente che doveva parlare con lei. Credo sia giapponese, ha i capelli rossi e…-.
Shinomiya non ascolta neanche il resto della descrizione. Alza gli occhi al cielo, gli viene da ridere ma si trattiene.
Era ovvio. Solamente lui poteva essere così testardo.
- Abel! -, chiama Shinomiya. – Continua tu la salsa -.
Si lava le mani ed esce dalla cucina.
Davanti alla porta del locale, avvolto in una giacca troppo leggera per l’inverno parigino, Yukihira Souma è seduto sullo zerbino. Guarda davanti a sé i parigini passeggiare per le strade illuminate dalle luci di Natale, con le buste dei regali strette in mano e i visi arrossati per il vento freddo.
Shinomiya non lo vede da anni, dal suo primo anno per l’esattezza – tra il gestire due ristoranti, fare avanti e indietro tra la Francia e il Giappone e cercare di guadagnarsi le stelle non ha avuto molto tempo per partecipare agli eventi della sua vecchia scuola.
Shinomiya apre la porta, si appoggia allo stipite con la schiena e incrocia le braccia. – Hai veramente intenzione di passare il resto della giornata lì? -.
Yukihira alza la testa, i suoi occhi ambrati si illuminano e sorride: - Shinomiya-senpai! -.
Shinomiya sente la necessità di distogliere lo sguardo. Sbuffa, chiude gli occhi e si tira su gli occhiali con l’indice. – Cosa vuoi? -.
Il sorriso di Yukihira si allarga. – Un lavoro -, risponde come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Involontariamente, un angolo della bocca di Shinomiya si alza. Non può dire che la cosa lo sorprenda più di tanto e, se deve essere sincero, anche lui avrebbe fatto la stessa cosa alla sua età.
- Allora vai a cercarlo -, gli risponde.
La sicurezza di Yukihira non vacilla neanche per un secondo. – Io voglio lavorare qui -.
- Sei a malapena un pulcino -, Shinomiya alza un sopracciglio.
- Allora facciamo una battaglia culinaria! Se vinco mi assumi -, continua con un enorme sorriso.
- Non sei più a scuola, queste cose non funzionano -.
Il sorriso svanisce dal volto di Yukihira, il suo sguardo scatta da destra a sinistra cercando di farsi venire un’altra idea di come convincerlo.
- Almeno ti sei diplomato? -, lo interrompe Shinomiya.
Yukihira abbassa lo sguardo, il suo intero corpo sembra ripiegarsi su sé stesso, – Mi sono diplomato, ma non sono riuscito a prendermi il primo seggio -, confessa, la voce gli trema, la delusione è evidente.
A Shinomiya era arrivata voce della cosa da Gin: Yukihira aveva sfidato Erina decine di volte per ottenere il Primo Seggio, ma non aveva mai vinto contro il palato divino. Gli è sempre piaciuta l’ambizione di quel ragazzo.
- Entra -, gli dice Shinomiya, togliendosi dalla porta per farlo entrare.
Non appena entra nel ristorante il calore fa sospirare Yukihira, doveva aver sentito più freddo di quanto non avesse lasciato intendere seduto lì fuori.
Shinomiya gli fa cenno di seguirlo in cucina. Getta un’occhiata all’orologio da parete appeso in cucina – hanno tempo prima di finire la preparazione.
- Fuori -, ordina al suo staff.
Tutti alzano lo sguardo dai loro impieghi e si immobilizzano, ma quando vedono lo sguardo deciso e gli occhi quasi ridotti a fessure dietro le lenti degli occhiali decidono di non far domande. Escono in silenzio dalla cucina.
Yukihira si guarda intorno con gli occhi spalancati e la bocca leggermente aperta, sembra un bambino in un parco giochi. Shinomiya sorride come un genitore orgoglioso. La sua cucina è il sogno di ogni cuoco, lo sa perfettamente. L’ha fatta crescere a poco a poco, trovando sempre spazio per le nuove tecnologie fino a renderla all’altezza delle stelle che vuole ottenere. Ne ha ottenuta solo una per il momento, ma sa che le altre arriveranno.
- Hai venti minuti -, dice a Yukihira.
Il ragazzo fa scattare la testa nella sua direzione con gli occhi spalancati. Per la prima volta la sua sicurezza sembra vacillare.
- Dimostrami che puoi stare in questa cucina -, continua Shinomiya, allargando le braccia per mostrare la cucina. – Nella cella lì dietro trovi gli ingredienti. Fa’ di non sprecarli -.
Lo sguardo di Yukihira torna determinato. Non è il tipo da indietreggiare davanti a una sfida e sa perfettamente che quella lo è.
Shinomiya porta distrattamente una mano alla bocca per nascondere in maniera disinvolta il suo sorriso. Appoggia la schiena al muro e osserva ogni movimento di Yukihira.
Yukihira impiega un po’ a scegliere gli ingredienti e a capire come funzionino le piastre a induzione, poi comincia a lavorare sugli ingredienti.
Shinomiya si trova a guardarlo quasi con la bocca spalancata e gli occhi pieni di meraviglia. Ha sempre amato le cose eleganti, ha dedicato la sua vita a creare una cucina elegante e di classe dopotutto. Adora gli appartamenti eleganti, i vestiti eleganti, vestirsi bene quelle rarissime volte che il suo lavoro gli lascia una domenica libera per andare a sentire un concerto di musica classica. E adesso, quello che sente guardando Yukihira muoversi nella sua cucina, è la stessa cosa che sente in quelle situazioni.
Shinomiya lo ha visto cucinare tante volte, ormai. Anche durante il suo stage. Ma gli ultimi anni sembrano avergli smussato gli angoli. Yukihira si muove leggero tra i fornelli, sembra un ballerino su un valzer allegro di Tchaikovski. Tutti i suoi movimenti sono misurati, aggraziati, efficienti, non fa movimenti inutili e li porta avanti con una delicatezza che non gli era mai appartenuta prima.
Shinomiya dimentica anche di guardare l’orologio per assicurarsi che non sfori, le mani di Shinomiya sugli ingredienti sono molto più interessanti. Li tocca poco, li tratta con cura e rispetto, stando attento a non rovinarli, perseverando la loro freschezza.
Il viso di Yukihira è determinato e concentrato, la lingua leggermente fuori dalla bocca mentre sta attento a come dispone gli elementi sul piatto.
- E’ pronto! -, chiama Yukihira esattamente 19 minuti dopo.
Shinomiya si sente come se si fosse appena risvegliato da un sogno e fosse ritornato di colpo alla realtà. Si avvicina al piatto e lo osserva. Gli elementi sono disposti in maniera ordinata, quasi minimalista, lontano anni luce dai cibi da tavola calda che presentava al primo anno.
Shinomiya prende forchetta e coltello da un cassetto e assaggia con attenzione.
Si sente subito trascinato in Giappone, a casa. Le verdure di casa, le sue radici, quelle che è andato in Giappone per cercare di recuperare. La cucina di sua madre dopo una dura giornata di lavoro o di studio.
E Shinomiya lo sa, con assoluta certezza, che ormai è troppo tardi con lui. Che sarebbe dovuto scappare la prima volta che lo ha incontrato, non accettare la sua sfida, espellerlo e soprattutto non avrebbe mai dovuto accettarlo allo stage, non avrebbe mai dovuto conoscerlo meglio in quel frangente, non avrebbe dovuto lasciare che la sua determinazione lo colpisse. E sa che non dovrebbe assumerlo, prenderlo con lui, vederlo tutti i giorni in quella cucina.
- Potrei avere un posto libero come lavapiatti -, conclude Shinomiya, un po’ per metterlo alla prova, un po’ nella speranza che rifiuti, che decida che è troppo poco per lui. Nella speranza di salvare il salvabile, di non averlo con lui lì tutti i giorni.
Ma se c’è una cosa di cui Yukihira non ha mai avuto paura è lavorare duro per ottenere quello che vuole, non ha paura di partire dal basso per arrivare dove vuole.
- Lo prendo! -, risponde. E sorride. Sorride come se Shinomiya gli avesse fatto il regalo migliore del mondo, e Shinomiya sa che non può farcela. Ha bisogno di uscire da lì.
- Dì a Marie di darti l’uniforme -, dice voltandogli le spalle.
Esce dalla cucina e va chiudersi nel suo studio.
Solo quando è da solo si permette di sorridere. Ha le palle d’oca e si sente in fibrillazione, non riesce a stare fermo e non sa bene cosa farci con tutte queste sensazioni. Ma si sente bene, si sente emozionato e improvvisamente ringiovanito.
Si sente in grado di fare qualunque cosa.
Non vede l’ora di vedere dove porterà tutto questo.

growing

Dec. 24th, 2019 04:30 pm
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Titolo: growing
Fandom: Kuroko no Basket
Parole: 330 (110 x 3)
Prompt: più veloce | più in alto | più forte


Più veloce
Il pallone arriva, lo smista. Ne arriva un altro. Ancora uno.
Essere invisibile non basta più. Deve diventare più veloce.
Arriva l’ultimo. Kuroko lo smista e crolla a terra sulle ginocchia. Ha il respiro affannato. Si stende sul parquet della palestra e guarda il soffitto.
Ogni giorno quell’allenamento lo distrugge, ma non può fermarsi.
Non adesso che ha imparato quale sia il suo potenziale.
Non adesso che la Nazionale ha smesso di essere un miraggio ed è diventata un obiettivo.
Qualcuno potrebbe dire che l’ombra ha imparato a esistere anche senza una luce, ma la sua luce c’è sempre.
E’ la sua ispirazione.
Tutto per giocare di nuovo con loro.

Più in alto
Kagami appoggia le mani sulle ginocchia, si piega in avanti e cerca di riprendere fiato. Il sudore gli cola fastidiosamente lungo la schiena.
- Ancora una volta! –
I suoi compagni lo accontentano.
Le gambe pesano quintali, ogni singolo muscolo urla. Gli ultimi salti sono i peggiori della giornata.
Deve trovare un modo, deve farcela. Deve andare più in alto, ancora di più. Adesso che può combattere in NBA vuole farlo a modo suo, nonostante lo svantaggio sia evidente, nonostante sia il più basso della sua squadra.
L’altezza è la sua arma, combattere in aria la sua firma.
Deve trovare un modo, ma fortunatamente non ha mai temuto le sfide.
Salta.

Più forte
Più forte. Deve diventare più forte. Vuole diventare più forte.
Ha deciso: partirà alla fine del liceo per inseguire la sua strada. Vuole andare in NBA.
Non permetterà che il rivale che tanto ha aspettato gli sfugga così – anche a costo di inseguirlo in capo al mondo.
Hanno un conto in sospeso. Vuole la sua rivincita.
Ma non gli basta. Al solo pensiero che possa trovare altri come lui, come loro, il suo corpo freme.
Ha smesso di saltare gli allenamenti, ora è il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Di questo passo diventerà capitano al terzo anno.
Aomine sorride.
Non ricordava che il basket potesse essere così divertente.





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