white rut

Mar. 3rd, 2023 07:38 pm
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Titolo: white rut

Fandom: Jujutsu Kaisen

Missione: M3 – Due personaggi con significativa differenza di età hanno una relazione romantica
Parole: 1850

Rating: nsfw



Quando Gojo entrò nella stanza, Yuuji si rintanò ancora più a fondo sotto le coperte. Lo riconobbe dal suo odore: menta e liquirizia. Se solo il giorno prima gli avessero chiesto di che cosa sapesse Gojo non sarebbe stato in grado di dirlo, sapeva solo che gli piaceva, ma adesso le sfumature erano chiare come non erano mai state. Come se potesse avere ancora dubbi su cosa stesse succedendo al suo corpo.
Nonostante fossero nel pieno di gennaio, il suo corpo bruciava di un calore che espandeva da dentro di lui. Le gambe strette aumentavano la deliziosa pressione sulla sua erezione dolorosa, e la tentazione di strusciarsi contro il materasso era forte.
Il materasso si abbassò sotto il peso di Gojo. Strinse Yuuji da sopra le coperte. 
“Hai intenzione di venire fuori?”
“No. Per favore, va’ via.” Una nuova ondata di sconforto gli attanagliò lo stomaco. Non voleva sentire quello che Gojo aveva da dirgli, non voleva sentirlo rompere con lui. Lo voleva più vicino e quanto più lontano possibile da lui potesse. 
“Nope,” ripose Gojo, con il solito tono divertito e cantilenante. “Dovrai uscire prima o poi, tra il rut e la coperta starai morendo di caldo. E io non ho niente di meglio da fare.” Si sdraiò accanto a Yuuji e lo strinse da dietro. Il suo odore circondò Yuuji, gli dava alla testa. Sarebbe stato così facile portare una mano alla sua erezione e alleviare la tensione, ma già così era probabile che fosse disgustato da lui. Per come si erano messe le cose lo avrebbe lasciato, sì, ma almeno non lo avrebbe odiato. 
“Hai una riunione con il preside,” gli ricordò Yuuji. 
“Ho detto niente di meglio,” rispose Gojo. Attraverso la coperta passò la testa la spalla di Yuuji. “Mi piace il tuo odore.”
Il suo stomaco si contrasse a quel complimento. Gli era sempre piaciuto ricevere complimenti da Gojo, ma al momento si sentiva come ipersensibile alle sue parole. Aveva voglia di girarsi di scatto, bloccarlo sotto di lui e fare di lui ciò che voleva, abbandonandosi alle richieste che il suo corpo gli urlava. La battaglia con i suoi istinti si faceva sempre più ardua, ma non aveva intenzione di perdere anche quell’ultimo briciolo di razionalità che gli rimaneva. 
Gojo non parlò più, ma la sua stretta attorno al corpo di Yuuji non si allentò. Il calore sotto la coperta si stava facendo insopportabile, il tessuto intorno al suo corpo era ormai zuppo di sudore. Aveva bisogno d’aria, e aveva bisogno di venire. Dopo un po’ non ce la fece più, si tolse le coperte dalla testa e riemerse dal suo bozzolo di autocommiserazione. Doveva avere il viso arrossato e ricoperto di macchie per il caldo, l’aria fresca dava un cago sollievo. 
Gojo gli sorrise. I capelli gli ricadevano disordinati sul viso, indossava una maglietta e un pantalone morbido, come se si fosse appena svegliato, per l’occasione non aveva neanche indossato gli occhiali da sole. Da sopra le coperte sentiva ancora meglio il suo odore. Voleva farselo entrare nelle ossa, mordere, possederlo.
Gojo si fece strada verso il collo di Yuuji, “Eccoti qui.” Infilò il naso tra i suoi capelli. “Oh, così è molto meglio.”
Un’altra fitta allo stomaco gli strappò un gemito dal petto. “Per favore, Gojo. Non farmi questo. Già così è abbastanza difficile.”
La lingua di Gojo passò sulle ghiandole di Yuuji, provocandogli una scarica di piacere che lo fece inarcare sul letto. “Puoi fare quello che vuoi. Te l'avevo promesso, quando ti fossi presentato avremmo potuto fare tutto quello che volevi.”
Lo sconforto si impossessò di nuovo di Yuuji. “Ma non mi aspettavo di essere un Alpha, siamo entrambi Alpha. Dovresti…”
“Quindi è questo che ti preoccupava? Che non ti avrei voluto più?”
Yuuji cercò di attaccarsi all’ultimo brandello di razionalità che gli restava per fare un discorso sensato, ma riuscì solo a riassumere il caos che gli si agitava dentro in una frase. “Non sono un omega, e non posso darti quello di cui hai bisogno.”
“E a me non importa,” disse Gojo. “Mi importa che tu sia Yuuji.”
“Dovresti rompere con me, trovare un omega che possa…”
Gojo si sollevò e mise il viso sopra quello di Yuuji. Lo guardò come faceva ogni tanto, uno sguardo che ogni volta faceva sentire Yuuji nudo, come se potesse vedere cose che Yuuji non sapeva neanche di avere dentro. Ma c’era qualcos’altro, qualcosa di scuro, fame, possesso.
“Forse non sono stato chiaro. Tu sei mio. E non ho intenzione di lasciarti a nessun altro.” Chiuse la distanza tra di loro e appoggiò le labbra a quelle di Yuuji.
La diga che Yuuji aveva sollevato crollò, e tutto ciò che aveva cercato di trattenere fino a quel momento gli si rovesciò addosso. Afferrò Gojo, tirandoselo addosso, infilò la lingua nella sua bocca come se volesse divorarlo e Gojo ricambiò con altrettanta intensità, come un uomo assetato che finalmente aveva ottenuto quello di cui aveva bisogno. Sarebbe quasi sembrato lui quello in rut, se Yuuji non avesse avuto quel calore soffocante sotto le ossa.
Le sue mani andarono sui fianchi di Gojo, percorsero le forme del suo corpo lungo e sinuoso. Incastrò le mani nei suoi pantaloni, impaziente e guidato solamente dall’istinto. Sentiva l’erezione di Gojo gonfiarsi sotto di lui, e il pensiero che fosse stato lui a causarla, che fosse per lui, gli faceva girare la testa. 
Si sentiva la testa offuscata, tutto ciò che gli importava era toccare Gojo, sentire la sua pelle sotto le mani, sotto la lingua. Afferrò il suo sedere con le mani, allungò le dita fino alla sua apertura. Era bagnato, ma non abbastanza, non come sarebbe stato un omega. Si aspettava di sentirne la mancanza, ma oltre al bisogno profondo che sentiva, l’unica cosa che gli interessava era che fosse Gojo la persona con lui in quel momento. Voleva entrare dentro di lui, marchiarlo da dentro, fare in modo che si portasse il suo odore nella pelle per giorni, che non riuscisse a liberarsene neanche lavandosi. Perché aveva resistito tanto quando era arrivato in camera?
“Mi piace che tu sia diretto,” gli disse Gojo sciogliendosi dal bacio. “Ma questa volta dovrai avere un po’ di pazienza”. Si alzò dal letto e si tolse i vestiti. Yuuji non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, dalla pelle bianca, dalle gambe che sembravano andare avanti all’infinito, dall’erezione gonfia, dalle guance arrossate. 
Si sedette ai piedi del letto. “Lubrificante ne hai?”
Yuuji annuì, imbarazzato. I patti tra loro erano stati chiari: avevano cominciato a vedersi, ma Gojo si era rifiutato di andare fino in fondo con lui finché Yuuji non si fosse presentato. Ma Yuuji lo aveva comprato lo stesso, era sempre meglio essere pronti. Si allungò verso il comodino per prenderlo e lo passò a Gojo.
“Che bravo ragazzo,” commentò Gojo. “Adesso stai buono lì e guarda.”
Aprì le gambe, esponendosi agli occhi di Yuuji. Yuuji era combattuto tra la voglia di gettarsi addosso a lui, rovinarlo, e la volontà di seguire l’ordine che Gojo gli aveva dato.
Gojo sembrava godersi le attenzioni. Gli piaceva essere guardato, che stesse combattendo o mettendo su uno spettacolo a uso e consumo solo di Yuuji. 
Allargò le gambe, con l’erezione che svettava nel mezzo, e si portò due dita bagnate di lubrificante all’apertura. Si penetrò con quelle, lasciandosi scappare un gemito. Yuuji si morse le labbra, con gli occhi fissi su quello spettacolo, spaventato dall’idea di perdersi anche un solo secondo di quello che stava accadendo. Vedere le dita lunghe di Gojo che sparivano dentro il suo corpo era uno spettacolo ipnotico e una tortura allo stesso tempo. Un ringhio gli risalì dal petto: doveva essere lui. Doveva farlo lui. Doveva essere lui a dargli piacere. Non era accettabile che lo facesse da solo.
Yuuji gli si scagliò addosso e prese in bocca la sua erezione. Una nuova ondata di piacere lo colse in risposta al gemito che sfuggì alle labbra di Gojo. 
La mano di Gojo si fermò, troppo preso dal piacere. Yuuji circondò la mano con la sua, e aggiunse un dito alle due già di Gojo, le fece muovere insieme. Il suo corpo era bollente, la carne si apriva morbida al passaggio delle dita. Yuji si stusciò contro il materasso ai ritmi dei singhiozzi leggeri che scappavano alla bocca di Gojo leggeri, quasi contro la sua volontà. 
Yuuji mosse le dita come aveva visto fare a Gojo, fino a sfiorare qualcosa che fece sobbalzare Gojo.
“Bene, stai imparando,” disse Gojo con voce forzata. 
Yuuji soddisfatto continuò a toccare lo stesso punto e succhiò più forte, fino a sentirlo contrarsi e venire nella sua bocca. Yuuji ingoiò, e con un'ultima spinta contro il materasso venne sulle coperte. Pazienza, erano già un disastro tanto. 
Sperava di riguadagnare lucidità, ma l’erezione era ancora dritta e pronta. 
“Sensei…”
Gojo guardò nella stessa direzione in cui guardava lui e rise. “Non preoccuparti, non ho ancora finito con te.”
Lo spinse contro il materasso fino a farlo stendere di schiena, poi salì a cavalcioni su di lui. Lentamente si calò sull’erezione di Yuuji - Yuuji non gli aveva mai visto fare niente lentamente –, ma con decisione, fino a prenderlo tutto dentro di sé. Il calore era delizioso, insopportabile, tutto quello che voleva e non abbastanza. 
“Avevo dimenticato quanto fosse bello tutto questo,” disse. Yuuji ringhiò alla menzione che lo avesse fatto prima, voleva cancellare le tracce di chiunque fosse passato prima di lui, riscrivergli quei ricordi da dentro. Si tirò Gojo addosso, reclamò la sua bocca con un bacio famelico e gli morse una spalla, mosso dal bisogno di macchiare quella pelle bianchissima. Cominciò a spingersi in lui con foga, e Gojo abbandonò ogni parverza di controllo. Si lasciò andare al piacere, lasciò che Yuuji facesse di lui quello che voleva. La sua erezione strusciava sullo stomaco di Yuuji, mentre Yuuji continuava a spingersi dentro di lui accecato dal piacere. 
Yuuji sentì il proprio nodo che si gonfiava, si incastrava nell’apertura di Gojo. Gojo non gli diede il tempo di esitare, “Fallo,” ordinò. “Non ti fermare.”
E Yuuji obbedì. Spinse e sentì chiaramente il momento in cui si incastrarono l’uno con l’altro e venne senza poter fare nulla per impedirlo. Il piacere fece tremare Gojo, che venne con un gemito strozzato.
Gojo si stese sul petto di Yuuji, un peso delizioso. Gojo era silenzioso, ma c’era un sorriso calmo sul suo viso, con gli occhi chiusi e rilassato in quel modo, con i capelli lasciati giù, sembrava più giovane di quanto sembrasse di solito.
Le vampate del rut di Yuuji sembrarono calmarsi almeno momentaneamente. Si allungò verso la coperta che Gojo aveva lanciato in un angolo e coprì entrambi. 
Yuuji se lo strinse meglio contro il petto. Pesava meno di quanto sembrasse, doveva decisamente mangiare di più, era troppo magro. Yuji sistemò meglio la coperta intorno ai loro corpi e lo strinse.
“Sensei,” cominciò. 
“Mh?”
“Anche tu sei mio.”
Gojo ridacchiò e gli lasciò un bacio veloce sulla clavicola.
“Mi piace come suona” 
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Titolo: unspoken feelings
Fandom: Obey me!
Prompt: omegaverse
Parole: 1560
Rating: nsfw
Warning: twincest, omegaverse, slight somnophilia

Beel non voleva credere che Lucifer avrebbe veramente fatto qualcosa del genere. Avrebbe mandato via Belphie per una stupidissima discussione, l'avrebbe mandato via per un anno, tra gli umani, senza la possibilità di vederlo o scrivergli o sentire la sua voce costantemente assonnata al telefono.
Un anno non era molto, considerando quanto vivesse un demone, ma lui e Belphie erano stati insieme da sempre, da ancora prima che nascessero, non riusciva a immaginare di passare neanche una giornata senza di lui, figurarsi un anno.
Il suo primo istinto, quando Lucifero aveva annunciato che sarebbe stato Belphagor ad andare nel mondo umano come studente per il programma di scambio, era stato quello di attaccarlo per proteggere Belphie, ma Lucifero era il fratello maggiore, era il capobranco, e anche il suo Alfa sottostava al suo volere. Beel non aveva potuto fare niente e si sentiva una persona orribile per quello.
Il modo in cui Belphie si era voltato verso di lui, con gli occhi spalancati, chiedendogli una mano mentre l'autorità di Lucifero lo bloccava sul posto era stato terribile. Non aveva idea di come ripresentarsi nella camera che condivideva con l'omega. Non appena Belphie era scappato in camera, lui era uscito dalla casa e aveva cominciato a vagare per il Devildom. Si era fermato a mangiare in un piccolo locale che conosceva, ma a differenza delle altre volte non riusciva a trovare alcuna soddisfazione nel cibo. Aveva continuato a mangiare senza reale intento, senza reale voglia di farlo.
Tornò alla casa dei lamenti solamente a notte inoltrata ed entrò piano nella sua stanza, sperando che Belphie già dormisse e che non avrebbe dovuto affrontarlo. La prima cosa che lo colpì non appena aprì la porta, fu l'odore denso dentro la stanza.
Calore.
Belphie era entrato in calore, probabilmente per lo stress della giornata.
Beel cercò di trattenere il respiro il più possibile. L'odore del Belphie era sempre stato il suo punto debole, ma quando entrava in calore era veramente complicato per lui resistere.
Come sempre faceva tutte le volte che lui era in calore, Beel prese una coperta aggiuntiva dal suo armadio, uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle e si sdraiò lì davanti alla porta, cercando di ignorare le reazioni fisiologiche che quell'odore causava in lui ogni volta.
Si accomodò davanti alla porta, si avvolse nella coperta e cercò di prendere sonno.
"Beel?", si sentì chiamare da dietro la porta.
"Ehi, sono qui. Non preoccuparti"
Belphie non rispose.
"Vuoi qualcosa da mangiare?", chiese Beel.
"No"
L'odore di Belphie si fece più intenso, doveva essersi avvicinato alla porta.
"Dovresti rimetterti a letto", gli disse Beel.
"Non mi va di stare da solo"
Beel sentì una coltellata nel petto a quella affermazione. Si chiese distrattamente come avrebbe fatto quando sarebbe stato tra gli umani, chi si sarebbe preso cura di lui, ma il pensiero lo fece stare solo peggio.
"Mi dispiace per oggi", disse Beel a voce bassa, quasi sperando che Belphie non lo sentisse. "Avrei dovuto dire qualcosa, io-"
"Non c'è molto da fare con Lucifero, non quando gli prende così. Non preoccuparti"
Beel si fece ancora più piccolo dentro la coperta, stringendosela meglio addosso. Belphie dovette sentire il suo odore cambiare, perchè cominciò a mandare feromoni calmanti nella sua direzione. Se possibile, Beel si sentì ancora peggio. Doveva essere lui a confortare Belphie, non il contrario.
"Vado a prenderti qualcosa da mangiare", disse.
Si alzò per allontanarsi da lì e darsi un contegno. Aprì il frigo e prese qualcosa dalle scorte che tenevano per situazioni come quella - con due omega in casa era meglio essere preparati. Approfittò del momento per cercare di darsi una calmata e riprendere un contegno. Non era quello il momento per buttarsi giù, Belphie aveva bisogno di lui e lui doveva essere al meglio della propria condizione.
Preparò un vassoio di cibi leggeri, nutrienti e freschi, ci mise sopra anche due bottigliette d'acqua, e ritornò verso la camera. Belphie aprì la porta. Aveva il viso arrossato, i vestiti sgualciti e i capelli sudati attaccati alla fronte.
"Puoi entrare se vuoi", gli disse ancora una volta Belphie.
"Devi mangiare", gli rispose.
Belphie prese il vassoio e Beel richiuse la porta.
Dopo un po' Beel cominciò a sentire gemiti provenire dall'altro lato della porta. Era sicuro che Belphie lo stesse facendo apposta, in centinaia di anni che lo aveva assistito in quelle situazioni non era mai stato così rumoroso. Beel sentì le sue difese farsi sempre più fragili. Dovette far ricorso a tutto il suo autocontrollo per evitare di spalancare la porta della stanza e prendersi ciò che desiderava. Poteva sentire sin da lì l'odore dell'eccitazione di Belphie, chiuse gli occhi e appoggiò la testa contro la porta, si leccò le labbra provando a pensare quale potesse essere il suo sapore.
Non riuscì a impedirsi di infilarsi una mano nei pantaloni e cominciare a masturbarsi, piano, al ritmo dei gemiti di Belphie.
Venne quando sentì Belphie mormorare il suo nome mentre veniva.

Non aveva mai avuto particolari problemi a stare vicino a Belphie in quelle situazioni, ma quella volta sembrava che avesse deciso di fare qualunque cosa per fargli perdere il controllo. Oltre a mormorare il suo nome, aveva cominciato ad avvicinarsi sempre di più alla porta quando una nuova ondata lo colpiva, a mormorare il suo nome mentre veniva, a dirgli cose come che aveva bisogno del suo odore, che voleva sentirlo vicino. Beel era veramente al limite.
Quando finalmente il suo calore sembrò avvicinarsi alla fine Beel tirò un sospiro di sollievo.
Era pronto a tornare in camera sua, a dormire nel suo letto. Per quanto amasse suo fratello, una settimana a dormire sulla moquette rossa del corridoio era più che abbastanza. Osservò un po' la coperta prima di decidere cosa farne, ma dopo come l'aveva ridotta nel corso di quella settimana l'unica scelta logica sembrava quella di bruciarla.
Aprì la porta della stanza e venne subito colpito dall'odore lì dentro. L'odore del calore era ancora intenso e Beel sentì lo stomaco stringersi.
Si avvicinò al letto, Belphie dormiva di fianco, sempre stretto al suo cuscino, ma con espressione serena, probabilmente la prima volta che riusciva a dormire serenamente durante tutta la settimana.
Gli istinti da Alpha di Beel gli stavano dicendo di prendersi cura dell'omega e senza pensarci molto si stese accanto a lui e circondò il suo corpo con un braccio, facendo aderire il petto alla sua schiena. Senti immediatamente Belphie sospirare di sollievo nel sonno e avvicinarsi ancora di più a lui. Beel avvicinò il naso al suo collo, per ispirarne ancora a fondo l'odore. Il suo calore era ancora in corso, ma i giorni peggiori erano passati, adesso l'odore rimaneva in sottofondo.
Beel si rese conto solo in quel momento che stava indossando una sua maglietta che gli cadeva troppo grande addosso e nient'altro. Si strinse meglio contro il suo corpo e dovette resistere alla tentazione di affondare i denti nella sua spalla.
Belphie si fece ancora più vicino, si accomodò meglio tra le sue braccia con un sospiro soddisfatto. Il suo odore cominciò a cambiare leggermente, le note del suo calore cominciarono a farsi più intense. Beel era combattuto, sapeva di dover andar via ma ogni parte di lui gli urlava di rimanere lì a prendersi cura del suo omega.
Belphie, nel sonno, assecondò il suo calore. Spinse il bacino contro quello di Beel e cominciò a strusciarsi, emettendo piccoli gemiti soddisfatti con la testa reclinata indietro verso di lui e la bocca leggermente aperta.
Beel gemette e affondò la testa nell'incavo del suo collo, ispirando a fondo quell'odore. Lo sapeva, non sarebbe stato più in grado di andar via da lì.
Beel fece scorrere la mano sulla pancia di Belphie lungo il suo corpo, fino ad andargli a toccare l'erezione già dura. Belphie emise un gemito più profondo ma non si svegliò, continuò a strusciarsi contro il bacino di Beel sempre più frenetico.
Beel portò la mano alla sua apertura, lo trovò già bagnato e pronto dopo i giorni di calore intenso. Non ci vide più, si abbassò frettolosamente i pantaloni, allargò le natiche di Belphie e fece scorrere la sua punta contro di lui. Nascose un gemito mordendo la spalla di Belphie, ma ancora una volta quello non si svegliò. Lentamente cominciò a penetrarlo.
Belphie emise allo stesso tempo un gemito più rumoroso e soddisfatto e un sospiro di sollievo. Sorrise, ma non aprì gli occhi.
"Ti sei deciso finalmente", disse solo con voce rotta.
"Non hai fatto altro che tentarmi"
"Non ero sicuro funzionasse"
Beel uscì da lui e ci rientrò con un colpo secco del bacino. Belphie inarcò la schiena contro il suo petto, un urlo silenzioso uscì dalla sua bocca.
"Non ti ho mai visto impegnarti tanto per qualcosa"
"E io non ti avevo mai visto resistere così tanto alla fame"
Beel ripetè quello che aveva fatto, trovò un ritmo veloce e profondo, ma Belphie non sembrò lamentarsi. I suoi gemiti crebbero di volume. Beel sentì il proprio nodo formarsi.
"Non volevo partire senza averti avuto almeno una volta", rispose.
Anni a trattenersi fecero venire entrambi rapidamente, il nodo entrò il Belphie tenendoli attaccati. Belphie voltò la testa, tirò Beel verso di lui, reclamando un bacio.
Non era possibile che si fermassero ad una volta sola, pensò Beel. Non adesso che aveva finalmente avuto modo di assaggiarlo.
Dopotutto, era il demone della gola.

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