Titolo: never really over
Fandom: bnha
Missione: M2 - Kintsukuroi (Giapponese): lett. "Riparare con l'oro" l'arte giapponese di aggiustare porcellana rotta con l'oro o l'argento in modo da capire che il rompersi e l'aggiustarsi sono parte della storia di un oggetto e che l'imperfezione di quest'ultimo lo rende ancora più bello.
Parole: 7777
Rating: safe
"Idiota", borbottò Katsuki tra sè. "Un completo e totale idiota".
- Oi, nerd. Vedi di farti sentire, digitò rapidamente sul telefono.
Chiamate senza risposta: Izuku Midoriya (x3)
- Rispondi al cazzo di telefono.
- Devi farmi venire la lì?
- Perchè cazzo non ti svegli?
- Ti prego, Izuku.
Il telefono di Katsuki squillò in piena notte. Scattò seduto sul letto e, senza neanche guardare chi lo stesse chiamando, rispose al telefono.
"Dove?", chiese immediatamente.
"Dove cosa?"
Katsuki sentì il suo cuore saltare un battito al suono di quella voce. Si curvò su sè stesso, appoggiò i gomiti alle ginocchia e nascose il viso nella mano libera.
"Izuku", disse in un sussurro, con la voce che gli tremava.
"Ciao Katsuki", disse con voce calda. "So che è notte lì, ma ho trovato i tuoi messaggi e... scrivere è un po' complicato al momento", Izuku si lasciò scappare una risatina nervosa. "Ma mi hanno dato un auricolare, così posso telefon-"
"Come cazzo hai fatto a finire sotto un palazzo?"
Izuku si bloccò a metà frase con un verso imbarazzato. Katsuki riusciva ad immaginarselo fin troppo bene mentre le sue guance si tingevano di rosso e si passava una mano sulla nuca.
"La notizia è arrivata, eh?"
"La notizia di qualunque cosa fai arriva fino a qui"
"C'erano dei civili! Non potevo lasciarli lì dopo l'esplosione"
"Ci hai quasi rimesso la vita!"
"Ho avuto solo qualche osso rotto e un trauma cranico"
"E un mese di coma"
"E' stato un coma farmacologico, per dare tempo al mio corpo di guarire"
Katsuki si buttò nuovamente sdraiato sul letto e si coprì gli occhi con un braccio.
"Mi hai fatto preoccupare, idiota", disse con voce debole.
"Lo so, mi dispiace", gli rispose Izuku seriamente.
"Mi sembra il minimo"
"Dovresti dormire"
Katsuki si passò una mano sugli occhi. "Sì, dovrei"
Nessuno dei due attaccò.
La tensione che aveva impedito a Katsuki di dormire tranquillamente oltre un mese aveva finalmente lasciato il suo corpo al suono della voce di Izuku, le palpebre si stavano facendo nuovamente pesanti e il respiro di Izuku all'altro capo del telefono gli dava l'illusione di averlo ancora lì accanto a lui.
"Dovresti dormire", ripetè Izuku.
Katsuki annuì, senza considerare che l'altro non potesse vederlo. "Ci sentiamo domani?", chiese in un riflesso automatico che non ricordava più di avere.
Izuku rimase in silenzio per qualche momento, anche il suo respiro sembrava essersi fermato. "Sì", disse poi debolmente. "Buonanotte, Katsuki"
Katsuki ebbe quasi la sensazione di una mano che gli passava tra i capelli e di un bacio leggero lasciato sulla sua fronte. Si addormentò all'istante.
Katsuki attraverso le porte a vetro della sua agenzia e tirò su sulla testa gli occhiali da sole. Tutti i suoi colleghi e sottoposti erano seduti sui divanetti dell'atrio e tenevano gli occhi fissi sullo schermo del televisore. Il primo ad accorgersi del suo arrivo fu Kirishima, che gli fece cenno di raggiungerli.
"Stanno parlando di Midoriya", gli disse. "Si è svegliato finalmente"
Katsuki borbottò qualcosa in risposta e si avvicinò al televisore, dove stava parlando un'inviata giapponese.
- ...risvegliatosi finalmente dopo essere stato messo in coma farmacologico per oltre un mese. Deku si era gettato in un palazzo per salvare gli ultimi civili rimasti bloccati all'interno al seguito di un'esplosione. I civili sono stati tutti i tratti in salvo, ma l'eroe è rimasto schiacciato dalle macerie -
Alle spalle dell'inviata, davanti all'ingresso del New York Presbiterian Hospital, un cordone giallo e alcuni agenti di sicurezza tengono distanti giornalisti, curiosi e fan con i gadget di Deku.
- Come abbiamo detto, Deku si è svegliato alcune ore fa -, continuò la giornalista, - intorno a mezzogiorno ora locale. Per il momento non ci giungono altre notizie da parte dello staff medico, ma sembra che l'eroe stia bene e sia ormai ufficialmente fuori pericolo -.
Tutti, davanti al televisore, esultarono a quella notizia. La preoccupazione per l'eroe Numero Uno al mondo aveva tenuto tutti con il fiato sospeso in quell'ultimo mese, era visibile dalla tensione della gente per le strade. Bakugou fece un rapido calcolo: considerando il fuso orario, Deku lo aveva chiamato più o meno alla stessa ora in cui si era svegliato. Una delle prime cose che aveva fatto dopo essersi svegliato dopo un mese di coma era stata chiamare lui. Bakugou non voleva dare alla cosa più peso di quanto ne avesse. Di riflesso, tirò fuori il telefono dalla tasca posteriore dei jeans per controllare se ci fossero notifiche, ma oltre ad alcuni messaggi su un paio di gruppi non c'era nulla di interessante.
"Bene", disse improvvisamente ad alta voce. Tutti i presenti si voltarono nella sua direzione. "Ora tutti a lavoro!"
"Sì!", risposero tutti in coro, disperdendosi poi ognuno verso la propria postazione. Solo Kirishima rimase indietro.
"Tutto bene?", gli chiese alzando il sopracciglio con la cicatrice.
"Perchè non dovrei?"
"So che non ti piace parlare di lui, ma cacciare tutti via in questo modo-"
"Tu che ci fai qui? Non hai una agenzia da dirigere?", lo interruppe Bakugou.
"Oh già!", Kirishima si sbattè una mano sulla fronte. "Mi veniva di strada e ho pensato di portarti i rapporti della mia agenzia sul caso del piromane, pensavo potessi confrontarli con i tuoi per cercare di trovare qualcosa che ci è sfuggito"
Bakuogu annuì. "Andiamo nel mio studio".
Kirishima afferrò lo zaino nero che aveva abbandonato accanto al divano di pelle e lo seguì verso l'ascensore.
"Mi ha chiamato stanotte", disse improvvisamente Katsuki.
"Chi?", chiese Kirishima confuso.
"Deku"
Kirishima sembrò bloccarsi. Katsuki teneva lo sguardo fisso davanti a sè, sulle porte d'acciaio dell'ascensore.
"Mi ha chiamato non appena si è svegliato"
"Oh, e come stai?"
L'ascensore trillò, annunciandogli che erano arrivati al piano e Katsuki ne approfittò per evitare di approfondire la questione. Uscì sul corridoio e camminò verso il suo studio, Kirishima lo seguì. Bakugou si sedette sulla scrivania e tirò fuori un tablet da un cassetto, mentre Kirishima prese posto su una delle sedie di pelle. La luce entrava dalle finestre che occupavano interamente la parete destra della stanza.
"Allora", cominciò Bakugou. "Secondo il mio rapporto il primo incendio attribuibile al piromane risale circa a sei mesi fa, è stato in un centro commerciale intorno alle quattro del pomeriggio e non ci sono state vittime".
"Esatto", concordò Kirishima consultando i suoi fascicoli cartacei. "Dopo quello ce ne sono stati altri cinque, circa uno al mese. Sono sempre di pomeriggio e sempre i luoghi pubblici, soprattutto luoghi in cui può trovare una grande concentrazione di giovani. Nel complesso fino adesso ci sono state 6 vittime"
Bakugou fece schioccare la lingua sul palato irritato. "Cosa sai dalla polizia? Ci sono state novità?"
"Non riescono a trovare nuove piste, non hanno idea di che cosa accomuni questi luoghi o quali possano essere le motivazioni oltre a far danni"
Bakugou corrucciò la fronte pensieroso, continuando a scorrere i rapporti.
"Temo che l'unica cosa da fare sia aspettare il prossimo attacco"
"Non mi piace", gli rispose Kirishima.
"Neanche a me, ma non vedo altra scelta"
"Comunque vado in agenzia, che sono già in ritardo", disse Kirishima alzandosi in piedi. "Ti lascio qui i nostri fascicoli, dagli una letta, vedi se trovi qualcosa che manca ai tuoi e chiamami se hai novità"
Bakugou annuì, "Ti giro i nostri intanto", disse digitando qualcosa sullo schermo del tablet.
Appoggiò il plico di fascicoli sulla scrivania di Bakugou.
"Non capisco perchè ti ostini con il cartaceo", commentò Katsuki.
Kirishima sbuffò, era una conversazione che avevano fatto sin troppe volte dai tempi del liceo. Salutò Bakugou, che ricambiò con un cenno secco della mano, e uscì dalla stanza, lasciando l'amico al suo lavoro.
Bakugou si sedette finalmente alla scrivania e cominciò a sfogliare i fascicoli. Erano quasi identici a quelli che lui stesso aveva compilato. Frustrato li lanciò in un angolo della scrivania. Lanciò un'occhiata alle pratiche che avrebbe dovuto sbrigare quella mattina, ordinatamente accatastate in un angolo della sua scrivania. Nessuno gli aveva mai detto che con la posizione di eroe Numero Uno in Giappone sarebbero arrivate anche tutte quelle scartoffie. Le guardò intensamente, sperando che miracolosamente decidessero di compilarsi da sole, ma quando nulla si mosse si rassegnò ad avvicinarle e cominciare a lavorarci.
Tirò fuori il telefono dalla tasca e lo appoggiò sulla scrivania accanto a lui mentre lavorava. Lo trovò di nuovo privo di notifiche e la cosa lo infastidì. Non aveva senso, non stava aspettando nulla. Gli vennero in mente solamente in quel momento delle immagini offuscate della nottata, quando sul punto di addormentarsi aveva chiesto a Deku di risentirsi quel giorno. Si diede dell'idiota ed ebbe la tentazione di sbattere la testa contro la scrivania. Allontanò il telefono e cercò di mettersi al lavoro per non pensare alle conseguenze delle sue azioni.
Circa un ora dopo il telefono vibrò contro il legno della scrivania e Bakugou saltò sulla sedia, scattò e lo afferrò rapidamente, ma era solo un messaggio di Mina nella chat di gruppo.
Bakugou si maledisse per la reazione istintiva, ma approfittò della distrazione per fare una pausa. Aprì i suoi canali social e diede una rapida occhiata a un paio di notifiche e passò un po' in rassegna le sue bacheche. Niente di emozionante. Senza pensarci troppo digitò il nome di Deku sulla barra di ricerca di Instagram e cominciò a scorrere le sue foto. Non lo aveva mai seguito, quindi non aveva la minima idea di che cosa pubblicasse.
Nella foto più recente era seduto sul letto di un ospedale con una fasciatura sulla testa, un braccio ingessato e appeso al collo. Aveva il viso stanco e scavato, ma sorrideva. Dalla finestra che occupava tutta la parete alla sua destra si poteva vedere il profilo di New York.
Nella lunga caption in inglese ringraziava tutti i fan per il supporto, i pensieri che gli avevano rivolto e i regali che gli avevano inviato. Diceva che stava bene e che adesso era il momento di concentrarsi sul recupero per tornare il prima possibile da loro.
Katsuki si ritrovò a fissare la foto più di quanto avrebbe dovuto. Deku portava i capelli più corti di quanto li portasse ai tempi del liceo, gli occhi erano più scoperti e il viso era rimasto tondo, ma la linea della mandibola si era fatta più decisa.
Non sembrava la stessa persona che nove anni prima aveva visto per l'ultima volta con le valigie ai piedi sulla porta della casa che condividevano, quando gli aveva detto un - Ciao, Kacchan - con voce triste ma occhi asciutti.
Non aveva pianto quella volta Deku, ma l'aveva fatto Katsuki non appena lui si era chiuso la porta alle sue spalle.
Bakugou si costrinse a deviare da quel treno di pensieri e si mise a scorrere le altre foto. Molte erano foto ufficiali dei suoi combattimenti, alcune erano semplicemente foto della sua vita quotidiana: la vista di New York di notte dal suo appartamento, qualche scorcio nascosto che aveva trovato nel corso delle sue ronde, qualche dolce particolarmente bello o l'ultimo gadget che aveva comprato e aggiunto alla sua collezione.
Il più grande eroe al mondo era ancora il più grande fanboy che avesse mai conosciuto, Bakugou si ritrovò a ridacchiare per quello mentre scorreva la sua bacheca.
Almeno non pubblicava i suoi selfie. Neanche la foto in ospedale era stata scattata da lui, in effetti. Bakugou si chiese se avesse qualcuno lì con lui in quel momento, ma scoprì di non volerci pensare troppo.
Scorse nuovamente verso l'alto, fino ad arrivare nuovamente in cima al profilo di Deku. Il suo dito aleggiò per un po' sopra il pulsante segui, ma alla fine cambiò idea.
Era quasi ora della sua ronda. Doveva andare a cambiarsi.
Bakugou rientrò in casa e si gettò direttamente sotto la doccia. Era stata una giornata estenuante. Aveva dovuto inseguire per mezza città un tizio in grado di trasformarsi in nebbia e nel pomeriggio aveva avuto due interviste, che per qualche motivo lo stancavano più del lavoro da hero vero e proprio. Capiva il bisogno della gente di vederlo e di sentirsi rassicurata, ma non era proprio portato quel quelle cose. Parlare con la gente non era mai stato il suo forte e, nonostante fosse migliorato negli anni, era ancora un'area in cui era piuttosto carente.
Quando uscì dalla doccia trovò un messaggio sul telefono da parte di Deku. Non si erano più sentiti dopo quella telefonata notturna tre giorni prima e Bakugou era convinto che non avesse intenzione di farsi sentire più in assoluto.
- Ho visto il tuo arresto. Bella idea quella di usare il sale per togliergli l'umidità!
- Io ho sempre ottime idee. Non hai niente di meglio da fare che guardare la tv?
- L'ho visto su internet. E no, non ho nulla da fare e mi annoio
Bakugou ridacchiò. Non faceva fatica a crederci. Era sempre stato abituato a fare qualcosa, anche quando non aveva un quirk, Bakugou non riusciva a ricordare di aver mai visto Izuku fermo a riposare.
- La prossima volta ci pensi due volte prima di farti schiacciare da un palazzo
Bakugou si asciugò e si mise a letto. Già da prima sapeva che non sarebbe riuscito a prendere sonno ad un orario decente per quanto era stanco, ma adesso che ci si era messo anche Izuku era sicuro che non avrebbe chiuso occhio quella notte.
- Non sei per niente gentile
- Te lo meriti
- Per te me lo merito sempre
- Se fai l'idiota sì
- Ehi!
Bakugou poteva quasi sentirla la voce improvvisamente più acuta, scherzosamente offesa, di Deku.
- Dovresti riposare, gli scrisse
- E tu dovresti dormire
- Vero
- Buonanotte
- Buonanotte Izuku
Bakugou era alla scrivania quando ricevette la chiamata di Kirishima. Kirishima non lo chiamava mai, di solito mandava messaggi o messaggi vocali. Si allungò sulla scrivania prese di scatto il telefono.
"Che succede?", chiese.
"C'è stato un nuovo attacco del piromane"
Il piromane aveva sempre colpito nella zona della sua agenzia o nella zona di quella di Kirishima, quella volta era toccato alla sua zona evidentemente.
"Cazzo", Bakugou si mise una mano sugli occhi e mandò indietro la testa contro lo schienale della sedia. "Vittime?", chiese. Era terrorizzato di sapere la riposta, ma doveva fare il suo lavoro.
- Sei -. Kirishima rimase in silenzio per qualche momento. - Tre bambini -.
Bakugou non riuscì a trattenere un gesto di stizza, "Cazzo", ripetè con più aggressività.
"Non hanno trovato nessuna nuova pista", continuò Kirishima. "Continuiamo a rileggere le stesse cose e non riusciamo a far nulla per fermarlo", disse. La frustrazione era evidente e, dall'altro capo del telefono, Bakugou poteva sentire quanto l'amico fosse vicino alle lacrime.
Anche Bakugou non era messo molto meglio, la frustrazione lo rodeva dentro, rendendolo agitato e facendogli pizzicare gli occhi.
"Prenderemo quello stronzo", disse cercando di sembrare più sicuro di quanto non si sentisse.
"Sì", concordò Kirishima tirando su con il naso.
Quella sera tornò a casa sentendosi sconfitto e in colpa. Se solo non avesse aspettato, se solo non avesse detto a Kirishima che dovevano aspettare un nuovo attacco, se solo si fosse mosso prima sarebbero stati tutti ancora vivi.
Rimase sotto la doccia per quelle che sembravano ore. Faceva quel lavoro da abbastanza anni da aver imparato che non si possono salvare tutti, ma non riusciva a lavarsi di dosso la sensazione che quella volta fosse colpa sua, che avrebbe potuto fare di più. Uscì dalla doccia e si sedette sul divano tenendo ancora l'asciugamano a coprirgli la testa, quasi che così facendo potesse nascondersi ancora per un po' dal mondo.
Si rigirò il telefono tra le mani un paio di volte, indeciso su cosa fare, se valesse la pena fare quello che aveva in mente o meno. Il telefono gli vibrò tra le mani. Era un messaggio di Izuku.
- Mi daresti la ricetta del tuo curry? Quello che si trova qui è molto diverso da quello giapponese
Izuku aveva anche messo una faccina triste alla fine del messaggio. Bakugou sospirò.
- Dovresti riposare, non fare esperimenti culinari
Bakugou si asciugò, indossò il pigiama e si mise sotto le coperte, lasciando la camera al buio.
- Non è un grosso esperimento, è solo un po' di curry
- Sappiamo tutti che rischi di mandare a fuoco la cucina per bollirti un uovo
- Stai bene. Katsuki?
Bakugou rimase spiazzato. Maledetto Deku e la sua capacità di leggerlo troppo bene. Katsuki fissò il messaggio per qualche attimo, decidendo quale fosse la cosa migliore da fare. Alla fine sospirò
- Un brutto caso, confessò.
Era facile essere onesti quando era stanco, protetto sotto le coperte del suo letto nel buio della sua camera da letto. Quella della casa che aveva preso dopo la partenza di Izuku per sfuggire a quella casa che avrebbe dovuto essere loro.
- Vuoi parlarmene?
- Non hai niente di meglio da fare?
- Abbiamo già stabilito che la risposta è no
Izuku non attese una ulteriore risposta, il telefono di Bakugou cominciò a squillare.
Bakugou rispose.
"Allora, che succede?", gli chiese subito Deku. La sua voce era leggermente agitata, come se volesse evitare i convenevoli per evitare l'imbarazzo che ne poteva derivare. Una parte di Bakugou gliene fu riconoscente. Sospirò e cominciò a raccontare.
"E ha cominciato così all'improvviso? Non ci sono stati incendi più piccoli prima?"
"Un paio di anni fa avevamo avuto dei problemi con un piromane. Incendiava luoghi di ritrovo, luoghi pubblici"
Il verso che fece Izuku dall'altro capo del telefono fece capire a Katsuki che anche lui aveva capito: chiunque fosse stava prendendo di mira i civili, ma dall’ondata precedente c’erano differenze sostanziali.
"Non ci furono vittime in quelle occasioni", continuò Bakugou. "Non sappiamo neanche se sia sempre lo stesso, non abbiamo tracce di nessun tipo. Ma il modo in cui agisce sarebbe sempre lo stesso, attacca nei momenti in cui è più probabile che ci siano ragazzi giovani, principalmente di pomeriggio e in luoghi frequentati da ragazzi. Sale da gioco, cinema, bar -
Katsuki sentì un verso da parte di Izuku, segno che stava continuando ad ascoltare la conversazione.
"Dopo circa sei mesi gli incendi si sono fermati, all'improvviso. Da che erano uno al mese a che sono scomparsi del tutto. In due anni ce ne siamo anche dimenticati, presi da altri casi. Ma un paio di mesi fa sono ricominciati", Bakugou disse frustrato. "Non sappiamo cosa fare", ammise.
“Mh…”, mormorò Midoriya. “Dovremmo cercare di capire perchè si è fermato, così potremmo avere qualche idea sul perchè abbia ricominciato. E anche perchè colpisca solamente in quei quartieri”
“Lo so anche io, nerd. Ma non sappiamo da dove cominciare”
“Ci possono essere tre motivi principali per cui qualcuno così regolare si sia fermato”,
“E questa da dove ti viene?”, lo interruppe Bakugou con un mezzo sorriso.
“Sto leggendo dei libri sui vecchi serial killer, di prima che si diffondessero i quirk. Alcune delle cose possono essere utili anche per i villain”, rispose con il tono scherzosamente offeso. “Comunque! Nel caso più semplice da individuare è stato arrestato e rilasciato di recente”
“Già provato”, argomentò Bakugou. “Non c'è nessuno che corrisponda pienamente con i tempi, e tra l'altro nessuno che abbia un quirk di fuoco o altre attinenze con il fuoco”
“Allora rimangono le altre due, ma sono più problematiche per voi . C'è la possibilità che si sia fermato perchè vi stavate avvicinando troppo…”
“... ma non avevamo nulla e lo sapeva. I giornalisti di merda non si sa come sapevano che non avevamo nulla e continuavano a ricordarlo ad ogni occasione possibile”
“E è improbabile che qualcuno di così regolare si fermi. Avreste avuto manifestazioni di altro tipo. Allora rimane…”
“...l'allontanamento per motivi personali”, concluse Bakugou, ragionando con lui.
“Ed è il più problematico. Potrebbe essere per motivi di famiglia, motivi di lavoro…”
“Abbiamo provato ad allargare le ricerche al resto del paese, per vedere se altrove si fossero verificati scie di incendi simile a quella nei due anni passati, ma non è saltato fuori nulla. Siamo bloccati e questo stronzo continua a colpire. Da quando è tornato gli incendi sono stati uno al mese. Si sta diffondendo il panico qui... “. Bakugou portò il braccio a coprirsi gli occhi. “Non so cosa fare”, confesso.
“Katsuki”, gli disse Izuku con voce improvvisamente dolce. “Sei un eroe fantastico. Troverai sicuramente il modo di fermarlo”
Aveva dimenticato di quanto sembrasse più vero quando lo diceva lui. la persona che lo aveva conosciuto nei suoi momenti peggiori era la stessa che aveva più fede in lui.
Izuku si mise a borbottare qualcosa a bassa voce. Bakugou non riusciva a distinguere le parole, ma era comunque confortante quel borbottio costante. Lo faceva sentire un po' meno solo.
Si chiese se All Might si fosse mai sentito solo, ad essere il numero uno per così tanto tempo. Bakugou aveva imparato che la vetta era un posto veramente difficile dove rimanere in equilibrio, doveva dimostrare una forza che in certi momenti non era sicuro di avere. Ma sdraiato lì, con Deku che borbottava nel suo orecchio, Bakugou si sentiva un po' meno solo.
“Ehi!”, disse improvvisamente Izuku.
Il tono fece saltare Bakugou. Si rese conto di essere stato sul punto di addormentarsi.
“Cosa?”, chiese con la voce impastata da sonno.
“E se non avesse un quirk di fuoco?”
“Uhm?”, Bakugou si tirò su sul letto, improvvisamente più sveglio.
“Che intendi?”
“Se il suo intento non fossero gli incendi ma lo spegnimento?”
“Abbiamo controllato anche i soccorritori, ce ne sono alcuni ricorrenti, ma sono risultati puliti”
“Potresti chiedere di controllare se uno dei volontari per quelle zone si è unito da circa sei mesi o poco prima che ricominciassero gli incendi, vedere se avesse già fatto il soccorritore nei quartieri degli incendi di due anni fa. E partire da lì per fare altri controlli. Potresti anche provare a vedere se abbia fatto richiesta per entrare in una scuola per hero e sia stato rifiutato, è probabile che trovi qualcosa”
“Non è una cattiva idea. Non so quanto siano andati a fondo sulle ricerche sui soccorritori. Posso chiamare la centrale domani mattina e chiedergli di incrociare i dati”
“Mi tieni aggiornato?”
Bakugou sbuffò, ma non c'era vero sentimento. “Come ti pare, nerd”
Izuku ridacchiò. “Buonanotte allora”
“'Notte”, brontolò.
Izuku rimase bloccato per un momento, sembrava incerto, come se volesse aggiungere qualcos’altro.
“Buonanotte”, ripetè alla fine e chiuse il telefono.
Bakugou chiuse il telefono, lo poggiò sul comodino e provò a dormire.
Il giorno dopo, non appena arrivò in agenzia, Bakugou telefonò alla polizia per chiedergli di fare quelle ricerche che aveva suggerito Izuku, poi tornò al proprio lavoro usuale. Era una giornata particolarmente tranquilla, non stava ricevendo chiamate e aveva poche scartoffie da smaltire. Prese il telefono e si trovò nuovamente a navigare sui canali social di Deku.
Aveva pubblicato una nuova foto rispetto a tre giorni prima. A quanto pare era stato dimesso ed era tornato a casa. Di casa sua si vedeva poco, aveva solamente messo una foto di alcuni dvd su un tavolino da caffè con accanto una tazza di qualche intruglio dei suoi "li aveva fatti assaggiare a Bakugou in più di un’occasione, ma erano sempre stati disgustosi.
Uscì per il suo giro di ronda. Alla fine del suo turno il suo amico poliziotto lo richiamò. A quanto pare avevano incrociato i dati e trovato qualcuno che rispondeva alla descrizione che gli aveva fatto.
Bakugou si cambiò, indossò i suoi abiti civili e si diresse verso la stazione di polizia per assistere all'interrogatorio.
Venne fatto accomodare in una sala, dai monitor poteva vedere ciò che stessero riprendendo le telecamere e sentire l'audio dell'interrogatorio.
Due poliziotti stavano interrogando una ragazza, aveva lunghi capelli biondi e un viso sottile. Sembrava piuttosto minuta.
Disse che aveva sempre voluto diventare un hero, era stata accettata alla Shiketsu, ma era stata costretta a lasciare per via del suo fisico troppo fragile che non le permetteva di sostenere i ritmi dell'allenamento fisico. Si era unita ai volontari per cercare di fare comunque qualcosa di buono, ma con il suo quirk d'acqua c'era poco che potesse fare. Lei voleva solo salvare le persone.
Quando i poliziotti le fecero notare che era lei stessa a metterle in pericolo li guardò con grandi occhi spalancati, come se non avesse capito cosa stessero dicendo.
Il suo amico poliziotto uscì da lì e venne da lui.
"Credo sia sincera, credo che veramente non sappia cosa abbia fatto. Chiamerò per farle fare una perizia psichiatrica o qualcosa del genere"
Bakugou annuì.
Per qualche motivo non riusciva a sentirsi per nulla soddisfatto di quell'arresto.
Prese le sue cose e se ne tornò a casa.
Fece un rapido calcolo del fuso orario, poi chiamò Izuku. Senza neanche nessun messaggio prima.
Izuku rispose al secondo squillo, quasi stesse aspettando la chiamata.
"Ehi!”, lo salutò allegro.
"L'abbiamo presa”, gli disse mesto.
"Non sembri contento”
Bakugou gli spiegò la situazione. Izuku era stranamente silenzioso dall'altro capo del telefono.
"Se veramente le cose stanno così, adesso potrà essere aiutata"
Bakugou annuì tra sè, ancora non molto convinto. Era una vittoria amara, di quelle che non sembravano vittorie.
"E non potrà più fare del male a nessuno”
"Sì”
"Siamo una bella squadra -, gli disse Deku.
"Siamo sempre stati una bella squadra, nerd”
Deku ride dall’altro lato del telefono.
"Deku io… "comincia Bakugou.
Deku si blocca improvvisamente: "Non farlo”
"Dovremo parlarne prima o poi”
"Lo so”
Bakugou rimane in silenzio per un po’. Si aggira nel suo appartamento fino a sedersi sul divano. “Che cosa è tutto questo?”, chiese, mettendosi una mano sul viso.
"Non lo so”, gli rispose Deku in un sussurro.
"Tu non puoi-”, la voce esce strozzata dalla sua gola. “Non puoi sparire per anni, ricomparire all’improvviso e chiamare e mandarmi messaggi. E riprenderti spazio nella mia vita”
"Lo so” ripete Deku. “Volevo solo… volevo solo parlare con te, sentirti. Mi sei mancato… e poi abbiamo continuato a sentirci e io non voglio smettere di parlare con te”
“Non sono sicuro che sia il caso di continuare”.
Nessuno si era sorpreso quanto loro quando avevano cominciato a uscire, nel corso dei primi mesi del loro terzo anno al liceo. La loro relazione era stata ricca di alti bassi, ma dopo il liceo avevano deciso di andare a vivere insieme. Credevano di aver risolto i loro problemi, ma a quanto pare non era così. Si amavano profondamente, ma non era stato abbastanza per superare i problemi che si portavano dietro da troppo tempo a quella parte.
Bakugou, soprattutto, non riusciva a superare quello che aveva fatto a Deku. Aveva giurato a sè stesso che da lì in avanti si sarebbe preso cura di lui, che non lo avrebbe più fatto star male, ma la cosa era finita per ritorcerglisi contro. Gli aveva messo talmente tanta pressione addosso che quella relazione era diventata una ulteriore fonte di stress, oltre al fatto che la sua carriera stesse cominciando a decollare, agli impegni di lavoro e allo stress che arrivava da quel frangente. Le sue manie di perfezionismo si erano infiltrate anche in quella relazione, che sarebbe dovuta essere il luogo dove poteva sfogarsi: Bakugou voleva essere perfetto e, per esserlo, per non far sapere a Deku che c'era qualcosa che non andava, aveva cominciato ad allontanarsi, aveva cominciato a buttarsi sul suo lavoro, senza trovare più in tempo per lui. Deku l'aveva guardato allontanarsi in silenzio e solo quando finalmente aveva parlato Bakugou si era reso conto di quanto male gli avesse fatto. Ancora una volta.
Lo aveva ferito di nuovo, quando aveva giurato di proteggerlo. Bakugou non era sicuro di potersi perdonare un'altra volta. Non era sicuro di essersi perdonato neanche la prima volta.
Tutto era crollato quando Deku aveva deciso di chiudere quella relazione. "Fa solo male ad entrambi", aveva detto. Non aveva avuto torto, ma Bakugou vide crollarsi tra le dita quel futuro che stavano costruendo insieme, nella casa che avevano abitato insieme nell'unico anno in cui la loro relazione aveva funzionato dopo il liceo. Appena due anni e sembravano molti di più. Poi Izuku aveva ricevuto quell'offerta da una agenzia americana e aveva deciso di partire.
Dalla sua partenza avevano smesso di sentirsi. Erano passati 8 anni.
I primi tempi fu dura per Bakugou. Non aveva idea di quanto l'assenza di Deku lo avrebbe destabilizzato. Era sempre stato l'unica costante della sua vita e adesso non c'era più, era dall'altra parte del mondo. Con il tempo aveva cominciato a stare meglio, ma quel buco a forma di Deku era sempre rimasto dentro di lui.
Era sempre stato convinto che lui e Deku fossero legati dal destino, che fossero veramente la persona giusta l'uno per l'altro, che avrebbe potuto smettere di cercare - che non avrebbe mai avuto bisogno di cercare in primis - ma i fatti lo avevano smentito e abituarsi a vivere senza di lui non era stato facile. Ma in qualche modo aveva fatto, in qualche modo era andato avanti.
E poco importava se tutti gli amanti che aveva scelto per sè in quei mesi fossero durati al massimo un anno. E importava ancora meno che tutti avessero grandi occhi verdi, ma mai della sfumatura giusta.
Bakugou tornò a lavoro il giorno dopo con l’umore sotto i piedi. Non aveva chiuso occhio quella notte. Si sentiva catapultato nuovamente a otto anni prima, a quei primi giorni senza Deku, in cui non riusciva neanche a ricordare chi fosse, in cui si sentiva totalmente estraniato da sè stesso e dalla realtà che lo circondava. Non riusciva a ricordare come l'avesse superata la prima volta, ma non credeva di essere forte abbastanza per poterlo fare una seconda volta.
Ricevette una chiamata in agenzia.
C'era stato un nuovo incendio. Bakugou sentì il mondo crollargli sulle spalle. Rimase immobile per un momento prima di riuscire a riprendersi abbastanza da intervenire. Si fiondò fuori dall'agenzia e usò il suo quirk per muoversi agilmente al di sopra del livello della strada e raggiungere il luogo dell'incendio. Si fiondò direttamente dentro la caffetteria, portò fuori quanti più civili potè. Non sapava neanche se ci fossero altri eroi ì a dargli supporto, non gli interessava. Era in uno stato di trans, portava avanti il suo lavoro come un automa, senza preoccuparsi delle conseguenze, senza preoccuparsi di nulla che non fosse quello. Senza preoccuparsi di sè stesso.
Salvò l'ultimo civile, poi il mondo intorno a lui si fece buio.
Quando riaprì gli occhi era abbastanza sicuro che quella intorno a lui fosse una stanza di ospedale. E che quello seduto accanto al suo letto fosse Izuku.
"Izuku?", riuscì solo a borbottare, mentre era ancora a metà nel mondo dei sogni.
"Buongiorno Katsuki", gli sorrise quello.
"Non mi piace"
"Cosa?"
"Non mi piace quando mi chiami Katsuki"
"E come dovrei chiamarti"
"Kacchan"
"D'accordo, Kacchan"
Bakugou mugugnò soddisfatto qualcosa di incomprensibile in risposta.
"Ci hai fatto preoccupare"
"Tu non sei veramente qui", disse Bakugou con la voce impastata e chiudendo di nuovo gli occhi.
"Avevo intenzione di tornare in Giappone comunque, ho solo anticipato un po' i tempi"
Bakugou provò a mettersi seduto sul letto, ma Izuku lo fermò mettendogli una mano sulla spalla. Era la prima volta che lo toccava da anni e Bakugou sentì la pelle lasciata scoperta dalla casacca ospedaliera scottarsi a quel contatto.
"Devi riposare"
A Bakugou venne da ridere. Quanto era passato dall'ultima volta che era stato lui a dirlo a Izuku?
"Non sono io che sono finito sotto un palazzo", disse con un mezzo sorriso sarcastico.
"Sei quello che si è beccato un'intossicazione da fumo però"
Bakugou a quelle parole fu improvvisamente sveglio, scattò seduto sul letto e il movimento venne accompagnato da un attacco di tosse, che lo lasciò piegato in due per il dolore agli addominali. Izuku si avvicinò di scatto a lui, e gli tenne la schiena. Bakugou, incuravato in avanti, portò una mano alla sua spalla per reggersi. Gli girava la testa e aveva paura di cadere all'indietro.
Da così vicino, alzò lo sguardò e potè studiare il viso di Deku. Portava ancora i segni dell'incidente, era ancora smagrito e con le ombre scure intorno agli occhi, ma era sempre lui. A rivederselo davanti era come tornare a respirare.
Deku lo aiutò a sdriarsi di nuovo.
"Kirishima ci sta lavorando, appena avrà qualcosa verrà ad aggiornarti", gli disse.
"E tu stai qui a non fare nulla?", lo prese in giro Bakugou.
"Io teoricamente sono ancora fuori servizio. E sono anche qui in incognito per il momento. Il mio trasferimento sarà ufficiale solo quando potrà tornare a lavorare"
Rimasero in silenzio per qualche momento. A Bakugou venne da ridere. La prima confessione gliela aveva fatta in circostanze molto simili, era Deku quello in un letto di ospedale dopo un attacco della League of Villains. Era uno strano deja vu da avere, la tensione tra di loro era la stessa di quei giorni. Non sapevano bene come muoversi l'uno accanto all'altro e Bakugou poteva sentire quanto tutto quello fosse sbagliato. Erano cresicuti insieme, si conoscevano meglio di chiunque altro al mondo, non doveva essere così tra di loro. Bakugou avrebbe fatto di tutto per tornare indietro e confessare tutto, per non lasciarlo andare via.
La voce di Deku interruppe i suoi pensieri.
"Mi dispiace", disse. "Forse non sarei dovuto venire"
Bakugou fece vagare lo sguardo fuori dalla finestra. Era una giornata assolata, doveva essere pieno pomeriggio. Si rese conto che ce l'aveva, la seconda chance.
"Mi ero ripromesso di non farti del male", cominciò, continuando a tenere lo sguardo lontano da Deku. Non sarebbe riuscito a finire con quegli occhi verdi che lo fissavano. "Non dopo avertene fatto così tanto. Non mi sono mai perdonato per quello che ti ho detto e per rimediare volevo essere perfetto. E se non lo ero l'importante era non fartelo sapere, così non te ne saresti andato via. E per evitare che lo sapessi mi sono chiuso, non ti ho mai reso partecipe di quello che pensavo, speravo di non farti vedere quanto fossi sbagliato, speravo di tenerti vicino. Ma alla fine te ne sei andato lo stesso", sorrise amaro Bakugou. "Volevo solo renderti felice".
Solo in quel momento Bakugou ebbe il coraggio di voltarsi. Ormai non poteva più rimangiarsi quello che aveva detto, il danno ormai era fatto. Deku aveva gli occhi spalancati e pieni di lacrime che ancora non avevano cominciato a scendere, poi scoppiò a ridere di una risata umida.
"Io-", si portò una mano a coprirsi la bocca, allungò l'altra per prendere quella di Katsuki. "Grazie per avermelo detto". Si prese qualche momento, probabilmente per pensare bene a quali dovessero essere le sue parole successive. "Io ti ho perdonato tanto tempo fa, Kacchan. Ma anche credo di aver avuto le mie responsabilità", ammise con un sorriso nostalgico. "Mi sentivo talmente fortunato del fatto che tu finalmente mi vedessi in quel modo che ho accettato qualunque cosa, non ho mai avuto il coraggio di affrontarti direttamente. Ho sempre avuto il timore che tu mi lasciassi, che mi dicessi che ero pesante. Sono stato un codardo. E sono stato un codardo a scappare dall'altra parte del mondo"
"L'avrei fatto anche io"
Deku sorrise, ma il suo sorriso aveva qualcosa di triste.
"Dovrei lasciarti riposare", disse alzandosi dalla sedia di plastica.
Bakugou alzò di scatto lo sguardo verso di lui. Per un attimo fu preso nuovamente dal terrore di vederlo chiudersi la porta alle spalle e sparire nuovamente per otto anni.
"Torno domani", lo rassicurò Deku.
Bakugou fece scattare nuovamente la testa nella direzione opposta, "Come ti pare, nerd"
Bakugou sentì Izuku ridere alle sue spalle. "Cerca di riposare un po'", gli disse.
"Anche tu, hai delle occhiaie terribili".
"Buona serata, Kacchan"
Katsuki sentì un pezzo di sè tornare al proprio posto a quelle parole.
Due giorni dopo Katsuki venne dimesso, Deku era andato a trovarlo tutti i giorni. Nonostante il parere dei medici, decise di tornare a lavoro già il giorno successivo. Gli diedero l'autorizzazione a condizione che non facesse lavoro attivo sul campo. Almeno non si sarebbero accumulate le scartoffie, sospirò tra sè mentre si sedeva alla sua scrivania.
Stava lavorando da un paio d'ore quando sentì qualcuno bussare alla porta del suo studio e pochi attimi dopo affacciarsi la testa di Kirishima.
"Ehi", salutò Bakugou.
Bakugou gli fece cenno di aspettare, firmò le ultime due pratiche e le mise da parte, mentre Kirishima si sedeva alla schiena davanti alla scrivania.
"Come ti senti?", gli chiese.
"Come se respirassi a metà", rispose. "Hai novità?"
"Non molto", tirò fuori dei fascicoli dallo zaino e glieli porse. "Se non hai niente da fare almeno puoi guardarti quelli e vedere se trovi qualcosa"
"Sì", sbuffò Bakugou. "Grazie del pensiero", disse sarcastico.
Kirishima sorrise, poi qualcosa si offuscò nel suo sguardo.
"Mi dispiace"
"Non è colpa tua. Sono stato avventato, avevo avuto una brutta giornata e ho perso la lucidità".
Bakugou aveva imparato da tempo a non colpevolizzarsi, ad accettarsi un po' di più negli anni, a perdonarsi e ad accogliersi, ma non riuscì a non sentire una punta di amarezza a quel pensiero. Almeno era riuscito a salvare tutti i civili in quell'occasione. Scosse la testa per non partire per quella tangente di pensieri.
Cominciò a sfogliare i fascicoli.
"Non c'è niente sulla ragazza qui"
Kirishima inclinò la testa confuso. "No, cosa dovrebbe esserci? Sappiamo che è innocente"
Bakugou continuò a scorrere i resoconti dell'ultimo attacco pensieroso. "Ci sono troppe coincidenze perchè la ragazza non sia coinvolta in qualche modo", osservò. "Credo che dovremmo scavare un po' più a fondo nella sua vita, capire cosa sia successo"
Kirishima annuì, "Ha senso", concordò.
"Posso occuparmene io", continuò Bakugou. "Faccio una chiamata in polizia e mi faccio mandare tutto"
Kirishima annuì ancora. "Devo andare in agenzia adesso", disse alzandosi. "Chiamami se hai novità"
Bakugou annuì, cominciando a mordicchiare il dorso della penna mentre scorreva ancora i fascicoli. Non appena Kirishima fu uscito, Bakugou fece quella chiamata alla centrale, si fece mandare tutti i dati che erano riusciti a raccogliere e cominciò a scorrerli sul tablet.
Alla fine si arrese, prese il telefono e chiamò Izuku. Cominciò a leggergli ad alta voce tutti i dati e le informazioni che aveva ricavato. Aveva più che altro bisogno di parlare ad alta voce, con qualcuno che riuscisse a stargli dietro e a dargli effettivamente spago per andare avanti, e l'unica persona in grado di tenergli da testa da quel punto di vista che avesse mai trovato era sempre stato Deku. Si rese conto, nel momento in cui decise di fare quella chiamata, di quanto gli fosse mancato in quegli anni poter parlare con Deku dei casi, poter discutere insieme e riuscire a trovare la soluzione giusta per ogni situazione.
Deku ascoltò con attenzione, facendo qualche verso ogni tanto per comunicargli che stava ancora ascoltando.
"La ragazza ha detto perchè si è allontanata dalla città due anni fa?"
Bakugou scorse la pagina sul suo tablet. "Ha dichiarato che è stato per motivi di lavoro"
"In quei due anni ci sono stati incendi dolosi in città?"
Bakugou fece una rapida ricerca nei fascicoli, ma non trovò nulla. Provò poi a cercare nei database che la polizia gli aveva messo a disposizione. Scoprì che nel quartiere della ragazza c'erano stati altri piccoli incendi, niente di troppo elaborato però.
Deku, dall'altro capo del telefono, emetteva un mormorio pensieroso.
"Ci sarebbe da chiedere alla ragazza se conosce qualcuno con un quirk di fuoco", disse con un sospiro sconsolato.
Bakugou si alzò di scatto. "Vado a chiederglielo", disse.
Izuku provò ad obiettare qualcosa, ma Katsuki aveva già chiuso la telefonata.
L'unica persona con un quirk di fuoco che la ragazza ricordasse era un suo compagno del liceo, in grado di far apparire fiamme allo schiocco delle dita. Bakugou provò a cercare il nome del ragazzo. Il suo quirk era registrato come di fuoco, non aveva frequentato alcuna scuola per eroi e lavorava in un negozio al dettaglio non lontano da lì.
Bakugou decise di passarci prima di tornare in agenzia.
Percorse a piedi la poca distanza dalla stazione di polizia dove la ragazza era ancora in custodia fino al negozio. Era un piccolo emporio che vendeva un po' di tutto, dall'alimentari alle riviste. Il locale era deserto, salvo per una vecchietta che stava uscendo con la busta della spesa e incrociò Bakugou sulla porta. Non appena il ragazzo lo vide entrare sgranò gli occhi e scappò dalla porta sul retro.
"Piccolo stronzo", borbottò Bakugou, lanciandosi all'inseguimento.
Aveva percorso appena pochi metri e già gli mancava il fiato, i suoi polmoni gridavano, ma non poteva fermarsi, non quando era così vicino a prendere finalmente quello che poteva essere il piromane.
Bakugou riuscì a chiamare qualcuno della sua agenzia mentre correva, ma non poteva fermarsi. Si slaciò in avanti con il suo quirk e riuscì a immobilizzare il ragazzo. Con una mano lo teneva fermo per il collo, con l'altra gli teneva il braccio in leva, in modo che non potesse muoversi in alcun modo, nel mentre cercava di riprendere fiato. Il respiro era pesante e il cuore sembrava stesse per esplodergli nel petto.
"Allora sei tu, stronzo", gli disse con il respiro pesante.
"Voi non capite, voi eroi non potete capire!"
Bakogou strinse di più la presa contro il suo braccio. "Non capiamo cosa si prova ad ammazzare gente? A mettere in pericolo innocenti che vogliono solo godersi il sabato pomeriggio in pace?"
"L'ho fatto per lei! Voleva essere un'eroina, è la persona più buona che abbia mai conosciuto e voi eroi l'avete cacciata via, le avete detto che non aveva le qualità"
"Ma che cazz-?"
"Sapevo che voleva entrare nei volontari, ma non c'erano praticamente mai incendi da spegnere. Lei si merita di salvare qualcuno, si merita di sapere che cosa significhi essere un'eroina e io le ho dato la possibilità di capirlo! Le ho dato l'occasione per brillare! Quando saprà cosa ho fatto per lei ricambierà finalmente i miei sentimenti!"
"Hai ucciso delle persone!"
"Ho provato a farlo senza fare del male a nessuno, ma nessuno ne parlava, nessuno ha dedicato neanche una parola alle persone che hanno spento i fuochi, nessuno gli ha dato importanza. Lei è anche andata via! Dovevo alzare la posta in gioco, doveva capire la sua importanza"
Bakugou avrebbe voluto lasciare la presa e allontanarsi da quel folle il prima possibile. L'uomo aveva cominciato a piangere, commosso dalle sue stesse parole, tirava su con il naso e tra le lacrime continuava a dire cose senza senso.
La polizia e i rinforzi arrivarono fortunatamente poco dopo e lo prese in custodia. Bakugou aveva voglia di lavarsi le mani o farsi una doccia con l'acqua bollente, ma non poteva scappare da lì. Doveva parlare con i giornalisti e rassicurare la popolazione: quella storia era finalmente finita, tutti potevano tirare un sospiro di sollievo finalmente. I ragazzi avrebbero potuto ricominciare a godersi i loro ritrovi in serenità, i cinema della zona sarebbero tornati a riempirsi dopo essersi progressivamente svuotati, i caffè sarebbero tornati ad essere luoghi di ritrovo. Durante l'intervista fu attento a sottolineare il ruolo che aveva avuto Kirishiama e la sua agenzia nello svolgimento dell'operazione: l'arresto era stato suo, ma non sarebbe mai arrivato lì senza il loro aiuto e ci teneva che fosse riconosciuto il loro medico.Si chiese se avrebbe dovuto accennare anche a Deku, ma si ricordò che quello aveva detto di essere ancora in incognito, almeno fino a che non fosse tornato in servizio. Dopo aver parlato con i giornalisti ebbe bisogno dell'intervento dei soccorritori, che dovettero dargli una mascherina con l'ossigeno. Il suo medico non gliela avrebbe fatta passare liscia quella volta, ne era sicuro.
Deku aveva insistito per invitarlo a cena, per festeggiare finalmente l'arresto del Piromane. Aveva scelto un locale piuttosto intimo e riservato e il proprietario li aveva fatti accomodare in un tavolo laterale, riservato. Katsuki aveva paura che la cena sarebbe stata imbarazzante, ma a quanto pare il chiarimento che avevano avuto qualche giorno prima in ospedale gli aveva permesso di cacciar via ogni traccia di imbarazzo. Bakugou aveva talmente tante cose che gli voleva dire che non sapeva da dove cominciare, diversi racconti si sovrapponevano. Si rese conto che, a ogni sua esperienza, era come se fosse mancato un tassello: era come se le esperienze della sua vita fossero accadute davvero solo nel momento in ci le poteva condividere con Deku. Anche Deku non sembrava essere messo molto meglio, mentre continuava a raccontargli quanto fosse diverso il lavoro da eroe oltreoceano e come avesse avuto modo di conoscere nuovi aspetti di All Might lavorando di lì e di recuperare merch esclusiva che non era mai riuscito a farsi arrivare in Giappone. Quegli otto anni senza parlare dovevano essere stati pesanti per lui, quanto lo erano stati per Bakugou, si ritrovò a pensare.
"Ti va di fare una passeggiata?", gli chiese Deku dopo la cena che aveva insistito per pagare.
Bakugou annuì e insieme si ritrovarono a passeggiare per le strade della città. Quando stavano insieme adoravano farlo, erano dei momenti in cui c'era più o meno calma per la città e c'era meno gente che potesse riconoscerli, erano spesso gli unici momenti che avevano per poter stare insieme un po' più liberamente. La serata, nonostante fosse primaverile, era fresca e Bakugou rabbrividì leggermente allo sbalzo di temperatura dall'interno del locale all'esterno.
Mentre camminavano Bakugou allungò la mano e strinse quella di Izuku. Izuku si bloccò nel bel mezzo della strada.
Bakugou strinse più forte, cercando di rassicurarlo. Izuku ricambiò la stretta.
"Non voglio rifare lo stesso errore", disse Bakugou guardando dritto davanti a sè e ricominciando a camminare. "Non voglio lasciarti andare di nuovo senza mettere tutte le carte in tavola"
Izuku si affettò a seguirlo. Ricominciarono a muoversi.
"Hai mai sentito parlare del Kintsukuroi?", chiese improvvisamente Izuku.
Bakugou scosse la testa, voltandosi leggermente verso di lui. Izuku aveva l'espressione persa che aveva ogni volta che poteva tirare fuori la conoscenza, quella dell'entusiasmo interiore che provava ogni volta che si faceva riferimento a qualcosa di aver studiato. Teneva lo sguardo davanti a sè, leggermente verso l'alto, e aveva un mezzo sorriso sulle labbra. Bakugou fu costretto a tirarlo di lato per farli evitare un lampione.
"Letteralmente significa riparare con l'oro", cominciò a spiegare. "E' una antica pratica, si riparava la porcellana rotta con l'oro liquido. La frattura, la rottura, diventa parte del fascino dell'oggetto stesso, è parte integrante della sua storia. Si credeva anche che l'imperfezione rende l'oggetto più bello"
"Che vuoi dire?"
"Voglio dire che forse tutto questo ci è servito. Avevamo bisogno di questi anni per capirci meglio da soli, per poterci riprovare in maniera più consapevole. E poi, sai, l'ho sempre saputo che eri imperfetto e ti ho comunque voluto al mio fianco"
"E lo vuoi ancora?"
Izuku strinse meglio la mano di Bakugou con la sua.