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Titolo: video addiction

Parole: 200

Fandom: My hero academia

Rating: safe 


“Bakugou,” Todoroki says in a tone than makes Katsuki’s skin crawl every time. No, he’s not doing this anymore, he will not. 

“What?” he says, getting closer to the common room’s couch where Todoroki is curled up under a blanket like a cat – as if he needed it, with his quirk.

Todoroki pats the spot beside him and Katsuki sits with a sigh. Not another dumb, cat video, please. Just, not. 

It is another dumb cat video. But Todoroki is smiling – that timid thing showing more and more on his face – as he passes Katsuki his phone. And Katsuki be damned if he does something to make that smile disappear – he’s in too deep, he knows, but they’re alone in the common room and Todoroki will never catch up anyways. He can indulge both himself and Todoroki. 

Katsuki takes the phone, Todoroki puts his chin on Katsuki’s shoulder to watch the video once again – Katsuki doesn’t want to know how many times he watched it already, but it’s okay, a lot of things are when Todoroki sits close enough that he can smell his vanilla and lemon shampoo – and Katsuki press play.


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Titolo: I’ll be whatever you need me to be

Fandom: My hero academia

Missione: M3 – la triade

Parole: 2063

Rating: nsfw




Dopo il combattimento, Eijiro si rifugiò in un vicolo per sfuggire ai giornalisti. Non aveva problemi a gestirli, di solito, ma aveva bisogno di un momento per riprendere fiato prima di affrontarli. 

Nel vicolo, però, non era da solo. Todoroki era già lì. Sapeva che aveva preso parte allo scontro perché aveva sentito l’improvvisa ondata di gelo del suo quirk – dopo anni passati a combattere al suo fianco era ormai in grado di riconoscerla a pelle –, ma avevano combattuto in due punti diversi e non lo aveva visto fino a quel momento. 

Era strano che fosse lì. Dare interviste non era il suo forte, ma non si sottraeva mai quando i giornalisti si avvicinavano a lui.

Aveva la testa appoggiata al muro e gli occhi chiusi, il volto era accaldato, e anche quello era strano per una persona in grado di controllare la propria temperatura interna.

Eijiro si avvicinò titubante. “Todoroki?”

Todoroki aprì gli occhi ma non si mosse.

“Tutto ok?”

“Sì.”

Sembra senza fiato, ma tiene gli occhi fissi su Eijiro in quel modo che ogni volta gli faceva scorrere i brividi lungo la schiena. Aveva un’espressione concentrata e sofferente al tempo stesso, e sembrava stesse pensando profondamente a quello che aveva da dire. “In realtà, ti andrebbe di venire a cena da me?”

Se non lo avesse proposto lui, glielo avrebbe chiesto Eijiro. Era chiaro che non stesse bene, e Eijiro non lo voleva lasciare da solo in quelle condizioni, soprattutto adesso che Katsuki era fuori città.


Gli era sempre piaciuta casa di Katsuki e Todoroki, era un mix perfetto tra moderno e tradizionale, di design ma accogliente. 

Todoroki crollò sul divano, reclinò indietro la testa e chiuse gli occhi. Sembrava esausto, e Eijiro aveva la sensazione che ci fosse qualcosa in più oltre alla stanchezza della giornata di lavoro. Aveva i capelli ancora umidi per la doccia che si era fatto prima di lasciare l’agenzia e indossava una felpa nera di Katsuki che gli stava larga. Era veramente troppo adorabile per il povero cuore di Eijiro. D’istinto scattò una foto e la mandò a Katsuki. Gli aveva promesso che avrebbe tenuto d’occhio Todoroki mentre era via, dopotutto.

“Preparo i piatti e metto un film?” chiese Eijiro e si avviò verso la cucina con la busta del take away del posto di pancake all’angolo che Todoroki adorava.

La risposta di Katsuki non si fece attendere.

Sta bene?

Eijiro rispose subito. L’ho visto un po’ fuori fase. Ceno da voi e lo tengo d’occhio.

Katsuki rispose immediatamente, come se fosse rimasto attaccato al telefono in attesa della sua risposta. Bene.

Eijiro preparò piatti per entrambi, li portò in salotto e mise su un film. Mangiarono in silenzio, e lasciarono i piatti sul tavolino da caffè dopo aver finito – una cosa che non avrebbero mai potuto fare in presenza di Katsuki, ma finché non c’era potevano prendersi qualche libertà. 

Mano a mano che il film procedeva, Todoroki si rannicchiava sempre di più contro il divano e gravitava sempre più vicino a Eijiro. Era talmente vicino che poteva sentire il calore che emanava da lui. Era troppo, e aveva il volto accaldato ancora di più di quanto fosse stato. Eijiro cominciò a preoccuparsi.

“Stai bene?”

Todoroki rispose con un mugolio.

“Sento se hai la febbre,” avvertì prima di appoggiare una mano sulla fronte di Todoroki.

Era per metà bollente e per metà gelido, contava come febbre con il suo quirk? C’era un modo per capirlo? Avrebbe dovuto chiamare Katsuki? O un medico?

Todoroki sospirò di sollievo al contatto e si premette di più contro la mano di Kirishima, poi la spostò per appoggiare la fronte al suo petto, inspirò profondamente e fece un versetto soddisfatto. Solo in quel momento, quando erano così vicini, il suo odore raggiunse Eijiro. Sapeva di legna arsa nel caminetto e vaniglia, ma c’era qualcosa di più dolce sotto, dolce e con una punta di piccante.

Estro.

Todoroki era in calore, e se Eijiro non fosse stato un beta se ne sarebbe accorto molto prima. Doveva fare qualcosa, ma cosa? Avevo seguito le lezioni di educazione sessuale al liceo, ma non aveva prestato troppa attenzione, dal momento che era un beta pensava che la cosa non lo avrebbe mai riguardato da vicino, e adesso si sentiva perso. 

Katsuki, doveva chiamare Katsuki. Sicuramente lui avrebbe saputo cosa fare quando il suo compagno era in calore. 

“Todoroki,” partì Eijiro, mentre Todoroki aveva cominciato a strusciarsi contro il suo petto. “Todoroki,” ripeté, “credo che tu sia in calore.”

“Mh-mh,” mormorò Todoroki continuando a strusciarsi, si strinse a lui, come se volesse fondersi con lui e, non soddisfatto di quel contatto, montò sopra Eijiro e si mise a cavalcioni su di lui, stringendogli le braccia intorno al collo e nascondendo la testa nel suo collo. Giusto, il contatto fisico aiutava a calmare un omega in calore. Ma Eijiro era solamente un uomo, e quello era troppo per lui. Vedere Todoroki così aperto e vulnerabile… Aveva bisogno di aiuto.

Strinse un braccio intorno a Todoroki e si allungò verso il telefono che aveva lasciato sul bracciolo del divano. “Adesso chiamo Katsuki,” disse a Todoroki. “Lui saprà che cosa fare.”

Todoroki alzò la testa, “Katsuki? Dov’è?” 

“In missione,” gli ricordò Eijiro. “Ma adesso lo chiamiamo, va bene?”

Todoroki annuì, tornando a strusciarsi contro il collo di Eijiro. Era adorabile, troppo per il povero cuore di Eijiro che da anni cercava di sopprimere quella parte di lui.

Eijiro chiamò Katsuki, che rispose al secondo squillo.

“Che succede?”

“Todoroki è in calore,” disse subito, poi si fece coraggio e disse la parte successiva. “Si è messo in braccio a me, e non so che fare.”

Katsuki non esitò, “Resta con lui, non lasciarlo da solo. Io arrivo il prima possibile.”

“Katsuki?” chiese Todoroki e prese il telefono di Eijiro. 

“Ehi, Sho,” Eijiro sentì Katsuki dire. “C’è Eijiro lì con te, si prenderà cura di te. Io arrivo il prima possibile.”

Todoroki mugolò e scelse quel momento per cominciare a strusciarsi su di lui, e Eijiro sentì il proprio corpo reagire. Todoroki era uno dei suoi migliori amici, era il compagno del suo migliore amico in assoluto, non poteva assolutamente fargli questo. 

Eijiro riprese il telefono dalle mani di Todoroki.  “Katsuki, stiamo parlando di un calore, e…” sperava che quello fosse abbastanza per farlo capire a Katsuki, che sembrò afferrare.

“Lo so,” la sua voce sembrava tesa. “E se non fossi tu ti avrei già detto di andare via di lì immediatamente, ma…”

“Ma?”

Un momento di pausa, “Non dovevano andare così le cose,” disse. “Ne parliamo quando arrivo. Per ora resta lì.”

Non diede a Eijiro il tempo di dire altro e attaccò, e Todoroki cominciò a baciargli il collo. 

“Todoroki,” cominciò, incerto di quello che avrebbe dovuto fare.

“Shoto,” rispose Todoroki. “Chiamami Shoto.”

“Shoto,” ripeté Eijiro. “Non so che cosa dovrei fare,” ammise.

Shoto si mise a litigare con la maglietta di Eijiro, sembrava gliela dovesse strappare e lui capì l’antifona e se la tolse, poi Todoroki cominciò a fare lo stesso con la propria maglietta e Eijiro lo aiutò a togliersela. Shoto si appoggiò al suo petto e al contatto pelle contro pelle sospirò di piacere e sollievo, gli prese le mani e se le appoggiò sui fianchi. La sua pelle era gelida e bollente. 

“Lo so che lo vuoi,” disse Shoto. “Ho visto come guardi me e Katsuki, adesso puoi.” E la parte peggiore era che aveva ragione.

“Volevamo…” cominciò, e ogni parola sembrava una fatica. “Volevamo chiedertelo, ma non c’era mai l’occasione.” 

“Chiedermi cosa?” chiese Eijiro con la bocca secca.

“Chiederti di diventare nostro,” mormorò Shoto sulla pelle del suo collo. “Katsuki si era preparato un discorso,” sorrise come se ci stesse pensando.

Eijiro sentì il proprio cuore accelerare. Lo volevano? Volevano lui? Era per questo che Katsuki aveva detto… ma non poteva pensarci adesso. Adesso doveva occuparsi di Shoto, fare quello che poteva per farlo stare meglio. E se aveva imparato qualcosa era che quando non sapeva cosa fare la cosa migliore da fare era chiedere.

“Che cosa posso fare?”

Shoto gli prese la mano che era sul suo fianco e se la fece scivolare lungo la schiena, fino a farla scomparire dentro i suoi pantaloni. “Toccami.”

E Eijiro non poteva che rispondere a quel richiamo. Con le mani andò a cercare l’apertura di Shoto, era bagnato da morire e Eijiro lo penetrò con due dita direttamente. Shoto inarcò la schiena e gemette, e il gemito andò direttamente all’eccitazione di Eijiro.

Shoto si avventò sulle labbra di Eijiro e lo baciò, e allo stesso tempo si premette indietro contro le sue dita. Eijiro continuò a toccarlo fino a farlo venire, dentro i pantaloni era così duro da fargli male. 

Shoto si abbandonò contro il petto di Eijiro. “Nido,” mormorò.

Eijiro se lo caricò in braccio e lo portò in camera da letto, sul letto c’era il suo nido e Eijiro riconobbe, tra gli abiti di Katsuki, molti dei suoi che erano misteriosamente spariti e la cosa lo fece sentire bene. Depositò Shoto sul letto e si allontanò da lui per un momento per andargli a prendere un bicchiere d’acqua. Sentì Shoto mugolare perché era rimasto da solo e fece il più in fretta possibile. Quando tornò in camera, Shoto si era spogliato completamente. Eijiro fece lo stesso e si andò a stendere accanto a lui. 


Eijiro riuscì a dormire un po’ tra un’ondata e l’altra di calore. Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando si erano chiusi in camera da letto, ma fuori dalla finestra non era ancora giorno, quindi non potevano essere molte ore, ma si sentiva stanco come se fossero giorni. Un beta non era progettato per restare tanto a lungo da solo con un omega – da quel poco che ricordava, a livello biologico la funzione dei beta era soprattutto quella di restare lucido quando il calore degli alpha e degli omega si sincronizzava, una sorta di guardia del corpo. Non gli sarebbe dispiaciuto essere il loro scudo, il pensiero gli scaldava il cuore. E forse c’era bisogno di lui prima del previsto.

C’era rumore nell’appartamento.

Facendo attenzione a non svegliare Shoto, Eijiro si alzò dal letto e aprì la porta della camera da letto, pronto a tutto.

La luce del bagno era accesa, e Eijiro si affacciò, e vide Katsuki che si stava lavando la faccia. Il dubbio di aver fatto qualcosa che non doveva tornò ad attanagliargli lo stomaco adesso che se lo trovava davanti.

Katsuki gli lanciò un’occhiata. “Ho visto che dormivate e ho pensato di darmi una sciacquata prima di venire a letto.”

“Certo. Adesso che sei qui io posso anche…”

“Cosa? Andartene?”

Eijiro non rispose. 

“Te l’ho detto, fossi stato chiunque altro ti avrei detto di andar via. Solo il fatto che ci fossi tu con lui non mi ha fatto uscire fuori di testa.”

Eijiro non sapeva cosa dire di fronte a tanta onestà. “Ho fatto quello che ho potuto.”

“Sono sicuro che sia stato sufficiente.”

“Aveva bisogno di te.”

“E anche di te. Hai visto il nido, no?”
Eijiro annuì.

Katsuki si appoggiò al lavandino.

“Te l’ha detto?”

Eijiro capì subito a cosa si stava riferendo. Annuì.

“Mi dispiace sia andata così. Appena sarà finito tutto questo ne riparleremo con calma.”

Eijiro era in grado di capire quando la sua presenza non era più richiesta. Dalla camera da letto, entrambi sentirono Shoto gemere. Subito Katsuki fu alla porta, pronto a scattare alla voce del suo compagno. Eijiro entrò in camera subito dopo di lui e lo trovò già steso a letto con le braccia intorno a Shoto che, nel sonno, passava il naso sulle ghiandole sul suo collo, beandosi del suo profumo, qualcosa che sicuramente Eijiro non aveva potuto fare.

Eijiro cominciò a recuperare i vestiti che aveva abbandonato sul pavimento, quando una mano lo tirò. Alzò lo sguardo, anche nella penombra riconosceva lo sguardo fiero di Katsuki.

“Dove stai andando?”

“Hai detto che quando sarà finito ne parleremo.”

“Sei un idiota,” mormorò, e lo tirò fino a farlo cadere nel letto. Shoto allungò una mano e strinse quella di Eijiro, mentre Katsuki se lo tirava addosso e lo baciava.

Eijiro sentì qualcosa sciogliersi nel suo petto rimettendosi a letto. Quello era esattamente il posto dove voleva essere adesso. 




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Titolo: I just wanna stay in that lavender haze 

Fandom: My hero academia

Missione: M3 – freccia

Parole: 1886

Rating: safe


E arriviamo adesso all’eroe numero uno della nostra classifica degli eroi più sexy in circolazione. E il titolo va… all’eroe Shoto! E voci di corridoio, ci dicono che sia ancora single — tutta la redazione si chiede come sia possibile —, quanto ancora durerà?


Izuku lo aspettava di fronte al palazzetto, con i capelli nascosti da un cappello e una mascherina che gli copriva le adorabili lentiggini. Shoto lo raggiunse e dalla piega degli occhi capì che sotto la mascherina stava sorridendo. Anche lui si era camuffato per l’occasione, cappello a nascondere i suoi capelli estremamente riconoscibili e occhiali non graduati per mascherare almeno un po’ la cicatrice.

Sopra le loro teste, gli stendardi con il logo della HeroCon si agitavano al leggero venticello di aprile. 

Insieme entrarono alla convention e cominciarono a girare tra gli stand. Shoto era un eroe ormai da anni, ma ancora non si era abituato a vedere il suo viso riprodotto su poster, spille, action figures, e sui volti di altre persone che si truccavano per somigliare a lui, alcune talmente bene da fargli talvolta venire il dubbio che si stesse guardando allo specchio.

Il dorso della mano di Izuku sfiorò il dorso della sua. Erano in pubblico e più di quello non potevano fare, ma Shoto non avrebbe voluto altro che girare la mano e stringere quella di Izuku — tenersi per mano gli piaceva, aveva scoperto. 

Camminarono un po’ più vicini. L’attenzione di Izuku venne catturata da uno stand che vendeva merchandise vintage. Izuku si gettò sulla sezione dedicata a All Might, alla ricerca di qualcosa che non avesse già, e ogni oggetto che incontrava era accompagnato da una spiegazione completa di quando fosse stato fatto e per quale occasione. C’era una figure della Golden Age che, a quanto pareva, stava cercando da anni. Mentre Izuku pagava, l’attenzione di Shoto venne catturata da un angolo dello stand, dove erano accumulate alcune figures di Crimson Riot.

“Ne vuoi prendere una per Kirishima?” Chiese Izuku.

Shoto annuì, “Mi aiuti a scegliere?”

Izuku si mise a studiare le figures con serietà, come se fosse davanti al merchandise di All Might. Shoto non sapeva che cosa avesse fatto per meritare tutto quello, ma non aveva intenzione di farsi troppe domande.

Con l’aiuto di Izuku, Shoto scelse due figures da portare a Kirishima. 



Shoto e Deku sono stati avvistati insieme alla HeroCon di questo fine settimana! 



Entrambi gli eroi erano in borghese, e si sono aggirati per tutta la giornata tra gli stand. L’amicizia tra i due è ben nota sin dai tempi del liceo — tutti ricordiamo il loro fantastico scontro al primo festival sportivo — ma dalle foto che siamo riusciti a ottenere sembra che possa esserci qualcosa in più. Numerose persone hanno testimoniato la vicinanza tra i due, e non sarebbe una sorpresa che tra i due possa essere scattato qualcosa, sono numerose le coppie nate in quella classe, dopotutto. 

Che Shoto abbia finalmente trovato la persona giusta per accasarsi? 



Il sabato mattina, la palestra vicino casa di Shoto era semideserta. Era il momento perfetto per allenarsi senza dover fare la fila per le macchine. Era meno attrezzata di quella che avevano in agenzia, ma era esattamente a metà strada tra casa di Shoto e casa di Kirishima, e da un po’ di tempo avevano preso l’abitudine di vedersi lì il sabato mattina per poi andare a fare il brunch insieme. 

Shoto finì la sua ultima serie alla abdominal machine e si prese un momento per riprendere fiato. Gli rimanevano solamente gli esercizi di stretching da fare, la cosa che odiava di più. Prima di spostarsi verso la saletta per gli esercizi a corpo libero, si lanciò un’occhiata intorno per vedere dove fosse Kirishima. Stava lavorando alla lat machine, le maniche larghe della canotta lasciavano intravedere i muscoli della sua schiena che si muovevano per il movimento e lo spettacolo era affascinante. Kirishima completò l’ultima serie e si alzò dalla macchina. Si guardò intorno e quando i suoi occhi si posarono su Shoto, che ancora non si era mosso dal suo posto, e gli sorrise. Si alzò e si avvicinò a lui. 

“Stretching?”

“Stretching,” rispose Shoto con fare lamentoso.

Kirishima rise. “Andiamo,” disse porgendogli la mano. Shoto la prese per alzarsi e lo seguì nella saletta. 

Lui e Kirishima si sdraiarono l’uno accanto all’altro e cominciarono i loro esercizi. Shoto non era mai stato particolarmente flessibile, non era proprio il suo punto forte, a differenza di Izuku o Katsuki. Kirishima era più o meno come lui, e il suo quirk non lo aiutava, almeno potevano capirsi.

Shoto stava litigando con un nuovo esercizio che non gli riusciva in alcun modo. Kirishima rise guardandolo. 

“Aspetta, ti do una mano,” disse alzandosi. “Non puoi farlo da solo quello.”

Prese una gamba di Shoto e cominciò a spingerla verso di lui, allungandogli i muscoli. Dalla sua posizione, Shoto vedeva Kirishima sopra di lui, leggermente sudato, con i capelli che gli ricadevano sulla fronte. Se lo stretching fosse sempre stato così, Shoto si sarebbe lamentato molto di meno con i suoi trainer.

Chissà se Katsuki conosceva già quell’esercizio. Glielo avrebbe dovuto far vedere al loro prossimo allenamento. 



Red Riot e Shoto sembrano molto in confidenza. Fonti vicine ai due, ci raccontano che tutti i sabato mattina i due si vedono in palestra, dove si allenano insieme.

Red Riot e Kirishima si conoscono sin dai tempi della scuola, e le foto dimostrano quanto i due siano in confidenza. Spesso di sabato sono stati visti a pranzo insieme, forse proprio a seguito dei loro allenamenti supplementari del sabato mattina? 

Ultimamente, erano circolate voci di una possibile relazione tra Shoto e Deku. Deku è a conoscenza di questi incontri settimanali? E che cosa ne pensa?

Il mistero resta ancora da svelare.

Shoto uscì dal portone, Katsuki lo aspettava in strada in sella alla sua moto. Indossava una giacca di pelle, che fece venire i dubbi a Shoto per quello che aveva indossato – una maglietta a collo alto e un cardigan. 

“Va bene così?” chiese avvicinandosi alla moto. “Non mi hai detto dove stiamo andando.”

Katsuki lo guardò dall’alto in basso. “Passabile,” disse porgendogli un casco. “Andiamo adesso.”

Shoto montò in sella alla moto. “Dove stiamo andando?” chiese al primo semaforo.

“Non hai proprio pazienza,” commentò Katsuki. “Stiamo andando a un concerto.”

“Oh,” esclamò Shoto felice. Non era mai stato a un concerto prima, ed era emozionato. 

 Katsuki sorrise e ripartì. Mano a mano che si avvicinano allo stadio, il traffico e la folla aumentavano. Alcuni indossavano le fasce del gruppo legate sulla fronte, altri agitavano bastoncini luminosi, altri ancora avevano delle bandiere più grosse di loro sulle spalle.

Katsuki lasciò la moto nel parcheggio del palazzetto e aiutò Shoto a scendere. Poco distante, c’era un carretto da cui arrivava un odore delizioso di tokoyaki che riproduceva al massimo volume tutte le canzoni più famose del gruppo probabilmente prese a caso da una playlist già fatta di Spotify.

“Possiamo prenderli?”

Katsuki alzò gli occhi al cielo, “Fai in fretta, o i posti buoni finiranno.”

Shoto annuì e si mise in fila per i tokoyaki, poi si avviarono all’entrata, con Shoto soddisfatto del suo acquisto. Ne offrì uno a Katsuki che lo mangiò direttamente dal suo bastoncino — a Shoto venne da ridere, era proprio una cosa da coppietta, una di quelle che Katsuki aveva giurato non avrebbe mai fatto quando avevano cominciato a frequentarsi.

Dentro al palazzetto, l’atmosfera era elettrica. Le persone aspettavano con ansia l’arrivo del gruppo e quando le luci si spensero si alzò un coro di urla eccitate.

La mano di Katsuki raggiunse la sua e la strinse. “Vedi di non perderti,” disse. “Non voglio sentire Izuku se ti perdo qui.”

Shoto ricambiò la stretta. Il rumore intorno a lui era quasi assordante, e lo divenne ancora di più quando partì l’intro della prima canzone. Shoto si guardò intorno con fare frenetico, poi si voltò verso Katsuki.

“Che cosa dovrei fare?” chiese.

“Non devi fare niente, Halfie,” disse. “Se conosci le canzoni canti, se non le conosci stai zitto, se ti va di ballare balli, fine.”

“Oh,” Shoto annuì e tornò a guardarsi intorno. Il gruppo comparve sul palco, la prima canzone partì, intorno a lui le persone cominciarono a cantare e ballare. Anche lui si ritrovò a canticchiare le canzoni che conosceva, e mano a mano che la musica lo trascinava si ritrovò anche a ondeggiare sul posto, ballando un po’,

Teneva ancora la mano di Katsuki, che assecondava i suoi movimenti. Non lo lasciò andare per tutto il concerto.

 

Il mistero che circonda la vita sentimentale dell’eroe Shoto si infittisce ancora. Ieri sera hanno cominciato a circolare su Twitter delle foto che testimoniavano la presenza dell’eroe Shoto al concerto che si è tenuto nel palazzetto cittadino in compagnia di… Dynamight! Dalle foto sembrerebbe che i due si siano tenuti per mano per tutta la durata del concerto, e alcuni testimoni oculari hanno raccontato che i due sembravano tenere degli atteggiamenti molto intimi.

Sorge di nuovo la domanda: che cosa sta succedendo nella vita romantica si Shoto? Sta veramente uscendo con qualcuno? Siate certi che continueremo a indagare!

La truccatrice diede gli ultimi ritocchi al trucco di Shoto, poi sparì dietro le quinte. Davanti a lui, l’intervistatrice diede un’ultima letta ai fogli con le domande che si era preparata.

“Trenta secondi,” annunciò il cameraman.

Shoto era sempre nervoso prima delle interviste, non erano il suo forte, ma facevano parte del suo lavoro quindi ogni volta si faceva forza e andava.

“Tre, due, uno… In onda!”

L’intervistatrice introdusse la puntata, e introdusse lui, e cominciò con le solite domande di rito a cui Shoto aveva già risposto centinaia di volte: il suo lavoro, che cosa faceva nel tempo libero, cose abbastanza standard e su cui ormai Shoto andava sul sicuro.

“Ci avviciniamo alla conclusione di questa intervista, e non posso non farti la domanda che è ultimamente sulla bocca di tutti,” disse l’intervistatrice.

Shoto la guardò incuriosito, c’era qualcosa che lo riguardava che era sulla bocca di tutti? Non ne aveva saputo niente.

“Ci sono state molte chiacchiere ultimamente sulla tua vita sentimentale, e i fan sono divisi, si chiedono se tu stia uscendo con qualcuno, i nomi di Red Riot, Deku e Dynamight sono saltati fuori. Quindi ti chiedo, stai uscendo con qualcuno di loro?”

Ah, quella questione scottante. C’era un giornaletto di second’ordine che stava basando le sue vendite su quella storia, da quello che gli aveva detto il suo PR. Shoto aspettò un momento prima di rispondere. Ne avevano parlato prima, e avevano deciso che non l’avrebbero dichiarato, ma che se fosse saltata fuori la cosa non l’avrebbero nascosta non si sarebbero nascosti. Sembrava che il momento fosse finalmente arrivato.

Shoto sorrise, “Con tutti e tre,” disse.

L’intervistatrice scoppiò a ridere, “E anche oggi, Shoto ci ha deliziato con il suo umorismo,” disse. “Per questo episodio è tutto, ci vediamo martedì prossimo.”

Shoto salutò la telecamera, con un leggero sorriso sulle labbra. Era buffo che non gli avessero creduto, ma non sorprendente. Lui aveva detto la verità, ma se le persone decidevano di continuare a farsi domande credendo più ai giornaletti di gossip che a lui, beh, non era un problema suo.


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Titolo: count me in

Fandom: My hero academia

Missione: M3 – V

Parole: 1496

Rating: safe

Non è neanche mezzogiorno, e Katsuki ha già un chiodo saldamente conficcato nell’arco del suo sopracciglio sinistro.

“Non può farti male,” ringhiò spazientito all’indirizzo di Todoroki. Guardava la padella come se potesse saltare via dai fornelli e morderlo, agita le bacchette a distanza cercando di girare le uova come se avesse in mano una bacchetta magica in un capitolo tagliato di Harry Potter.

“Lo so,” risponde Todoroki a denti stretti.

Per la prima volta da quando tutta questa storia ha avuto inizio Katsuki sente una nota di irritazione nella sua voce solitamente piatta. Ha una ruga che gli solca la fronte, e riesce comunque a essere bello, e Katsuki deve fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per restare seduto al suo posto e non strappargli le bacchette dalle mani e prendere in mano la situazione prima che le uova si brucino. 

Todoroki prende il coraggio a due mani e si avvicina alla padella, ma ogni volta che versa un po’ delle uova sbattute dalla ciotola, lo sfrigolio lo fa sobbalzare e irrigidire. Katsuki vorrebbe essere infuriato con lui, ma conosce fin troppo bene la storia della sua famiglia per non capire da dove viene la sua reazione.

Il tamagoyaki che sta preparando sta venendo fuori con una forma sbilenca e vagamente bruciacchiato, ma l’espressione sul viso di Todoroki è concentrata, come se in quel momento non esistesse nulla al di fuori di quella padella. 

“Ungi di nuovo la padella,” istruisce Katsuki e Todoroki esegue. “Questo è l’ultimo strato. Devi arrotolarlo più stretto rispetto a quelli di prima, è quello che deve tenere tutto insieme.”

Todoroki annuisce, con lo sguardo fisso sulla padella, e prova a eseguire. Muove le bacchette in modo impacciato, e rompe lo strato d’uovo in più punti. Todoroki finisce di arrotolarlo e lo sposta sul piatto, poi lo taglia a fettine. Il risultato è sfilacciato e irregolare, ma lo serve comunque in due piatti e ne appoggia uno di fronte a Katsuki con sguardo preoccupato.

Katsuki assaggia. La parte centrale è quasi cruda, ma gli strati esterni sono più compatti, nonostante i numerosi buchi. Il risultato è completamente sciapo, ma nel complesso è commestibile. Guarda Todoroki e annuisce, e il modo in cui il viso di Todoroki si illumina è quasi adorabile.

Tutto era cominciato un paio di settimane prima, quando Todoroki gli aveva teso un’imboscata dopo una delle sue sessioni di allenamento del sabato mattina e gli aveva chiesto di insegnargli a cucinare. Katsuki si era opposto con tutte le sue forze, ma Todoroki aveva insistito. Katsuki era stato costretto a cedere quando Todoroki aveva innalzato un muro di ghiaccio per evitare che un detrito gli cadesse in testa durante una missione nel corso del loro tirocinio. E adesso si ritrovava incastrato in quelle lezioni segrete: la domenica mattina, nella cucina del dormitorio, prima che tutti si svegliassero. Con il senno di poi, forse avrebbe preferito il masso in testa.

Katsuki prende un altro boccone di quell'obbrobrio e finalmente fa la domanda che gli ronza in testa da quando tutta quella storia è cominciata. 

“Perché vuoi imparare a cucinare? Ti nutri di pacchetti di soba fredda!”

Todoroki avvampa di colpo, una fiammella gli scappa dall’orecchio – deve decisamente lavorare sul controllo del suo lato sinistro, il bastardo, prima che  possa sperare di sconfiggerlo al loro ultimo festival sportivo. Manca poco più di un mese, gli conviene sbrigarsi. Todoroki abbassa lo sguardo e con le bacchette gioca con il cibo che ha preparato. Biascica qualcosa che Katsuki non capisce.

“Eh?”

“Volevo fare una cosa carina per… Kirishima.”

Un sasso cade pesantemente nello stomaco di Katsuki e si accoccola lì saldamente. Ovvio che Todoroki abbia una cotta per Kirishima. E Kirishima – e Katsuki odia quanto sia percettivo in certi momenti – non sarebbe per niente opposto all’idea di uscire con Todoroki. Lo ha visto nel modo in cui si illumina quando Todoroki entra in una stanza, nell’attenzione che gli dedica ogni volta che apre bocca, nel modo in cui gli ronza intorno in continuazione. Dopotutto, chi sano di mente sceglierebbe lui quando c’è qualcuno come Todoroki in circolazione?

Cerca di ricomporsi prima di rispondere. “Stai facendo tutto questo per capelli di merda?”

Todoroki abbassa lo sguardo e annuisce in modo quasi impercettibile.

“Abbiamo cominciato a uscire da un paio di settimane, e lui fa sempre cose carine per me. Volevo fare qualcosa di carino per lui.”

Il peso del sasso nello stomaco di Katsuki triplica, e lui scoppia a ridere di una risata forzata. Non solo perché Todoroki potrebbe tranquillamente prendergli una bottiglietta d’acqua da un distributore perché Kirishima sia contento, ma anche perché sta totalmente sbagliando strada.

“Vieni con me,” dice alzandosi.

Tutto quello che vorrebbe fare è andare a nascondersi in camera, ma tre anni in quella classe lo hanno reso in qualche modo una persona migliore e, in fondo, quello che sta facendo Todoroki è una cosa carina, che Kirishima apprezzerebbe, e lui, nonostante tutto, vuole che Kirishima sia felice.

Insieme si avviano al supermercato vicino al dormitorio. Katsuki guida Todoroki fino al reparto carne. “Se vuoi fare una cosa buona per capelli di merda, prendi una qualsiasi bistecca da questo frigorifero e grigliala.”

Todoroki lo guarda perplesso, “Tutto qui?”

“Uno, grigliare una bistecca è un’arte. Due, sì. Tutto qui. Niente di troppo complicato.”

“Lo conosci bene.”

Già, e certe volte vorrebbe non fosse così. “Per mia sfortuna,” dice, attento a non rivelarsi troppo.

“Ti piace, non è così?”

Katsuki si paralizza nel mezzo della corsia frigorifero del market, poi si avvicina al banco frigo e comincia a far finta di analizzare le confezioni di carne esposte. Vorrebbe negarlo, ma ha senso a questo punto? Si limita ad annuire.

“Credo che anche tu gli piaccia.”

Come amico, certo. Katsuki lo sa.

“Intendo in senso romantico,” continua Todoroki, prendendo una confezione di carne e analizzando l’etichetta.

Katsuki non sta capendo. Todoroki non gli ha appena detto che stanno uscendo insieme? Che cosa sta succedendo.

“Mi sembra che tu abbia detto che state uscendo insieme,” risponde secco, appoggiando una confezione di carne e prendendone un altra.

“Sì,” e il modo in cui sorride nel dirlo è da diabete e costringe Katsuki a distogliere lo sguardo.

“Quindi questa conversazione non ha senso.”

Todoroki sembra pensarci per un momento. “Credo che Kirishima abbia talmente tanto da dare che una persona sola non sarebbe sufficiente a riceverlo. E non mi dispiacerebbe se l’altra persona fossi tu.”

Katsuki sente la terra mancargli sotto i piedi, ma in senso completamente nuovo rispetto a prima. Non riesce a credere a quanto sta sentendo. Credeva di non avere più possibilità, che tutto per lui fosse finito, e adesso… Adesso salta fuori che potrebbe ancora avere una possibilità?

Come se quella conversazione non fosse mai avvenuta, Todoroki sceglie una bistecca tra quelle del banco. Katsuki osserva la confezione, poi gliela strappa di mano e ne prende un altra.

“Andiamo.”

Tornano al dormitorio e nascondono la bistecca in frigorifero. Per il resto della mattina, Katsuki non riesce a concentrarsi su niente — figurarsi le ripetizioni di matematica che deve dare a Sero e Mina, si limita a colpirli in testa con il quaderno degli esercizi, ma non riesce a smettere di lanciare occhiate nervose a Todoroki e Kirishima, che studiano insieme seduti al tavolo della colazione.

Quando l’ora di pranzo si avvicina, Todoroki e Katsuki si alzano contemporaneamente, come a comando.

“Ehi, capelli di merda,” dice Katsuki. “Tra venti minuti in cucina.”

Todoroki e Katsuki si chiudono in cucina, ignorando il resto della classe che li guarda con fare sospettoso — come se sceglierebbe la cucina per attaccare briga con Todoroki, tch — e Katsuki spiega con pazienza a Todoroki come preparare la bistecca.

Il risultato è discreto, leggermente più cotta di quanto l’avrebbe fatta Katsuki, ma comunque accettabile.

“Non dico che devi parlare con Kirishima,” inizia Todoroki. “Ma se volessi farlo, posso lasciarvi soli.”

Katsuki non ha ancora fatto pace con quello che sta succedendo, ma c’è una voce dentro di lui che gli dice di cavalcare l’onda dell’assurdità e non far passare quel momento. Si sente tremare al solo pensiero, ma sa anche che più andrà avanti più sarà difficile: via il dente, via il dolore, no?

“Resta,” dice quasi forzandosi. “Questa cosa riguarda anche te, in fondo.” La verità è che non vuole restare solo, non vuole affrontare la cosa da solo, e in queste settimane di frequentazione ha scoperto che la presenza di Todoroki ha un effetto calmante su di lui.

Todoroki annuisce.

Esattamente venti minuti dopo, puntualissimo, Kirishima entra in cucina. Il suo volto si illumina quando Todoroki gli passa la bistecca e gli dice che l’ha preparata per lui. Katsuki li guarda, come se fosse un estraneo. Poi Todoroki gli lancia un’occhiata rassicurante, accogliente e Katsuki, in qualche modo, si sente improvvisamente parte di quello strano triangolo.

Prende un respiro profondo, con lo stomaco stretto come mai prima, neanche prima di un combattimento è così nervoso, e si siede di fronte a Kirishima.

Ha un discorso da fare. 


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Titolo: love you too

Fandom: My hero academia

Missione: M3 – U

Parole: 2268

Rating: safe



Il locale che avevano scelto per la cena era molto carino. Somigliava più a un pub che a un ristorante, ma l’aveva scelto Bakugou perché ”se devo venire a cena con voi, devo almeno rimediarci una buona cena”, e nessuno avrebbe mai osato mettere in discussione la sua opinione quando si trattava di cibo e ristoranti.

Mina e Kirishima sono già seduti al tavolo. Denki li raggiunge e Kirishima lo saluta con un abbraccio e ordina una birra anche per lui mentre aspettano. Denki è particolarmente contento di essere qui stasera, con i loro lavori era da un po’ che non riuscivano a vedersi per una cena e organizzare quella era stato una partita a Tetris.

Sero arriva poco dopo, e ora manca solo Bakugou. Conoscendolo stava ricontrollando che tutte le virgole nei suoi rapporti fossero al posto giusto. Mentre aspettano, Sero racconta della missione all’estero da cui è appena tornato. 

Quando Bakugou finalmente arriva non è da solo. Con lui c’è un ragazzo alto, dalle spalle larghe e una massa di capelli viola.

”Shinsou,” mormora Denki.

”Ho trovato un randagio,” dice Bakugou sedendosi al tavolo.

”Scusate l’intrusione,” dice Shinsou, sedendosi tra lui e Denki.

Dal tavolo si alza un coro di ”benvenuto” e ”nessun problema” e ”più siamo meglio è”, ma Denki non riesce a spiccicare una parola. Non si vedono dal diploma, circa nove mesi prima, e Shinsou se possibile è ancora più bello di quanto ricordasse. Non si incontravano mai durante le ronde perché Shinsou era andato a lavorare per un'agenzia specializzata in operazioni sotto copertura. Gli unici contatti tra di loro si erano limitati al continuo scambio di meme che andava avanti da quando Shinsou era stato trasferito nella loro sezione, e ritrovarselo davanti adesso era… intenso.

”Come va il lavoro?” Chiede Kirishima.

E Shinsou inizia a raccontare quanto può, la sua voce è bassa e suadente e Denki passerebbe volentieri l’intera serata ad ascoltare solo lui. 

Ordinano, mangiano, la serata procede bene. Denki partecipa alla conversazione, ma ha sempre un orecchio teso verso Shinsou e gli lancia occhiate ogni volta che può.

Quando la serata giunge al termine, è troppo presto. Denki non vuole ancora lasciarlo andare. 

”Da che parte vai?” Chiede a Shinsou. È la prima volta che gli rivolge la parola direttamente nel corso della serata.

”Abito di là,” e indica la stessa direzione in cui deve andare Denki.

”Facciamo un pezzo di strada insieme?” 

Shinshou sorride appena, ”Volentieri.” 

Denki sente il suo petto sciogliersi. Bene, la cotta che aveva per lui non è passata a quanto pare, buono a sapersi.

Si avviano in silenzio. È Shinsou a parlare.

”Pensavo non volessi parlarmi.”

”Mi sembrava avessi già il tuo bel da fare con l’attenzione di tutti addosso,” risponde Denki, una mezza verità. Sa che stare al centro dell’attenzione lo stanca, ma è anche vero che ha passato la serata a cercare di capire come parlargli senza rendersi completamente ridicolo. 

”Vero,” commenta Shinsou. ”Ma mi ha fatto piacere venire. Ultimamente, con il lavoro, quando non sono in ufficio o in missione gli unici esseri viventi che vedo sono i miei gatti.”

Denki scoppia a ridere. Ovvio che appena va a vivere da solo si prende i gatti, ci avrebbe scommesso.

”Quanti me hai?”

Shinsou parte allora a descrivere i suoi gatti, con la voce più entusiasta che Denki gli abbia mai sentito — non è difficile da riconoscere se lo si conosce un po’.

Quando arrivano all’incrocio in cui si devono separare è ancora troppo presto per Denki, ma non ha più scuse. La tensione nell’aria è forte quando si salutano.


Denki rientra a casa e trova le luci spente, deve essere andata già a letto. La trova sotto le coperte a leggere un libro. Senza neanche cambiarsi, Denki si butta sul letto e appoggia la testa sulle sue gambe. Kyoka chiude il libro e passa le mani tra i suoi capelli.

”Yaoyorozu è già andata via?” Chiede Denki.

”Poco dopo cena, ha il turno presto domani mattina.”

”Come è andato l’appuntamento?”

Kyoka arrossisce appena, in quel modo che Denki trova sempre adorabile, e lui ha tutte le risposte di cui aveva bisogno. Le sorride, contento per lei.

”La cena?”

”Tutto bene.”

”Ma…?”

Denki si copre il viso con le mani, facendo finalmente uscire il quindicenne alla prima cotta dentro di lui che era riuscito a trattenere per tutta la serata. ”C’era Shinsou.”

Kyoka ride. ”Ancora?”

In risposta, Denki geme. ”Dovevi vederlo…”

Kyoka si china su di lui e lo bacia. ”Chiedigli di uscire.”

”Dici?”

”Sì. Secondo me accetta.”

Denki si copre di nuovo il viso con le mani. ”Non so come,” ammette.

”Troveremo un modo.”

E sapendo di avere lei dalla sua parte, Denki ci crede.


”Devi solo chiedergli di pranzare insieme!” dice Kyoka spazientita.

Denki, seduto al tavolo della colazione, continua a guardare la conversazione con Shinshou. L’ultimo messaggio è una foto dei gatti di Shinsou che ha ricevuto due giorni prima, la mattina dopo la cena. Sono passati tre giorni, e ancora non ha trovato il modo di chiedergli di uscire, nonostante le insistenze di Kyoka e il supporto di Yaoyorozu — che ovviamente aveva saputo tutto il giorno dopo e era entrata anche lei a far parte del piano, anche se le sue idee, fino adesso, si sono dimostrate piuttosto… infattibili.

Kyoka prende un sorso di caffè e sospira spazientita, strappa il telefono dalle mani di Denki, scrive qualcosa e glielo restituisce. 

Adesso, la conversazione con Shinsou si era arricchita di un nuovo messaggio: Hey. Sei libero per pranzo?

Pranzo, bene, meno impegnativo della cena. Denki lancia uno sguardo riconoscente a Kyoka e mette il telefono in tasca, sicuro che Shinsou ci metterà un po’ a rispondere come al solito e esce per il suo turno.

La risposta gli arriva proprio durante la pausa pranzo. Sono libero adesso, e non sono lontano dalla tua agenzia. Buoni posti in zona?

Denki andò nel panico. Sì, il pranzo andava bene, ma così è troppo presto, ha troppo poco preavviso, che deve fare? Dove possono andare? E deve rispondere al messaggio! Preso dal panico, chiama Bakugou, che risponde al terzo squillo.

“Spero che tu sia in punto di morte.”

“Quasi. Qual è un buon posto dove pranzare vicino alla mia agenzia?” 

Bakugou sospira pesantemente, probabilmente si sta strusciando gli occhi in quel momento e incasinando l’eye-liner che continua a sostenere di non usare, ma gli dà il nome di un posto, e subito Denki chiude la chiamata e dà il nome a Shinsou. Raggiunge anche lui il locale, prende il tavolo e mentre aspetta Shinsou usa lo schermo del telefono come specchio per sistemarsi i capelli. Era sempre così nervoso prima di un appuntamento? Non ricordava di essere stato così nervoso prima di uscire con Kyoka. Ma poi quello si poteva considerare un appuntamento? 

Shinsou arriva poco dopo e subito lo raggiunge al tavolo. La conversazione all'inizio è stentata, ma presto si sciolgono e la situazione migliora. Denki non riesce a smettere di guardare le sue labbra mentre parla, e ha la vaga sensazione che per Shinsou sia lo stesso.

La fine della pausa arriva, ancora una volta, troppo presto. Shinsou è interessante e divertente, e Denki vuole passare più tempo con lui. Ha bisogno di inventarsi qualcosa e in fretta.

“Kyoka fa un concerto venerdì sera,” sputa fuori, e gli sembra una buona idea. Shinshou e Kyoka hanno sempre avuto gusti musicali simili, e Denki sa che a lui non dispiace la sua musica. ”Se ti va di passare,” aggiunge come un ripensamento.

Shinsou sorride, appena accennato e dolce, e il cuore di Denki salta un battito – avere una cotta è così complicato.

“Volentieri,” dice Shinsou. ”Mi scrivi i dettagli?”

“Certo.”

Pagano il pranzo e Shinsou esce dal ristorante. Denki lo guarda andare via con aria sognante.


Kyoka era sempre splendida quando era sul palco. Denki non riesce a smettere di sorridere mentre la guarda dal parterre. È come un pesce nell'acqua, la gioia che sprizza mentre suonava la rende ancora più bella di quanto non sia di solito. 

A giudicare dal modo in cui Yaoyorozu, poco distante da lui, tiene gli occhi fissi sul palco deve essere d'accordo con lui. Le mancano solo gli occhi a cuore. Sono veramente belle insieme, nessun dubbio al riguardo, e quella relazione aveva reso Kyoka così felice. 

Una mano si appoggia sulla spalla di Denki e il viso di Shinsou compare nel suo campo visivo. Ha in mano due birre e ne porge una a Denki, poi si mette lì accanto, muove la testa a tempo di musica. 

Ha il viso rilassato, e un lieve sorriso sulle labbra. La giacca di pelle che indossa gli fascia alla perfezione le spalle larghe. 

Mentre lo fissa, Shinsou si volta verso di lui. Lo fissa dritto negli occhi e la tensione tra loro è palpabile nella penombra del locale. La canzone finisce e ne parte un'altra, una delle preferite di Denki del repertorio di Kyoka, una ballata che aveva scritto subito prima del diploma per salutare la classe a modo suo.

Denki sente la tensione crescere, l'aria è elettrica, il volto di Shinsou sempre più vicino. Ed è allora che Denki viene preso dal panico, il battito del suo cuore impazzisce e si sente sudare freddo. 

Ha sempre saputo di essere bi, ma non ha mai fatto nulla prima con un ragazzo. Non è pronto, non se la sente e forse non se la sentirà mai.

Denki fa un passo indietro e fa appena in tempo a vedere la delusione sul volto di Shinsou prima di allontanarsi da lì. 

Lo rivede ancora una volta nel corso della serata, dopo il concerto, mentre ha la testa nascosta nella spalla di Kyoka: con la coda dell'occhio lo vede uscire dal locale, ma non fa nessuna mossa per fermarlo.


Nel fine settimana non lavorano, ma sono a disposizione – pronti a scattare se dovesse esserci un emergenza. Di solito sono i momenti che lui e Kyoka umano per stare un po' insieme quando di solito riescono a malapena a vedersi durante la settimana.

Denki è saldamente intenzionato a passare tutto il fine settimana a letto, con le coperte sopra la testa a tenda. Non riesce a credere che ha bruciato ogni possibilità che aveva con Shinsou la seconda volta. La prima volta, al liceo, non aveva avuto neanche il coraggio per fare il primo passo, ma questa volta stava andando meglio – almeno il primo passo l'aveva fatto –, credeva davvero di farcela, e aveva rovinato tutto.

Kyoka si stende sul letto accanto a lui. ”Hai provato a scrivergli?”

”Non mi ha risposto.”

”Riprovaci, allora.” 

”Mi odierebbe ancora di più.”

”Non credo ti odi.”

Denki era abbastanza convinto di sì, ma non vuole dirlo ad alta voce. ”Dovresti andare al tuo brunch con Yaoyorozu,” dice invece.

“Non voglio lasciarti mentre stai così.”

“Non è un problema, non ho intenzione di muovermi da qui.”

Kyoka si alza dal letto. Denki è convinto che stia andando a vestirsi, ma torna dopo poco e si stendere di nuovo sul letto. ”Ho chiesto a Momo di portare qui il brunch,” dice. ”Ma non puoi mangiare a letto, quindi ti devi alzare.”

“Le hai detto di prendere i French toast?”

“Sì,” risponde lei con un sorriso.


“Diglielo,” dice Yayorozu dopo aver sentito tutta la storia. Hanno trovato un compromesso e stanno mangiando il brunch sul divano.

“Digli perché ti sei innervosito così, sono sicura che non ce l'avrà con te.”

“Ma se non mi vuole parlare è complicato, e non so né dove vive, né dove sia la sua agenzia.”

“Allora mandargli un messaggio.”

Denki si convince a mandare un messaggio, ma anche stavolta non riceve risposta.


Ci vogliono altri due giorni perché Shinsou si decida a rispondergli. Accetta di vederlo al parco vicino all'agenzia di Denki.

Quando Denki arriva, Shinsou è già lì, seduto su una panchina. Lo raggiunge e gli si siede vicino.

C'è un momento di silenzio, e quando finalmente Denki si decide a parlare Shinsou lo batte sul tempo.

“Non sapevo di Jirou,” dice. ”Mi dispiace. Sono stato praticamente tutto il tempo sotto copertura, fuori dal paese, e non sapevo vi eravate messi insieme sul serio dopo il diploma.”

Denki non riesce a crederci. Quindi è quello che pensa? Denki ha bisogno di chiarire la situazione subito. E allora comincia a parlare, e una volta cominciato non riesce più a fermarsi. Gli racconta della sua relazione con Kyoka, di come hanno deciso di aprirla, della relazione di Kyoka con Momo, e di come capirebbe se una relazione del genere non facesse al caso suo. E arriva poi alla parte più spinosa: il suo essere bisessuale, ma non avere mai avuto il coraggio di provarci sul serio, e gli parla anche della sua cotta per lui, dal liceo a adesso, di come adesso almeno abbia avuto…

Le labbra di Shinsou sono sulle sue. Sa di caffè e cannella, e sono morbide e calde. Denki vuole essere interrotto nei suoi attacchi di parlantina sempre così in futuro. In quel momento, tutto è perfetto.


Kyoka apre la porta e si ritrova davanti Shinsou con il pugno alzato in procinto di bussare. 

“Sei in perfetto orario,” commenta lei, sistemandosi il cappello sulla testa. Esce dalla porta mentre Shinsou entra.

“Fate i bravi,” urla dalla porta.

“Divertiti con Yaoyorozu,” le risponde Denki dal divano. 

Shinsou chiude la porta dietro di lei e raggiunge Denki sul divano, lo saluta con un bacio. Sono ancora nella fase iniziale, un po' di imbarazzo ma tanta pienezza nel petto. 

“Che abbiamo in programma per stasera?” chiede Shinsou.

“Pensavo pizza e videogiochi.”

Shinsou sorride. “Mi piace. Basta che non ti lamenti se perdi sempre.”

Denki ride e lo bacia di nuovo. Si prospetta davvero una bella serata. 


let it burn

Mar. 1st, 2023 02:52 pm
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Titolo: let it burn 

Fandom: My Hero Academia

Missione: M2 --carboni ardenti

Parole: 1145

Rating: safe


Il campo estivo era arrivato all'ultima sera. Dopo il disastro del primo anno e il secondo anno passato a ricostruire la città distrutta, essere riusciti ad arrivare alla fine di quel campo senza incidenti mortali sembrava incredibile.

La classe 3-A era riunita intorno al fuoco. Le fiamme avevano cominciato a perdere intensità, tra poco non sarebbero rimaste che le braci, ma nessuno lo aveva ravvivato e, allo stesso tempo, nessuno aveva accennato ad alzarsi per andare finalmente a dormire, quasi ci fosse un desiderio unico in tutti di prolungare quanto più possibile l'esperienza – una delle poche normali esperienze da liceali che erano riusciti a fare nel corso di quei tre anni, e proprio adesso che stavano per finire e loro si sarebbero separati, ognuno per andare per la sua strada.

"Ehi, Todoroki," cominciò Kaminari. "Tu che sei resistente al fuoco saresti capace di fare quella cosa di camminare sui carboni ardenti."

La domanda risvegliò l'interesse delle persone intorno a Kaminari e, a poco a poco, si espanse come increspature nell'acqua a tutta la classe.

Shoto ci rifletté per un momento, non ricordava di averlo mai fatto, ma in effetti la sua pelle aveva una maggiore resistenza alle ustioni rispetto a quella degli altri. "Non lo so," rispose. "Ma possiamo provare."

Iida scattò in piedi, in quanto capoclasse non poteva accettare che un suo compagno di classe rischiasse di farsi male. Midoriya sembrava allo stesso tempo preoccupato e curioso. Shoto guardò Kaminari mortificato, avrebbe voluto soddisfare la curiosità dell'amico, ma con l'opposizione del capoclasse non era possibile: Iida lo avrebbe trascinato di peso via di lì se fosse stato necessario, non c'erano dubbi al riguardo. 

"Forse puoi provare su un dito della mano?" propose Midoriya. Con la sua storia, non era poi così sorprendente che considerasse una cosa da niente sacrificare un dito, e anche a Shoto sembrò un compromesso accettabile. Guardò Iida per conferma. Aveva la stessa espressione che ogni tanto appariva sul viso di Aizawa, quella che ricordava un padre rassegnato e esasperato davanti alle bravate dei figli, ma non si oppose

Shoto annuì e si avvicinò alle braci, in quei punti in cui il fuoco si era già estinto. 

"Forse potresti provare con entrambe le mani?" suggerì Midoriya. Per vedere se il tuo lato freddo è caldo reagiscono diversamente?" Aveva già pronto in mano il suo quaderno degli appunti e il viso corrucciato in un'espressione concentrata. Borbotta tra sé, ma ormai ci erano tutti così abituati che nessuno ci faceva più caso.

Shoto appoggiò un dito della mano destra e uno della mano sinistra sulle braci ancora incandescenti. Non sentì nulla, "Non è così male," disse. "La sinistra non sente quasi nulla," disse per soddisfare la curiosità di Midoriya. "La destra invece sente di più il calore." Midoriya chinò subito la testa per scrivere. 

In effetti l'esperimento era curioso anche per lui, non aveva mai considerato quanto la sua pelle influisse e fosse influenzata dai suoi quirk – considerando la storia di sui fratello Davi forse avrebbe dovuto farsele prima quelle domande. 

Kaminari si era avvicinato a lui e guardava con attenzione rapita le dita di Shoto che affondavano nelle braci, intorno a loro si era riunito un capanello di altri compagni di classe altrettanto curiosi. 

Più passavano i secondi più il calore si insinuava sotto la pelle, la sua mano sinistra sentiva un leggero fastidio, mentre la destra cominciava a bruciare.

"Quanto a lungo puoi resistere?" Chiese Kaminari. "E quanto sono effettivamente calde le braci?"

Kaminari provò a mettere un dito accanto a quello di Shoto, ma la sua mano fu spazzata via con un colpo secco da un'altra mano.

Bakugou si era allontanato un momento, ma adesso era tornato. "Non vi si può lasciare soli un momento," mormorò. 

Con un gesto altrettanto secco afferrò Shoto per il polso e lo trascinò via dal fuoco, via dal gruppo, fino alla fontanella dall'altro lato del cortile. Shoto faticava a stargli dietro.

Bakugou aprì l'acqua e gli ficcò entrambe le man sotto il getto fresco. Poi lo trascinò dentro casa fino al dormitorio dei ragazzi. Lo fece sedere sul suo futon e prese un tubetto di pomata dalla sua valigia prima di tornare da lui.

Gentilmente, prese un po' di prodotto e lo applicò sulla punta delle dita di Shoto. Per tutto il tempo continuò a borbottare sulla stupidità di Kaminari che si era fritto il cervello con il suo stupido quirk, sulla stupidità dello stupido Deku, sulla stupidità di Todoroki che faceva cose stupide.

"Si può sapere perché gli sei andato dietro?"

"Era un esperimento."

"Un esperimento," ripetè Bakugou, basito. Tirò fuori anche delle bende, le imbevve di pomata e le avvolse intorno alle dita di Shoto. In realtà non faceva male, l'acqua fresca era stata più che sufficiente per alleviare la leggera sensazione di calore che ancora sentiva sotto la pelle, ma Shoto non voleva interrompere quel contatto gentile.

Era strano, Shoto non aveva mai pensato che Bakugou potesse muoversi con tanta delicatezza. Eleganza, sì – per quanto i suoi movimenti sembrassero bruschi, avevano un'eleganza profonda, tale che Shoto non si sarebbe sorpreso se Bakugou avesse confessato di aver studiato danza o qualcosa di simile. E Shoto non sapeva nemmeno che le sue mani fossero così morbide. Tra il suo quirk e il fatto che cucinasse, Shoto aveva sempre immaginato che le sue mani fossero ruvide.

…aveva immaginato le mani di Bakugou? Sì, lo aveva fatto più di una volta. E aveva immaginato anche come potessero essere le sue labbra. E si rese conto in quel momento di non averlo mai fatto con nessun altro dei suoi amici. E forse non era poi così normale immaginare come fossero le labbra dei suoi amici in generale.

Si ricordò di una cosa che gli aveva chiesto Uraraka, qualche tempo prima, una sera che Kaminari e Sero avevano trovato il modo di far entrare di soppiatto delle birre nel dormitorio: "Secondo te le labbra di Izuku sono morbide?" Poi era arrossita come se le fosse scoppiato qualcosa sottopelle e si era nascosta il viso tra le mani.

Shoto non aveva capito la domanda, all'epoca – era lì che aveva cominciato a farsi quella stessa domanda su Bakugou? –, ma tutti nel dormitorio sapevano dei sentimenti di Uraraka per Midoriya, anche Shoto che di queste cose non capiva niente. 

E Shoto allora collegò i puntini. Un calore nuovo si impossessò di lui, si sentiva il volto in fiamme.

"Che ti prende adesso?" chiese Bakugou brusco, ma il tocco delle sue mani restò delicato.

Shoto voleva nascondersi il viso bollente tra le mani, ma erano impegnate e non voleva interrompere quel contatto. Abbassò la testa e lasciò che i capelli ormai lunghi gli nascondessero il viso. Scosse la testa.

Il calore che sentiva adesso invadergli il corpo non aveva nulla a che fare con quello dei carboni ardenti. 


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Titolo: Right beside me

Fandom: My Hero Academia 

Missione: M1 – Rifugio alla fine del mondo 

Parole: 601

Rating: safe


Katsuki e il resto della classe si identificano all’entrata e aspettano che le porte si aprano. Riuscire a trovare Deku e convincerlo a tornare al rifugio non è stato facile, ma adesso comincia la parte davvero difficile: convincere le persone rifugiate all’interno della nuova versione della UA che averlo lì non costituisce un pericolo, che le difese possono reggere. 

E parlare con le persone non è mai stato il suo forte, lo lascia esausto e davanti alla loro paura e incertezza non fa che sentirsi inutile, una sensazione che lo divora dall’interno. 

Le porte si aprono e Katsuki sente almeno una parte dell’ansia che attanaglia tutti in questi giorni scivolare via. All’interno, la UA non ha più nulla della scuola in cui è entrato un anno prima – sembra una vita; nuovi edifici sono sorti ovunque ci fosse spazio per accogliere i civili che all’interno hanno trovato riparo.

Come previsto, la loro reazione alla vista di Deku è aggressiva, ma Faccia Tonda riesce a intervenire e calmare gli animi in qualche modo: un piccolo miracolo in qualla giornata così pesante.

Il combattimento non è stato difficile, non erano altro che civili spaventati, in fondo, ma Katuski si sente svuotato di energie, attanagliato da una stanchezza più profonda di quella degli allenamenti, una stanchezza emotiva che gli fa sentire il bisogno di andarsi a rifugiare nella sua stanza e non parlare con nessuno per qualche ora.

Mentre il resto della classe si affolla intorno a Deku, Katsuki si dirige verso il dormitorio, sperando di non incontrare nessuno. 

Entrare nel dormitorio è sempre un’esperienza surreale: all’apparenza è tutto come prima, ma dove prima c’era costantemente rumore – che fosse qualcuno che ripassava, che cucinava o solo che si rilassava nella sala comune – adesso c’è solo silenzio. Anche quando c'è gente, parlano piano, per paura di disturbare i compagni che sono appena tornati da una ronda o che, miracolosamente, stanno riuscendo a racimolare qualche ora di sonno. 

Sale fino alla sua stanza: dovrebbe farsi una doccia, ma può aspettare.  Sul suo letto c’è Todoroki, è seduto con la schiena appoggiata al muro e sfoglia distrattamente le pagine di uno dei manga di Katsuki. Sarebbe una scena normale non avesse ancora indosso il suo costume di eroe, pronto a scattare al minimo accenno di pericolo – tutti i loro costumi ultimamente sono sgualciti, mezzi rovinati, non c'è semplicemente il tempo di ripararli tra una ronda e l'altra, e anche le scorte si esauriscono in fretta.

Katsuki non è davvero sorpreso di trovarlo lì. Non sa quando sia cominciato, ma Todoroki è diventato sempre più frequente da quando la guerra è cominciata, ma Katsuki era convinto che sarebbe rimasto con Deku – adesso che è tornato probabilmente quelle visite si sarebbero ridotte. Meglio così, non è che gli facessero piacere o altro. 

Katsuki abbandona i suoi guantoni in un angolo della stanza, poi, come non avesse il pieno controllo del suo corpo, si butta sul letto e appoggia la testa sulle gambe di Todoroki.

Todoroki sobbalza, – e Katsuki per primo è sorpreso dal suo gesto – ma non si muove. Katsuki chiude gli occhi, odia quanto quel calore, quel contatto siano confortanti.

Poi Katsuki sente una mano che comincia ad accarezzargli la testa, passando tra i capelli. 

“Sei stato bravo, oggi.”

Il petto e lo stomaco di Katsuki si riscaldano al complimento, ma di un calore che non brucia, come un camino acceso da ore che ha raggiunto la temperatura perfetta, diversa dalla vampata improvvisa che di solito accendono in lui i complimenti. 

Adesso che Deku è tornato, Katsuki non sa quanto durerà qualunque cosa ci sia tra di loro, ma per stasera va bene così.


Comfort

Mar. 12th, 2021 05:18 pm
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 Titolo: Comfort
Fandom: BNHA
Missione: M1 - Attacco
Parole: 1234


Nel mezzo del combattimento, Hawks cadde al suolo.
Con la coda dell'occhio, Enji vide una macchia rossa precipitare dal cielo. Non sarebbe mai arrivato in tempo. Uno dei villain approfittò di quel secondo di distrazione di Endeavor per avvicinarsi. Il colpo gli arrivò diretto allo sterno, mozzandogli il fiato nei polmoni. Endeavor si riprese in fretta e ricambiò l'attacco, con un pugno secco. Il villain cadde al suolo, svenuto. Continuando a colpire a attaccare, Endeavor cominciò ad indietreggiare, avvicinandosi al punto dove aveva visto cadere Hawks. Voleva accertarsi che stesse bene - non che ci fossero molte alternative. Quell'uccello maledetto aveva più vite di un gatto. 
La maggior parte dei villain che avevano attaccato erano ormai stesi al suolo o incapacitati in qualche altra maniera, ma gli ultimi rimasti stavano continuando ad attaccare con tutto ciò che avevano, animati dalla disperazione e dalla consapevolezza di non avere più vie di fuga. Endeavor ne bloccò un paio di altri durante il tragitto.
Non distante da lui, Miruko combatteva con un villain grande il doppio di lei e con il corpo ricoperto da una corazza che somigliava a quella di un armadillo. Alle sue spalle, Hawks era seduto con le ginocchia piegate e gli occhi sbarrati. Teneva lo sguardo fisso su una crepa nell'asfalto in frantumi. Il caos intorno a lui sembrava non raggiungerlo. 
"Alzati da lì!" gli urlò Endeavor, parando ancora un altro attacco e spedendo le sue fiamme lontane, per schermare un eroe in difficoltà davanti ad un altro dei villian. 
Endeavor e gli eroi rimasti si occuparono dei pochi villain rimasti in poco tempo. Ogni tanto Endevor continuava a gettare occhiate fugaci ad Hawks, che ancora non si era mosso dalla sua posizione. Non lo aveva mai visto in quelle condizioni. 
La polizia accorse sul luogo una volta che tutto sembrò essersi calmato. Ad Endeavor spettò il compito di fargli il resoconto della situazione e di supervisionare agli arresti. Molti dei villain che avevano attaccato erano ormai incoscienti, dei pochi coscienti che ne rimanevano solamente alcuni provarono a fare resistenza all'arresto, ma i loro tentativi furono soffocati sul nascere dalla sola presenza di Endeavor. Separati, avevano perso tutta l'arroganza che avevano dimostrato durante il combattimento. Si erano precipitati in strada tutti insieme, in mezzo al caos del sabato pomeriggio, esattamente come avevano fatto in più di una occasione nei mesi precedenti. Scatenavano il panico, derubavano le persone e svaligiavano i negozi. Erano tutti criminali di bassa lega che avevano preso coraggio grazie alle azioni della League of Villains e dalla caduta di All Might.
Terminate le operazioni, Enji si avvicinò nuovamente ad Hawks. Miruko era accovacciata di fronte a lui, cercava di convincerlo ad alzarsi, ma ogni volta che provava a toccarlo, Hawks scattava, si allontanava come colpito da una scossa elettrica per poi tornare alla sua precedente posizione, accovacciato su sé stesso. 
Vedendolo avvicinarsi, Miruko si alzò dalla sua posizione e lo raggiunse. Aveva un taglio profondo sullo zigomo e la guancia ricoperta di sangue. 
"Non riesco a convincerlo a muoversi di qui," disse. 
"Si sa che cos'abbia?" chiese Enji, cercando di mantenere una voce neutra. 
Prima che Miruko potesse rispondere, come risvegliato dalla sua voce, Hawks alzò gli occhi dalla crepa nell'asfalto e li fissò su Endeavor. Guardava Endeavor come se fosse l'unica cosa ad avere senso nel caos che lo circondava, pronunciò il suo nome in un sussurro meravigliato. Endeavor lo guardò perplesso e turbato per un momento, fino a che Miruko non gli diede una piccola spinta nella sua direzione. Enji fece un passo avanti in maniera incerta, e andò ad accovacciarsi davanti ad Hawks, che continuava a guardarlo con gli occhi spalancati. Non sapeva cosa fare davanti a quello sguardo. Catalogò mentalmente le sue ferite. Aveva qualche graffio sul volto e sulel spalle, dove i vestiti si erano strappati nell'impatto con il terreno, e le sue ali erano arruffate. 
"Devi farti controllare," disse.
Si aspettava di vederlo irrigidirsi, ma Hawks si limitò ad annuire e ad allungare una mano. Enji la prese e lo aiutò ad alzarsi. Lo accompagnò ad una delle postazioni mediche che erano state prontamente sistemate sul luogo e si sistemò in un angolo della tenda mentre trattavano le ferite di Hawks, attento a non uscire mai dal suo campo visivo. 
Un infermiere si avvicinò ad Endeavor, per convincerlo a trattare le sue ferite, ma Enji lo allontanò in malo modo. Non aveva alcuna intenzione di allontanarsi da lì e lasciare Hawks da solo. Una volta che ebbero finito di medicarlo, Hawks si avvicinò autonomamente ad Enji, come se avesse bisogno di un punto fermo a cui aggrapparsi. I suoi passi erano incerti, sembrava dovesse cadere faccia a terra da un momento all'altro.
Endeavor lo prese per la vita, "Ti accompagno a casa." 
Fosse stato un giorno normale, Hawks lo avrebbe preso in giro, avrebbe fatto una delle sue battutine e tirato fuori qualche doppio senso da quella frase ed Enji gli avrebbe detto con fare burbero di smetterla con i suoi giochetti, ma Hawks avrebbe continuato a ridacchiare comunque. Era così che funzionavano. Ma non quel giorno. Quel giorno Hawks rimase in silenzio e si lasciò guidare alla macchina che uno dei suoi assistenti aveva procurato per Endeavor. 
Non era la prima volta che Enji si ritrovava ad accompagnarlo a casa dopo un intervento. Per quanto si mostrasse superficiale, rarametne Enji aveva visto qualcuno disposto a rischiare tanto per tenere tutti al sicuro durante un attacco. Una colta arrivati, però, riuscire a farsi dire il numero dell'appartamento da Hawks fu più complicato, ma alla fine Enji ci riuscì e lo accompangò fin dentro casa.
Era la prima volta che si ritrovava nel suo appartamento, e lo sguardo gli cadde sulla merch di Endeavor che aveva sparsa in giro - c'era un cuscino sul divano, un poster attaccato al muro, alcune action figures sulla libreria e accanto al televisore. Enji non ispezionò oltre. Era sicura che, a guardare meglio, ne avrebbe trovata altra, ma vedere quegli oggetti gli stava già stringendo lo stomaco. Per non parlare del fatto che si sentisse di star invadendo la sua privacy. 
Enji accompagnò Hawks in camera da letto e lo aiutò a sdraiarsi sul letto. Lo vide allungare la mano sotto al cuscino e mettersi a cercare qualcosa con la fronte arricciata. 
"Che ti è successo, Hawks?" chiese, non aspettandosi una risposta. 
"Hawks..." ripetè quello. "E' mio nuovo nome... Il mio nome" 
Enji lo guardò confuso, Hawks non aprì gli occhi, ma ridacchiò. "Non fare quella faccia. So chi sono, so dove sono... Solo- è come se non fossi davvero qui, come se fossi un bambino che vede cosa gli riserva il futuro. E' complicato... distinguere. Credo sia un quirk, qualcosa che riporta all'infanzia forse? Ma mi ha colpito solo a metà"
Enji si ripromise di fare ricerche al riguardo, ma non adesso.
"Dovresti dormire, non pensare ai quirk"
Hawks annuì. Da sotto il cuscino tirò fuori un peluche di Endeavor, era vecchio, consumato, i colori vagamente sbiaditi per via dei lavaggi. Se lo strinse al petto e sospirò rilassato. Il suo volto si distese. Agli occhi di Endeavor non era mai sembrato così giovane.
"Sai che hai arrestato mio padre?" gli disse con la voce piena di sonno. "Non ti ho mai ringraziato" la sua voce si affievolì, il respiro si regolarizzò.
Enji gli accarezzò i capelli. "Buonanotte"
 
 
"
 
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Titolo: we gonna let it burn
Fandom: BNHA
Missione: Carretto dello zucchero filato - qualcosa di leggero
Rating: safe
Parole: 1099



Hawks studia il proprio riflesso nello specchio del camerino. Due delle lampadine sulla cornice sinistra sono fulminate, le altre proiettano una luce fioca e rossastra.

Uno dei triangoli che ha disegnato con l’eyeliner sotto l’angolo interno dell’occhio ha il bordo irregolare. Hawks si avvicina allo specchio per sistemarlo, poi ricade pesantemente sulla sedia di plastica pieghevole. 

Non è ancora abituato a vedere i suoi capelli di un paio di toni più chiari del suo biondo naturale, ma non ha tempo di restare lì a studiare il suo riflesso e pensare a quanto sia cambiata la sua vita nel giro di pochi mesi. Lo spettacolo sta per cominciare.

I corridoi sono deserti, il calore quasi soffocante nel tendone. Avvicinandosi al palco la musica si fa sempre più forte, accompagnata dal mormorio degli spettatori che prendono i loro posti. 

Hawks sente lo scatto secco delle luci che si spendono, le voci si quietano e una nuova silenziosa eccitazione comincia a riempire ogni angolo del teatro, come spifferi di freddo invernale da ogni fessura. 

Quando Hawks raggiunge la sua postazione sul fondo del teatro, avvolto nelle tenebre dietro l'ultima fila di sedili, la pedana rialzata davanti a lui è ancora avvolta nell'oscurità. Gli unici punti di luce vengono da alcuni spettatori che non hanno ancora spento i loro cellulari. 

Le porte che danno sulla pedana si aprono di colpo. La prima cosa che vede è una sagoma interamente nera che si staglia contro un muro di fiamme.

La figura viene avanti, i fari si accendono, Hawks ha la bocca secca. 

Enji, l'Endeavor, è un uomo di un'altra categoria.

Lo ha pensato quella mattina, quando, facendogli un'imboscata nel suo ufficio, lo aveva trovato con una larga maglietta bianca dallo scollo a v tenuto morbidamente insieme da dei lacci color cuoio e circondato da scartoffie, e lo pensa adesso, che lo vede nel suo costume di scena. 

Enji fa roteare intorno al suo corpo un bastone con entrambe le estremità in fiamme. Cammina con passo sicuro, il suono degli stivali al ginocchio sulla pedana rimbomba nel silenzio del teatro. Raggiunge il centro della pedana e soffia sulle fiamme. La colonna di fuoco che si innalza sembra riempire l'intero teatro, la musica parte, epica e profonda, l'onda d'urto di calore raggiunge Hawks, nascosto sul fondo, e Hawks non è sicuro che dipenda solo dal fuoco.

Il gilet di pelle sembra troppo stretto sulle spalle di Enji, gli lascia scoperte le braccia muscolose - ognuna gli sembra grossa quanto lui e Hawks freme sul posto - i pantaloni attillati mostrano ogni curva dei muscoli. 

Endeavor aggiunge un secondo bastone al primo, i giochi si fanno più articolati. Una seconda colonna di fuoco si innalza dalla sua bocca e, su un colpo secco della musica, dal soffitto cadono due teli di un rosso cremisi.

Hawks recupera la concentrazione in un attimo. Comincia a scendere i gradini degli spalti fino a ritrovarsi ai piedi della pedana. Enji guarda in basso verso di lui e allunga la mano, Hawks la afferra e si lascia sollevare sulla pedana. 

Hawks gli sorride e, per non farsi mancare niente, gli ruota intorno un paio di volte, facendo scivolare una mano sulla pelle del suo petto, lasciato scoperto dal gilet, e sulle sue spalle. Hawks si gode l'espressione corrucciata sul viso di Enji davanti a quella deviazione dal copione, poi si allontana da lui di scatto, come se fosse un amante capriccioso che finge disdegno, e raggiunge i suoi teli.

Hawks accarezza la stoffa leggera, la consistenza è confortevole sulle sue mani. Sa di calore, di libertà. 

Hawks afferra ogni telo con una mano, comincia a correre in cerchio sul bordo esterno della pedana fino a prendere ritmo, fino a sentire i suoi piedi pronti a staccarsi dal pavimento, e allora salta. La gru che tiene i teloni solleva il braccio, alza i teli. Hawks sente la stoffa leggera gonfiarsi dietro di lui ed è come volare. Il suo corpo si libra leggero in aria, il suo cuore è leggero nel petto. I pesi sulle sue spalle rimangono a terra, non c'è posto per loro lassù, e Hawks si sente sorridere, uno dei pochi sorrisi onesti che ancora gli rimane.

Avvolge sapientemente i teli intorno al suo corpo, lo piega in figure splendide che lasciano gli spettatori a bocca aperta, poi si lascia cadere, fidandosi del fatto che i suoi teli lo reggeranno. Si fida di loro, si fida della propria capacità di legarli, una delle poche certezze che gli resta, un ultimo legame rassicurante e non soffocante - sostenuto, non ingabbiato.

La musica si avvicina alla fine, la stanchezza comincia a sentirsi. Hawks slega i teli, lascia che si gonfino dietro di lui, come le ali che sognava di avere da bambino.

I suoi piedi toccano di nuovo terra, e solo allora Hawks ricorda dove sia, grazie allo scroscio di applausi che arriva ovattato alle sue orecchie. Si inchina, sorride come se quello che ha fatto non fosse niente di speciale. Nota che Enji non è più sulla pedana, non sa quando sia andato via. 

Ha il fiatone quando mette piede dietro le quinte. Enji è lì, ha le braccia incrociate e gli occhi fissi su di lui. Il trucco scuro fa risaltare ancora di più il blu profondo dei suoi occhi.

“Che ci fai veramente qui?” chiede secco, la sua voce è un rombo sotterraneo, fa vibrare tutto ciò che lo circonda, Hawks compreso.

“Te l’ho detto,” Hawks sfodera il suo tono più seducente e sbatte le palpebre nella sua direzione un paio di volte, “ho sempre voluto unirmi a un circo.”

“Nessuno vuole unirsi a un circo”

Hawks si rabbuia. Pensa a suo padre che ha deciso di farsi sparare un bel giorno, pensa a sua madre che passa la sua vita a cercare di ripagare i debiti che si è lasciato alle spalle anche a costo di dimenticarsi di lui. Pensa che non vuole finire così, al fatto che farebbe di tutto per andarsene, anche infilarsi nell'ufficio del direttore di un circo che non conoscerlo e convincerlo a dargli una chance, anche se soltanto per una sera. “Ho bisogno di sparire da questa città, almeno per un po’,” ammette.

Enji sposta lo sguardo e lo riporta sul centro della pedana, dove gli artisti del numero successivo hanno già cominciato ad affollarsi. Hawks fa per andare via.

“Porterai guai, non è così?” lo ferma Enji.

“E’ probabile”

“Domani mattina partiamo alle sei. Dal prossimo spettacolo sarai uno dei numeri di chiusura.”

E’ la cosa più vicina ad un benvenuto in famiglia che Hawks può avere. Lo sa. Gli scalda il petto comunque. 


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Titolo: Non nobis solum nati sumus
Fandom: bnha
Missione: M5 - latino
Parole: 444
Rating: safe

"Non dovresti continuare a gettarti così nella mischia", lo rimprovera Kirishima mentre gli disinfetta la ferita sulla guancia.
Bakugou si limita a far schioccare la lingua sul palato. Non ha alcuna voglia di rispondere: c'era una situazione di pericolo e lui ha salvato i civili, non capisce perchè Kirishima senta il bisogno di fargli la ramanzina tutte le volte.
"Se non vuoi farlo per te, almeno fallo per il tuo soulmate. Chiunque sia si trova ogni giorno pieno di ferite senza sapere neanche che cosa abbia fatto per meritarselo. Sono anni che lo massacri! Quando finalmente lo incontrerai non vorrà avere nulla che fare con te. Quella del soulmate era un'altra battaglia persa con Kirishima.
"Non mi interessa", rispose secco Bakugou.
Bakugou aveva sempre odiato quel concetto, l'idea che non non si fosse nati solo per sè stessi ma che qualcun altro dipendesse da loro, mentre Kirishima l'aveva sempre trovata un'idea romantica e aveva sempre rimproverato Bakugou che non aveva fatto nulla per cercare il suo soulmate. Non era interessato a quelle cose, voleva solo continuare a fare in pace il suo lavoro da hero.
Kirishima sospirò e terminò la medicazione. Si alzò in piedi e gli disse di andarsene a casa per quel giorno. Il turno di Bakugou era finito da almeno un paio d'ore e non aveva la minima voglia di restare lì a compilare le scartoffie necessarie. Potevano aspettare fino all'indomani.
Bakugou annuì, recuperò le sue cose e uscì dalla sede dell'agenzia. Ancora non era riuscito ad aprire la sua di agenzia, ma c'era vicino ormai, sapeva che non doveva mancare molto.
E' mentre torna a casa che una nuova emergenza capita e Bakugou non può ignorarla. Un rapinatore entra in un locale e lui, senza pensarci due volte, gli fa appresso e lo ferma. Prima di essere immobilizzato, quello riesce a colpirlo al costato e a mozzargli il respiro. Qualcun altro, in quel locale ha la stessa reazione di dolore che ha Bakugou.
Bakugou alza lo sguardo e incontra i grandi occhi verdi di quel ragazzo, con il viso rotondo e pieno di lentiggini.
Quello gli sorride.
"Adesso ha senso", gli dice. "Sono contento che i lividi siano per una buona causa"
E Bakugou non può non sorridere. Se veramente era come diceva Kirishima, se veramente il soulmate è la persona che si incastra perfettamente, il suo non poteva non vederla come lui, non poteva non condividere il suo impegno. Ma qualcosa scatta in lui. Se può fare in modo che quel sorriso rimanga sul suo viso, se può fare in modo che lui soffra di meno, vale la pena prendersi un po' più cura di sè stesso, in fondo.
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Titolo: never really over

Fandom: bnha

Missione: M2 -  Kintsukuroi (Giapponese):  lett. "Riparare con l'oro" l'arte giapponese di aggiustare porcellana rotta con l'oro o l'argento in modo da capire che il rompersi e l'aggiustarsi sono parte della storia di un oggetto e che l'imperfezione di quest'ultimo lo rende ancora più bello.

Parole: 7777

Rating: safe


"Idiota", borbottò Katsuki tra sè. "Un completo e totale idiota".


- Oi, nerd. Vedi di farti sentire, digitò rapidamente sul telefono.


Chiamate senza risposta: Izuku Midoriya (x3)


- Rispondi al cazzo di telefono.


- Devi farmi venire la lì?


- Perchè cazzo non ti svegli?


- Ti prego, Izuku.


Il telefono di Katsuki squillò in piena notte. Scattò seduto sul letto e, senza neanche guardare chi lo stesse chiamando, rispose al telefono.

"Dove?", chiese immediatamente.

"Dove cosa?"

Katsuki sentì il suo cuore saltare un battito al suono di quella voce. Si curvò su sè stesso, appoggiò i gomiti alle ginocchia e nascose il viso nella mano libera.

"Izuku", disse in un sussurro, con la voce che gli tremava.

"Ciao Katsuki", disse con voce calda. "So che è notte lì, ma ho trovato i tuoi messaggi e... scrivere è un po' complicato al momento", Izuku si lasciò scappare una risatina nervosa. "Ma mi hanno dato un auricolare, così posso telefon-"

"Come cazzo hai fatto a finire sotto un palazzo?"

Izuku si bloccò a metà frase con un verso imbarazzato. Katsuki riusciva ad immaginarselo fin troppo bene mentre le sue guance si tingevano di rosso e si passava una mano sulla nuca.

"La notizia è arrivata, eh?"

"La notizia di qualunque cosa fai arriva fino a qui"

"C'erano dei civili! Non potevo lasciarli lì dopo l'esplosione"

"Ci hai quasi rimesso la vita!"

"Ho avuto solo qualche osso rotto e un trauma cranico"

"E un mese di coma"

"E' stato un coma farmacologico, per dare tempo al mio corpo di guarire"

Katsuki si buttò nuovamente sdraiato sul letto e si coprì gli occhi con un braccio.

"Mi hai fatto preoccupare, idiota", disse con voce debole.

"Lo so, mi dispiace", gli rispose Izuku seriamente.

"Mi sembra il minimo"

"Dovresti dormire"

Katsuki si passò una mano sugli occhi. "Sì, dovrei"

Nessuno dei due attaccò.

La tensione che aveva impedito a Katsuki di dormire tranquillamente oltre un mese aveva finalmente lasciato il suo corpo al suono della voce di Izuku, le palpebre si stavano facendo nuovamente pesanti e il respiro di Izuku all'altro capo del telefono gli dava l'illusione di averlo ancora lì accanto a lui.

"Dovresti dormire", ripetè Izuku.

Katsuki annuì, senza considerare che l'altro non potesse vederlo. "Ci sentiamo domani?", chiese in un riflesso automatico che non ricordava più di avere.

Izuku rimase in silenzio per qualche momento, anche il suo respiro sembrava essersi fermato. "Sì", disse poi debolmente. "Buonanotte, Katsuki"

Katsuki ebbe quasi la sensazione di una mano che gli passava tra i capelli e di un bacio leggero lasciato sulla sua fronte. Si addormentò all'istante.


Katsuki attraverso le porte a vetro della sua agenzia e tirò su sulla testa gli occhiali da sole. Tutti i suoi colleghi e sottoposti erano seduti sui divanetti dell'atrio e tenevano gli occhi fissi sullo schermo del televisore. Il primo ad accorgersi del suo arrivo fu Kirishima, che gli fece cenno di raggiungerli.

"Stanno parlando di Midoriya", gli disse. "Si è svegliato finalmente"

Katsuki borbottò qualcosa in risposta e si avvicinò al televisore, dove stava parlando un'inviata giapponese.

- ...risvegliatosi finalmente dopo essere stato messo in coma farmacologico per oltre un mese. Deku si era gettato in un palazzo per salvare gli ultimi civili rimasti bloccati all'interno al seguito di un'esplosione. I civili sono stati tutti i tratti in salvo, ma l'eroe è rimasto schiacciato dalle macerie -

Alle spalle dell'inviata, davanti all'ingresso del New York Presbiterian Hospital, un cordone giallo e alcuni agenti di sicurezza tengono distanti giornalisti, curiosi e fan con i gadget di Deku.

- Come abbiamo detto, Deku si è svegliato alcune ore fa -, continuò la giornalista, - intorno a mezzogiorno ora locale. Per il momento non ci giungono altre notizie da parte dello staff medico, ma sembra che l'eroe stia bene e sia ormai ufficialmente fuori pericolo -.

Tutti, davanti al televisore, esultarono a quella notizia. La preoccupazione per l'eroe Numero Uno al mondo aveva tenuto tutti con il fiato sospeso in quell'ultimo mese, era visibile dalla tensione della gente per le strade. Bakugou fece un rapido calcolo: considerando il fuso orario, Deku lo aveva chiamato più o meno alla stessa ora in cui si era svegliato. Una delle prime cose che aveva fatto dopo essersi svegliato dopo un mese di coma era stata chiamare lui. Bakugou non voleva dare alla cosa più peso di quanto ne avesse. Di riflesso, tirò fuori il telefono dalla tasca posteriore dei jeans per controllare se ci fossero notifiche, ma oltre ad alcuni messaggi su un paio di gruppi non c'era nulla di interessante.

"Bene", disse improvvisamente ad alta voce. Tutti i presenti si voltarono nella sua direzione. "Ora tutti a lavoro!"

"Sì!", risposero tutti in coro, disperdendosi poi ognuno verso la propria postazione. Solo Kirishima rimase indietro.

"Tutto bene?", gli chiese alzando il sopracciglio con la cicatrice.

"Perchè non dovrei?"

"So che non ti piace parlare di lui, ma cacciare tutti via in questo modo-"

"Tu che ci fai qui? Non hai una agenzia da dirigere?", lo interruppe Bakugou.

"Oh già!", Kirishima si sbattè una mano sulla fronte. "Mi veniva di strada e ho pensato di portarti i rapporti della mia agenzia sul caso del piromane, pensavo potessi confrontarli con i tuoi per cercare di trovare qualcosa che ci è sfuggito"

Bakuogu annuì. "Andiamo nel mio studio".

Kirishima afferrò lo zaino nero che aveva abbandonato accanto al divano di pelle e lo seguì verso l'ascensore.

"Mi ha chiamato stanotte", disse improvvisamente Katsuki.

"Chi?", chiese Kirishima confuso.

"Deku"

Kirishima sembrò bloccarsi. Katsuki teneva lo sguardo fisso davanti a sè, sulle porte d'acciaio dell'ascensore.

"Mi ha chiamato non appena si è svegliato"

"Oh, e come stai?"

L'ascensore trillò, annunciandogli che erano arrivati al piano e Katsuki ne approfittò per evitare di approfondire la questione. Uscì sul corridoio e camminò verso il suo studio, Kirishima lo seguì. Bakugou si sedette sulla scrivania e tirò fuori un tablet da un cassetto, mentre Kirishima prese posto su una delle sedie di pelle. La luce entrava dalle finestre che occupavano interamente la parete destra della stanza.

"Allora", cominciò Bakugou. "Secondo il mio rapporto il primo incendio attribuibile al piromane risale circa a sei mesi fa, è stato in un centro commerciale intorno alle quattro del pomeriggio e non ci sono state vittime".

"Esatto", concordò Kirishima consultando i suoi fascicoli cartacei. "Dopo quello ce ne sono stati altri cinque, circa uno al mese. Sono sempre di pomeriggio e sempre i luoghi pubblici, soprattutto luoghi in cui può trovare una grande concentrazione di giovani. Nel complesso fino adesso ci sono state 6 vittime"

Bakugou fece schioccare la lingua sul palato irritato. "Cosa sai dalla polizia? Ci sono state novità?"

"Non riescono a trovare nuove piste, non hanno idea di che cosa accomuni questi luoghi o quali possano essere le motivazioni oltre a far danni"

Bakugou corrucciò la fronte pensieroso, continuando a scorrere i rapporti.

"Temo che l'unica cosa da fare sia aspettare il prossimo attacco"

"Non mi piace", gli rispose Kirishima.

"Neanche a me, ma non vedo altra scelta"

"Comunque vado in agenzia, che sono già in ritardo", disse Kirishima alzandosi in piedi. "Ti lascio qui i nostri fascicoli, dagli una letta, vedi se trovi qualcosa che manca ai tuoi e chiamami se hai novità"

Bakugou annuì, "Ti giro i nostri intanto", disse digitando qualcosa sullo schermo del tablet.

Appoggiò il plico di fascicoli sulla scrivania di Bakugou.

"Non capisco perchè ti ostini con il cartaceo", commentò Katsuki.

Kirishima sbuffò, era una conversazione che avevano fatto sin troppe volte dai tempi del liceo. Salutò Bakugou, che ricambiò con un cenno secco della mano, e uscì dalla stanza, lasciando l'amico al suo lavoro.

Bakugou si sedette finalmente alla scrivania e cominciò a sfogliare i fascicoli. Erano quasi identici a quelli che lui stesso aveva compilato. Frustrato li lanciò in un angolo della scrivania. Lanciò un'occhiata alle pratiche che avrebbe dovuto sbrigare quella mattina, ordinatamente accatastate in un angolo della sua scrivania. Nessuno gli aveva mai detto che con la posizione di eroe Numero Uno in Giappone sarebbero arrivate anche tutte quelle scartoffie. Le guardò intensamente, sperando che miracolosamente decidessero di compilarsi da sole, ma quando nulla si mosse si rassegnò ad avvicinarle e cominciare a lavorarci.

Tirò fuori il telefono dalla tasca e lo appoggiò sulla scrivania accanto a lui mentre lavorava. Lo trovò di nuovo privo di notifiche e la cosa lo infastidì. Non aveva senso, non stava aspettando nulla. Gli vennero in mente solamente in quel momento delle immagini offuscate della nottata, quando sul punto di addormentarsi aveva chiesto a Deku di risentirsi quel giorno. Si diede dell'idiota ed ebbe la tentazione di sbattere la testa contro la scrivania. Allontanò il telefono e cercò di mettersi al lavoro per non pensare alle conseguenze delle sue azioni.

Circa un ora dopo il telefono vibrò contro il legno della scrivania e Bakugou saltò sulla sedia, scattò e lo afferrò rapidamente, ma era solo un messaggio di Mina nella chat di gruppo.

Bakugou si maledisse per la reazione istintiva, ma approfittò della distrazione per fare una pausa. Aprì i suoi canali social e diede una rapida occhiata a un paio di notifiche e passò un po' in rassegna le sue bacheche. Niente di emozionante. Senza pensarci troppo digitò il nome di Deku sulla barra di ricerca di Instagram e cominciò a scorrere le sue foto. Non lo aveva mai seguito, quindi non aveva la minima idea di che cosa pubblicasse.

Nella foto più recente era seduto sul letto di un ospedale con una fasciatura sulla testa, un braccio ingessato e appeso al collo. Aveva il viso stanco e scavato, ma sorrideva. Dalla finestra che occupava tutta la parete alla sua destra si poteva vedere il profilo di New York.

Nella lunga caption in inglese ringraziava tutti i fan per il supporto, i pensieri che gli avevano rivolto e i regali che gli avevano inviato. Diceva che stava bene e che adesso era il momento di concentrarsi sul recupero per tornare il prima possibile da loro.

Katsuki si ritrovò a fissare la foto più di quanto avrebbe dovuto. Deku portava i capelli più corti di quanto li portasse ai tempi del liceo, gli occhi erano più scoperti e il viso era rimasto tondo, ma la linea della mandibola si era fatta più decisa.

Non sembrava la stessa persona che nove anni prima aveva visto per l'ultima volta con le valigie ai piedi sulla porta della casa che condividevano, quando gli aveva detto un - Ciao, Kacchan - con voce triste ma occhi asciutti.

Non aveva pianto quella volta Deku, ma l'aveva fatto Katsuki non appena lui si era chiuso la porta alle sue spalle.

Bakugou si costrinse a deviare da quel treno di pensieri e si mise a scorrere le altre foto. Molte erano foto ufficiali dei suoi combattimenti, alcune erano semplicemente foto della sua vita quotidiana: la vista di New York di notte dal suo appartamento, qualche scorcio nascosto che aveva trovato nel corso delle sue ronde, qualche dolce particolarmente bello o l'ultimo gadget che aveva comprato e aggiunto alla sua collezione.

Il più grande eroe al mondo era ancora il più grande fanboy che avesse mai conosciuto, Bakugou si ritrovò a ridacchiare per quello mentre scorreva la sua bacheca.

Almeno non pubblicava i suoi selfie. Neanche la foto in ospedale era stata scattata da lui, in effetti. Bakugou si chiese se avesse qualcuno lì con lui in quel momento, ma scoprì di non volerci pensare troppo.

Scorse nuovamente verso l'alto, fino ad arrivare nuovamente in cima al profilo di Deku. Il suo dito aleggiò per un po' sopra il pulsante segui, ma alla fine cambiò idea.

Era quasi ora della sua ronda. Doveva andare a cambiarsi.


Bakugou rientrò in casa e si gettò direttamente sotto la doccia. Era stata una giornata estenuante. Aveva dovuto inseguire per mezza città un tizio in grado di trasformarsi in nebbia e nel pomeriggio aveva avuto due interviste, che per qualche motivo lo stancavano più del lavoro da hero vero e proprio. Capiva il bisogno della gente di vederlo e di sentirsi rassicurata, ma non era proprio portato quel quelle cose. Parlare con la gente non era mai stato il suo forte e, nonostante fosse migliorato negli anni, era ancora un'area in cui era piuttosto carente.

Quando uscì dalla doccia trovò un messaggio sul telefono da parte di Deku. Non si erano più sentiti dopo quella telefonata notturna tre giorni prima e Bakugou era convinto che non avesse intenzione di farsi sentire più in assoluto.


- Ho visto il tuo arresto. Bella idea quella di usare il sale per togliergli l'umidità!


- Io ho sempre ottime idee. Non hai niente di meglio da fare che guardare la tv?


- L'ho visto su internet. E no, non ho nulla da fare e mi annoio


Bakugou ridacchiò. Non faceva fatica a crederci. Era sempre stato abituato a fare qualcosa, anche quando non aveva un quirk, Bakugou non riusciva a ricordare di aver mai visto Izuku fermo a riposare.


- La prossima volta ci pensi due volte prima di farti schiacciare da un palazzo


Bakugou si asciugò e si mise a letto. Già da prima sapeva che non sarebbe riuscito a prendere sonno ad un orario decente per quanto era stanco, ma adesso che ci si era messo anche Izuku era sicuro che non avrebbe chiuso occhio quella notte.


- Non sei per niente gentile


- Te lo meriti


- Per te me lo merito sempre


- Se fai l'idiota sì


- Ehi!


Bakugou poteva quasi sentirla la voce improvvisamente più acuta, scherzosamente offesa, di Deku.


- Dovresti riposare, gli scrisse


- E tu dovresti dormire


- Vero


- Buonanotte


- Buonanotte Izuku



Bakugou era alla scrivania quando ricevette la chiamata di Kirishima. Kirishima non lo chiamava mai, di solito mandava messaggi o messaggi vocali. Si allungò sulla scrivania prese di scatto il telefono.

"Che succede?", chiese.

"C'è stato un nuovo attacco del piromane"

Il piromane aveva sempre colpito nella zona della sua agenzia o nella zona di quella di Kirishima, quella volta era toccato alla sua zona evidentemente.

"Cazzo", Bakugou si mise una mano sugli occhi e mandò indietro la testa contro lo schienale della sedia. "Vittime?", chiese. Era terrorizzato di sapere la riposta, ma doveva fare il suo lavoro.

- Sei -. Kirishima rimase in silenzio per qualche momento. - Tre bambini -.

Bakugou non riuscì a trattenere un gesto di stizza, "Cazzo", ripetè con più aggressività.

"Non hanno trovato nessuna nuova pista", continuò Kirishima. "Continuiamo a rileggere le stesse cose e non riusciamo a far nulla per fermarlo", disse. La frustrazione era evidente e, dall'altro capo del telefono, Bakugou poteva sentire quanto l'amico fosse vicino alle lacrime.

Anche Bakugou non era messo molto meglio, la frustrazione lo rodeva dentro, rendendolo agitato e facendogli pizzicare gli occhi.

"Prenderemo quello stronzo", disse cercando di sembrare più sicuro di quanto non si sentisse.

"Sì", concordò Kirishima tirando su con il naso.

Quella sera tornò a casa sentendosi sconfitto e in colpa. Se solo non avesse aspettato, se solo non avesse detto a Kirishima che dovevano aspettare un nuovo attacco, se solo si fosse mosso prima sarebbero stati tutti ancora vivi.

Rimase sotto la doccia per quelle che sembravano ore. Faceva quel lavoro da abbastanza anni da aver imparato che non si possono salvare tutti, ma non riusciva a lavarsi di dosso la sensazione che quella volta fosse colpa sua, che avrebbe potuto fare di più. Uscì dalla doccia e si sedette sul divano tenendo ancora l'asciugamano a coprirgli la testa, quasi che così facendo potesse nascondersi ancora per un po' dal mondo.

Si rigirò il telefono tra le mani un paio di volte, indeciso su cosa fare, se valesse la pena fare quello che aveva in mente o meno. Il telefono gli vibrò tra le mani. Era un messaggio di Izuku.


- Mi daresti la ricetta del tuo curry? Quello che si trova qui è molto diverso da quello giapponese


Izuku aveva anche messo una faccina triste alla fine del messaggio. Bakugou sospirò.


- Dovresti riposare, non fare esperimenti culinari


Bakugou si asciugò, indossò il pigiama e si mise sotto le coperte, lasciando la camera al buio.


- Non è un grosso esperimento, è solo un po' di curry


- Sappiamo tutti che rischi di mandare a fuoco la cucina per bollirti un uovo


- Stai bene. Katsuki?


Bakugou rimase spiazzato. Maledetto Deku e la sua capacità di leggerlo troppo bene. Katsuki fissò il messaggio per qualche attimo, decidendo quale fosse la cosa migliore da fare. Alla fine sospirò


- Un brutto caso, confessò.


Era facile essere onesti quando era stanco, protetto sotto le coperte del suo letto nel buio della sua camera da letto. Quella della casa che aveva preso dopo la partenza di Izuku per sfuggire a quella casa che avrebbe dovuto essere loro.


- Vuoi parlarmene?


- Non hai niente di meglio da fare?


- Abbiamo già stabilito che la risposta è no


Izuku non attese una ulteriore risposta, il telefono di Bakugou cominciò a squillare.

Bakugou rispose.

"Allora, che succede?", gli chiese subito Deku. La sua voce era leggermente agitata, come se volesse evitare i convenevoli per evitare l'imbarazzo che ne poteva derivare. Una parte di Bakugou gliene fu riconoscente. Sospirò e cominciò a raccontare.

"E ha cominciato così all'improvviso? Non ci sono stati incendi più piccoli prima?"

"Un paio di anni fa avevamo avuto dei problemi con un piromane. Incendiava luoghi di ritrovo, luoghi pubblici"

Il verso che fece Izuku dall'altro capo del telefono fece capire a Katsuki che anche lui aveva capito: chiunque fosse stava prendendo di mira i civili, ma dall’ondata precedente c’erano differenze sostanziali.

"Non ci furono vittime in quelle occasioni", continuò Bakugou. "Non sappiamo neanche se sia sempre lo stesso, non abbiamo tracce di nessun tipo. Ma il modo in cui agisce sarebbe sempre lo stesso, attacca nei momenti in cui è più probabile che ci siano ragazzi giovani, principalmente di pomeriggio e in luoghi frequentati da ragazzi. Sale da gioco, cinema, bar -

Katsuki sentì un verso da parte di Izuku, segno che stava continuando ad ascoltare la conversazione.

"Dopo circa sei mesi gli incendi si sono fermati, all'improvviso. Da che erano uno al mese a che sono scomparsi del tutto. In due anni ce ne siamo anche dimenticati, presi da altri casi. Ma un paio di mesi fa sono ricominciati", Bakugou disse frustrato. "Non sappiamo cosa fare", ammise.

“Mh…”, mormorò Midoriya. “Dovremmo cercare di capire perchè si è fermato, così potremmo avere qualche idea sul perchè abbia ricominciato. E anche perchè colpisca solamente in quei quartieri”

“Lo so anche io, nerd. Ma non sappiamo da dove cominciare”

“Ci possono essere tre motivi principali per cui qualcuno così regolare si sia fermato”,

“E questa da dove ti viene?”, lo interruppe Bakugou con un mezzo sorriso.

“Sto leggendo dei libri sui vecchi serial killer, di prima che si diffondessero i quirk. Alcune delle cose possono essere utili anche per i villain”, rispose con il tono scherzosamente offeso. “Comunque! Nel caso più semplice da individuare è stato arrestato e rilasciato di recente”

“Già provato”, argomentò Bakugou. “Non c'è nessuno che corrisponda pienamente con i tempi, e tra l'altro nessuno che abbia un quirk di fuoco o altre attinenze con il fuoco”

“Allora rimangono le altre due, ma sono più problematiche per voi . C'è la possibilità che si sia fermato perchè vi stavate avvicinando troppo…”

“... ma non avevamo nulla e lo sapeva. I giornalisti di merda non si sa come sapevano che non avevamo nulla e continuavano a ricordarlo ad ogni occasione possibile”

“E è improbabile che qualcuno di così regolare si fermi. Avreste avuto manifestazioni di altro tipo. Allora rimane…”

“...l'allontanamento per motivi personali”, concluse Bakugou, ragionando con lui.

“Ed è il più problematico. Potrebbe essere per motivi di famiglia, motivi di lavoro…”

“Abbiamo provato ad allargare le ricerche al resto del paese, per vedere se altrove si fossero verificati scie di incendi simile a quella nei due anni passati, ma non è saltato fuori nulla. Siamo bloccati e questo stronzo continua a colpire. Da quando è tornato gli incendi sono stati uno al mese. Si sta diffondendo il panico qui... “. Bakugou portò il braccio a coprirsi gli occhi. “Non so cosa fare”, confesso.

“Katsuki”, gli disse Izuku con voce improvvisamente dolce. “Sei un eroe fantastico. Troverai sicuramente il modo di fermarlo”

Aveva dimenticato di quanto sembrasse più vero quando lo diceva lui. la persona che lo aveva conosciuto nei suoi momenti peggiori era la stessa che aveva più fede in lui.

Izuku si mise a borbottare qualcosa a bassa voce. Bakugou non riusciva a distinguere le parole, ma era comunque confortante quel borbottio costante. Lo faceva sentire un po' meno solo.

Si chiese se All Might si fosse mai sentito solo, ad essere il numero uno per così tanto tempo. Bakugou aveva imparato che la vetta era un posto veramente difficile dove rimanere in equilibrio, doveva dimostrare una forza che in certi momenti non era sicuro di avere. Ma sdraiato lì, con Deku che borbottava nel suo orecchio, Bakugou si sentiva un po' meno solo.

“Ehi!”, disse improvvisamente Izuku.

Il tono fece saltare Bakugou. Si rese conto di essere stato sul punto di addormentarsi.

“Cosa?”, chiese con la voce impastata da sonno.

“E se non avesse un quirk di fuoco?”

“Uhm?”, Bakugou si tirò su sul letto, improvvisamente più sveglio.

“Che intendi?”

“Se il suo intento non fossero gli incendi ma lo spegnimento?”

“Abbiamo controllato anche i soccorritori, ce ne sono alcuni ricorrenti, ma sono risultati puliti”

“Potresti chiedere di controllare se uno dei volontari per quelle zone si è unito da circa sei mesi o poco prima che ricominciassero gli incendi, vedere se avesse già fatto il soccorritore nei quartieri degli incendi di due anni fa. E partire da lì per fare altri controlli. Potresti anche provare a vedere se abbia fatto richiesta per entrare in una scuola per hero e sia stato rifiutato, è probabile che trovi qualcosa”

“Non è una cattiva idea. Non so quanto siano andati a fondo sulle ricerche sui soccorritori. Posso chiamare la centrale domani mattina e chiedergli di incrociare i dati”

“Mi tieni aggiornato?”

Bakugou sbuffò, ma non c'era vero sentimento. “Come ti pare, nerd”

Izuku ridacchiò. “Buonanotte allora”

“'Notte”, brontolò.

Izuku rimase bloccato per un momento, sembrava incerto, come se volesse aggiungere qualcos’altro.

“Buonanotte”, ripetè alla fine e chiuse il telefono.

Bakugou chiuse il telefono, lo poggiò sul comodino e provò a dormire.



Il giorno dopo, non appena arrivò in agenzia, Bakugou telefonò alla polizia per chiedergli di fare quelle ricerche che aveva suggerito Izuku, poi tornò al proprio lavoro usuale. Era una giornata particolarmente tranquilla, non stava ricevendo chiamate e aveva poche scartoffie da smaltire. Prese il telefono e si trovò nuovamente a navigare sui canali social di Deku.

Aveva pubblicato una nuova foto rispetto a tre giorni prima. A quanto pare era stato dimesso ed era tornato a casa. Di casa sua si vedeva poco, aveva solamente messo una foto di alcuni dvd su un tavolino da caffè con accanto una tazza di qualche intruglio dei suoi "li aveva fatti assaggiare a Bakugou in più di un’occasione, ma erano sempre stati disgustosi.

Uscì per il suo giro di ronda. Alla fine del suo turno il suo amico poliziotto lo richiamò. A quanto pare avevano incrociato i dati e trovato qualcuno che rispondeva alla descrizione che gli aveva fatto.

Bakugou si cambiò, indossò i suoi abiti civili e si diresse verso la stazione di polizia per assistere all'interrogatorio.

Venne fatto accomodare in una sala, dai monitor poteva vedere ciò che stessero riprendendo le telecamere e sentire l'audio dell'interrogatorio.

Due poliziotti stavano interrogando una ragazza, aveva lunghi capelli biondi e un viso sottile. Sembrava piuttosto minuta.

Disse che aveva sempre voluto diventare un hero, era stata accettata alla Shiketsu, ma era stata costretta a lasciare per via del suo fisico troppo fragile che non le permetteva di sostenere i ritmi dell'allenamento fisico. Si era unita ai volontari per cercare di fare comunque qualcosa di buono, ma con il suo quirk d'acqua c'era poco che potesse fare. Lei voleva solo salvare le persone.

Quando i poliziotti le fecero notare che era lei stessa a metterle in pericolo li guardò con grandi occhi spalancati, come se non avesse capito cosa stessero dicendo.

Il suo amico poliziotto uscì da lì e venne da lui.

"Credo sia sincera, credo che veramente non sappia cosa abbia fatto. Chiamerò per farle fare una perizia psichiatrica o qualcosa del genere"

Bakugou annuì.

Per qualche motivo non riusciva a sentirsi per nulla soddisfatto di quell'arresto.

Prese le sue cose e se ne tornò a casa.

Fece un rapido calcolo del fuso orario, poi chiamò Izuku. Senza neanche nessun messaggio prima.

Izuku rispose al secondo squillo, quasi stesse aspettando la chiamata.

"Ehi!”, lo salutò allegro.

"L'abbiamo presa”, gli disse mesto.

"Non sembri contento”

Bakugou gli spiegò la situazione. Izuku era stranamente silenzioso dall'altro capo del telefono.

"Se veramente le cose stanno così, adesso potrà essere aiutata"

Bakugou annuì tra sè, ancora non molto convinto. Era una vittoria amara, di quelle che non sembravano vittorie.

"E non potrà più fare del male a nessuno”

"Sì”

"Siamo una bella squadra -, gli disse Deku.

"Siamo sempre stati una bella squadra, nerd”

Deku ride dall’altro lato del telefono.

"Deku io… "comincia Bakugou.

Deku si blocca improvvisamente: "Non farlo”

"Dovremo parlarne prima o poi”

"Lo so”

Bakugou rimane in silenzio per un po’. Si aggira nel suo appartamento fino a sedersi sul divano. “Che cosa è tutto questo?”, chiese, mettendosi una mano sul viso.

"Non lo so”, gli rispose Deku in un sussurro.

"Tu non puoi-”, la voce esce strozzata dalla sua gola. “Non puoi sparire per anni, ricomparire all’improvviso e chiamare e mandarmi messaggi. E riprenderti spazio nella mia vita”

"Lo so” ripete Deku. “Volevo solo… volevo solo parlare con te, sentirti. Mi sei mancato… e poi abbiamo continuato a sentirci e io non voglio smettere di parlare con te”

“Non sono sicuro che sia il caso di continuare”.

Nessuno si era sorpreso quanto loro quando avevano cominciato a uscire, nel corso dei primi mesi del loro terzo anno al liceo. La loro relazione era stata ricca di alti bassi, ma dopo il liceo avevano deciso di andare a vivere insieme. Credevano di aver risolto i loro problemi, ma a quanto pare non era così. Si amavano profondamente, ma non era stato abbastanza per superare i problemi che si portavano dietro da troppo tempo a quella parte.

Bakugou, soprattutto, non riusciva a superare quello che aveva fatto a Deku. Aveva giurato a sè stesso che da lì in avanti si sarebbe preso cura di lui, che non lo avrebbe più fatto star male, ma la cosa era finita per ritorcerglisi contro. Gli aveva messo talmente tanta pressione addosso che quella relazione era diventata una ulteriore fonte di stress, oltre al fatto che la sua carriera stesse cominciando a decollare, agli impegni di lavoro e allo stress che arrivava da quel frangente. Le sue manie di perfezionismo si erano infiltrate anche in quella relazione, che sarebbe dovuta essere il luogo dove poteva sfogarsi: Bakugou voleva essere perfetto e, per esserlo, per non far sapere a Deku che c'era qualcosa che non andava, aveva cominciato ad allontanarsi, aveva cominciato a buttarsi sul suo lavoro, senza trovare più in tempo per lui. Deku l'aveva guardato allontanarsi in silenzio e solo quando finalmente aveva parlato Bakugou si era reso conto di quanto male gli avesse fatto. Ancora una volta.

Lo aveva ferito di nuovo, quando aveva giurato di proteggerlo. Bakugou non era sicuro di potersi perdonare un'altra volta. Non era sicuro di essersi perdonato neanche la prima volta.

Tutto era crollato quando Deku aveva deciso di chiudere quella relazione. "Fa solo male ad entrambi", aveva detto. Non aveva avuto torto, ma Bakugou vide crollarsi tra le dita quel futuro che stavano costruendo insieme, nella casa che avevano abitato insieme nell'unico anno in cui la loro relazione aveva funzionato dopo il liceo. Appena due anni e sembravano molti di più. Poi Izuku aveva ricevuto quell'offerta da una agenzia americana e aveva deciso di partire.

Dalla sua partenza avevano smesso di sentirsi. Erano passati 8 anni.

I primi tempi fu dura per Bakugou. Non aveva idea di quanto l'assenza di Deku lo avrebbe destabilizzato. Era sempre stato l'unica costante della sua vita e adesso non c'era più, era dall'altra parte del mondo. Con il tempo aveva cominciato a stare meglio, ma quel buco a forma di Deku era sempre rimasto dentro di lui.

Era sempre stato convinto che lui e Deku fossero legati dal destino, che fossero veramente la persona giusta l'uno per l'altro, che avrebbe potuto smettere di cercare - che non avrebbe mai avuto bisogno di cercare in primis - ma i fatti lo avevano smentito e abituarsi a vivere senza di lui non era stato facile. Ma in qualche modo aveva fatto, in qualche modo era andato avanti.

E poco importava se tutti gli amanti che aveva scelto per sè in quei mesi fossero durati al massimo un anno. E importava ancora meno che tutti avessero grandi occhi verdi, ma mai della sfumatura giusta.

Bakugou tornò a lavoro il giorno dopo con l’umore sotto i piedi. Non aveva chiuso occhio quella notte. Si sentiva catapultato nuovamente a otto anni prima, a quei primi giorni senza Deku, in cui non riusciva neanche a ricordare chi fosse, in cui si sentiva totalmente estraniato da sè stesso e dalla realtà che lo circondava. Non riusciva a ricordare come l'avesse superata la prima volta, ma non credeva di essere forte abbastanza per poterlo fare una seconda volta.

Ricevette una chiamata in agenzia.

C'era stato un nuovo incendio. Bakugou sentì il mondo crollargli sulle spalle. Rimase immobile per un momento prima di riuscire a riprendersi abbastanza da intervenire. Si fiondò fuori dall'agenzia e usò il suo quirk per muoversi agilmente al di sopra del livello della strada e raggiungere il luogo dell'incendio. Si fiondò direttamente dentro la caffetteria, portò fuori quanti più civili potè. Non sapava neanche se ci fossero altri eroi ì a dargli supporto, non gli interessava. Era in uno stato di trans, portava avanti il suo lavoro come un automa, senza preoccuparsi delle conseguenze, senza preoccuparsi di nulla che non fosse quello. Senza preoccuparsi di sè stesso.

Salvò l'ultimo civile, poi il mondo intorno a lui si fece buio.


Quando riaprì gli occhi era abbastanza sicuro che quella intorno a lui fosse una stanza di ospedale. E che quello seduto accanto al suo letto fosse Izuku.

"Izuku?", riuscì solo a borbottare, mentre era ancora a metà nel mondo dei sogni.

"Buongiorno Katsuki", gli sorrise quello.

"Non mi piace"

"Cosa?"

"Non mi piace quando mi chiami Katsuki"

"E come dovrei chiamarti"

"Kacchan"

"D'accordo, Kacchan"

Bakugou mugugnò soddisfatto qualcosa di incomprensibile in risposta.

"Ci hai fatto preoccupare"

"Tu non sei veramente qui", disse Bakugou con la voce impastata e chiudendo di nuovo gli occhi.

"Avevo intenzione di tornare in Giappone comunque, ho solo anticipato un po' i tempi"

Bakugou provò a mettersi seduto sul letto, ma Izuku lo fermò mettendogli una mano sulla spalla. Era la prima volta che lo toccava da anni e Bakugou sentì la pelle lasciata scoperta dalla casacca ospedaliera scottarsi a quel contatto.

"Devi riposare"

A Bakugou venne da ridere. Quanto era passato dall'ultima volta che era stato lui a dirlo a Izuku?

"Non sono io che sono finito sotto un palazzo", disse con un mezzo sorriso sarcastico.

"Sei quello che si è beccato un'intossicazione da fumo però"

Bakugou a quelle parole fu improvvisamente sveglio, scattò seduto sul letto e il movimento venne accompagnato da un attacco di tosse, che lo lasciò piegato in due per il dolore agli addominali. Izuku si avvicinò di scatto a lui, e gli tenne la schiena. Bakugou, incuravato in avanti, portò una mano alla sua spalla per reggersi. Gli girava la testa e aveva paura di cadere all'indietro.

Da così vicino, alzò lo sguardò e potè studiare il viso di Deku. Portava ancora i segni dell'incidente, era ancora smagrito e con le ombre scure intorno agli occhi, ma era sempre lui. A rivederselo davanti era come tornare a respirare.

Deku lo aiutò a sdriarsi di nuovo.

"Kirishima ci sta lavorando, appena avrà qualcosa verrà ad aggiornarti", gli disse.

"E tu stai qui a non fare nulla?", lo prese in giro Bakugou.

"Io teoricamente sono ancora fuori servizio. E sono anche qui in incognito per il momento. Il mio trasferimento sarà ufficiale solo quando potrà tornare a lavorare"

Rimasero in silenzio per qualche momento. A Bakugou venne da ridere. La prima confessione gliela aveva fatta in circostanze molto simili, era Deku quello in un letto di ospedale dopo un attacco della League of Villains. Era uno strano deja vu da avere, la tensione tra di loro era la stessa di quei giorni. Non sapevano bene come muoversi l'uno accanto all'altro e Bakugou poteva sentire quanto tutto quello fosse sbagliato. Erano cresicuti insieme, si conoscevano meglio di chiunque altro al mondo, non doveva essere così tra di loro. Bakugou avrebbe fatto di tutto per tornare indietro e confessare tutto, per non lasciarlo andare via.

La voce di Deku interruppe i suoi pensieri.

"Mi dispiace", disse. "Forse non sarei dovuto venire"

Bakugou fece vagare lo sguardo fuori dalla finestra. Era una giornata assolata, doveva essere pieno pomeriggio. Si rese conto che ce l'aveva, la seconda chance.

"Mi ero ripromesso di non farti del male", cominciò, continuando a tenere lo sguardo lontano da Deku. Non sarebbe riuscito a finire con quegli occhi verdi che lo fissavano. "Non dopo avertene fatto così tanto. Non mi sono mai perdonato per quello che ti ho detto e per rimediare volevo essere perfetto. E se non lo ero l'importante era non fartelo sapere, così non te ne saresti andato via. E per evitare che lo sapessi mi sono chiuso, non ti ho mai reso partecipe di quello che pensavo, speravo di non farti vedere quanto fossi sbagliato, speravo di tenerti vicino. Ma alla fine te ne sei andato lo stesso", sorrise amaro Bakugou. "Volevo solo renderti felice".

Solo in quel momento Bakugou ebbe il coraggio di voltarsi. Ormai non poteva più rimangiarsi quello che aveva detto, il danno ormai era fatto. Deku aveva gli occhi spalancati e pieni di lacrime che ancora non avevano cominciato a scendere, poi scoppiò a ridere di una risata umida.

"Io-", si portò una mano a coprirsi la bocca, allungò l'altra per prendere quella di Katsuki. "Grazie per avermelo detto". Si prese qualche momento, probabilmente per pensare bene a quali dovessero essere le sue parole successive. "Io ti ho perdonato tanto tempo fa, Kacchan. Ma anche credo di aver avuto le mie responsabilità", ammise con un sorriso nostalgico. "Mi sentivo talmente fortunato del fatto che tu finalmente mi vedessi in quel modo che ho accettato qualunque cosa, non ho mai avuto il coraggio di affrontarti direttamente. Ho sempre avuto il timore che tu mi lasciassi, che mi dicessi che ero pesante. Sono stato un codardo. E sono stato un codardo a scappare dall'altra parte del mondo"

"L'avrei fatto anche io"

Deku sorrise, ma il suo sorriso aveva qualcosa di triste.

"Dovrei lasciarti riposare", disse alzandosi dalla sedia di plastica.

Bakugou alzò di scatto lo sguardo verso di lui. Per un attimo fu preso nuovamente dal terrore di vederlo chiudersi la porta alle spalle e sparire nuovamente per otto anni.

"Torno domani", lo rassicurò Deku.

Bakugou fece scattare nuovamente la testa nella direzione opposta, "Come ti pare, nerd"

Bakugou sentì Izuku ridere alle sue spalle. "Cerca di riposare un po'", gli disse.

"Anche tu, hai delle occhiaie terribili".

"Buona serata, Kacchan"

Katsuki sentì un pezzo di sè tornare al proprio posto a quelle parole.


Due giorni dopo Katsuki venne dimesso, Deku era andato a trovarlo tutti i giorni. Nonostante il parere dei medici, decise di tornare a lavoro già il giorno successivo. Gli diedero l'autorizzazione a condizione che non facesse lavoro attivo sul campo. Almeno non si sarebbero accumulate le scartoffie, sospirò tra sè mentre si sedeva alla sua scrivania.

Stava lavorando da un paio d'ore quando sentì qualcuno bussare alla porta del suo studio e pochi attimi dopo affacciarsi la testa di Kirishima.

"Ehi", salutò Bakugou.

Bakugou gli fece cenno di aspettare, firmò le ultime due pratiche e le mise da parte, mentre Kirishima si sedeva alla schiena davanti alla scrivania.

"Come ti senti?", gli chiese.

"Come se respirassi a metà", rispose. "Hai novità?"

"Non molto", tirò fuori dei fascicoli dallo zaino e glieli porse. "Se non hai niente da fare almeno puoi guardarti quelli e vedere se trovi qualcosa"

"Sì", sbuffò Bakugou. "Grazie del pensiero", disse sarcastico.

Kirishima sorrise, poi qualcosa si offuscò nel suo sguardo.

"Mi dispiace"

"Non è colpa tua. Sono stato avventato, avevo avuto una brutta giornata e ho perso la lucidità".

Bakugou aveva imparato da tempo a non colpevolizzarsi, ad accettarsi un po' di più negli anni, a perdonarsi e ad accogliersi, ma non riuscì a non sentire una punta di amarezza a quel pensiero. Almeno era riuscito a salvare tutti i civili in quell'occasione. Scosse la testa per non partire per quella tangente di pensieri.

Cominciò a sfogliare i fascicoli.

"Non c'è niente sulla ragazza qui"

Kirishima inclinò la testa confuso. "No, cosa dovrebbe esserci? Sappiamo che è innocente"

Bakugou continuò a scorrere i resoconti dell'ultimo attacco pensieroso. "Ci sono troppe coincidenze perchè la ragazza non sia coinvolta in qualche modo", osservò. "Credo che dovremmo scavare un po' più a fondo nella sua vita, capire cosa sia successo"

Kirishima annuì, "Ha senso", concordò.

"Posso occuparmene io", continuò Bakugou. "Faccio una chiamata in polizia e mi faccio mandare tutto"

Kirishima annuì ancora. "Devo andare in agenzia adesso", disse alzandosi. "Chiamami se hai novità"

Bakugou annuì, cominciando a mordicchiare il dorso della penna mentre scorreva ancora i fascicoli. Non appena Kirishima fu uscito, Bakugou fece quella chiamata alla centrale, si fece mandare tutti i dati che erano riusciti a raccogliere e cominciò a scorrerli sul tablet.

Alla fine si arrese, prese il telefono e chiamò Izuku. Cominciò a leggergli ad alta voce tutti i dati e le informazioni che aveva ricavato. Aveva più che altro bisogno di parlare ad alta voce, con qualcuno che riuscisse a stargli dietro e a dargli effettivamente spago per andare avanti, e l'unica persona in grado di tenergli da testa da quel punto di vista che avesse mai trovato era sempre stato Deku. Si rese conto, nel momento in cui decise di fare quella chiamata, di quanto gli fosse mancato in quegli anni poter parlare con Deku dei casi, poter discutere insieme e riuscire a trovare la soluzione giusta per ogni situazione.

Deku ascoltò con attenzione, facendo qualche verso ogni tanto per comunicargli che stava ancora ascoltando.

"La ragazza ha detto perchè si è allontanata dalla città due anni fa?"

Bakugou scorse la pagina sul suo tablet. "Ha dichiarato che è stato per motivi di lavoro"

"In quei due anni ci sono stati incendi dolosi in città?"

Bakugou fece una rapida ricerca nei fascicoli, ma non trovò nulla. Provò poi a cercare nei database che la polizia gli aveva messo a disposizione. Scoprì che nel quartiere della ragazza c'erano stati altri piccoli incendi, niente di troppo elaborato però.

Deku, dall'altro capo del telefono, emetteva un mormorio pensieroso.

"Ci sarebbe da chiedere alla ragazza se conosce qualcuno con un quirk di fuoco", disse con un sospiro sconsolato.

Bakugou si alzò di scatto. "Vado a chiederglielo", disse.

Izuku provò ad obiettare qualcosa, ma Katsuki aveva già chiuso la telefonata.


L'unica persona con un quirk di fuoco che la ragazza ricordasse era un suo compagno del liceo, in grado di far apparire fiamme allo schiocco delle dita. Bakugou provò a cercare il nome del ragazzo. Il suo quirk era registrato come di fuoco, non aveva frequentato alcuna scuola per eroi e lavorava in un negozio al dettaglio non lontano da lì.

Bakugou decise di passarci prima di tornare in agenzia.

Percorse a piedi la poca distanza dalla stazione di polizia dove la ragazza era ancora in custodia fino al negozio. Era un piccolo emporio che vendeva un po' di tutto, dall'alimentari alle riviste. Il locale era deserto, salvo per una vecchietta che stava uscendo con la busta della spesa e incrociò Bakugou sulla porta. Non appena il ragazzo lo vide entrare sgranò gli occhi e scappò dalla porta sul retro.

"Piccolo stronzo", borbottò Bakugou, lanciandosi all'inseguimento.

Aveva percorso appena pochi metri e già gli mancava il fiato, i suoi polmoni gridavano, ma non poteva fermarsi, non quando era così vicino a prendere finalmente quello che poteva essere il piromane.

Bakugou riuscì a chiamare qualcuno della sua agenzia mentre correva, ma non poteva fermarsi. Si slaciò in avanti con il suo quirk e riuscì a immobilizzare il ragazzo. Con una mano lo teneva fermo per il collo, con l'altra gli teneva il braccio in leva, in modo che non potesse muoversi in alcun modo, nel mentre cercava di riprendere fiato. Il respiro era pesante e il cuore sembrava stesse per esplodergli nel petto.

"Allora sei tu, stronzo", gli disse con il respiro pesante.

"Voi non capite, voi eroi non potete capire!"

Bakogou strinse di più la presa contro il suo braccio. "Non capiamo cosa si prova ad ammazzare gente? A mettere in pericolo innocenti che vogliono solo godersi il sabato pomeriggio in pace?"

"L'ho fatto per lei! Voleva essere un'eroina, è la persona più buona che abbia mai conosciuto e voi eroi l'avete cacciata via, le avete detto che non aveva le qualità"

"Ma che cazz-?"

"Sapevo che voleva entrare nei volontari, ma non c'erano praticamente mai incendi da spegnere. Lei si merita di salvare qualcuno, si merita di sapere che cosa significhi essere un'eroina e io le ho dato la possibilità di capirlo! Le ho dato l'occasione per brillare! Quando saprà cosa ho fatto per lei ricambierà finalmente i miei sentimenti!"

"Hai ucciso delle persone!"

"Ho provato a farlo senza fare del male a nessuno, ma nessuno ne parlava, nessuno ha dedicato neanche una parola alle persone che hanno spento i fuochi, nessuno gli ha dato importanza. Lei è anche andata via! Dovevo alzare la posta in gioco, doveva capire la sua importanza"

Bakugou avrebbe voluto lasciare la presa e allontanarsi da quel folle il prima possibile. L'uomo aveva cominciato a piangere, commosso dalle sue stesse parole, tirava su con il naso e tra le lacrime continuava a dire cose senza senso.

La polizia e i rinforzi arrivarono fortunatamente poco dopo e lo prese in custodia. Bakugou aveva voglia di lavarsi le mani o farsi una doccia con l'acqua bollente, ma non poteva scappare da lì. Doveva parlare con i giornalisti e rassicurare la popolazione: quella storia era finalmente finita, tutti potevano tirare un sospiro di sollievo finalmente. I ragazzi avrebbero potuto ricominciare a godersi i loro ritrovi in serenità, i cinema della zona sarebbero tornati a riempirsi dopo essersi progressivamente svuotati, i caffè sarebbero tornati ad essere luoghi di ritrovo. Durante l'intervista fu attento a sottolineare il ruolo che aveva avuto Kirishiama e la sua agenzia nello svolgimento dell'operazione: l'arresto era stato suo, ma non sarebbe mai arrivato lì senza il loro aiuto e ci teneva che fosse riconosciuto il loro medico.Si chiese se avrebbe dovuto accennare anche a Deku, ma si ricordò che quello aveva detto di essere ancora in incognito, almeno fino a che non fosse tornato in servizio. Dopo aver parlato con i giornalisti ebbe bisogno dell'intervento dei soccorritori, che dovettero dargli una mascherina con l'ossigeno. Il suo medico non gliela avrebbe fatta passare liscia quella volta, ne era sicuro.


Deku aveva insistito per invitarlo a cena, per festeggiare finalmente l'arresto del Piromane. Aveva scelto un locale piuttosto intimo e riservato e il proprietario li aveva fatti accomodare in un tavolo laterale, riservato. Katsuki aveva paura che la cena sarebbe stata imbarazzante, ma a quanto pare il chiarimento che avevano avuto qualche giorno prima in ospedale gli aveva permesso di cacciar via ogni traccia di imbarazzo. Bakugou aveva talmente tante cose che gli voleva dire che non sapeva da dove cominciare, diversi racconti si sovrapponevano. Si rese conto che, a ogni sua esperienza, era come se fosse mancato un tassello: era come se le esperienze della sua vita fossero accadute davvero solo nel momento in ci le poteva condividere con Deku. Anche Deku non sembrava essere messo molto meglio, mentre continuava a raccontargli quanto fosse diverso il lavoro da eroe oltreoceano e come avesse avuto modo di conoscere nuovi aspetti di All Might lavorando di lì e di recuperare merch esclusiva che non era mai riuscito a farsi arrivare in Giappone. Quegli otto anni senza parlare dovevano essere stati pesanti per lui, quanto lo erano stati per Bakugou, si ritrovò a pensare.

"Ti va di fare una passeggiata?", gli chiese Deku dopo la cena che aveva insistito per pagare.

Bakugou annuì e insieme si ritrovarono a passeggiare per le strade della città. Quando stavano insieme adoravano farlo, erano dei momenti in cui c'era più o meno calma per la città e c'era meno gente che potesse riconoscerli, erano spesso gli unici momenti che avevano per poter stare insieme un po' più liberamente. La serata, nonostante fosse primaverile, era fresca e Bakugou rabbrividì leggermente allo sbalzo di temperatura dall'interno del locale all'esterno.

Mentre camminavano Bakugou allungò la mano e strinse quella di Izuku. Izuku si bloccò nel bel mezzo della strada.

Bakugou strinse più forte, cercando di rassicurarlo. Izuku ricambiò la stretta.

"Non voglio rifare lo stesso errore", disse Bakugou guardando dritto davanti a sè e ricominciando a camminare. "Non voglio lasciarti andare di nuovo senza mettere tutte le carte in tavola"

Izuku si affettò a seguirlo. Ricominciarono a muoversi.

"Hai mai sentito parlare del Kintsukuroi?", chiese improvvisamente Izuku.

Bakugou scosse la testa, voltandosi leggermente verso di lui. Izuku aveva l'espressione persa che aveva ogni volta che poteva tirare fuori la conoscenza, quella dell'entusiasmo interiore che provava ogni volta che si faceva riferimento a qualcosa di aver studiato. Teneva lo sguardo davanti a sè, leggermente verso l'alto, e aveva un mezzo sorriso sulle labbra. Bakugou fu costretto a tirarlo di lato per farli evitare un lampione.

"Letteralmente significa riparare con l'oro", cominciò a spiegare. "E' una antica pratica, si riparava la porcellana rotta con l'oro liquido. La frattura, la rottura, diventa parte del fascino dell'oggetto stesso, è parte integrante della sua storia. Si credeva anche che l'imperfezione rende l'oggetto più bello"

"Che vuoi dire?"

"Voglio dire che forse tutto questo ci è servito. Avevamo bisogno di questi anni per capirci meglio da soli, per poterci riprovare in maniera più consapevole. E poi, sai, l'ho sempre saputo che eri imperfetto e ti ho comunque voluto al mio fianco"

"E lo vuoi ancora?"

Izuku strinse meglio la mano di Bakugou con la sua.



Brother

Mar. 7th, 2020 07:29 pm
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Titolo: Brother
Fandom: Boku no Hero Academia
Missione: M1 - Colpo di scena
Parole: 1310
Rating: safe

Mentre facevano colazione sentirono di forti colpi alla porta della casa che Todoroki, Bakugou e Midoriya condividevano da quando avevano finito il liceo. Bakugou, che non aveva ancora la sua dose mattutina di caffè, ebbe la tentazione di far esplodere qualcosa in faccia a chiunque fosse. Fu Todoroki ad andare ad aprire e si ritrovò davanti Dabi, sanguinante e poggiato allo stipite con l’aria di non riuscire a reggersi in piedi.
Todoroki si mise subito in posizione di guardia.
“Ti sembra il modo di salutare il tuo caro fratello?”, gli chiese Dabi con un sorriso sarcastico. Nonostante fosse conciato male, sembrava non volesse rinunciarci.
Todoroki rimase paralizzato sul posto, con gli occhi spalancati.
“Tu non puoi essere-”, balbettò.
“E’ stata tua madre, nostra madre, a farti quella cicatrice”
Shoto era sotto shock. La notizia era stata tenuta segreta. Come era possibile? Suo fratello era morto.
“Touya”, borbottò a voce bassissima.
"Sho, tutto bene?" lo chiamò Izuku affacciandosi dal salotto, quando vide Dabi cominciò a caricare One for All.
Todoroki stese il braccio per dirgli che era tutto okay, almeno al momento.
"Che ci fai qui?" chiese a Dabi
"Non sapevo dove andare" disse con voce strozzata.
"E hai pensato di venire qui? Come fai a sapere dove abito?"
"Abbiamo fatto le nostre ricerche" sorrise maligno.
"Shigaraki è impazzito, la League of Villains è impazzita"
"E’ stato lui a farti questo?"
Dabi annuì.
"Se ti faccio entrare non significa che esiterò ad attaccarti o a farti imprigionare" gli disse Todoroki.
La reazione di Bakugou quando lo vide su decisamente meno pacata.
"Ci rivediamo Bakugou Katsuki"
"Due fidanzati, sul serio fratello?" lo prese in giro Dabi.
"Sono ancora in tempo per rispedirti da Shigaraki" gli rispose solo Todoroki, ignorando l’allusione.
"Ok, farò il bravo".
Izuku andò a prendere il kit di pronto soccorso.
"Ora parla" gli disse Todoroki.
"Shigaraki è impazzito. Vuole solo che scoppiasse il caos il più rapidamente possibile, non aveva più interesse nel cercare di elaborare un piano. Sta uccidendo tutti coloro che non sono d’accordo con lui, ho provato a dirgli che non eravamo pronti per un attacco e mi ha ridotto così"
Erano numerose le zone del suo corpo con la pelle carbonizzata.
Dabi continuò a parlare: "Ha fretta: ha perso gran parte degli scagnozzi, metà del gruppo originario è già in carcere".
Loro tre ascoltavano in silenzio, non sapendo bene cosa fare in quella situazione.
"Quando vuole attaccare?" chiese Bakugou.
"Non ne ho idea, potrebbe attaccare in qualunque momento".
"Ho delle condizioni. Ti andrai a costituire, adesso, e farai i nomi di tutti i collaboratori della League of Villains che ancora non sono stati identificati, eroi corrotti, tutto quello che sai"
Dabi acconsentì, sconfitto: "Non ho alternative. Non ho nessun posto dove andare, sono un ricercato mondiale ormai. Stiamo combattendo questa guerra da anni e non abbiamo ottenuto nulla, la società degli eroi è salda e non ha intenzione di crollare. E sono stanco".
"Basta con queste menate sentimentali" lo interruppe Bakugou. "Cos’ha in mente il tuo capo?".
"Non è più il mio capo" sputò velenosamente Dabi. "Vuole voi tre, vi vede come la speranza per il futuro e gli avete rovinato i piani in più di una occasione".
"Venga pure, il bastardo" Bakugou sfoderò il suo più inquietante ghigno da battaglia.
Deku andò ad aggiornare All Might, Bakugou non aveva intenzione di lasciarli soli, ma si mise in disparte:
"Perché tutto questo?" chiese Shoto senza guardare in faccia il fratello.
"Perché la società degli eroi è corrotta e devastata. Sono solo… avidi di gloria, impostori. Volevo solo una società più giusta. Endeavor si è potuto permettere di fare quello che ha fatto con il potere conquistato come eroe, ma come può essere un eroe uno che si comporta in quel modo? Se mamma avesse parlato, se io avessi parlato… nessuno ci avrebbe creduto, solo perché pubblicamente Endeavor è un eroe riconosciuto. Anche gli eroi devono essere sottoposti alla giustizia, il loro nome da eroe non può permettergli di fare tutto quello che vogliono. Anche tu devi essere infuriato con lui".
"Non paragonarmi a te" fu la fredda risposta di Todoroki.
"Io ti ho liberato! Non devi più farlo, puoi smetterla con tutta questa merda e vivere una vita normale".
"Io la voglio tutta questa merda. Sono stato liberato molto tempo fa"
"Avevi bisogno di qualcuno che lo fermasse"
"Avevo bisogno di qualcuno che capisse! Non far passare tutto questo come se l’avessi fatto per me"
Dabi alzò le mani: "Come vuoi, fratello".
"E non chiamarmi fratello".
"Endeavor meritava di vedere la sua carriera vacillare".
Shoto non aveva nulla da ridire al riguardo. "Come sei finito in quel covo?" chiese a Touya.
"Avevamo gli stessi ideali, all’inizio. Adesso è solo un piano di vendetta individuale, Shigaraki contro il mondo. Non è per quello che mi ero unito a loro, lo vedi anche tu che la società ormai è andata, tutti si aspettano che un eroe li salvi e tutti vogliono fare gli eroi, gli ideali originali sono andati, con tutto il merchandise, gli eroi sono corrotti, gli interessa solo salire in graduatoria e tu ti stai piegando a questo sistema"
"Questo può essere cambiato solo dall’interno. Stai condannando tutti gli eroi solo per colpa di Endeavor, non sono tutti così. Sono persone e esistono persone di merda".
"Ho conosciuto la miseria umana, gente che aveva perso tutto e aspettava che fossero gli eroi a salvarli. Per colpa degli eroi hanno tutti perso la voglia di rimboccarsi le maniche, accettano la loro condizione di miseria. Se gli eroi smettessero di esiste la società funzionerebbe meglio, la gente ricomincerebbe a costruire la propria vita".
Bakugou sentiva la conversazione in silenzio.
"I giovani che non hanno poteri abbastanza forti vengono isolati e presi in giro, quelli che non riescono a diventare eroi vengono derisi"
Bakugou sentì lo stomaco stringersi in una morsa.
"Non puoi dare la colpa di tutto agli eroi" continuò Shoto.
"E gli eroi stessi si sentono padroni del mondo" continuò Toya senza dargli segno di averlo sentito. "Credono di poter fare tutto e che tutto gli sia dovuto. Ma se fare l’eroe non fosse un lavoro ben retribuito quanti veramente metterebbero a repentaglio la propria vita per salvare gli altri? La nostra missione era per un bene più grande, ma adesso anche Tomura è diventato come loro, pensa solo al proprio tornaconto personale" concluse amaramente Dabi.
"Ma la vostra stessa esistenza non fa che convincere della necessità degli eroi".
All Might si presentò a casa loro con il suo amico poliziotto pronto a prendere la dichiarazione di Dabi e lo accompagnarono in commissariato.
Dietro il vetro della sala degli interrogatori gli altri tre nella stanza ascoltavano in silenzio. Arrivò anche Endeavor.
Sembrava paralizzato davanti al figlio: "E’ davvero lui…" disse solo.
"Hai detto che te lo ha detto" commentò Shoto.
"Abbiamo combattuto, un bel po’ di tempo fa. Lo ha nel pieno della battaglia. Non sapevo-" sembrava a corto di parole. "Devo dirlo a Rei".
"Io avverto Fuyumi" rispose Todoroki.
Dabi venne portato in un carcere di minima sicurezza, confessò ogni cosa e rivelò tutto quello che sapeva della League of Villains.
Per la prima volta sentivano di essere loro, gli eroi, quelli in vantaggio.
L’attacco finale al quartier generale della League of Villains fu rapido.
Il giorno dopo Endeavor annunciò il suo ritiro.
Qualche giorno dopo Todoroki ottenne un permesso per far uscire la madre dalla clinica e la portò a visitare il figlio.
«Bambino mio» continuava a ripetere. «Credevo che non ti avrei più rivisto» gli disse con le lacrime agli occhi.
Si stava lasciando ricrescere i capelli senza tingerli, stava ricominciando a somigliare alle foto che Todoroki aveva visto in casa.
Erano di nuovo tutti lì, sembravano di nuovo una famiglia, ma la strada per diventarlo veramente sarebbe stata lunga e impervia, lo sapevano tutti, ma finalmente avrebbero potuto cominciare da qualche parte.

traitor

Mar. 6th, 2020 12:39 pm
chasing_medea: (Default)
Titolo: traitor
Fandom: Boku no Hero Academia
Missione: M1 - Colpo di scena
Parole: 350
Rating: safe

Dell’arena non erano rimaste che macerie. La maggior parte dei civili era riuscita a mettersi in salvo, ma alcuni erano rimasti intrappolati. Studenti e insegnanti stavano facendo del loro meglio per salvare tutti e tenere a distanza i nemici, ogni pensiero sul festival sportivo teoricamente ancora in corso era ormai stato dimenticato.
Shigaraki, nel centro delle armate nemiche, con il lungo cappotto nero che svolazzava agli spostamenti d’aria causati dalla distruzione, continuava a indicare a ognuno degli scagnozzi dove attaccare, come un direttore d’orchestra. La mano non copriva più il suo viso, tutti potevano vedere quegli occhi spiritati, il sorriso folle e la pelle screpolata.
L’intera 3-A stava facendo del suo meglio, ognuno dedicandosi a un compito diverso: c’era chi si occupava del salvataggio, chi di trattenere i nemici.
A poco a poco, grazie all’aiuto dei professionisti arrivati sul posto, gli eroi sembrarono riuscire ad avere la meglio. Shigaraki, rimasto ormai scoperto e circondato da eroi in grado di sopraffarlo, fu costretto a chiamare Kurogiri per farsi trasportare via. Aprì un portale accanto a lui, ma Shigaraki non aveva ancora finito.
Il portale lo trasportò sulle gradinate, dove gli eroi addetti al soccorso stavano impiegando le loro forze. Comparve immediatamente accanto a Uraraka. L’intera classe si mise in posizione di guardia. Shigaraki le mise un braccio intorno alle spalle, le fece sollevare la testa per guardare la sua intera classe. Cominciarono a urlargli di lasciarla andare.
“E’ ora che sappiano chi li ha traditi”, le disse Shigaraki. “Chi ci ha sempre permesso di sapere dove fossero”.
L’intera classe si immobilizzò sul posto, congelata per lo shock. Nessuno voleva credere a quelle parole. Uraraka non si oppose, non negò, abbassò gli occhi che si stavano riempiendo di lacrime, ma Shigaraki le fece nuovamente alzare la testa, la costrinse nuovamente a guardarli.
Kurogiri aprì un nuovo portale accanto a loro. Uraraka vi entrò per prima, senza fare resistenza, senza costrizione. Si voltò un secondo appena nella loro direzione, poi sparì nel buio. Shigaraki si concesse un momento per sorridergli, prima di sparire anche lui nel portale.
La vittoria fu amara quel giorno.

rocksteady

Feb. 28th, 2020 11:03 pm
chasing_medea: (Default)
Titolo: rocksteady
Fandom: Bnha
Prompt/missione: M4 - you fuse my broken bones back together, and then lift the weight of the world from my shoulders again
Parole: 4000
Rating: nsfw

Se gli avessero chiesto cosa ricordasse del combattimento, Bakugou non sarebbe stato in grado di rispondere. Ricordava solo un grande boato, un terribile fischio alle orecchie e il dolore.
L'ultima consapevolezza, prima di perdere i sensi, fu quella di aver vinto.
Quando Bakugou aprì gli occhi gli ci volle qualche momento per ricordare perchè fosse in una stanza d'ospedale. Provò a muoversi sul letto, ma le fitte di dolore in tutto il corpo gli imposero di restare fermo.
Provò a guardarsi intorno e la prima cosa che vide fu la testa di Deku sul suo letto. Si era addormentato su una sedia di plastica accanto al suo letto, con il busto in avanti e la testa appoggiata sul materasso accanto alle gambe di Bakugou, come se stesse dormendo sul banco di scuola. Sentendo il movimento, Deku alzò la testa e sbattè un paio di volte le palpebre per mettere bene a fuoco la stanza.
Sorrise a Bakugou quando lo vide sveglio. "Kacchan!"
"Bentornato tra noi", disse un'altra voce.
Bakugou si voltò in quella direzione e trovò Todoroki, reclinato contro la parete e con le braccia incrociate.
"Come ti senti?"
Bakugou provò nuovamente a muoversi, ma ancora una volta il dolore lo bloccò.
Entrò un medico nella stanza, gli controllò i segni di vita e lo aggiornò sulla situazione.
A quanto pare si era lesionato i legamenti del gomito, rotto il crociato e lussato una spalla.
"La spalla è stata rimessa a posto, ma dovrai tenerla a riposo per un po'. Il ginocchio è stato operato, ma per i legamenti del gomito c'è poco che possiamo fare. L'unica cosa che possiamo fare è vedere come evolve la situazione"
Bakugou annuì, troppo stanco anche per rispondere.
La sua mente stava già pensando a come avrebbe fatto a tornare operativo dopo quel quadro, a come avrebbe fatto a tornare nel suo appartamento. Non c'era neanche l'ascensore lì.
Il medico uscì e Bakugou fu lasciato in compagnia di Deku e Todoroki.
"Il villain è stato arrestato, comunque. Non uscirà per un bel po'", provò a consolarlo Deku.
Bakugou avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma fu bloccato dal rumore della porta che si apriva. Tutti e tre si voltarono in quella direzione e videro entrare All Might.
"Ah, giovane Bakugou. Vedo che sei sveglio", lo salutò entrando. Appoggiò un cesto di frutta sul comodino accanto al letto. "E vedo che ci siete anche voi", disse all'indirizzo di Todoroki e Midoriya. "Li abbiamo dovuti convincere almeno a fare i turni per andarsi a riposare, non volevano mai lasciare la stanza", disse a Bakugou.
Sia Midoriya che Todoroki distolsero lo sguardo, Bakugou potè giurare che fossero anche arrossiti.
"Come ti senti?", chiese All Might.
"Come se mi avesse investito un camion", rispose onestamente.
Non aveva senso mentire, non davanti a quelle persone, non più.
La porta della stanza si aprì di nuovo e l'intero gruppo di amici di Bakugou si riversò all'interno, riempendo la stanza di rumore. Parlavano tutti sovrapponendosi, ognuno voleva sapere come stesse Bakugou.
Midoriya si allontanò dal letto per lasciare loro spazio, si appoggiò al muro accanto a Todoroki. Bakugou continuò ad osservarli con la coda dell'occhio, parlottavano di qualcosa e Bakugou avrebbe voluto sapere cosa.
Quando tutti se ne furono andati, la stanza piombò nel silenzio. Bakugou recuperò dal comodino uno dei budini a disposizione e cominciò a mangiarlo con cucchiaiate aggressive.
Fu Todoroki a romperlo.
"Dovresti venire a stare da noi", disse a Bakugou.
Bakugou si strozzò con il budino. "EH?"
"Dovresti venire a stare da noi", ripetè Todoroki. "Non puoi stare da solo in quelle condizioni e la maggior parte dei nostri compagni vivono da soli, con il loro lavoro rimarresti solo per parecchie ore, mentre io e Izuku possiamo organizzarci i turni in modo che ci sia sempre qualcuno a casa"
Sapeva che avevano ragione, non poteva combinare molto ridotto in quelle condizioni. Aveva già pensato di chiedere a Kirishima di andare a stare da lui per un po', non aveva pensato a quella possibilità. Quello che diceva Todoroki aveva perfettamente senso, sarebbe stata la scelta pratica. L'alternativa sarebbe stata tornare a casa, con sua madre da una parte e suo padre apprensivo dall'altra in circolazione, e quella non era un'opzione. ma una parte di Bakugou era restia.
Non voleva vederli insieme, nella loro casa. Illudersi che lì potesse esserci spazio anche per lui.
"Abbiamo una stanza libera", intervenne Izuku con sguardo quasi speranzoso.
Veramente erano disposti a sopportarlo 24 ore su 24? Bakugou non aveva mai trovato nessuno disposto a farlo. Sapeva che anche i suoi amici ogni tanto avevano bisogno di pause e lo capiva.
"Come volete, nerd di merda"
Avrebbero dovuto gestire un Bakugou più incazzato, insofferente e insopportabile del solito, ma sembravano aver ricevuto un regalo in quel momento. Persino Todoroki si era lasciato sfuggire un sorriso. Bakugou li maledisse mentalmente. None era colpa loro se lui continuava a nutrire speranze nonostante quei due stessero insieme tra di loro da anni, ma Bakugou li maledisse comunque.
Bakugou abbassò lo sguardo, in uno di quei momenti di insicurezza che aveva cominciato a nascondere sempre di meno davanti a loro.
"Siete sicuri?", chiese.
Todoroki scrollò le spalle. "Al massimo ti congelo", disse con il solito tono impassibile, ma Bakugou riuscì facilmente ad indviduare la scintilla di ironia. Bakguou si chiese quando avesse imparato a leggerlo al punto da riconoscere quelle cose.

Il trasferimento fu meno traumatico di quanto avesse pensato, e le sue cose sembravano stare meglio in quella casa che nel suo appartamento. Quando Todoroki era andato ad aiutarlo a fare i bagagli Bakugou non aveva voluto sentire ragioni: la sua macchinetta del caffè sarebbe andata con loro.
Bakugou era costretto a muoversi con le stampelle: le odiava e aveva voglia di farle saltare in aria.
La sua stanza era all'altro capo dell'appartamento rispetto alla loro. Almeno non avrebbe dovuto sentirli scopare. Todoroki riscaldò qualcosa di precotto per cena e gliela porse sul divano.
“Questa roba fa schifo” commentò Bakugou. “Appena la spalla sta meglio vi faccio vedere io cos’è una cena”.
Izuku rise: “Non vedo l’ora”.
Bakugou si rese conto di aver veramente voglia di cucinare per loro.
Izuku scelse un film su Netfilx, Bakugou era seduto in mezzo sul divano, sentì dopo un po' i corpi degli altri avvicinarsi al suo, avevano un divano abbastanza grande e stavano quasi schiacciati nel mezzo. Era tutto talmente naturale da far male. Adorava stare nel mezzo, avrebbe voluto tirarseli ancora più vicini, ma sapeva che era solo la sua stupida cotta a parlare.
La sua mente cominciò a vagare poco dopo l’inizio del film – il classico film sui supereroi.
Il suo istinto non lo aveva mai tradito e forse se percepiva come naturale quella situazione era perché lo era veramente. Non poteva fare nulla in quella situazione, una convivenza era già complicata, non potevano aprire anche questo discorso e se fosse andata male non avrebbe sopportato l’imbarazzo. E poi Bakugou non aveva mai imparato a chiedere. Non aveva la minima idea di da dove avrebbe potuto cominciare.
Il primo mese di convivenza passò serenamente, scivolarono in quella convivenza senza particolari scossoni: la verità era che se esisteva qualcuno al mondo in grado di sopportare il caratteraccio di Bakugou quelli erano quei due. Senza potersi allenare Bakugou aveva troppa energia addosso e non sapeva cosa farci.
Così trascorrevano le loro giornate.
Uno dei due stava sempre a casa per evitare di lasciarlo solo, la sera si sedevano insieme sul divano per continuare qualunque serie avessero cominciato a vedere insieme, lasciando sempre a Bakugou il posto nel mezzo. Un po' perchè era quello che meno probabilmente si sarebbe dovuto alzare.
Le cose cambiarono una sera. Mentre erano seduti così sul divano, Todoroki cominciò a disegnare cerchi sulla pelle della sua coscia, lasciata scoperta dal calzoncino con la mano sinistra. La sua mano era calda, più calda della pelle di Bakugou.
Saltò al contatto, ma non si oppose.
Poco dopo si unì anche Izuku, cominciando a fare la stessa cosa sull'altra coscia. I loro corpi si fecero più vicini, Bakugou poteva sentire l'eccitazione crescere. Sentì il viso di Izuku avvicinarsi al suo, andarsi a incastrare nell'incavo del suo collo. Rimase così per un po'. Quando vide che non c'erano state reazioni negative da parte di Bakugou, cominciò a baciargli il collo, mentre la sua mano cominciò a risalire più su, sfiorandogli l'interno coscia. Todoroki attaccò l’altro lato del suo collo, mordicchiandolo e fece scivolare una mano sotto la maglietta, percorse i suoi addominali e arrivò a stuzzicargli un capezzolo. Bakugou lasciò andare la testa indietro sul divano e sospirò.
"Non hai idea di quanto l'abbiamo voluto", gli disse Izuku.
Bakugou trattenne a stento un gemito all'idea di essere voluto da quei due. Voleva ricevere tutte le loro attenzioni, adorava essere lì in mezzo, decise di approfittarsene,decise di prendersi con prepotenza l’unica cosa che poteva avere.
Sentì la mano di Deku insinuarsi sotto la sua maglietta e andargli a pizzicare un capezzolo e dovette trattenere un gemito tra i dent..
La mano di Izuku andò a toccare da sopra la stoffa dei vestiti la sua erezione in formazione. Bakugou vide gli altri due baciarsi sopra il suo corpo e la visione lo eccitò ancora di più. Bakugou portò una mano sulla nuca di Todoroki, gli afferrò i capelli all’attaccatura e gli tirò indietro la testa – dovette trattenere un ghigno al gemito che si lasciò scappare l’altro, gli attaccò il collo a morsi. Con l’altra mano andò a slacciarsi i pantaloni e a spingere la testa di Deku verso la sua erezione. Gli abbassò i pantaloni e cominciò a passare le labbra su di lui, un contatto appena accennato attraverso la stoffa dei boxer che gli faceva volere di più, provò a spingere la testa di Deku più addosso a lui, ma quello gli morse l’interno coscia e tornò a quel contatto leggero mentre con l’altra mano andò a massaggiare Todororki,
Todoroki si tolse la maglietta tolse anche quella di Bakugou, poi si inginocchiò davanti a lui. Deku lo raggiunse.
Lo aiutarono a far scendere i pantaloncini lungo i fianchi e cominciarono a leccarlo. Poteva distinguere con esattezza la lingua più fresca di Todoroki da quella di Izuku, il bastardo probabilmente si era abbassato la temperatura apposta per creare quel contrasto che lo stava facendo impazzire.
Avere entrambi così ai suoi piedi, intenti ad adorare il suo corpo, gli diede una scarica elettrica quasi più della stimolazione fisica.
Venne rapidamente.
I due si scambiarono uno sguardo soddisfatto.
Bakugou fece schioccare la lingua sul palato.
Almeno aveva trovato un modo per sfogare l'energia in eccesso.

Quelle scappatelle divennero parte della loro routine. Non era un’occorrenza quotidiana e con le sue condizioni fisiche c'era poco che potesse fare. Bakugou cercava di ignorare la parte di lui che gli diceva di andarci cauto, che una cosa del genere non poteva durare. La parte che gli diceva che per loro era solo una cosa fisica, mentre per lui quella che prima aveva considerato una stupida cotta stava cominciando a mettere radici sempre più profonde. O si stava semplicemente rendendo conto che le aveva sempre avute. Quando era con quei due si sentiva accettato pienamente, sentiva che poteva dire qualunque cosa liberamente. Dopo anni passati a cercare di censurarsi davanti agli altri, anche con coloro con cui era più in confidenza, gli sembrava inredibile.

Quella mattina erano solamente lui e Izuku in casa. Todoroki era uscito presto per il suo turno, loro due bevevano caffè seduti agli sgabelli della cucina.
"Perchè?", chiese improvvisamente Bakugou.
"Perchè cosa?"
"Perchè stai facendo tutto questo"
"Siamo amici, Kacchan"
Katsuki sentì una stilettata nel petto davanti alla naturalezza con cui lo aveva detto.
"Tu avevi paura di me"
"Hai perso da anni il potere di farmi paura", gli rispose Izuku con un sorriso.
Bakugou strinse meglio la tazza tra le mani, per un attimo temette di vederla rompersi tra le sue dita. I legamenti del gomito tiravano per la forza con cui stava stringendo. "Tu... tu non contavi un cazzo. Non avevi neanche un quirk ed eri così... sereno. Stavi bene nei tuoi panni. Mentre io mi sentivo in dovere di giustificarmi per la mia stessa esistenza quando sulla carta avevo tutto. Mi facevi incazzare"
"Lo so", gli rispose semplicemente. "Adesso lo so. Ma grazie per avermelo detto"
"Ti ho trattato di merda. Ti ho trattato di merda per qualcosa che non riguardava te"
Izuku annuì. "Sì, l'hai fatto. E io non ti ho ancora perdonato - tu non ti sei neanche scusato in realtà", gli disse ancora sorridendo. Bakugou si chiede come facesse, quando Deku fosse diventato così grande. Si sentiva ancora il ragazzino stronzo che era stato davanti a lui in quel momento. Si sentiva il ragazzino stronzo che si vergogna quando viene rimproverato da un adulto. Gli venne la nausea e poggiò la tazza di caffè sul tavolo. Non sarebbe stato in grado di finirla senza vomitare.
Deku riprese a parlare. "Ma io non sono più la stessa persona. E so che non lo sei neanche tu. So che hai continuato a interrogarti, so che tutto quello ti ha aiutato ad essere l'eroe... la persona che sei oggi. E mi piace la persona che sei oggi", gli disse come se fosse la cosa più semplice del mondo.
Bakugou potè sentire il proprio battito cardiaco accelerare a quelle parole.

Bakugou tornò dall’appuntamento del medico, aveva finalmente tolto il gesso e il giorno dopo avrebbe cominciato la fisioterapia; lo aveva accompagnato Kirishima e i suoi amici avevano deciso di fare i turni per accompagnarlo.
Quella sera stessa
Bakugou si ritrovò a quattro zampe, al centro del loro enorme letto. Era prepotente, voleva le loro attenzioni tutte su di lui, voleva sentirsi ammirato e desiderato.
Todoroki si spingeva lentamente dentro di lui, troppo lentamente per i suoi gusti. Provò a spingersi indietro verso di lui, ma le sue mani lo afferrarono per i fianchi bloccando i suoi movimenti:
“Quanta fretta”
“Un giorno sarò io a farlo a te e vedrai”, ringhiò Bakugou.
Todoroki si abbassò abbastanza da sussurrare nel suo orecchio: “Non vedo l’ora”, gli disse, prima di mordergli la spalla. Al suo tono roco Bakugou si lasciò scappare un gemito.
“Muoviti, invece di fare lo stronzo”, disse con la voce rotta.
Todoroki lo prese in prosa, e diede una spinta forte con il bacino che gli fece inarcare la schiena e scappare un gemito. Todoroki gli afferrò la testa e gliela riportò sull’erezione di Izuku:
“Fai il bravo e continua qui”.
E Bakugou voleva assolutamente fare il bravo, voleva essere al centro delle loro attenzioni, sentire Todoroki dentro di lui e Izuku in gola; prendersi quello che non poteva avere di solito.
“Kacchan…” lo pregò Izuku. E sapere di essere lui a fargli avere quella voce rotta lo eccitò.
Todoroki continuava a spingere, le sue spinte si stavano facendo frenetiche e irregolari. Morse nuovamente la spalla di Bakugou per evitare di far uscire suoni dalla sua bocca – era sempre il più silenzioso, mentre con una mano andava alla sua erezione. Bakugou venne, con un gemito strozzato intorno a Izuku e con gli occhi che gli si rovesciarono indietro e stringendosi intorno a Todoroki che venne subito dopo. A vederli così anche Izuku si riversò nella sua bocca.

Quella sera Bakugou raggiunse Todoroki in cucina.
"Bakugou, pizza per cena?" gli chiese. "Non ho voglia di cucinare"
"Meglio così, sei un pericolo ai fornelli"
"Ehi! Non sono così male"
"Comunque sì, piccante" rispose. "Quando potrò tornare ad allenarmi la pagherò"
Todoroki prese il telefono per ordinare.
"E, halfie?" lo richiamò Bakugou. "Puoi chiamarmi per nome, ti ho visto nudo"
Todoroki sorrise: "Anche tu, Katsuki"
Bakugou arrossì, non sapeva neanche se era per il suo nome pronunciato nella voce profonda di Todoroki o per il suo sorriso.

Bakugou era a casa da solo e decise di preparare la cena, era una cosa che lo aveva sempre aiutato a calmarsi e gli era mancato particolarmente in quel periodo di immobilità forzata.
Il primo a rientrare fu Todoroki.
“Siamo di buon umore” commentò sedendosi sullo sgabello della cucina.
“Preparati alla migliore cena della tua vita” fu la risposta di Bakugou.
“Posso assaggiare in anteprima?”.
Bakugou fece un grugnito che l’altro interpretò come un segno di assenso, prese un cucchiaio e si avvicinò alla pentola.
“Delizioso” commentò.
Passando per tornare al suo posto diede un rapido bacio a stampo a Katsuki, che rimase immobile. Todoroki sembrò metterci un po’ a realizzare quello che aveva fatto.
“Scusami” si imbarazzò.
“Non dirò niente a Deku” fu la risposta di Katsuki, continuando a dargli le spalle e tenendo lo sguardo fisso sul fornello.
“Vado a farmi una doccia” disse Todoroki allontanandosi dalla cucina.
A cena il cibo era ottimo, ma un silenzio pesante gravava sul tavolo; non appena ebbe finito di cenare, Bakugou si ritirò in camera sua, ma lasciò la porta socchiusa.
Vide la luce del corridoio accendersi e sentì gli altri due in bagno che si preparavano per andare a dormire.
“Ho baciato Bakugou” sentì dire a Todoroki.
Avrebbe voluto non ascoltare, perché Todoroki aveva dovuto dirglielo? Bakugou si ritrovò a non fare nessun movimento per evitare che il fruscio delle lenzuola coprisse la conversazione.
“Come l’ha presa?” chiese Izuku, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Ho ancora la testa attaccata al collo” fu la risposta di Todoroki.
Izuku rise: “Credo sia un buon segno”.
“Dovremmo parlarci?”
“Ne abbiamo parlato, Sho, avevamo detto di aspettare che questa storia finisse”
“E dopo questa storia tutto tornerà alla normalità e non sarà il momento per il lavoro, e poi ce ne sarà un'altra ancora. Il momento perfetto non cade dal cielo, non esiste” Todoroki sembrava spazientito.
“E’ una cosa seria, non possiamo andare da lui e sganciare questa bomba così, non mentre è qui da noi”
“Tu ti stai godendo questa situazione, ti stai illudendo che sia così che andranno le cose, ma non ti rendi conto che finché non chiariamo la situazione sarà tutto finto. Tornerà a casa a un certo punto e la bella immagine che ti sei creato crollerà”
“Dovremmo lasciar decidere lui, no?”
“Se non ti decidi a parlargli non ci sarà nulla da decidere. Deve sapere come stanno le cose. Non può andare avanti così, con tutti che continuiamo a ignorare questa… cosa, a comportarci come se non stesse succedendo nulla”.
“Credi che non lo sappia? Ma rischia di essere la fine di tutto, potrebbe non parlarci mai più”
“Io mi rifiuto di lasciarlo andare via senza chiarire la situazione. Soprattutto visto dove siamo arrivati. Se tu non vuoi parlargli sarò io a farlo”.
I toni di voce si stavano alzando, Bakugou non si aspettava di sentirli litigare per questo. Non si aspettava di sentirli litigare per lui. Non l’avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura, ma indipendentemente dalla sua cotta li aveva sempre ammirati molto come coppia. Ammirava e invidiava il modo in cui erano riusciti a farla funzionare nonostante i loro lavori, nonostante avessero entrambi dei caratteri complicati. Invidiava il modo in cui non facessero nulla, ma l’attenzione e la cura dell’uno verso l’altro era impossibile da non vedere. Era stato così anche al dormitorio. Nessuno li aveva mai visti scambiarsi effusioni, ma era talmente evidente che fossero innamorati l’uno dell’altro che nessuno aveva mai avuto dubbi al riguardo, anche senza una dichiarazione ufficiale. Bakugou si era sempre chiesto se avrebbe mai trovato qualcuno che tenesse a lui in quel modo. Della maggior parte delle coppie che si erano formate nella vecchia classe non gliene fregava granchè, potevano fare quello che volevano, ma loro non potevano discutere, non così. Non per lui. Cominciò a pensare come tornarsene a casa, come poter tornare a vivere da solo. Adesso che aveva tolto la fasciatura al ginocchio non sarebbe stato impossibile, complicato e scomodo sicuramente, ma avrebbe potuto farcela.
Bakugou tese l’orecchio. La discussione sembrava essersi conclusa. Sentì qualcuno bussare delicatamente alla sua porta, ma non rispose, chiunque fosse a vedere tutto buio doveva aver pensato che stesse già dormendo.Bakugou passò la notte a girarsi nel letto, non riuscendo a prendere sonno. Fino a che non arrivò ad una decisione. Non sarebbe scappato. Non voleva scappare. Non da loro. Non più. Anche a costo di rompersi definitivamente.

La mattina dopo Bakugou Avrebbe voluto andare da loro, dirgli che aveva sentito tutto, che voleva anche lui quello che volevano loro. Ma se avesse frainteso? Come si chiedeva una cosa del genere?
Uscì dalla stanza pronto ad affrontarli, a chiedergli che cosa avessero da dirgli.
“Buongiorno Katsuki” lo salutò Todoroki in cucina. “Caffè?”.
Bakugou annuì.
“Di che cosa dovevate parlarmi ieri sera?”.
Todoroki sembrò preso alla sprovvista, ma gli sorrise: “Dovresti smetterla di origliare le nostre conversazioni” lo prese in giro. “Credo sia meglio aspettare che si svegli Izuku, riguarda anche lui”.
Bakugou fu sollevato, almeno non si era tirato indietro, ma il silenzio lo stava innervosendo, non vedeva l’ora che Midoriya si svegliasse per capire un po’ meglio questa situazione.
Midoriya si presentò al tavolo della cucina.
“Ha sentito la nostra conversazione di ieri sera” gli disse Todoroki.
"Oh", disse Midoriya. "Ecco, noi...
Bakugou alzò una mano e li fermò subito.
"Una cosa di sesso non mi basta", disse tenendo lo sguardo basso. "Non è quello che voglio. Se è quello che volete voi nessun problema, finisce qui e ritorna tutto come prima. Ma non posso continuare a farlo".
Non ci fu risposta dall'altro lato. Bakugou aspettò e aspettò ancora, aveva paura ad alzare lo sguardo. Temeva di trovare Deku che si mordicchiava il labbro con espressione contrita cercando le parole per dirgli che, in realtà, quello che volevano dirgli era che non avevano più intenzione di andare a letto con lui.
Alla fine si decise ad alzare la testa, con la paura del rifiuto che gli attanagliava lo stomaco.Trovò entrambi con il viso che brillava e gli occhi pieni di sorpresa. Bakugou si sentì di essere tornato integro. Come se tutte le ossa che credeva rotte si fossero nuovamente rinsaldate.
"Beh. A noi starebbe bene... insomma. Non renderla solo una cosa di sesso", disse infine Izuku diventando completamente rosso.
Bakugou dovette nascondere il suo sorriso.
"Bene", disse. "Quando tutta questa storia sarà finita me ne tornerò a casa. E voglio un appuntamento, uno serio. Mi venite a prendere, ristorante fatto bene. Niente stronzate"
Entrambi risero.
"Tutto quello che vuoi Kacchan"
E Katsuki, per quella volta, voleva credergli.

La mattina, a due mesi di distanza, Bakugou si stava preparando per tornare al suo appartamento: odiò subito l’idea, era freddo e vuoto. Bakugou poteva camminare adesso, ma gli ci sarebbe voluto ancora qualche mese perché potesse tornare a pieno regime a lavoro, per il momento lo avrebbero tenuto solamente a fare qualche incarico d'ufficio.
Gli mancava già la casa di quei due, gli mancavano quei due. Gli mancava passare le serate su quel divano a guardare serie tv, ma sapeva che quel distanziamento sarebbe stata la cosa migliore. Non sentiva il peso del cambiamento, gli ultimi sviluppi gli sembravano una cosa naturale, ma sapeva che per farla funzionare ci sarebbero dovuti andare con i piedi di piombo e quel distanziamento sarebbe stato necessario.

Bakugou tornò a casa quasi di corsa dopo il suo turno, si buttò direttamente sotto la doccia, poi si mise davanti all’armadio con solo l’accappatoio addosso a cercare di capire cosa mettersi. Aveva sempre avuto occhio per quelle cose, ma quella sera era quasi nel panico. Ogni abbinamento gli sembrava o troppo formale o troppo casual, voleva che si vedesse l’impegno, ma non in maniera eccessiva. Tirò fuori numerose camicie, ma nessuna gli sembrava adatta. Alla fine optò per la semplicità, con una camicia in tinta unita.
Alle otto in punto sentì suonare alla porta di casa, la aprì. Si trovò davanti Izuku e Shoto. Si sentì meno idiota quando vide che anche loro avevano fatto uno sforzo per vestirsi bene, come se in quegli anni non si fossero visti nelle condizioni peggiori possibili.
«Pronto ad andare?» gli chiesero.
Bakugou annuì e sorrise. Non era mai stato così pronto in vita sua.
chasing_medea: (Default)
Titolo: press restart
Fandom: boku no hero academia
Prompt/missione: Luna nuova
Parole: 760
Rating: safe


Bakugou si sentiva al limite da qualche giorno, ma quella mattina la sua ansia sembrò raggiungere finalmente il picco. Cercò di ignorarla e portare avanti la sua giornata come al solito. Si vestì e uscì di casa per andare a lavoro. Arrivato a metà strada, però, la sensazione fastidiosa si era fatta più intensa, il suo battito cardiaco era accelerato e sentiva il respiro pesante nel petto. Rimase bloccato lì, nel mezzo del marciapiede per qualche minuto, non riuscendo a decidere se andare avanti o tornare indietro.
Si sentiva paralizzato. Non sapeva quale fosse la scelta migliore.
Alla fine, senza sentire di aver preso davvero una decisione cosciente, i suoi piedi si voltarono e cominciarono nuovamente a camminare verso casa. Sapeva che era la scelta migliore. C’era poco che riuscisse a fare in quelle giornate. In un paio di occasioni aveva provato a forzarsi, ad andare comunque a svolgere il suo lavoro, ma finiva solamente per stare peggio, lo aveva imparato ormai.
Mentre camminava tirò fuori il telefono dalla tasca e inviò un messaggio a Deku per avvertirlo. Circa mezz’ora dopo, quando era ormai rientrato in casa, ricevette una telefonata da parte sua.
“Kacchan! Hai bisogno che torno?”
Bakugou si prese qualche momento per ponderare la domanda. Erano anni che aveva smesso di farsi problemi nel chiedere aiuto a Deku quando ne aveva bisogno, era stato un percorso lungo e ci avevano impiegato anni, ma c’era riuscito. E aveva scoperto che avere il calore di Deku intorno a lui era una delle cose che riusciva a calmarlo sempre, spesso quando gli prendevano quegli attacchi passava ore intere semplicemente appoggiato al petto di Deku, ma quel giorno non era così brutta, sembrava gestibile nel complesso.
“Non ti preoccupare”, gli disse.
Deku aveva imparato a non forzarlo. “Ok, se cambi idea chiamami”.
Bakugou mise via il telefono e si mise a fare quello che faceva sempre in quelle giornate. Si fece una tisana, sedette sul divano, con le gambe stese davanti a lui e una copertina. Era una giornata abbastanza calda di aprile, ma essere coperto era una cosa che lo faceva sentire meglio, anche a costo di sentire un po’ caldo. Prese il suo astuccio e il quaderno da disegno e si mise ad abbozzare qualcosa sovrappensiero, una qualche puntata di una sitcom andava in sottofondo, mentre Bakugou non la stava seguendo veramente. In quelle giornate
Il periodo veramente brutto, quello in cui non riusciva ad uscire di casa, era ormai passato da tempo, ma in certi giorni la sua ansia tornava a fargli visita. Le sue manie di perfezionismo, il suo costante complesso di inferiorità che lo spingeva a lavorare il doppio rispetto a chiunque altro ogni tanto avevano ancora la meglio di lui.
La sua voglia di eccellere era sempre stato il suo grande pregio, ma ogni tanto lo riducevano in quelle condizioni.
Era come se il suo corpo lo obbligasse a prendersi quelle pause che lui non sentiva mai di essersi meritato.
Poco prima dell’ora di cena sentí la chiave girare nella serratura e Deku entrare in casa con una scatola sotto il braccio. Si avvicinò a lui e gli lasciò un bacio sulla testa.
“Sei in ritardo”, gli fece notare Bakugou. Cercò di mantenere la voce ferma, ma sapevano entrambi che nelle giornate come quella la minima deviazione dalla norma lo portava al limite, gli faceva sentire il nervosismo sotto pelle e riusciva a calmarsi solo quando poteva vedere che tutto andava bene.
“Lo so, avrei dovuto avvertirti”, si scusò Deku. “Come ti senti?”
“Meglio”
Deku si sedette accanto a lui e gli porse la scatola. Bakugou lo guardò perplesso per un secondo. “Cos’è?”
“Aprila, ma fai piano”, gli disse Deku con un sorriso.
Bakugou apri la scatola. Sul fondo vide una pallina di pelo rosso, dormiva acciambellato sul fondo della scatola indisturbata.
“È questo?”
“Ho pensato che ti potesse far piacere avere compagnia nelle giornate così”
Bakugou tirò fuori il gatto dalla scatola, era grande quanto la sua mano, lo tenne per un attimo osservandolo con attenzione, gli grattò la testa con un dito e spingeva la testa verso l’alto per cercare più contatto. Si appoggiò nuovamente allo schienale del divano e se lo appoggiò sul petto. Deku era rimasto in silenzio ad osservare lo scambio.
“È maschio o femmina?”
“Dovrebbe essere una femmina, ma avremo la conferma quando sarà un po’ più grande”
Il cucciolo alzó leggermente la testa, tirandosi su sulle zampe un po’ tremolanti, osservò per un attimo Bakugou e poi si sistemò meglio sul suo petto.
“Benvenuta a casa, Queen explosion murder”.

Funzionare

Dec. 30th, 2019 02:27 pm
chasing_medea: (Default)
Titolo: Funzionare
Fandom: Boku no Hero Academia
Parole: 386
Prompt: immaginazione | istinto | memoria

Il nemico si para davanti a loro, gli blocca la strada. Tutti e tre si mettono in guardia.
Sono pronti.
Non si trovano spesso sul campo insieme, ma si conoscono troppo bene per non sapere come affrontare la situazione.

Bakugou si getta in avanti senza neanche un momento di esitazione. È istinto puro. Ma è un istinto ripulito, non è più la cieca aggressività che aveva da ragazzo. È un istinto temprato da ogni battaglia, ogni sconfitta e ogni vittoria. È un istinto raffinato dall’esperienza.
Colpisce.
E mentre colpisce fa in modo di non farsi colpire, studia dove colpire una seconda volta.
Gli eroi non si tirano indietro per codardia, ha imparato. Si tirano indietro per arrivare a fine battaglia.
Per salvare tutti.

Todoroki fa un passo indietro, cerca di ricordare quello che ha visto nel corso del loro giro di ricognizione. Nei suoi anni di silenzio e chiusura ha imparato ad osservare, a leggere dettagli e immagazzinarli.
Ricorda tutte le lezioni di suo padre sullo studiare l’ambiente – riuscire a mettersi quella parte del suo passato alle spalle ha significato poterne recuperare quel poco di positivo che c’era.
Ci sono dei bambini dietro di loro, li ha visti giocare in un parco giochi che hanno passato da poco.
Costruisce un muro di ghiaccio dietro alle sue spalle.
Sono in trappola adesso, lo sa.
Ma è quello che fanno gli eroi.

Izuku è fermo al suo posto, i suoi occhi scattano in tutte le direzioni. La sua mente è già tre passi avanti a tutti. Sta immaginando tutti i possibili scenari per capire come muoversi, quali dovranno essere le sue prossime mosse.
Ha imparato ad essere sempre un passo avanti agli altri, a prevedere le mosse degli avversari e quelle dei compagni intorno a lui. Sa come si muoveranno, può immaginare ogni loro mossa. E i due accanto a lui non hanno segreti per lui.
Solo quando sa esattamente cosa fare attacca.

Di loro tre è Izuku è il più spaventoso, lo sanno entrambi.
Entrambi lo hanno affrontato ed entrambi hanno vinto.
A prezzo del dolore.
Quello che innesca il cambiamento. Quello che serve alla guarigione.
Perché Izuku era riuscito a immaginare quello che sarebbero potuti diventare e aveva costretto anche loro a vederlo.

Il punto è che insieme funzionano.
Nessuno sa bene perché, ma funzionano.

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