L'imperatore
Feb. 26th, 2020 06:50 pmTitolo: l'Imperatore (Capitolo I)
Fandom: Voltron
Prompt/missione: M2 - 4. L’Imperatore
Parole: 4000
Rating: safe
Note: La carta dell'imperatore rappresenta l'autorità del potere decisionale, dell'azione e della realizzazione di progetti
"Quanto tempo abbiamo?", chiese l'Imperatrice continuando a studiare le mappe, piegata sul tavolo di legno.
"Giorni al massimo"
La sala del concilio era piena, l'avanzata delle fazioni ribelli dei Garla aveva messo tutti in allarme. Era solo questione di tempo ormai prima che raggiungessero il palazzo.
Kolivan entrò nella sala, aprendo di scatto le grandi porte di legno.
"Imperatrice. Sono qui", annunciò.
Per un attimo non volò una mosca nella sala, un silenzio pesante era calato su tutti i partecipanti al concilio. L'imperatrice mantenne la schiena curva solamente per un attimo, poi raddrizzò le spalle e guardò tutti i presenti, uno per uno.
"Ognuno ai propri posti", annunciò con sguardo fiero.
Uscì poi con passo pesante dalla sala di comando.
"Mandate Shiro nelle stanze di Keith", disse ad una guardia che incrociò nel corridoio.
Continuò a camminare in direzione delle stanze di suo figlio. Lo trovò seduto al tavolo di legno, profondamente affondato nella sedia, con i gomiti poggiati ai braccioli di legno e l'espressione imbronciata, agitava nervosamente una gamba. Scattò in piedi non appena la vide.
"Cosa si è deciso? Andiamo a combattere?"
Krolia rimase in silenzio, si avvicinò a suo figlio e lo strinse in un lungo abbraccio.
"Devi andartene da qui"
"Cosa?"
"Stanno arrivando"
"Allora resterò a combattere"
"No. Se le cose dovessero andare male, se non riuscissimo a resistere sei l'unico in grado di rimettere in piedi l'Impero. In questo momento la tua vita è la cosa più preziosa del regno"
"Non voglio fuggire, voglio combattere! Non possiamo abbandonare il palazzo!"
La porta della sua stanza si aprì di nuovo.
Shiro entrò e si inchinò davanti all'imperatrice e al giovane principe.
"Mi avete fatto chiamare?"
"Ho un ultimo incarico per te", annunciò Krolia. "Ti affido Keith. Portalo via di qui anche a costo di doverlo fare con la forza. Proteggilo. E' la nostra unica speranza".
Shiro alzò di scatto la testa e spalancò gli occhi. "Ma, imperatrice, lei... Non posso lasciarla qui"
"Ti stai opponendo ai miei ordini, cavaliere?", disse dura.
Shiro abbassò nuovamente la testa in segno di riverenza.
"No", disse.
"Bene. E' deciso"
"Madre, non possiamo lasciarvi qui!", intervenne nuovamente Keith.
"Ho preso la mia decisione. Ora andate"
"Madre..."
Krolia si voltò verso di lui, con lo sguardo addolcito. Gii accarezzò il viso, come faceva quando era un bambino.
"Affido il resto a te", gli disse.
Keith annuì, cercando di trattenere le lacrime.
Krolia si voltò poi verso Shiro. "Te lo affido", disse.
"Non la deluderò", rispose Shiro portandosi una mano al petto.
"Lo so"
Krolia voltò loro le spalle e uscì dalla stanza, chiudendosi la pesante porta.
Shiro recuperò dall'armadio il mantello di Keith.
"C'è qualcosa che volete portare con voi?"
Keith annuì e in silenzio preparò rapidamente una sacca da viaggio. Quando ebbe finito, Shiro gli mise sulle spalle il mantello e gli coprì la testa con il cappuccio. Keith si guardò intorno nella stanza in cui era cresciuto. Si chiese se l'avrebbe rivista mai più.
"E' ora di andare, mio principe", lo riscosse Shiro.
Keith annuì, si chiuse la porta alle spalle e lo seguì per i corridoi segreti del castello fino alle stalle. Recuperarono due cavalli e cominciarono ad allontanarsi al galoppo.
Erano ai limiti della città quando sentirono un'esplosione provenire dal castello.
Keith voltò di scatto il cavallo verso il palazzo e rimase a guardare le fiamme che lo avvolgevano. Ogni suo senso gli diceva di correre nuovamente verso quella direzione.
Shiro si affiancò a lui.
"Dobbiamo andare. Prima che si accorgano della vostra assenza", gli disse con voce ferma ma comprensiva.
Keith annuì e voltò nuovamente il cavallo.
Ripresero a muoversi verso il bosco.
Keith si strinse di più nel mantello, rabbrividendo per l'umidità della grotta. Shiro stava cercando di accendere il fuoco, ma la legna era umida per via della neve. Al di fuori della caverna la neve sembrava non voler smettere di scendere e si stava a poco a poco trasformando in una tormenta.
"Starà bene", disse improvvisamente Shiro, rompendo il pesante silenzio che li circondava.
Keith alzò la testa come se si fosse ricordato solo in quel momento della sua presenza.
"Sua madre", continuò Shiro. "Starà bene. I garla rispettano i guerrieri, anche quelli che prendono prigionieri"
"Tu non eri l'imperatore di un regno che avevano appena conquistato"
Shiro abbassò lo sguardo e non disse più nulla, non sapendo bene cosa dire. Non aveva mai passato molto tempo con il giovane principe, aveva risalito i gradi delle gerarchie militari fino ad entrare a far parte della guardia personale dell'Imperatrice e le sue interazioni con Keith si limitavano alle occasioni in cui lui era stato con la madre.
"Dovresti darmi del tu", disse Keith distogliendo lo sguardo.
"Mi scusi?"
"Siamo in fuga. Se continui a parlarmi come si parla a un principe la nostra copertura salterà subito"
Shiro annuì e riprese ad armeggiare con il fuoco. Riuscì finalmente ad accenderlo e si sedette sul pavimento di pietra lì accanto. Cominciò a sviscerare un coniglio che erano riusciti a catturare nel bosco.
Keith osservava con attenzione ogni suo movimento.
"Te la cavi con i coltelli"
"Quando ero prigioniero dei garla non ci davano molto da mangiare e le prigioni erano infestate di topi", spiegò.
Keith non riuscì ad evitare un verso disgustato.
Shiro ridacchiò. "Non sono così male. Sanno di maiale"
"Quanto sei stato loro prigioniero?", chiese Keith.
"Non ne sono sicuro, ma credo circa un anno. Dopo un po' i giorni si assomigliavano tutti. Ma ricordo quanto fossero fredde le prigioni in inverno", rispose continuando a lavorare.
Keith rimase in silenzio. Si strinse le ginocchia al petto e ci appoggiò sopra la guancia. Shiro in quel momento non lo riuscì a vedere come un principe, era solo un ragazzo che aveva appena perso sua madre, la sua casa e tutto ciò che avesse mai conosciuto.
Finì di pulire il coniglio e mise la carne sul fuoco.
"Cosa dovrei fare adesso?" chiese Keith, con la voce che si era fatta piccola soffocata contro le ginocchia.
"Trovare un riparo per l'inverno"
"Non mi sembra molto"
"E' qualcosa da cui iniziare. Poi potremo organizzarci per riprendere possesso dell'impero".
Trovarono rifugio in un villaggio ai confini dell'impero. Era un villaggio di piccoli agricoltori e allevatori. Avevano riconosciuto immediatamente Keith, ma la loro fedeltà all'Imperatrice li aveva spinti ad offrire rifugio e ospitalità a entrambi. Per ricambiare sia Keith che Shiro avevano cominciato ad aiutare chiunque avesse bisogno nel loro lavoro. Keith era irrequieto però, continuava ad attendere notizie dalla città e cercava di elaborare una strategia, ma non aveva idea di da dove avrebbe potuto cominciare. Sapeva che aveva bisogno di alleati, ma non sapeva dove andarli a cercare.
Shiro era appena rientrato nella casa che gli abitanti del villaggio gli avevano offerto durante la loro permanenza, quando sentirono del trambusto provenire dalle strade del villaggio.
Si scambiarono uno sguardo, poi si affacciarono con cautela alla piccola finestra che dava sulla strada. Le guardie dei Ribelli non arrivavano quasi mai fino a lì, se non a fine mese a riscuotere le tasse che il nuovo Re Zarkon aveva imposto a tutto l’impero, ma non si poteva mai sapere.
Quello che videro, però, furono quattro persone, di cui due sembravano bambini, inginocchiati in mezzo alla strada interamente coperti da mantelli neri. Gli abitanti del villaggio li avevano circondati e gli avevano bloccato il passaggio.
“Chi siete?”, gli chiese uno.
La figura più grande si tolse piano il cappuccio. Tutti poterono vedere che era un umano.
“Vi prego”, disse. “Io e la mia famiglia vogliamo solo raggiungere il regno degli Olkari”.
Shiro e Keith uscirono dalla loro capanna.
“Che succede qui?”, chiese Keith.
Gli abitanti del villaggio abbassarono le armi. “Abbiamo trovato queste persone che cercavano di attraversare il nostro villaggio di nascosto”, spiegarono. “Li abbiamo catturati e portati qui”.
L’uomo si voltò verso di lui. Non appena lo riconobbe spalancò gli occhi e si mise in ginocchio, chinando il capo. Il resto della sua famiglia fece lo stesso.
“Siamo lieti di vedere che le voci sono false”
“Quali voci?”, chiese Keith.
“Quelle che dicono che siete imprigionato nelle segrete del castello insieme a vostra madre”.
Keith sentì qualcosa sciogliersi nel suo stomaco. Sua madre poteva essere ancora viva. Non aveva il tempo per occuparsi di quelle voci, però, in quel momento.
"Perché siete in fuga? Che cosa sta succedendo?", chiese Shiro facendo un passo avanti.
L'uomo sembrò rilassarsi quando lo vide.
"Sparano a vista a tutti gli umani. E quelli che min vengono uccisi vengono catturati. Nessuno sa dove li stiano portando, ma nessuno fa ritorno. Hanno cominciato prendendo tutti coloro che avevano incarichi importanti, hanno imprigionato medici, funzionari di corte, mercanti. Gli hanno tolto tutto. Continuano a parlare di come gli umani siano buoni solo come schiavi, solo da sfruttare. Portano via donne e bambini, non fanno distinzioni. Voglio solo portare la mia famiglia al sicuro".
Keith guardò Shiro allarmato a quelle notizie. Nell'Impero garla e umani avevano sempre convissuto pacificamente da quando il Regno degli umani si era sgretolato e gli umani avevano pian piano cominciato a diffondersi negli altri domini. Sapeva che c'era una fazione di Garla che considerava gli umani indegni, che non voleva contaminare il proprio sangue con quello umano, ma non pensava che anche loro fossero confluiti tra le file dei Ribelli e avessero preso abbastanza potere da diffondere quelle idee.
"Perché dagli Olkari?", chiese Keith.
"Stanno accogliendo tutti coloro che sono riusciti a fuggire. Alcuni si sono diretti verso Altea, confidano nel fatto che la Principessa abbia scelto un umano come consorte per avere clemenza, ma non abbiamo avuto notizie da loro".
Keith annuì. Gli fu chiaro in quel momento cosa dovesse fare, da dove avrebbe potuto cominciare per riprendere possesso del suo trono e rimettere le cose al loro posto.
"Si sta facendo buio", disse. "Riposate qui stanotte. Partiremo all'alba".
Impiegarono tre giorni per raggiungere il Regno Olkari. I loro compagni di viaggio vennero scortati negli alloggi riservati ai rifugiati, da lì avrebbero potuto ricominciare a poco a poco. Keith e Shiro vennero accompagnati dalla Regina.
Entrarono nella sala del trono, interamente affrescata con disegni della natura che davano all'intera sala un tono rilassante. Sembrava quasi di essere all'aria aperta. Scortati percorsero la sala fino a ritrovarsi davanti al trono, si inginocchiarono entrambi davanti alla regina.
"Alzatevi, principe", disse. "E alzatevi anche voi, cavaliere. Avete fatto un buon lavoro nel tenere al sicuro il vostro principe".
Entrambi si alzarono.
"Ci ha rattristato molto sapere cosa è successo nel vostro Impero", continuò la Regina. "Ma adesso dovete essere stanchi per il viaggio. Andate a riposare, parleremo meglio a cena". Sì voltò verso una giovane ragazza in piedi accanto al trono. "Pidge, vorresti mostrargli le loro stanze?".
La giovane annuì, scese rapidamente i gradini che separavano la piattaforma del trono dal pavimento della sala e lì raggiunse.
"Andiamo!", gli disse.
Era piccola e mingherlina, soprattutto vista accanto a Shiro. Guardandola da vicino era possibile vedere le antenne che spuntavano tra i capelli corti e alcuni tratti Olkari sui suoi lineamenti. La ragazza parlò ininterrottamente per tutto il tragitto, facendo loro qualunque tipo di domanda su come fossero fuggiti dal regno, su come fossero vissuti fino a quel momento. Shiro rispose con un sorriso a tutte le domande. L'energia di Pidge era contagiosa. Mentre camminavano gli mostrò anche una sala dove erano state convogliate alcune fonti termali, dove avrebbero potuto farsi un bagno caldo prima di cena se avessero voluto.
Arrivati alle loro stanze, la ragazza si congedò educatamente e li lasciò al loro riposo.
La stanza era luminosa e interamente dipinta nei toni del giallo.
Scesero a cena, seduta accanto alla Regina trovarono nuovamente Pidge.
"Cosa pensate di fare adesso?", chiese la Regina nel corso della cena.
"Mettere su un esercito e riprendermi l'Impero", disse Keith. "Potremo contare sul vostro aiuto?"
Shiro, sotto il tavolo, diede una gomitata a Keith cercando di ammonirlo. Non poteva affrontare in maniera così diretta una questione diplomatica di quel tipo.
La Regina, però, sorrise.
"Non è me che dovete convincere", disse.
Entrambi la guardarono non capendo.
"Ho scelto Pidge come futura Regina degli Olkari. Spetta a lei il compito di decidere che direzione dovrà prendere questo regno". La Regina si voltò verso Pidge. "Dovrai decidere che tipo di Regno vorrai governare. Un regno che corre in soccorso degli alleati o un regno neutrale e pacifico? Un regno dove chiunque sia il benvenuto o un regno che sceglie attentamente chi accogliere? La decisione spetta a te. Non c'è una risposta giusta in assoluto, dovrai capire cosa si adatta di più a te".
"C'è più di questo in gioco", disse Keith.
La Regina e Pidge si voltano verso di lui.
"Stanno prendendo di mira gli umani", continuo Keith abbassando lo sguardo, la rabbia faceva tremare la sua voce. "Quelli che riescono a scappare sono solo una minima parte. La maggior parte viene catturata e portata nessuno sa dove, ma nessuno fa ritorno. Alcuni sostengono che vengano messi in campi di lavoro forzato, altri che vengono uccisi come bestie"
Pidge si prese un momento per riflettere, si tirò i grandi occhiali tondi su sul naso.
"Perché dovrebbe riguardarci?", disse infine. "Noi Olkari siamo sempre stati pacifici. Perché dovremmo imbarcarci in un conflitto che non riguarda noi invece di destinare questi soldi per portare avanti le nostre ricerche?"
"Perché arriveranno anche qui. Non si fermeranno finché non avranno fatto la stessa cosa a tutti i regni, a tutti gli imperi, a qualunque angolo del pianeta".
"Le nostre difese sono forti. Possiamo respingere un attacco"
"Anche le nostre lo erano"
"Allora potenzieremo le nostre difese"
"Persone innocenti stanno morendo!", urlò Keith alzandosi di scatto dalla sedia e facendola cadere alle sue spalle.
Il rumore sembrò riscuoterlo.
"Chiedo scusa", disse all'indirizzo della regina. "Con permesso, gradirei tornare nelle mie stanze. Domani mattina ripartiremo. La ringrazio ancora per la sua ospitalità".
“Sei un brav’uomo”, gli disse la Regina.
Keith si inchinò brevemente e uscì dalla sala dei banchetti.
Anche Shiro si inchinò educatamente alla Regina e a Pidge prima di seguirlo lungo il corridoio. Arrivato in camera trovò Keith che stava recuperando le poche cose che aveva tirato fuori dalla sua sacca da viaggio.
“Non posso crederci”, stava dicendo. “Delle persone stanno morendo e lei è troppo concentrata sulle proprie ricerche. Deve esserci un modo”.
Shiro si avvicinò a lui, gli poggiò le mani sulle spalle e lo fece voltare verso di lui.
“Troveremo un modo”, gli disse con voce rassicurante. “Non tutto è perduto”.
“Ha ragione lei, Shiro. Perchè dovrebbero aiutarci? Perchè ogni regno non dovrebbe semplicemente farsi i fatti propri? Se ci fosse una coalizione disposta ad aiutarsi reciprocamente queste cose non succederebbero, ci sarebbero sempre degli alleati pronti a coprirci le spalle”
“Fondala, allora”
Keith si immobilizzò.
“Fondala tu”, ripetè Shiro. “Quando tutta questa storia sarà finita, quando avrai riconquistato il tuo regno, fonda una coalizione. Fai in modo che una cosa del genere non accada mai più”.
“Se continua così non riuscirò neanche a riconquistare il mio regno”
Se Shiro aveva imparato qualcosa in quei mesi di convivenza con Keith era che, per quanto apparisse sicuro, il dubbio era sempre in agguato dentro di lui. Era quello che credeva meno di tutti nelle proprie capacità.
Shiro si avvicinò ancora e lo strinse. “Ce la farai”, gli disse. “Ne sono sicuro”.
Keith appoggiò la testa alla sua spalla e si lasciò confortare.
Shiro sciolse l’abbraccio dopo un po’.
“Hai detto che partiamo domani, ma dove vuoi andare?”
“Ad Altea”
“Altea?”
“Hai sentito cosa hanno detto, no? La principessa di Altea ha scelto come consorte un umano. Se sapessero cosa sta succedendo potremmo riuscire a convincerli a unirsi a noi”
“E come pensi di fare? I rapporti tra Altea e l’Impero sono pessimi”
“Non lo so ancora. Mi inventerò qualcosa”
Shiro annuì. Se c’era qualcuno che poteva riuscirci, non aveva dubbi che quello fosse Keith.
La mattina dopo, quando scesero nelle stalle pronti a partire, trovarono un terzo cavallo sellato accanto ai loro. Pidge comparve da dietro il cavallo. Aveva sostituito gli abiti di corte con una tenuta comoda abbastanza per cavalcare.
Shiro la salutò educatamente.
“Dove andate così presto?”, le chiese.
“Vengo con voi”, annunciò la ragazza.
“Pensavo avessi detto di non volerci aiutare”, intervenne Keith.
“Ed è così. Ma ho sentito che vi state dirigendo ad Altea e ho sempre voluto vederlo”
“Ci stai usando come scorta in pratica”
“Vedila più che altro come se ti stessi dando una seconda occasione per convincermi”
Insieme partirono alla volta di Altea.
Durante il viaggio scoprirono che Pidge era una giovane ragazza brillante, che aveva un fratello maggiore chiamato Matt e che suo padre era un umano trasferitosi ad Olkari quando aveva conosciuto sua madre. Sua madre, invece, era una botanica e curava personalmente le serre della regina, portando avanti ogni tipo di ricerca sulle piante.
“Come conosci la principessa?”, le chiese Shiro vedendo come parlasse di lei con scioltezza.
“E’ venuta spesso in visita ad Olkari. Mi ha parlato molto di Altea, ma non ho mai avuto occasione di vederlo. La Regina ha sempre considerato il viaggio troppo lungo per affrontarlo da sola”
“Ed è stata disposta a lasciarti andare con due sconosciuti?”, intervenne Keith.
“Le avete fatto una buona impressione. E poi non è che proprio lo sappia”, ammise la ragazza. “Lei aveva detto solo che il viaggio era troppo lungo per partire da sola, non che non potessi partire in assoluto”
“Non le avete detto che siete partita?”, le chiese Shiro con gli occhi spalancati.
“Le ho lasciato un biglietto!”, si giustificò la ragazza facendosi tutta rossa in viso.
“Bene. Al nostro ritorno dovremo scontare anche le accuse di rapimento”, sospirò Shiro esasperato.
A Keith venne da ridere. L’antipatia iniziale nei confronti della futura regina cominciò a scemare. Non fece altri tentativi diretti di convincerla.
Si era reso conto, dopo quell’incontro, che non poteva porsi in maniera così aggressiva. Non era nessuno, ancora, il suo titolo di Principe non valeva nulla, in quelle condizioni non era in grado di garantire nulla. Non aveva risorse, non aveva un esercito e aveva solo un piano appena abbozzato. Doveva convincere le persone a fidarsi di lui, doveva fare in modo che lo vedessero come qualcuno veramente in grado di portare a termine quello che si era prefissato, altrimenti nessuno si sarebbe mai affidato a lui come leader.
Ogni tanto si fermava a pensare a come si comportasse Shiro. Lui sì che aveva la stoffa del leader. Le persone si fidavano istintivamente di lui, appariva sempre calmo, in controllo della situazione e di sè stesso. Era in grado di rapportarsi alle tipologie più disparate di persone, sempre con un sorriso gentile per tutti.
Era quello il modello di leader che aspirava ad essere. Una persona che apparisse stabile e padrona di sé in ogni circostanza.
Non aveva molto tempo per imparare ad esserlo però. Il viaggio per Altea era lungo e lui sarebbe dovuto arrivare lì con un’idea più precisa di quale dovessero essere le sue prossime mosse.
“Pidge”, le chiese Keith un giorno mentre camminavano. “Come pensi possa essere sconfitto Zarkon?”
Forse non voleva avere un coinvolgimento diretto, ma Keith sperava che la mente brillante della ragazza lo aiutasse a mettere su un piano meglio congegnato di quello che aveva in quel momento - che consisteva essenzialmente nel radunare un esercito e attaccare a testa bassa.
“Non puoi vincere in uno scontro diretto”, rispose Pidge dopo averci ragionato per un po’. “L’esercito di Zarkon è troppo forte e troppo numeroso”.
Keith sentì quel poco che aveva crollargli tra le mani.
“Ma puoi fare come hanno fatto loro”, aggiunse Pidge.
“Come hanno fatto loro?”
“Quando sono arrivati non hanno attaccato la città, hanno attaccato direttamente il castello. Il centro nevralgico della capitale. Non vi hanno dato il tempo di rinforzare le difese così facendo e, soprattutto, una volta crollato il castello la capitale è crollata subito dopo”
Keith annuì sovrappensiero.
“Quindi dici di non attaccare l’esercito, ma attaccare direttamente Zarkon”
Pidge annuì.
“Una volta impossibilitato Zarkon e i suoi comandanti più vicini il resto dell’esercito crollerà dietro di voi. Non sto dicendo che sarà facile così, ma almeno avreste una possibilità”.
“Dovremmo introdurci di nascosto nel castello, ma per farlo dovremmo essere in pochi e estremamente qualificati. Servono almeno cinque persone che agiscano contemporaneamente direi: qualcuno che metta fuori uso le guardie alla porta, qualcuno che impedisca alle sentinelle di dare l’allarme, qualcuno per liberare i prigionieri, e almeno un paio che tengano occupato Zarkon e i suoi soldati fino a che non arrivano i rinforzi”
“Credo sia la cosa migliore. Poi hai detto che pensi che la maggior parte dei prigionieri siano ancora vivi? Liberarli potrebbe darvi forze che sono già dentro il castello, non dovreste introdurne così tante da fuori. Conosci un modo per entrare nel castello di nascosto?”
Keith sorrise.
Riprendersi il proprio Impero cominciava a sembrargli più fattibile.
Arrivarono ad Altea dopo circa quindici giorni di viaggio. Si identificarono con le guardie all’ingresso e vennero accompagnati al palazzo.
“Hai un bel coraggio a presentarti qui”, disse la Principessa non appena vide Keith.
Keith si inginocchiò formalmente davanti al suo trono. “Vengo in pace, principessa Allura”
Accanto a lei, un giovane ragazzo dalla carnagione scura e i capelli castani le mise una mano sulla spalla.
“Pidge”, esclamò la principessa non appena la vide insieme a loro. “Non dovresti accompagnarti a gente del genere”
“Allura”, la salutò Pidge. “Faresti meglio ad ascoltare cosa hanno da dire”
“Vengo a chiedere il vostro aiuto”, continuò Keith tenendo ancora lo sguardo basso.
“Ho saputo di quello che è successo nel vostro Impero. Le lotte fratricide tra garla non ci interessano. La mia gente ha già sofferto abbastanza per colpa vostra”
“Non sono qui per me o per il mio regno, ma per la mia gente”.
Keith spiegò quale fosse la situazione attuale, il modo in cui venivano trattati gli umani. Sentì Allura trasalire, ma non osò alzare lo sguardo.
Quando Keith ebbe finito il suo racconto, Allura rimase in silenzio per un momento.
“Potete andare”, disse infine.
Keith sentì una pugnalata nel petto a quelle parole.
“Allora le chiediamo solo di poter restare ad Altea per la notte. Ripartiremo domani mattina”
“Molto bene”
Si alzò lentamente. Si inchinò ancora davanti alla regina e cominciò a camminare verso le porte. Solo Shiro lo seguì.
Uscirono dal palazzo e cominciarono a cercare una locanda. A Shiro non sfuggì il modo in cui gli alteani guardavano Keith mentre camminava per le strade.
“Ti dispiacerebbe essere tu a parlare con i locandieri? Temo che se mi vedessero non ci affitterebbero mai una stanza”
Shiro annuì e Keith si coprì il volto con il mantello nero. Trovarono una locanda dove passare la notte. Solo quando si furono chiusi la porta alle spalle Keith si tolse il cappuccio.
Shiro si aspettava di vederlo demoralizzato, come era stato dopo il rifiuto di Pidge, ma trovò solo determinazione sul viso di Keith.
“Anche a costo di farlo da solo ho intenzione di riprendermi il mio regno”, disse.
“Non siete da solo”, gli disse Shiro mettendogli una mano sulla spalla.
Keith alzò lo sguardo verso di lui “Non sei costretto a restare. Mi hai portato fuori dal castello e protetto, il tuo lavoro può dirsi concluso”
Non voleva che Shiro se ne andasse, ma non voleva neanche che restasse per senso del dovere verso sua madre.
“Voglio fare la mia parte”.
Shiro si stese sul suo letto. “Allora, qual è la storia?”
“Mh?”
“Perchè gli alteani ce l’hanno tanto con i garla?”
Keith si stese sul letto e cominciò a raccontare. “Il territorio dell’impero in origine era di Altea. E’ un territorio ricco, consente l’accesso a numerose risorse. Centinaia di anni fa i Garla attaccarono Altea e si presero il territorio. Gli alteani furono costretti a fuggire, ma ci furono comunque numerose vittime”
Era comprensibile che gli alteani ce l’avessero ancora con loro, pensò Shiro, ma non lo disse. Keith sembrava saperlo già.
“Troveremo un modo”, disse invece.
Keith annuì deciso. “Sì, so che lo faremo”
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Note: La carta dell'imperatore rappresenta l'autorità del potere decisionale, dell'azione e della realizzazione di progetti
"Quanto tempo abbiamo?", chiese l'Imperatrice continuando a studiare le mappe, piegata sul tavolo di legno.
"Giorni al massimo"
La sala del concilio era piena, l'avanzata delle fazioni ribelli dei Garla aveva messo tutti in allarme. Era solo questione di tempo ormai prima che raggiungessero il palazzo.
Kolivan entrò nella sala, aprendo di scatto le grandi porte di legno.
"Imperatrice. Sono qui", annunciò.
Per un attimo non volò una mosca nella sala, un silenzio pesante era calato su tutti i partecipanti al concilio. L'imperatrice mantenne la schiena curva solamente per un attimo, poi raddrizzò le spalle e guardò tutti i presenti, uno per uno.
"Ognuno ai propri posti", annunciò con sguardo fiero.
Uscì poi con passo pesante dalla sala di comando.
"Mandate Shiro nelle stanze di Keith", disse ad una guardia che incrociò nel corridoio.
Continuò a camminare in direzione delle stanze di suo figlio. Lo trovò seduto al tavolo di legno, profondamente affondato nella sedia, con i gomiti poggiati ai braccioli di legno e l'espressione imbronciata, agitava nervosamente una gamba. Scattò in piedi non appena la vide.
"Cosa si è deciso? Andiamo a combattere?"
Krolia rimase in silenzio, si avvicinò a suo figlio e lo strinse in un lungo abbraccio.
"Devi andartene da qui"
"Cosa?"
"Stanno arrivando"
"Allora resterò a combattere"
"No. Se le cose dovessero andare male, se non riuscissimo a resistere sei l'unico in grado di rimettere in piedi l'Impero. In questo momento la tua vita è la cosa più preziosa del regno"
"Non voglio fuggire, voglio combattere! Non possiamo abbandonare il palazzo!"
La porta della sua stanza si aprì di nuovo.
Shiro entrò e si inchinò davanti all'imperatrice e al giovane principe.
"Mi avete fatto chiamare?"
"Ho un ultimo incarico per te", annunciò Krolia. "Ti affido Keith. Portalo via di qui anche a costo di doverlo fare con la forza. Proteggilo. E' la nostra unica speranza".
Shiro alzò di scatto la testa e spalancò gli occhi. "Ma, imperatrice, lei... Non posso lasciarla qui"
"Ti stai opponendo ai miei ordini, cavaliere?", disse dura.
Shiro abbassò nuovamente la testa in segno di riverenza.
"No", disse.
"Bene. E' deciso"
"Madre, non possiamo lasciarvi qui!", intervenne nuovamente Keith.
"Ho preso la mia decisione. Ora andate"
"Madre..."
Krolia si voltò verso di lui, con lo sguardo addolcito. Gii accarezzò il viso, come faceva quando era un bambino.
"Affido il resto a te", gli disse.
Keith annuì, cercando di trattenere le lacrime.
Krolia si voltò poi verso Shiro. "Te lo affido", disse.
"Non la deluderò", rispose Shiro portandosi una mano al petto.
"Lo so"
Krolia voltò loro le spalle e uscì dalla stanza, chiudendosi la pesante porta.
Shiro recuperò dall'armadio il mantello di Keith.
"C'è qualcosa che volete portare con voi?"
Keith annuì e in silenzio preparò rapidamente una sacca da viaggio. Quando ebbe finito, Shiro gli mise sulle spalle il mantello e gli coprì la testa con il cappuccio. Keith si guardò intorno nella stanza in cui era cresciuto. Si chiese se l'avrebbe rivista mai più.
"E' ora di andare, mio principe", lo riscosse Shiro.
Keith annuì, si chiuse la porta alle spalle e lo seguì per i corridoi segreti del castello fino alle stalle. Recuperarono due cavalli e cominciarono ad allontanarsi al galoppo.
Erano ai limiti della città quando sentirono un'esplosione provenire dal castello.
Keith voltò di scatto il cavallo verso il palazzo e rimase a guardare le fiamme che lo avvolgevano. Ogni suo senso gli diceva di correre nuovamente verso quella direzione.
Shiro si affiancò a lui.
"Dobbiamo andare. Prima che si accorgano della vostra assenza", gli disse con voce ferma ma comprensiva.
Keith annuì e voltò nuovamente il cavallo.
Ripresero a muoversi verso il bosco.
Keith si strinse di più nel mantello, rabbrividendo per l'umidità della grotta. Shiro stava cercando di accendere il fuoco, ma la legna era umida per via della neve. Al di fuori della caverna la neve sembrava non voler smettere di scendere e si stava a poco a poco trasformando in una tormenta.
"Starà bene", disse improvvisamente Shiro, rompendo il pesante silenzio che li circondava.
Keith alzò la testa come se si fosse ricordato solo in quel momento della sua presenza.
"Sua madre", continuò Shiro. "Starà bene. I garla rispettano i guerrieri, anche quelli che prendono prigionieri"
"Tu non eri l'imperatore di un regno che avevano appena conquistato"
Shiro abbassò lo sguardo e non disse più nulla, non sapendo bene cosa dire. Non aveva mai passato molto tempo con il giovane principe, aveva risalito i gradi delle gerarchie militari fino ad entrare a far parte della guardia personale dell'Imperatrice e le sue interazioni con Keith si limitavano alle occasioni in cui lui era stato con la madre.
"Dovresti darmi del tu", disse Keith distogliendo lo sguardo.
"Mi scusi?"
"Siamo in fuga. Se continui a parlarmi come si parla a un principe la nostra copertura salterà subito"
Shiro annuì e riprese ad armeggiare con il fuoco. Riuscì finalmente ad accenderlo e si sedette sul pavimento di pietra lì accanto. Cominciò a sviscerare un coniglio che erano riusciti a catturare nel bosco.
Keith osservava con attenzione ogni suo movimento.
"Te la cavi con i coltelli"
"Quando ero prigioniero dei garla non ci davano molto da mangiare e le prigioni erano infestate di topi", spiegò.
Keith non riuscì ad evitare un verso disgustato.
Shiro ridacchiò. "Non sono così male. Sanno di maiale"
"Quanto sei stato loro prigioniero?", chiese Keith.
"Non ne sono sicuro, ma credo circa un anno. Dopo un po' i giorni si assomigliavano tutti. Ma ricordo quanto fossero fredde le prigioni in inverno", rispose continuando a lavorare.
Keith rimase in silenzio. Si strinse le ginocchia al petto e ci appoggiò sopra la guancia. Shiro in quel momento non lo riuscì a vedere come un principe, era solo un ragazzo che aveva appena perso sua madre, la sua casa e tutto ciò che avesse mai conosciuto.
Finì di pulire il coniglio e mise la carne sul fuoco.
"Cosa dovrei fare adesso?" chiese Keith, con la voce che si era fatta piccola soffocata contro le ginocchia.
"Trovare un riparo per l'inverno"
"Non mi sembra molto"
"E' qualcosa da cui iniziare. Poi potremo organizzarci per riprendere possesso dell'impero".
Trovarono rifugio in un villaggio ai confini dell'impero. Era un villaggio di piccoli agricoltori e allevatori. Avevano riconosciuto immediatamente Keith, ma la loro fedeltà all'Imperatrice li aveva spinti ad offrire rifugio e ospitalità a entrambi. Per ricambiare sia Keith che Shiro avevano cominciato ad aiutare chiunque avesse bisogno nel loro lavoro. Keith era irrequieto però, continuava ad attendere notizie dalla città e cercava di elaborare una strategia, ma non aveva idea di da dove avrebbe potuto cominciare. Sapeva che aveva bisogno di alleati, ma non sapeva dove andarli a cercare.
Shiro era appena rientrato nella casa che gli abitanti del villaggio gli avevano offerto durante la loro permanenza, quando sentirono del trambusto provenire dalle strade del villaggio.
Si scambiarono uno sguardo, poi si affacciarono con cautela alla piccola finestra che dava sulla strada. Le guardie dei Ribelli non arrivavano quasi mai fino a lì, se non a fine mese a riscuotere le tasse che il nuovo Re Zarkon aveva imposto a tutto l’impero, ma non si poteva mai sapere.
Quello che videro, però, furono quattro persone, di cui due sembravano bambini, inginocchiati in mezzo alla strada interamente coperti da mantelli neri. Gli abitanti del villaggio li avevano circondati e gli avevano bloccato il passaggio.
“Chi siete?”, gli chiese uno.
La figura più grande si tolse piano il cappuccio. Tutti poterono vedere che era un umano.
“Vi prego”, disse. “Io e la mia famiglia vogliamo solo raggiungere il regno degli Olkari”.
Shiro e Keith uscirono dalla loro capanna.
“Che succede qui?”, chiese Keith.
Gli abitanti del villaggio abbassarono le armi. “Abbiamo trovato queste persone che cercavano di attraversare il nostro villaggio di nascosto”, spiegarono. “Li abbiamo catturati e portati qui”.
L’uomo si voltò verso di lui. Non appena lo riconobbe spalancò gli occhi e si mise in ginocchio, chinando il capo. Il resto della sua famiglia fece lo stesso.
“Siamo lieti di vedere che le voci sono false”
“Quali voci?”, chiese Keith.
“Quelle che dicono che siete imprigionato nelle segrete del castello insieme a vostra madre”.
Keith sentì qualcosa sciogliersi nel suo stomaco. Sua madre poteva essere ancora viva. Non aveva il tempo per occuparsi di quelle voci, però, in quel momento.
"Perché siete in fuga? Che cosa sta succedendo?", chiese Shiro facendo un passo avanti.
L'uomo sembrò rilassarsi quando lo vide.
"Sparano a vista a tutti gli umani. E quelli che min vengono uccisi vengono catturati. Nessuno sa dove li stiano portando, ma nessuno fa ritorno. Hanno cominciato prendendo tutti coloro che avevano incarichi importanti, hanno imprigionato medici, funzionari di corte, mercanti. Gli hanno tolto tutto. Continuano a parlare di come gli umani siano buoni solo come schiavi, solo da sfruttare. Portano via donne e bambini, non fanno distinzioni. Voglio solo portare la mia famiglia al sicuro".
Keith guardò Shiro allarmato a quelle notizie. Nell'Impero garla e umani avevano sempre convissuto pacificamente da quando il Regno degli umani si era sgretolato e gli umani avevano pian piano cominciato a diffondersi negli altri domini. Sapeva che c'era una fazione di Garla che considerava gli umani indegni, che non voleva contaminare il proprio sangue con quello umano, ma non pensava che anche loro fossero confluiti tra le file dei Ribelli e avessero preso abbastanza potere da diffondere quelle idee.
"Perché dagli Olkari?", chiese Keith.
"Stanno accogliendo tutti coloro che sono riusciti a fuggire. Alcuni si sono diretti verso Altea, confidano nel fatto che la Principessa abbia scelto un umano come consorte per avere clemenza, ma non abbiamo avuto notizie da loro".
Keith annuì. Gli fu chiaro in quel momento cosa dovesse fare, da dove avrebbe potuto cominciare per riprendere possesso del suo trono e rimettere le cose al loro posto.
"Si sta facendo buio", disse. "Riposate qui stanotte. Partiremo all'alba".
Impiegarono tre giorni per raggiungere il Regno Olkari. I loro compagni di viaggio vennero scortati negli alloggi riservati ai rifugiati, da lì avrebbero potuto ricominciare a poco a poco. Keith e Shiro vennero accompagnati dalla Regina.
Entrarono nella sala del trono, interamente affrescata con disegni della natura che davano all'intera sala un tono rilassante. Sembrava quasi di essere all'aria aperta. Scortati percorsero la sala fino a ritrovarsi davanti al trono, si inginocchiarono entrambi davanti alla regina.
"Alzatevi, principe", disse. "E alzatevi anche voi, cavaliere. Avete fatto un buon lavoro nel tenere al sicuro il vostro principe".
Entrambi si alzarono.
"Ci ha rattristato molto sapere cosa è successo nel vostro Impero", continuò la Regina. "Ma adesso dovete essere stanchi per il viaggio. Andate a riposare, parleremo meglio a cena". Sì voltò verso una giovane ragazza in piedi accanto al trono. "Pidge, vorresti mostrargli le loro stanze?".
La giovane annuì, scese rapidamente i gradini che separavano la piattaforma del trono dal pavimento della sala e lì raggiunse.
"Andiamo!", gli disse.
Era piccola e mingherlina, soprattutto vista accanto a Shiro. Guardandola da vicino era possibile vedere le antenne che spuntavano tra i capelli corti e alcuni tratti Olkari sui suoi lineamenti. La ragazza parlò ininterrottamente per tutto il tragitto, facendo loro qualunque tipo di domanda su come fossero fuggiti dal regno, su come fossero vissuti fino a quel momento. Shiro rispose con un sorriso a tutte le domande. L'energia di Pidge era contagiosa. Mentre camminavano gli mostrò anche una sala dove erano state convogliate alcune fonti termali, dove avrebbero potuto farsi un bagno caldo prima di cena se avessero voluto.
Arrivati alle loro stanze, la ragazza si congedò educatamente e li lasciò al loro riposo.
La stanza era luminosa e interamente dipinta nei toni del giallo.
Scesero a cena, seduta accanto alla Regina trovarono nuovamente Pidge.
"Cosa pensate di fare adesso?", chiese la Regina nel corso della cena.
"Mettere su un esercito e riprendermi l'Impero", disse Keith. "Potremo contare sul vostro aiuto?"
Shiro, sotto il tavolo, diede una gomitata a Keith cercando di ammonirlo. Non poteva affrontare in maniera così diretta una questione diplomatica di quel tipo.
La Regina, però, sorrise.
"Non è me che dovete convincere", disse.
Entrambi la guardarono non capendo.
"Ho scelto Pidge come futura Regina degli Olkari. Spetta a lei il compito di decidere che direzione dovrà prendere questo regno". La Regina si voltò verso Pidge. "Dovrai decidere che tipo di Regno vorrai governare. Un regno che corre in soccorso degli alleati o un regno neutrale e pacifico? Un regno dove chiunque sia il benvenuto o un regno che sceglie attentamente chi accogliere? La decisione spetta a te. Non c'è una risposta giusta in assoluto, dovrai capire cosa si adatta di più a te".
"C'è più di questo in gioco", disse Keith.
La Regina e Pidge si voltano verso di lui.
"Stanno prendendo di mira gli umani", continuo Keith abbassando lo sguardo, la rabbia faceva tremare la sua voce. "Quelli che riescono a scappare sono solo una minima parte. La maggior parte viene catturata e portata nessuno sa dove, ma nessuno fa ritorno. Alcuni sostengono che vengano messi in campi di lavoro forzato, altri che vengono uccisi come bestie"
Pidge si prese un momento per riflettere, si tirò i grandi occhiali tondi su sul naso.
"Perché dovrebbe riguardarci?", disse infine. "Noi Olkari siamo sempre stati pacifici. Perché dovremmo imbarcarci in un conflitto che non riguarda noi invece di destinare questi soldi per portare avanti le nostre ricerche?"
"Perché arriveranno anche qui. Non si fermeranno finché non avranno fatto la stessa cosa a tutti i regni, a tutti gli imperi, a qualunque angolo del pianeta".
"Le nostre difese sono forti. Possiamo respingere un attacco"
"Anche le nostre lo erano"
"Allora potenzieremo le nostre difese"
"Persone innocenti stanno morendo!", urlò Keith alzandosi di scatto dalla sedia e facendola cadere alle sue spalle.
Il rumore sembrò riscuoterlo.
"Chiedo scusa", disse all'indirizzo della regina. "Con permesso, gradirei tornare nelle mie stanze. Domani mattina ripartiremo. La ringrazio ancora per la sua ospitalità".
“Sei un brav’uomo”, gli disse la Regina.
Keith si inchinò brevemente e uscì dalla sala dei banchetti.
Anche Shiro si inchinò educatamente alla Regina e a Pidge prima di seguirlo lungo il corridoio. Arrivato in camera trovò Keith che stava recuperando le poche cose che aveva tirato fuori dalla sua sacca da viaggio.
“Non posso crederci”, stava dicendo. “Delle persone stanno morendo e lei è troppo concentrata sulle proprie ricerche. Deve esserci un modo”.
Shiro si avvicinò a lui, gli poggiò le mani sulle spalle e lo fece voltare verso di lui.
“Troveremo un modo”, gli disse con voce rassicurante. “Non tutto è perduto”.
“Ha ragione lei, Shiro. Perchè dovrebbero aiutarci? Perchè ogni regno non dovrebbe semplicemente farsi i fatti propri? Se ci fosse una coalizione disposta ad aiutarsi reciprocamente queste cose non succederebbero, ci sarebbero sempre degli alleati pronti a coprirci le spalle”
“Fondala, allora”
Keith si immobilizzò.
“Fondala tu”, ripetè Shiro. “Quando tutta questa storia sarà finita, quando avrai riconquistato il tuo regno, fonda una coalizione. Fai in modo che una cosa del genere non accada mai più”.
“Se continua così non riuscirò neanche a riconquistare il mio regno”
Se Shiro aveva imparato qualcosa in quei mesi di convivenza con Keith era che, per quanto apparisse sicuro, il dubbio era sempre in agguato dentro di lui. Era quello che credeva meno di tutti nelle proprie capacità.
Shiro si avvicinò ancora e lo strinse. “Ce la farai”, gli disse. “Ne sono sicuro”.
Keith appoggiò la testa alla sua spalla e si lasciò confortare.
Shiro sciolse l’abbraccio dopo un po’.
“Hai detto che partiamo domani, ma dove vuoi andare?”
“Ad Altea”
“Altea?”
“Hai sentito cosa hanno detto, no? La principessa di Altea ha scelto come consorte un umano. Se sapessero cosa sta succedendo potremmo riuscire a convincerli a unirsi a noi”
“E come pensi di fare? I rapporti tra Altea e l’Impero sono pessimi”
“Non lo so ancora. Mi inventerò qualcosa”
Shiro annuì. Se c’era qualcuno che poteva riuscirci, non aveva dubbi che quello fosse Keith.
La mattina dopo, quando scesero nelle stalle pronti a partire, trovarono un terzo cavallo sellato accanto ai loro. Pidge comparve da dietro il cavallo. Aveva sostituito gli abiti di corte con una tenuta comoda abbastanza per cavalcare.
Shiro la salutò educatamente.
“Dove andate così presto?”, le chiese.
“Vengo con voi”, annunciò la ragazza.
“Pensavo avessi detto di non volerci aiutare”, intervenne Keith.
“Ed è così. Ma ho sentito che vi state dirigendo ad Altea e ho sempre voluto vederlo”
“Ci stai usando come scorta in pratica”
“Vedila più che altro come se ti stessi dando una seconda occasione per convincermi”
Insieme partirono alla volta di Altea.
Durante il viaggio scoprirono che Pidge era una giovane ragazza brillante, che aveva un fratello maggiore chiamato Matt e che suo padre era un umano trasferitosi ad Olkari quando aveva conosciuto sua madre. Sua madre, invece, era una botanica e curava personalmente le serre della regina, portando avanti ogni tipo di ricerca sulle piante.
“Come conosci la principessa?”, le chiese Shiro vedendo come parlasse di lei con scioltezza.
“E’ venuta spesso in visita ad Olkari. Mi ha parlato molto di Altea, ma non ho mai avuto occasione di vederlo. La Regina ha sempre considerato il viaggio troppo lungo per affrontarlo da sola”
“Ed è stata disposta a lasciarti andare con due sconosciuti?”, intervenne Keith.
“Le avete fatto una buona impressione. E poi non è che proprio lo sappia”, ammise la ragazza. “Lei aveva detto solo che il viaggio era troppo lungo per partire da sola, non che non potessi partire in assoluto”
“Non le avete detto che siete partita?”, le chiese Shiro con gli occhi spalancati.
“Le ho lasciato un biglietto!”, si giustificò la ragazza facendosi tutta rossa in viso.
“Bene. Al nostro ritorno dovremo scontare anche le accuse di rapimento”, sospirò Shiro esasperato.
A Keith venne da ridere. L’antipatia iniziale nei confronti della futura regina cominciò a scemare. Non fece altri tentativi diretti di convincerla.
Si era reso conto, dopo quell’incontro, che non poteva porsi in maniera così aggressiva. Non era nessuno, ancora, il suo titolo di Principe non valeva nulla, in quelle condizioni non era in grado di garantire nulla. Non aveva risorse, non aveva un esercito e aveva solo un piano appena abbozzato. Doveva convincere le persone a fidarsi di lui, doveva fare in modo che lo vedessero come qualcuno veramente in grado di portare a termine quello che si era prefissato, altrimenti nessuno si sarebbe mai affidato a lui come leader.
Ogni tanto si fermava a pensare a come si comportasse Shiro. Lui sì che aveva la stoffa del leader. Le persone si fidavano istintivamente di lui, appariva sempre calmo, in controllo della situazione e di sè stesso. Era in grado di rapportarsi alle tipologie più disparate di persone, sempre con un sorriso gentile per tutti.
Era quello il modello di leader che aspirava ad essere. Una persona che apparisse stabile e padrona di sé in ogni circostanza.
Non aveva molto tempo per imparare ad esserlo però. Il viaggio per Altea era lungo e lui sarebbe dovuto arrivare lì con un’idea più precisa di quale dovessero essere le sue prossime mosse.
“Pidge”, le chiese Keith un giorno mentre camminavano. “Come pensi possa essere sconfitto Zarkon?”
Forse non voleva avere un coinvolgimento diretto, ma Keith sperava che la mente brillante della ragazza lo aiutasse a mettere su un piano meglio congegnato di quello che aveva in quel momento - che consisteva essenzialmente nel radunare un esercito e attaccare a testa bassa.
“Non puoi vincere in uno scontro diretto”, rispose Pidge dopo averci ragionato per un po’. “L’esercito di Zarkon è troppo forte e troppo numeroso”.
Keith sentì quel poco che aveva crollargli tra le mani.
“Ma puoi fare come hanno fatto loro”, aggiunse Pidge.
“Come hanno fatto loro?”
“Quando sono arrivati non hanno attaccato la città, hanno attaccato direttamente il castello. Il centro nevralgico della capitale. Non vi hanno dato il tempo di rinforzare le difese così facendo e, soprattutto, una volta crollato il castello la capitale è crollata subito dopo”
Keith annuì sovrappensiero.
“Quindi dici di non attaccare l’esercito, ma attaccare direttamente Zarkon”
Pidge annuì.
“Una volta impossibilitato Zarkon e i suoi comandanti più vicini il resto dell’esercito crollerà dietro di voi. Non sto dicendo che sarà facile così, ma almeno avreste una possibilità”.
“Dovremmo introdurci di nascosto nel castello, ma per farlo dovremmo essere in pochi e estremamente qualificati. Servono almeno cinque persone che agiscano contemporaneamente direi: qualcuno che metta fuori uso le guardie alla porta, qualcuno che impedisca alle sentinelle di dare l’allarme, qualcuno per liberare i prigionieri, e almeno un paio che tengano occupato Zarkon e i suoi soldati fino a che non arrivano i rinforzi”
“Credo sia la cosa migliore. Poi hai detto che pensi che la maggior parte dei prigionieri siano ancora vivi? Liberarli potrebbe darvi forze che sono già dentro il castello, non dovreste introdurne così tante da fuori. Conosci un modo per entrare nel castello di nascosto?”
Keith sorrise.
Riprendersi il proprio Impero cominciava a sembrargli più fattibile.
Arrivarono ad Altea dopo circa quindici giorni di viaggio. Si identificarono con le guardie all’ingresso e vennero accompagnati al palazzo.
“Hai un bel coraggio a presentarti qui”, disse la Principessa non appena vide Keith.
Keith si inginocchiò formalmente davanti al suo trono. “Vengo in pace, principessa Allura”
Accanto a lei, un giovane ragazzo dalla carnagione scura e i capelli castani le mise una mano sulla spalla.
“Pidge”, esclamò la principessa non appena la vide insieme a loro. “Non dovresti accompagnarti a gente del genere”
“Allura”, la salutò Pidge. “Faresti meglio ad ascoltare cosa hanno da dire”
“Vengo a chiedere il vostro aiuto”, continuò Keith tenendo ancora lo sguardo basso.
“Ho saputo di quello che è successo nel vostro Impero. Le lotte fratricide tra garla non ci interessano. La mia gente ha già sofferto abbastanza per colpa vostra”
“Non sono qui per me o per il mio regno, ma per la mia gente”.
Keith spiegò quale fosse la situazione attuale, il modo in cui venivano trattati gli umani. Sentì Allura trasalire, ma non osò alzare lo sguardo.
Quando Keith ebbe finito il suo racconto, Allura rimase in silenzio per un momento.
“Potete andare”, disse infine.
Keith sentì una pugnalata nel petto a quelle parole.
“Allora le chiediamo solo di poter restare ad Altea per la notte. Ripartiremo domani mattina”
“Molto bene”
Si alzò lentamente. Si inchinò ancora davanti alla regina e cominciò a camminare verso le porte. Solo Shiro lo seguì.
Uscirono dal palazzo e cominciarono a cercare una locanda. A Shiro non sfuggì il modo in cui gli alteani guardavano Keith mentre camminava per le strade.
“Ti dispiacerebbe essere tu a parlare con i locandieri? Temo che se mi vedessero non ci affitterebbero mai una stanza”
Shiro annuì e Keith si coprì il volto con il mantello nero. Trovarono una locanda dove passare la notte. Solo quando si furono chiusi la porta alle spalle Keith si tolse il cappuccio.
Shiro si aspettava di vederlo demoralizzato, come era stato dopo il rifiuto di Pidge, ma trovò solo determinazione sul viso di Keith.
“Anche a costo di farlo da solo ho intenzione di riprendermi il mio regno”, disse.
“Non siete da solo”, gli disse Shiro mettendogli una mano sulla spalla.
Keith alzò lo sguardo verso di lui “Non sei costretto a restare. Mi hai portato fuori dal castello e protetto, il tuo lavoro può dirsi concluso”
Non voleva che Shiro se ne andasse, ma non voleva neanche che restasse per senso del dovere verso sua madre.
“Voglio fare la mia parte”.
Shiro si stese sul suo letto. “Allora, qual è la storia?”
“Mh?”
“Perchè gli alteani ce l’hanno tanto con i garla?”
Keith si stese sul letto e cominciò a raccontare. “Il territorio dell’impero in origine era di Altea. E’ un territorio ricco, consente l’accesso a numerose risorse. Centinaia di anni fa i Garla attaccarono Altea e si presero il territorio. Gli alteani furono costretti a fuggire, ma ci furono comunque numerose vittime”
Era comprensibile che gli alteani ce l’avessero ancora con loro, pensò Shiro, ma non lo disse. Keith sembrava saperlo già.
“Troveremo un modo”, disse invece.
Keith annuì deciso. “Sì, so che lo faremo”