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Titolo: Be Right Back

Fandom: Spy x Family

Missione: M2 – “Sparirò, ma tu promettimi che potrò sempre ritornare da te”

Parole: 1562

Rating: safe


L’incontro era stato fissato in una tavola calda poco distante dall’ospedale in cui Loid Forger lavorava. 

Era l’ora di pranzo e il locale era pieno. Loid si mise pazientemente in fila, ordinò il suo pranzo e con il suo vassoio si diresse verso il cortile interno. Tutti i tavoli erano occupati, era una bella giornata di sole, e molti avevano scelto di mangiare all’aria aperta. Il chiacchiericcio riempiva l’aria – parlavano di lavoro, di figli, dei loro capi, dell’ultima puntata di una serie tv, preoccupazioni mondane di esistenze serene. 

Era per preservare quella serenità che da anni metteva ogni giorno a rischio la sua vita. 

Di Handler non c’era traccia da nessuna parte. A un tavolino, una donna sola mangiava il suo pranzo tenendo aperta davanti a sé la pagina culturale del giornale. Loid le si avvicinò, il giornale annunciava che un’orchestra rinomata avrebbe in pochi giorni debuttato nel teatro della città, forse poteva valere la pena di portarci Anya: aveva perso le speranze di farla interessare agli intrattenimenti per la buona società come i suoi compagni di classe, ma se avesse invitato anche la sua amica Becky forse avrebbe giovato all’immagine della loro famiglia.

Twilight sfoderò il sorriso gentile di Loid Forger, “Questo posto è occupato?”

La donna alzò a malapena gli occhi dal giornale, diede un’occhiata intorno poi disse, “Può sedersi, ho quasi finito.”

Indossava un vestito a fiori e aveva corti capelli castani. Non scambiarono una parola, la donna continuò a mangiare il suo pranzo e a sfogliare pigramente le pagine del giornale a un ritmo regolare. A uno sguardo esterno sarebbero sembrati solamente due estranei che condividevano un tavolo per cause di forza maggiore. 

Quando finì, lo richiuse e si alzò, con un cenno del capo salutò Loid e andò via. Loid tirò fuori dalla borsa un libro e lesse mentre mangiava. Una volta finito appoggiò il libro sul giornale e infilò entrambi nella borsa, prima di tornare all’ospedale.

Aspettò di essere solo nel suo studio prima di ripescare il giornale dalla sua borsa e tirare fuori il fascicolo nascosto al suo interno. Si sedette alla scrivania e cominciò a studiare i dettagli della sua prossima missione. Twilight arricciò le sopracciglia mentre leggeva: un suo vecchio nemico era tornato in circolazione dopo quattro anni di latitanza, e Twilight era l’unico in grado di occuparsene. Gli era già sfuggito una volta, non avrebbe fatto di nuovo lo stesso errore. 

Il concerto al teatro avrebbe dovuto aspettare. 


Loid aprì la porta di casa e si trovò davanti il caos. Intorno al tavolo della cucina, Yor inseguiva Anya che inseguiva Bond in quella che sembrava a tutti gli effetti una fuga dall’ora del bagno.

“Loid!” Yor frenò la sua corsa all’improvviso e arrossì, come imbarazzata di essere stata sorpresa in un momento del genere. Bond e Anya le finirono addosso e lei senza battere ciglio li sollevò entrambi per la collottola, come se non pesassero niente.

“Porto Anya a fare il bagno e poi preparo la cena,” disse.

Anya sbiancò, e anche Bond lo avrebbe fatto se avesse potuto – dopotutto era sempre nella sua ciotola che Anya faceva sparire gli esperimenti culinari di Yor. Loid non poteva dar loro torto. 

“Posso pensarci io,” disse Loid. “Fai pure con calma. E tu,” si rivolse a Anya, “non fare troppi capricci.”

Anya tirò un sospiro di sollievo chiaramente udibile, e lasciò che Yor la portasse in bagno senza fare storie, con Bond alle calcagna, mentre Loid si tirava su le maniche e si metteva ai fornelli.

Avrebbe dovuto parlare con Yor. Aveva già un piano in mente: le avrebbe parlato dopo che Anya fosse andata a letto, aveva passato la giornata a studiare i dettagli della sua storia per essere pronto a rispondere a qualunque domanda potesse saltare fuori. Ma se le cose non fossero andate bene, avrebbe rinunciato alla missione. Voleva prendere quel criminale, ma non poteva mettere a rischio l’Operazione Strix. 

La cena trascorse tranquilla. Anya raccontò della sua giornata a scuola, ma soprattutto commentò l’ultimo episodio Spy Wars, con tanto di effetti sonori e messa in scena dei combattimenti con Bond nel ruolo del nemico. Quindi era questa la vita delle persone normali? Una famiglia seduta intorno a un tavolo che si racconta gli eventi della giornata? Non avrebbe potuto mai appartenergli, non con il suo lavoro: non avrebbe mai potuto condividere nulla con qualcuno, e pochi nel suo campo avevano la possibilità di andare in pensione e assaggiare che cosa fosse una vita normale.

Dopo cena, Anya andò a dormire e Yor si sedette sul divano a sorseggiare una tazza di tè. Loid le si sedette accanto. 

“C’è una cosa di cui vorrei parlare con te,” le disse.

Yor si rivolse a lui con un sorriso, “Che succede?”

“Mi hanno offerto un lavoro, ma dovrei stare via di casa per un paio di mesi minimo.”

L’espressione di Yor si incupì, “Oh. Dove?”

Loid si è preparato per questo momento, ha raccolto tutte le informazioni che ha potuto. “Sull’isola di Dougherty. Vogliono aggiungere il reparto psichiatrico nel loro ospedale, e mi hanno chiesto di sovraintendere le operazioni. Ma l’isola è molto piccola, e non ha un buon sistema di comunicazione. Non sarei in grado di contattarvi.” 

Per la riuscita dell’operazione, sarebbe dovuto scomparire totalmente. Non era necessario menzionare che Yor e Anya sarebbero state comunque sempre tenute sott’occhio dall’organizzazione, e che se fosse loro successo qualcosa Twilight sarebbe stato informato subito.

“Sembra una cosa importante,” disse Yor. “Dovresti andare. Anche se mi mancherà vedere Anya tutti i giorni, in fondo è due mesi non sono così lunghi.”

Bene, adesso deve solo giocare la carta del padre affranto. “Di questo volevo parlarti. Anya non può venire con me, lì sarei molto impegnato e comunque non può perdere due mesi di scuola. Mi dispiace caricarti di questa responsabilità, ma potresti occuparti di lei?”

Con suo sommo orrore, gli occhi di Yor si riempirono di lacrime. E lui non era preparato per questo, doveva inventarsi qualcosa e alla svelta. Nel suo lavoro si era trovato spesso a confrontarsi con donne che piangevano per i motivi più disparati, non poteva essere così difficile: doveva solo capire quale fosse la parte giusta. Un marito affettuoso? Ma erano davvero sposati. Un amico? Ma non era sicuro che lui e Yor potessero definirsi amici. Odiava non sapere cosa fare, e odiava ancora di più il fatto di essersi trovato in quella situazione più di una volta da quando aveva messo su quella strampalata famiglia arrangiata.

“Non preoccuparti,” gli disse Yor asciugandosi una lacrima con la manica del vestito. Il suo volto si aprì in un sorriso. “Sono solo felice che ti fidi di me da affidarmi Anya per questi due mesi. Mi fa sentire veramente  parte di questa famiglia.”

Loid le prese una mano tra le sue e il volto di Yor avvampò come quando era ubriaca. “Tu sei parte di questa famiglia. E non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto quello che fai e hai fatto per Anya.”

Yor si asciugò un’altra lacrima, ma il suo sorriso si allargò. “Lo faccio con piacere.”


Dirlo a Anya non fu altrettanto facile. Prima lo guardò con sguardo affilato, come se avesse avuto una di quelle strane intuizioni che aveva ogni tanto, poi si aggrappò alle sue gambe, “Voglio venire con te.”

Loid le spiegò con calma che non poteva, perché aveva la scuola, che sarebbe rimasta con Yor. 

“Non mi fate mai fare niente di divertente.”

“Non sarà divertente. Devo solo stare lì tutto il giorno a spiegare il mio lavoro a un sacco di persone, e lì non trasmettono neanche Spy Wars. E non sono neanche sicuro che abbiano le arachidi.”

Anya sembrò soppesare i pro e i contro, ma intervenne Yor, “Ci divertiremo molto di più qui, io e te. Possiamo andare ad allenarci al parco, e andare a fare le passeggiate con Bond.”

Anya mise il broncio e guardò attentamente Bond, come se stessero comunicando in un qualche linguaggio segreto, poi annuì. “Va bene, puoi andare,” concesse, lasciando andare la gamba di Loid.

“La ringrazio per la gentile concessione, Miss Anya,” ridacchiò lui, e andò a preparare i bagagli.

Quando uscì dalla sua stanza, Anya e Yor si stavano preparando per andare al parco con Bond; è sabato e Anya dovrebbe fare i compiti, ma Loid può lasciare correre per un giorno: è sicuro che Yor, a modo suo, abbia la situazione sotto controllo. E per qualunque cosa, Loid è quasi certo che che gli agenti dell’organizzazione siano già appostati sotto casa.

“Torno presto,” disse Loid con una mano già sulla maniglia della porta d’uscita e l’altra che stringeva una valigia piena quasi esclusivamente di attrezzi da spia. 

Yor gli sorrise, con Anya in braccio e Bond seduto solennemente accanto alle sue gambe. “Ti aspettiamo qui,” disse con una strana solennità.

Loid annuì e uscì di casa, con un peso nel petto e i volti di Anya e Yor ancora impressi nelle palpebre. Non era la prima volta che l’agente Twilight partiva per una missione sotto copertura senza sapere cosa ne sarebbe stato di lui né per quanto sarebbe stato via; ma è la prima volta che a qualcuno che, a casa, aspetta con ansia il suo ritorno. 

Forse quella strampalata famiglia arrangiata non era poi così male. 



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Titolo: Questione di punti di vista
Fandom: JJK
Missione: Tearoom, "People are naturally attracted to you"
Rating: safe
Parole: 890

  1. Fushiguro Megumi

Megumi ha potuto solo guardare con gli occhi sbarrati il dito di Sukuna che scompariva nella bocca di Itadori. Non riesce ancora a credere che qualcuno possa arrivare a fare una cosa del genere per salvare qualcun altro, mettendo a rischio qualcosa di più profondo della propria vita, esattamente come ha fatto lui. Megumi ha sempre odiato le persone così, ma per quanto le odi non riesce ad allontanarsene quando ne trova. Non vuole che Itadori muoia. Megumi non si è mai ritenuto una persona buona. Sa che la sua è una richiesta egoistica, ma la fa lo stesso. Sa che Gojo farà ogni cosa in suo potere per garantirla. Megumi non ha più intenzione di perdere nessuno. Sa che tutte le persone buone hanno bisogno di avere qualcuno accanto che sia disposto a essere la loro ombra. Megumi è disposto a caricarsi quel ruolo sulle spalle. 


  1. Gojo Satoru

Seduto su una panchina, Satoru aspetta che Yuji esca dall’ospedale. Ancora non ha avuto il tempo di farsi un’idea su quel ragazzo. Megumi gli ha chiesto di salvarlo, e Megumi non chiede mai niente, ma non può negare di essere intervenuto anche per interesse personale. Sa che il piano che ha messo a punto è quello che porterà più benefici nel lungo termine, e vuole mostrare alla vecchia guardia che può esistere un modo migliore di fare le cose. Yuji esce dalle porte a vetri dell’ospedale e si siede accanto a lui. Gli chiede se mangiare le dita, assumersi quel peso sulle spalle - ancora così giovani - salverà delle vite, e Satoru non può mentirgli. Senza esitazione Yuji prende a ingoia anche il secondo dito. Satoru fa un voto a sé stesso in quel momento: non ha intenzione di lasciarlo solo.


  1. Nanami Kento

Kento  avrebbe voluto proteggerlo più a lungo. Continua ad osservare il modo in cui gli occhi di Yuji non lasciano i sacchi stesi sul tavolo dell’obitorio e non riesce a scrollarsi di dosso la sensazione di aver fallito come guardiano, come mentore, come stregone. Le domande che Yuji sta facendo a lui, la punta dell’iceberg di quelle che sta facendo a sé stesso, non sono le domande che un quindicenne dovrebbe farsi, e Kento non può più schermarlo, non può più protetteggerlo. Deve trattarlo come l’adulto che dopo quella giornata è diventato. Lo stregone che è diventato. Kento non ha mai odiato tanto quella parola, eppure la prima volta che l’avevano accostata al suo nome non era stato molto più grande di Yuji. Non c’è il tempo per piangersi addosso. Tutto quello che adesso può fare è continuare a proteggerlo, deve solo cambiare il modo. E imparare come proteggerlo da sé stesso. 


  1. Todo Aoi

Aoi sorride davanti alla risposta di Itadori, con il petto gonfio della sensazione di aver trovato un animo affine. Il suo modo di combattere lo meraviglia, e colpo dopo colpo, Aoi sente quella sensazione intensificarsi: lui e Itadori sono fatti l’uno per l’altro, destinati ad incontrarsi e a diventare amici inseparabili. Nessun incontro fatto fino a quel momento gli era mai sembrato così giusto, non i suoi compagni di scuola, né gli studenti della sede di Tokyo: Aoi non ha mai trovato nessuno come lui. Ma in quel quadro c’è una stonatura. La tecnica di Itadori è imprecisa, imperfetta, non diversa da quella di un principiante. Offusca la brillantezza che Aoi si trova di fronte, e Aoi si impone una nuova missione: lucidare quel che ha di fronte, tirare fuori la forma migliore di Itadori. Dopo tutto, è quello che fanno i migliori amici. 


  1. Choso

Choso non è sicuro di che cosa sia successo nel corso di quel combattimento. Sa solo che un momento ardeva d’odio verso Itadori Yuji, l’assassino dei suoi fratelli, e il momento dopo si era sentito tirato verso di lui, con un affetto nuovo che nasceva nel suo sangue senza avere la minima idea da dove venisse. Il sollievo che aveva provato quando, dopo il massacro che era stato l’incontro di Shibuya, lo aveva trovato vivo, per quanto conciato male, era stato senza precedenti. Choso non sa bene che relazione lo leghi a Itadori, lo sente vicino come un fratello, ma ogni volta che lo chiama in quel modo Yuji lo rimbecca. Sa solo che l’unica cosa che può fare è stargli vicino, assicurarsi che non gli accada niente di male. Non può perdere anche lui. Non può perdere l’ultimo frammento di famiglia che gli resta. 


+1. Sukuna

Quel moccioso è profondamente irritante. Ha provato a sovrastarlo con il proprio potere, ma ha resistito. Ha provato a confondergli le idee con le parole. Ha ottenuto qualche risultato in più, lo ha turbato, ma anche rinsaldato la sua volontà. Sukuna riconosce la forza quando la vede, e non può negare che da quel punto di vista Yuji potrebbe essersi guadagnato il suo rispetto - se fosse stato ancora nella sua epoca, nel suo corpo, avrebbe volentieri avuto uno come lui nella sua schiera. Ma messo così, contro di lui… Itadori sembra quasi il suo nemico naturale: i punti deboli che Sukuna è abituato a sfruttare sono dei punti motivazionali per lui. Ma il suo controllo comincia a calare, le quindici dita assorbite rendono Sukuna sempre più forte mentre i suoi piani cominciano a prendere una forma sempre più definita. Deve solo avere un altro po’ di pazienza e, dopo aver aspettato per centinaia di anni, la prospettiva non è poi così terribile. 














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melwrites

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