Titolo: I’ll be whatever you need me to be
Fandom: My hero academia
Missione: M3 – la triade
Parole: 2063
Rating: nsfw
Dopo il combattimento, Eijiro si rifugiò in un vicolo per sfuggire ai giornalisti. Non aveva problemi a gestirli, di solito, ma aveva bisogno di un momento per riprendere fiato prima di affrontarli.
Nel vicolo, però, non era da solo. Todoroki era già lì. Sapeva che aveva preso parte allo scontro perché aveva sentito l’improvvisa ondata di gelo del suo quirk – dopo anni passati a combattere al suo fianco era ormai in grado di riconoscerla a pelle –, ma avevano combattuto in due punti diversi e non lo aveva visto fino a quel momento.
Era strano che fosse lì. Dare interviste non era il suo forte, ma non si sottraeva mai quando i giornalisti si avvicinavano a lui.
Aveva la testa appoggiata al muro e gli occhi chiusi, il volto era accaldato, e anche quello era strano per una persona in grado di controllare la propria temperatura interna.
Eijiro si avvicinò titubante. “Todoroki?”
Todoroki aprì gli occhi ma non si mosse.
“Tutto ok?”
“Sì.”
Sembra senza fiato, ma tiene gli occhi fissi su Eijiro in quel modo che ogni volta gli faceva scorrere i brividi lungo la schiena. Aveva un’espressione concentrata e sofferente al tempo stesso, e sembrava stesse pensando profondamente a quello che aveva da dire. “In realtà, ti andrebbe di venire a cena da me?”
Se non lo avesse proposto lui, glielo avrebbe chiesto Eijiro. Era chiaro che non stesse bene, e Eijiro non lo voleva lasciare da solo in quelle condizioni, soprattutto adesso che Katsuki era fuori città.
Gli era sempre piaciuta casa di Katsuki e Todoroki, era un mix perfetto tra moderno e tradizionale, di design ma accogliente.
Todoroki crollò sul divano, reclinò indietro la testa e chiuse gli occhi. Sembrava esausto, e Eijiro aveva la sensazione che ci fosse qualcosa in più oltre alla stanchezza della giornata di lavoro. Aveva i capelli ancora umidi per la doccia che si era fatto prima di lasciare l’agenzia e indossava una felpa nera di Katsuki che gli stava larga. Era veramente troppo adorabile per il povero cuore di Eijiro. D’istinto scattò una foto e la mandò a Katsuki. Gli aveva promesso che avrebbe tenuto d’occhio Todoroki mentre era via, dopotutto.
“Preparo i piatti e metto un film?” chiese Eijiro e si avviò verso la cucina con la busta del take away del posto di pancake all’angolo che Todoroki adorava.
La risposta di Katsuki non si fece attendere.
Sta bene?
Eijiro rispose subito. L’ho visto un po’ fuori fase. Ceno da voi e lo tengo d’occhio.
Katsuki rispose immediatamente, come se fosse rimasto attaccato al telefono in attesa della sua risposta. Bene.
Eijiro preparò piatti per entrambi, li portò in salotto e mise su un film. Mangiarono in silenzio, e lasciarono i piatti sul tavolino da caffè dopo aver finito – una cosa che non avrebbero mai potuto fare in presenza di Katsuki, ma finché non c’era potevano prendersi qualche libertà.
Mano a mano che il film procedeva, Todoroki si rannicchiava sempre di più contro il divano e gravitava sempre più vicino a Eijiro. Era talmente vicino che poteva sentire il calore che emanava da lui. Era troppo, e aveva il volto accaldato ancora di più di quanto fosse stato. Eijiro cominciò a preoccuparsi.
“Stai bene?”
Todoroki rispose con un mugolio.
“Sento se hai la febbre,” avvertì prima di appoggiare una mano sulla fronte di Todoroki.
Era per metà bollente e per metà gelido, contava come febbre con il suo quirk? C’era un modo per capirlo? Avrebbe dovuto chiamare Katsuki? O un medico?
Todoroki sospirò di sollievo al contatto e si premette di più contro la mano di Kirishima, poi la spostò per appoggiare la fronte al suo petto, inspirò profondamente e fece un versetto soddisfatto. Solo in quel momento, quando erano così vicini, il suo odore raggiunse Eijiro. Sapeva di legna arsa nel caminetto e vaniglia, ma c’era qualcosa di più dolce sotto, dolce e con una punta di piccante.
Estro.
Todoroki era in calore, e se Eijiro non fosse stato un beta se ne sarebbe accorto molto prima. Doveva fare qualcosa, ma cosa? Avevo seguito le lezioni di educazione sessuale al liceo, ma non aveva prestato troppa attenzione, dal momento che era un beta pensava che la cosa non lo avrebbe mai riguardato da vicino, e adesso si sentiva perso.
Katsuki, doveva chiamare Katsuki. Sicuramente lui avrebbe saputo cosa fare quando il suo compagno era in calore.
“Todoroki,” partì Eijiro, mentre Todoroki aveva cominciato a strusciarsi contro il suo petto. “Todoroki,” ripeté, “credo che tu sia in calore.”
“Mh-mh,” mormorò Todoroki continuando a strusciarsi, si strinse a lui, come se volesse fondersi con lui e, non soddisfatto di quel contatto, montò sopra Eijiro e si mise a cavalcioni su di lui, stringendogli le braccia intorno al collo e nascondendo la testa nel suo collo. Giusto, il contatto fisico aiutava a calmare un omega in calore. Ma Eijiro era solamente un uomo, e quello era troppo per lui. Vedere Todoroki così aperto e vulnerabile… Aveva bisogno di aiuto.
Strinse un braccio intorno a Todoroki e si allungò verso il telefono che aveva lasciato sul bracciolo del divano. “Adesso chiamo Katsuki,” disse a Todoroki. “Lui saprà che cosa fare.”
Todoroki alzò la testa, “Katsuki? Dov’è?”
“In missione,” gli ricordò Eijiro. “Ma adesso lo chiamiamo, va bene?”
Todoroki annuì, tornando a strusciarsi contro il collo di Eijiro. Era adorabile, troppo per il povero cuore di Eijiro che da anni cercava di sopprimere quella parte di lui.
Eijiro chiamò Katsuki, che rispose al secondo squillo.
“Che succede?”
“Todoroki è in calore,” disse subito, poi si fece coraggio e disse la parte successiva. “Si è messo in braccio a me, e non so che fare.”
Katsuki non esitò, “Resta con lui, non lasciarlo da solo. Io arrivo il prima possibile.”
“Katsuki?” chiese Todoroki e prese il telefono di Eijiro.
“Ehi, Sho,” Eijiro sentì Katsuki dire. “C’è Eijiro lì con te, si prenderà cura di te. Io arrivo il prima possibile.”
Todoroki mugolò e scelse quel momento per cominciare a strusciarsi su di lui, e Eijiro sentì il proprio corpo reagire. Todoroki era uno dei suoi migliori amici, era il compagno del suo migliore amico in assoluto, non poteva assolutamente fargli questo.
Eijiro riprese il telefono dalle mani di Todoroki. “Katsuki, stiamo parlando di un calore, e…” sperava che quello fosse abbastanza per farlo capire a Katsuki, che sembrò afferrare.
“Lo so,” la sua voce sembrava tesa. “E se non fossi tu ti avrei già detto di andare via di lì immediatamente, ma…”
“Ma?”
Un momento di pausa, “Non dovevano andare così le cose,” disse. “Ne parliamo quando arrivo. Per ora resta lì.”
Non diede a Eijiro il tempo di dire altro e attaccò, e Todoroki cominciò a baciargli il collo.
“Todoroki,” cominciò, incerto di quello che avrebbe dovuto fare.
“Shoto,” rispose Todoroki. “Chiamami Shoto.”
“Shoto,” ripeté Eijiro. “Non so che cosa dovrei fare,” ammise.
Shoto si mise a litigare con la maglietta di Eijiro, sembrava gliela dovesse strappare e lui capì l’antifona e se la tolse, poi Todoroki cominciò a fare lo stesso con la propria maglietta e Eijiro lo aiutò a togliersela. Shoto si appoggiò al suo petto e al contatto pelle contro pelle sospirò di piacere e sollievo, gli prese le mani e se le appoggiò sui fianchi. La sua pelle era gelida e bollente.
“Lo so che lo vuoi,” disse Shoto. “Ho visto come guardi me e Katsuki, adesso puoi.” E la parte peggiore era che aveva ragione.
“Volevamo…” cominciò, e ogni parola sembrava una fatica. “Volevamo chiedertelo, ma non c’era mai l’occasione.”
“Chiedermi cosa?” chiese Eijiro con la bocca secca.
“Chiederti di diventare nostro,” mormorò Shoto sulla pelle del suo collo. “Katsuki si era preparato un discorso,” sorrise come se ci stesse pensando.
Eijiro sentì il proprio cuore accelerare. Lo volevano? Volevano lui? Era per questo che Katsuki aveva detto… ma non poteva pensarci adesso. Adesso doveva occuparsi di Shoto, fare quello che poteva per farlo stare meglio. E se aveva imparato qualcosa era che quando non sapeva cosa fare la cosa migliore da fare era chiedere.
“Che cosa posso fare?”
Shoto gli prese la mano che era sul suo fianco e se la fece scivolare lungo la schiena, fino a farla scomparire dentro i suoi pantaloni. “Toccami.”
E Eijiro non poteva che rispondere a quel richiamo. Con le mani andò a cercare l’apertura di Shoto, era bagnato da morire e Eijiro lo penetrò con due dita direttamente. Shoto inarcò la schiena e gemette, e il gemito andò direttamente all’eccitazione di Eijiro.
Shoto si avventò sulle labbra di Eijiro e lo baciò, e allo stesso tempo si premette indietro contro le sue dita. Eijiro continuò a toccarlo fino a farlo venire, dentro i pantaloni era così duro da fargli male.
Shoto si abbandonò contro il petto di Eijiro. “Nido,” mormorò.
Eijiro se lo caricò in braccio e lo portò in camera da letto, sul letto c’era il suo nido e Eijiro riconobbe, tra gli abiti di Katsuki, molti dei suoi che erano misteriosamente spariti e la cosa lo fece sentire bene. Depositò Shoto sul letto e si allontanò da lui per un momento per andargli a prendere un bicchiere d’acqua. Sentì Shoto mugolare perché era rimasto da solo e fece il più in fretta possibile. Quando tornò in camera, Shoto si era spogliato completamente. Eijiro fece lo stesso e si andò a stendere accanto a lui.
Eijiro riuscì a dormire un po’ tra un’ondata e l’altra di calore. Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando si erano chiusi in camera da letto, ma fuori dalla finestra non era ancora giorno, quindi non potevano essere molte ore, ma si sentiva stanco come se fossero giorni. Un beta non era progettato per restare tanto a lungo da solo con un omega – da quel poco che ricordava, a livello biologico la funzione dei beta era soprattutto quella di restare lucido quando il calore degli alpha e degli omega si sincronizzava, una sorta di guardia del corpo. Non gli sarebbe dispiaciuto essere il loro scudo, il pensiero gli scaldava il cuore. E forse c’era bisogno di lui prima del previsto.
C’era rumore nell’appartamento.
Facendo attenzione a non svegliare Shoto, Eijiro si alzò dal letto e aprì la porta della camera da letto, pronto a tutto.
La luce del bagno era accesa, e Eijiro si affacciò, e vide Katsuki che si stava lavando la faccia. Il dubbio di aver fatto qualcosa che non doveva tornò ad attanagliargli lo stomaco adesso che se lo trovava davanti.
Katsuki gli lanciò un’occhiata. “Ho visto che dormivate e ho pensato di darmi una sciacquata prima di venire a letto.”
“Certo. Adesso che sei qui io posso anche…”
“Cosa? Andartene?”
Eijiro non rispose.
“Te l’ho detto, fossi stato chiunque altro ti avrei detto di andar via. Solo il fatto che ci fossi tu con lui non mi ha fatto uscire fuori di testa.”
Eijiro non sapeva cosa dire di fronte a tanta onestà. “Ho fatto quello che ho potuto.”
“Sono sicuro che sia stato sufficiente.”
“Aveva bisogno di te.”
“E anche di te. Hai visto il nido, no?”
Eijiro annuì.
Katsuki si appoggiò al lavandino.
“Te l’ha detto?”
Eijiro capì subito a cosa si stava riferendo. Annuì.
“Mi dispiace sia andata così. Appena sarà finito tutto questo ne riparleremo con calma.”
Eijiro era in grado di capire quando la sua presenza non era più richiesta. Dalla camera da letto, entrambi sentirono Shoto gemere. Subito Katsuki fu alla porta, pronto a scattare alla voce del suo compagno. Eijiro entrò in camera subito dopo di lui e lo trovò già steso a letto con le braccia intorno a Shoto che, nel sonno, passava il naso sulle ghiandole sul suo collo, beandosi del suo profumo, qualcosa che sicuramente Eijiro non aveva potuto fare.
Eijiro cominciò a recuperare i vestiti che aveva abbandonato sul pavimento, quando una mano lo tirò. Alzò lo sguardo, anche nella penombra riconosceva lo sguardo fiero di Katsuki.
“Dove stai andando?”
“Hai detto che quando sarà finito ne parleremo.”
“Sei un idiota,” mormorò, e lo tirò fino a farlo cadere nel letto. Shoto allungò una mano e strinse quella di Eijiro, mentre Katsuki se lo tirava addosso e lo baciava.
Eijiro sentì qualcosa sciogliersi nel suo petto rimettendosi a letto. Quello era esattamente il posto dove voleva essere adesso.