guys my age
Apr. 5th, 2023 07:45 pmTitolo: guys my age
Fandom: Jujutsu Kaisen
Parole: 6376
Rating: nsfw
Di ritorno dal colloquio, Megumi si fermò davanti alla vetrina della pasticceria sotto casa. Le torte esposte erano piccoli capolavori, soprattutto quella alle fragole, la sua preferita, con la glassa a specchio rosso vivo, le tre fragoline tagliate a metà e i riccioli di cioccolato a decorazione. L’odore dello zucchero che si espandeva per tutta la via gli faceva venire l’acquolina in bocca. Le mani gli fremevano per la voglia di entrare e comprarsela, ma non se lo era mai potuto permettere, figurarsi adesso che era rimasto senza lavoro.
Quando avesse trovato un lavoro, si promise, quando avesse trovato un nuovo lavoro avrebbe festeggiato con quella torta.
L’appartamento era vuoto, Itadori non era ancora rientrato dalla sala giochi dove lavorava. Megumi si gettò sotto la doccia per lavare via la tensione della giornata, i colloqui gli facevano sempre quell’effetto.
Sentì bussare alla porta. “Ho portato la cena,” gli urlò Itadori. “Sbrigati prima che si freddi.”
Megumi lo raggiunse poco dopo, tamponando i capelli con un asciugamano. Non aveva voglia di asciugarli con il phon, e anche se l’avesse avuta non c’era modo di dare un senso ai suoi capelli.
Itadori stava svuotando la busta del take away sul tavolino da caffè dividendo i contenitori di plastica in due mucchietti ordinati.
“Thailandese,” disse quando lo vide comparire. “Ti ho preso il solito.”
Megumi aprì la bocca per protestare, ma prima che potesse dire qualcosa Itadori lo interruppe. “Offre Sukuna stasera.”
Gli ci era voluto quasi tutto il primo anno trascorso da compagni di dormitorio per capire che quel Sukuna di cui ogni tanto saltava fuori il nome era suo padre. Da quello che Megumi era riuscito a capire, il loro rapporto non era un granché, ma non aveva mai fatto domande. D’altronde, cosa poteva saperne lui che una famiglia non l’aveva mai avuta?
“Ti restituirò tutto,” disse sedendosi al suo posto sul divano.
Itadori gli fece segno di non preoccuparsi.
Aggiunse mentalmente il costo di quella cena al prezzo finale del regalo che avrebbe fatto a Itadori una volta che avesse trovato un lavoro. Erano tre settimane che si occupava lui di pagare la spesa. Da quando il vecchietto del ristorante di ramen in cui Megumi aveva lavorato nell’ultimo anno e mezzo gli aveva detto che chiudeva il ristorante per dedicarsi a fare il nonno a tempo pieno. Se non fosse stato per lui, avrebbe già dovuto lasciare l’appartamento, invece così, almeno per quel mese, era riuscito a pagare l’affitto. Gli restava poco tempo per trovare un altro lavoro.
“Come è andato il colloquio?” chiese Itadori aprendo il contenitore del suo riso. L’odore ananas fritto si sparse per tutto il soggiorno, facendo storcere il naso a Megumi.
“Paga orribile. E cercavano per il turno della mattina, impossibile con le lezioni.”
Perdere le lezioni avrebbe significato perdere la borsa di studio, ed era una cosa che Megumi non poteva permettersi assolutamente.
Itadori annuì comprensivo, continuando a mangiare. “Troverai altro,” disse.
“O posso mettermi a fare il cam-boy.”
Megumi si aspettava che Itadori scoppiasse a ridere, ma quello si limitò a un verso contemplativo.
“Perché no,” disse imperturbabile.
Megumi non sapeva neanche se lo avesse detto seriamente o meno. L’idea lo aveva accarezzato un paio di volte in passato, ma non l’aveva mai preso davvero in considerazione, non abbastanza da andarsi a informare su come funzionasse, almeno.
Itadori riprese a parlare, “Hai un tipo di bellezza che potrebbe piacere sia agli uomini che alle donne.”
Un chicco di riso gli andò di traverso. Era la prima volta che qualcuno diceva una cosa del genere. Forse quello poteva essere il momento giusto per un’altra piccola confessione…
“Non mi interessa piacere alle donne,” Megumi mormorò a voce così bassa che non era sicuro che Itadori l’avesse sentito. Era il peggior coming out che avesse mai fatto, ma era anche l’unico.
Ma Itadori l’aveva sentito e si limitò a scrollare le spalle, “Punta sugli uomini, allora.”
La tranquillità con cui stava prendendo quella conversazione spinse Megumi a considerare l’idea con più serietà di quanto avesse mai fatto.
Se la cosa avesse ingranato ci sarebbero stati numerosi pro. Avrebbe potuto lavorare da casa, e agli orari che preferiva, e non avrebbe più dovuto passare la notte in bianco per rimanere in pari con i corsi.
“Se sei preoccupato per la tua identità puoi usare una maschera,” continuò Itadori. “E— non hai tatuaggi strani, vero?”
Megumi scoppiò a ridere per l’espressione corrucciata sul suo viso. “Nessun tatuaggio strano,” confermò Megumi.
“Bene,” annuì Itadori.
Megumi accantonò il pensiero per tutto il fine settimana e prima che fosse pronto era di nuovo lunedì e tornò al turbinio delle sue giornate — lezioni, pranzo, giri per la città alla ricerca di un lavoro.
Uscì dall’ultima lezione della giornata con la testa già infilata nel telefono. Aveva compilato l’ennesima lista di posti in cui andare a proporsi e stava studiando sulla mappa il percorso migliore per coprirne il più possibile in un solo pomeriggio.
Qualcuno nel corridoio gli venne addosso, il telefono gli sfuggì di mano e cadde a terra con un tonfo sordo. Di scatto, Megumi si chinò a raccoglierlo. Il vetro dello schermo era una ragnatela, e il telefono si era spento.
Megumi alzò lo sguardo e riconobbe subito il ragazzo che l’aveva urtato. Era stato con lui qualche sera prima, a una festa. Aveva le spalle larghe e i capelli chiari, esattamente il suo tipo. Peccato solo si fosse dimostrato estremamente noioso a letto, e quando gli aveva proposto di restare per un secondo round, Megumi gli aveva detto di no e se ne era tornato a casa. Adesso, lo stava guardando dall’alto in basso con aria di superiorità.
Perfetto, pensò Megumi, un altro di quelli con l’ego più grande di lui che non era in grado di accettare un rifiuto. Era ancora più contento di non avergli dato quella seconda possibilità.
Provò a riaccendere il cellulare, ma quello non voleva saperne, restava insensibile a ogni stimolo.
“No, no, no, anche tu no!” disse al suo telefono, come se quello potesse sentirlo, avere pietà di lui e riaccendersi.
Ancora in piedi davanti a lui, il ragazzo sembrò rendersi conto di quello che era successo. Sbiancò. “Io non— volevo solo—”
Megumi si alzò e, senza degnarlo di uno sguardo, lo lasciò lì, in mezzo al corridoio, con delle scuse mezze formate ancora sulle labbra. Non aveva tempo di mettersi a discutere con lui.
Era veramente l’ultima goccia. Megumi era stanco di doversi sbattere in quel modo. Quella storia doveva finire. Avrebbe preso in mano la situazione.
Aveva poco di suo, ma non aveva paura di usarlo.
Arrivato a casa, Megumi si sedette alla scrivania con il suo laptop. Le ricerche lo tennero occupato per l’intero pomeriggio e quando sentì la porta di casa aprirsi pensò che Itadori avesse finito prima il suo turno, poi si rese conto che la stanza si era fatta buia. Era comprensibile che avesse fame.
Uscì dalla sua stanza e trovò Itadori buttato sul divano che giocava con il cellulare. Alzò lo sguardo su di lui.
“Oh, sei a casa. Ti stavo aspettando per cena.”
“Preparo il ramen,” rispose Megumi, dirigendosi verso la cucina. Itadori lo seguì poco dopo e si sedette al tavolo alle sue spalle mentre aspettavano che l’acqua bollisse.
“Ho fatto un po’ di ricerche oggi,” cominciò Megumi. “Sulla cosa del cam-boy.”
Itadori fece un verso per dirgli che stava ascoltando.
“C’è un sito che non sembra male.”
“Hai già creato il profilo?”
“Non ancora.”
Itadori si alzò e prese una bevanda gassata dal frigorifero. Megumi scosse la testa.
“Bevi troppe di quelle schifesse.”
Itadori scrollò le spalle, ma per il resto ignorò il suo commento.
L’acqua bolliva, e Megumi ne versò un po’ nei contenitori del ramen e li appoggiò sul tavolo, classico di fronte a lui e extra condimento di fronte a Itadori. Si sedette al solito posto mentre aspettavano che il ramen fosse pronto.
“La stai prendendo con molta calma.”
“Cosa?” chiese Itadori alzando il coperchio del ramen per vedre a che punto fosse e Megumi gli diede un colpetto sulla mano per farlo smettere.
“Questa storia del cam-boy.”
Itadori si appoggiò allo schienale della sedia. “è un lavoro,” disse. “Ci avevo pensato anche io a farlo per un po’, per non prendere più soldi da Sukuna, ma penso che non renderei bene.”
Megumi cercò di trattenere la sorpresa. Non tanto per il fatto che ci avesse pensato, quando per il fatto che non si fosse sentito abbastanza attraente da andare fino in fondo. Itadori era una delle persone più sicure di sé che avesse mai conosciuto, aveva un fisico invidiabile, e Megumi era convinto che il suo carisma sarebbe passato anche attraverso la telecamera e gli avrebbe fatto guadagnare un buon numero di fan.
“Sono abbastanza sicuro che avresti trovato il tuo pubblico.”
Itadori rise, “Non fa per me. E poi ho scoperto che è divertente spendere i soldi di Sukuna.”
Rimasero per un momento in silenzio, poi Megumi parlò di nuovo.
“E se non funzionasse?”
“Chiudi tutto e torni a cercare lavoro come hai fatto fino adesso,” disse Itadori con serenità. “Fare un tentativo non fa male a nessuno.”
Fare un tentativo… Non l’aveva mai vista in quel modo. Megumi sentì un peso sollevarsi dalle sue spalle. Fare un tentativo non avrebbe fatto male a nessuno.
Megumi sedeva sul letto a gambe incrociate, il laptop aperto davanti a lui.
Aveva finito di compilare il modulo di registrazione e stava controllando per l’ennesima volta i dati inseriti e i termini dell’iscrizione.
Itadori si era rifiutato di aiutarlo a impostare il profilo, non gli importava che Megumi si mettesse fare il cam-boy, ma non voleva sapere di più di quanto non sapesse già. Megumi non poteva dargli torto.
Come foto del profilo, ne aveva scelta una che aveva scattato allo specchio per caso qualche tempo prima, dopo un colloquio, in cui aveva i primi due bottoni della camicia bianca sbottonati. Il suo viso era parzialmente coperto dal telefono, ma il suo fisico longilineo si vedeva bene. Sembrava anche più alto di quanto non fosse in realtà.
Scelse Blessing come nome — banale e pretenzioso al tempo stesso, ma se voleva far funzionare la cosa doveva sparare in alto. E apparire più sicuro di quanto non si sentisse. O almeno, questo era stato uno dei consigli che aveva estratto da Itadori e dalla sua esperienza con i social network.
Il sito dava anche l’opportunità di compilare una lista di desideri dei regali che avrebbe voluto ricevere, Megumi la compilò senza troppa convinzione.
Dopo l’ultimo controllo, diede la conferma. Il suo profilo era ufficialmente online. Tempo qualche minuto, gli arrivò un’email del sito nella quale gli scrivevano che il vibratore che vibrava con le mance che aveva ordinato sarebbe arrivato a casa sua nel giro di ventiquattr’ore, una volta avuto quello avrebbe ufficialmente potuto fare la sua prima live. Aveva passato due giorni a osservare la concorrenza, e ormai aveva una vaga idea di quello che avrebbe dovuto fare, per il resto avrebbe improvvisato.
Per ora, gli restavano solo due cose da fare. Per prima cosa, comprare una maschera. Ne trovò una che copriva solo la parte superiore del volto, di pizzo nero e fu amore a prima vista. Era bellissima, e anche se non copriva interamente il viso avrebbe comunque fatto il suo lavoro. Sarebbe potuta diventare parte della sua immagine. Spese buona parte dei suoi risparmi per comprarla, sperò che ne valesse la pena.
Fatto quello, andò verso il suo armadio e passò in rassegna tutti i suoi vestiti, ne scelse alcuni che gli stavano particolarmente bene e si scattò alcune foto per cominciare a popolare il suo profilo. Si aspettava che si sarebbe sentito a disagio o in imbarazzo, ma la verità era che si sentiva come un adolescente che aspetta di essere da solo in camera per farsi le prime seghe, gli faceva circolare l’eccitazione nelle vene, attratto dall’illeceità di quella situazione.
Avere solo la webcam del computer per scattarsi le foto complicava un po’ le cose, ma per ora doveva farselo andar bene. Finì di scattare le foto e le caricò sul suo profilo.
Adesso era davvero tutto pronto. Non gli restava che aspettare.
Megumi passò la giornata successiva con lo stomaco annodato in attesa dei suoi pacchi. Nel suo petto si alternavano momenti di panico a momenti di esaltazione, era terrorizzato e allo stesso tempo eccitato per quello che stava per fare. E nonostante avesse visto moltissimi streaming in quei giorni, non riusciva proprio ad immaginarsi nei panni di quei ragazzi. Probabilmente non avrebbe avuto nessuno spettatore e nel giro di qualche giorno sarebbe tornato al punto di partenza, ma ormai che aveva messo in funzione la macchina non voleva fermarla.
I suoi pacchi arrivarono nel pomeriggio, insieme a un pacco per Itadori — probabilmente le cuffie antirumore che si era fatto comprare da Sukuna. La maschera era bellissima — valeva la pena provarci anche solo per avere una scusa per indossarla — e adorava come gli stesse addosso.
Quando si avvicinò l’orario deciso, Megumi si chiuse in camera e mise il segnale che lui e Itadori avevano concordato sulla porta della stanza. Mai come in quel momento fu convinto di voler mantenere a tutti i costi quell’appartamento e la privacy che le due camere separate permettevano.
Si mise davanti allo specchio e si tirò indietro i capelli. Indossò la stessa camicia bianca che aveva nella sua immagine del profilo e solo un paio di boxer neri che gli fasciavano il fondoschiena come una seconda pelle. E infine la maschera, legandola bene dietro la testa per evitare che Si sentiva bene, all’altezza di quello che stava per fare.
Si stese sul letto, mise il laptop in posizione e avviò lo streaming. Aveva letto su alcuni forum che aveva consultato che l’inizio poteva essere un po’ lento, e di trovarsi qualcosa da fare, quindi decise di approfittarne per portarsi un po’ avanti con lo studio. Fece attenzione che le sue gambe comparissero nell’inquadratura e che si vedesse quello che stava facendo, magari giocarsi la carta dello studente poteva funzionare.
Si costrinse a tenere gli occhi fissi sul libro, senza guardare in maniera ossessiva quante persone si fossero connesse, ma non riusciva davvero a studiare e si ritrovò a rileggere la stessa frase abbastanza volte da perdere il conto, quindi si limitò a fare finta ancora per un po’.
La chat trillò per i primi messaggi. Megumi aspettò un momento prima di guardare, giusto per fare scena. I primi spettatori erano arrivati. Era il momento di entrare per davvero in scena.
Si tirò su dalla sua posizione e si mise davanti allo schermo, piantando i piedi sul materasso e mostrando le gambe lunghe e le cosce toniche. Anni di corsa gli tornavano utili in quel momento. Aprì appena la bocca e cominciò ad accarezzarsi l’interno coscia, era stato sempre un punto estremamente sensibile per lui, ma a cui nessuno dedicava mai attenzione. E forse quella era la chiave per fare delle live efficaci. Dedicarsi a sé stesso, fare quello che gli piaceva e nessuno sapeva darsi piacere come lui.
Sollevò la testa con fare altezzoso e sorrise arrogante alla telecamera. Gli piaceva l’idea che qualcuno lo stesse guardando, l’idea di tenere qualcuno sulle spine dall’altro lato della webcam. Lo faceva sentire potente in un modo in cui non si era mai sentito prima.
Altre persone si unirono alla live, e i messaggi continuavano ad arrivare sullo schermo. Megumi li leggeva con la coda dell’occhio, ma continuò a muoversi come se non fossero lì. Voleva che aspettassero, ancora per un po’.
La sua erezione cominciò a indurirsi sotto i suoi boxer. Si sollevò la maglietta per mostrare l’addome piatto, la muscolatura allungata e appena visibile. I messaggi si facevano sempre più incalzanti, via la maglietta, via i boxer, mostra quello che hai sotto le mutande.
E Megumi sorrise alla telecamera. “Buonasera,” mormorò. “Cominciate a essere attivi. Mi piace.” Si allungò a prendere il vibratore collegato alle mance che il sito gli aveva mandato e lo mostrò alla telecamera. “Sapete cos’è questo,” disse con lo sguardo fisso nella telecamera. “E sapete come funziona,” aggiunse con un sorriso. “Che ne dite?” A giudicare dai commenti, sapevano cos’era e l’idea che lo usasse piaceva abbastanza.
Megumi tornò alla posizione iniziale, con l’anticipazione che gli dava la pelle d’oca. Sapeva di avere la loro attenzione addosso, lo poteva percepire in ogni fibra del suo essere. Si stava divertendo e si sentiva la testa leggera. Tutti i progetti che aveva fatto, le mosse che si era preparato, sfuggirono dalla sua testa, inebriata da quella situazione.
Si accarezzò l’erezione ormai completamente formata. Lo sguardo gli cadde sul commento di un utente, The King: Levali.
“Volete che me li tolga?” chiese, guardando diretto in camera, come se potesse guardare negli occhi ogni utente che l’aveva scritto. “Fatemelo fare.”
Megumi sentì il suono dell’arrivo di una mancia, poi un’altra. “Molto bene.” Si stese indietro sul letto e sollevò le gambe. Sfilò i boxer facendoli scivolare su, lungo la linea delle cosce e li lanciò via.
Ancora il suono delle mance. A quanto pareva le sue gambe avevano attirato l’attenzione.
Molto bene, scrisse The King.
Nuovi commenti gli suggerivano di aprire le gambe, e Megumi lo fece, lasciando che la camicia coprisse ancora parzialmente la sua erezione.
Nuove mance arrivarono quando cominciò ad accarezzarsi. Sollevò la camicia e la strinse tra i denti, scoprendosi del tutto. Continuò a muovere la mano, e gli sfuggì un gemito soffocato dalla stoffa che teneva tra i denti. Con la mano libera, Megumi scese ad accarezzare la sua apertura ancora morbida. Quel pomeriggio si era fatto una doccia e si era preparato, era anche venuto per aumentare la sua resistenza quella sera.
Tra i messaggi che lo esortavano ad andare avanti e penetrarsi con le dita, spiccava quello di The King. Impaziente.
Megumi sorrise e fissò dritto nella telecamera, come se lo stesse sfidando, quando si penetrò con due dita. Il tintinnio delle mance continuava. Megumi cominciò a pompare con le dita, lasciandosi libero di gemere. Gli scappò un gemito più forte quando le dita toccarono la sua prostata.
Ma non poteva perdersi nel piacere, doveva andare avanti con lo spettacolo. Si allungò verso il vibratore e si penetrò con quello. Un nuovo flusso di mance lo fece vibrare. Era più potente di quanto avesse previsto, e si appoggiava deliziosamente contro la sua prostata, lo lasciava senza fiato. Megumi approfittata della pausa tra una scarica e l’altra per riprendere fiato. Si sporse verso la telecamera per mostrare come il vibratore sparisse nel suo corso e il modo in cui la sua erezione si contraesse a ogni nuova scarica. C’erano persone lì che lo guardavano, che stavano godendo guardandolo e il pensiero che qualcun altro, a distanza, stesse controllando il suo corpo e potesse controllare il suo orgasmo lo eccitava più di quanto avesse mai pensato potesse succedere.
Il piacere gli aveva avvolto l’intero corpo, era quasi al limite.
“Sto per venire,” mormorò alla telecamera. “Chi vuole l’onore?” chiese provocatorio. Nuove mance, ma nessuna di quelle era abbastanza, ognuna lo spingeva solo un po’ più vicino al limite, ma non erano abbastanza.
Poi ne arrivò ancora una, lunga e interminabile, esattamente al posto e al momento giusto, esattamente quando ne aveva bisogno. Megumi venne senza neanche bisogno di toccarsi, e il suo pubblico dovette apprezzare, perché ne arrivarono ancora, spingendolo nel territorio della sovrastimolazione.
Megumi si concesse un momento per riprendere fiato, poi si avvicinò alla telecamera con fare sinuoso e ringraziò tutti quelli che si erano collegati. Chiuse la trasmissione sentendosi più stanco di quanto avesse previsto, dopo aver raggiunto l’orgasmo migliore da un po’ di tempo a quella parte. Forse era più portato per quel lavoro di quanto credesse.
Collassò sul letto. Era sudato e appiccicoso, e avrebbe avuto bisogno di una doccia, ma non era sicuro che le gambe potessero reggere il suo peso in quel momento.
Sullo schermo del suo computer apparve la notifica di un messaggio nella chat del sito. The King gli aveva scritto in privato. Sei interessante, Blessing Benvenuto.
Gli streaming cominciarono a ingranare dopo quella prima sera. Aveva alcuni spettatori regolari di cui aveva memorizzato i nomi, altri andavano e venivano, ma a poco a poco sembrava star riuscendo a costruirsi un nome.
Alcuni avevano anche cominciato a mandargli dei regali. Il sito aveva un sistema che teneva protette le vere identità deli iscritti e tutti i regali venivano controllati prima di essere inoltrati. Per la maggior parte, aveva ricevuto lingerie. Megumi cercava di indossare quello che poteva durante gli stream, facendo attenzione a nominare esplicitamente chiunque gli avesse mandato il regalo, e con quello che non riusciva a far entrare negli streaming si scattava delle foto che caricava nel suo profilo.
The King era sparito dopo quel primo messaggio, ma Megumi lo vedeva quasi sempre online durante i suoi show, e lasciava spesso mance piuttosto generose.
Quella sera, Megumi decise di cominciare a saldare il suo debito nei confronti di Itadori. Non aveva streaming, aveva deciso di lasciarsi i venerdì sera liberi per passare la serata a guardare anime con Itadori. Era un’abitudine che avevano preso dopo essersi trovati come compagni di dormitorio, al primo anno, e che continuava adesso che avevano affittato insieme quell’appartamento. Ordinò la pizza per entrambi, e insieme si buttarono sul divano e misero su una nuova puntata di un anime che avevano cominciato a seguire insieme.
“Come stanno andando gli streaming?” gli chiese improvvisamente Itadori. Era la prima volta che glielo chiedeva esplicitamente.
“Bene,” ammise Megumi. “Non è un modo per arricchirsi, ma guadagno più o meno quanto guadagnavo prima lavorando di meno.”
“Ma ancora niente telefono.”
“Ancora niente telefono,” sospirò Megumi. Era vero, nonostante avesse ripreso a guadagnare, in quel momento, con il pagamento dell’affitto che si avvicinava sempre di più, non poteva permettersi di spendere per un nuovo telefono.
Itadori si mise in bocca un pezzo di pizza. “Hai provato a buttarla lì durante una live? Magari ti danno abbastanza da comprartene uno nuovo.”
Megumi era in conflitto. Da una parte si sentiva un approfittatore a chiedere soldi per un nuovo telefono, dall’altra un cellulare nuovo gli sarebbe davvero servito. Forse aveva ragione Itadori, e forse non c’era niente di male a dirlo. In fondo, stava offrendo i suoi servizi in cambio di soldi, come in un qualunque altro lavoro.
E, onestamente, da quando aveva iniziato, si sentiva molto più in controllo della sua vita. I suoi ritmi di studio erano diventati più umani, non doveva più passare le notti in bianco per studiare senza rimanere indietro. E recuperare ore di sonno lo faceva sentire meno in stato di zombie la mattina, riusciva a seguire meglio le sue lezioni. Non era il lavoro che avrebbe voluto fare per il resto della sua vita, ma per il momento poteva andare.
Adesso che aveva di nuovo i pomeriggi libri stava anche pensando di tornare a correre, finalmente.
“Buonasera,” Megumi cominciò il suo streaming. Adesso che aveva dei regular, i suoi streaming cominciavano con qualche chiacchiera generale. Rendeva il tempo di attesa prima che la situazione si scaldasse più gestibile, e a quanto pare la cosa veniva apprezzate, perché in chat riceveva domande. Megumi rispondeva, stando attento a non rivelare troppo.
“Volevo ringraziarvi per i regali che mi avete mandato. Sono tutti bellissimi, e mi dispiace che non li possiate vedere meglio. Purtroppo il mio telefono si è rotto un po’ di tempo fa, e scattare le foto con la webcam del computer è complicato.”
In chat, qualcuno gli chiese che cosa fosse successo al suo telefono.
Megumi dibatté un momento tra sé che cosa dire, ma alla fine decise di dire la verità. Raccontò di essere stato a letto con un ragazzo, e che quando si era rifiutato di dargli una seconda opportunità quello non l’aveva presa bene, l’aveva urtato nei corridoi dell’università e glielo aveva fatto cadere. Quella storia aveva il vantaggio di essere abbastanza generica da poter essere reale o inventata, e fu un ottimo ponte per passare alla fase successiva della sua live. Passò a parlare di quanto fosse stato noioso, delle sue fantasie e desideri.
Nel corso dello stream di quella sera, Megumi ebbe la sensazione che le mance fossero più consistenti del solito. Forse davvero si sarebbe potuto comprare un nuovo telefono e riaprire i suoi contatti con il mondo.
Il nuovo pacco dal sito arrivò un paio di giorni dopo. Era sempre un momento eccitante, quando riceveva un nuovo pacco, e una parte di lui non riusciva a credere che ci fossero persone che davvero volevano regalargli delle cose. Non aveva mai ricevuto regali, neanche ai compleanni. Il massimo che riusciva a ottenere, all’orfanotrofio, era la torta alle fragole e le candeline.
Megumi si sedette sul divano, approfittando di essere a casa da solo, e aprì il pacco con tutta calma. All’interno, trovò un paio di discutibili completini intimi — chi poteva pensare che avrebbe mai indossato della lingerie leopardata fucsia era un mistero; aveva ricevuto anche un paio dei vibratori che aveva messo nella lista dei desideri senza troppa fiducia. Ma c’era anche qualcos’altro. A ogni oggetto, era allegato un biglietto che ne indicava il mittente, qualcuno aveva anche scritto un paio di righe per accompagnare il regalo.
Allungò la mano dentro il pacco e ne tirò fuori una scatolina che inizialmente non riuscì ad identificare. Il biglietto indicava The King come mittente, e Megumi sgranò gli occhi quando vide che cosa fosse.
Un telefono nuovo.
Non era un grande esperto di nuove tecnologie, ma sembrava anche un modello piuttosto recente. Aprì la scatola con cautela. Il telefono all’interno era splendido, dallo schermo grande, un modello decisamente più moderno del suo.
Megumi andò in camera sua e aprì il sito suo computer. Aprì i messaggi privati e li scorse fino a trovare quel primo messaggio che aveva ricevuto e a cui non aveva neanche risposto.
Mi hai mandato un telefono, scrisse.
Forse avrebbe dovuto aggiungere qualcosa, mantenere il suo personaggio anche in quel messaggio, ma in quel momento si sentiva ancora troppo sbalordito che uno sconosciuto avesse pensato di mandargli un telefono nuovo.
Si aspettava di non ricevere risposta fino a sera, ma la risposta arrivò prima del previsto.
Hai detto che il tuo è rotto. Era tutta una scusa?
Megumi rispose subito. No, il mio telefono è davvero rotto. Solo non pensavo di riceverne uno.
Ti dispiace?
Non sono sicuro di poter accettare.
Allora fai una cosa per me.
Megumi guardò confuso il messaggio. Non ho intenzione di dare dati personali.
Bravo ragazzo.
Quella risposta lo confuse ancora di più. The King scrisse ancora. Ne ho scelto uno con una buona fotocamera. Scattati delle foto decenti, quelle che hai adesso sul tuo profilo sono tremende.
Finché è solo questo, lo farò.
Non ti farei mai del male, Blessing.
-
Megumi trascorse il pomeriggio a scattare e caricare le nuove foto per il suo profilo. Quella sera ricevette un nuovo messaggio da The King.
Arancione? Davvero?
Megumi scoppiò a ridere. Tra i completini che aveva ricevuto, ne aveva ricevuto anche uno di pizzo arancione. Gli stava veramente male, ma aveva promesso di fare foto con tutto quello che avrebbe ricevuto, e quindi aveva scattato e caricato anche una foto con quello, sperava che passasse inosservato tra le altre foto.
Non è il mio colore? Rispose Megumi.
Assolutamente no.
E con che colore starei bene?
Verde scuro.
“Con chi parli?” lo interruppe Itadori sedendosi accanto a lui sul divano.
Ne terrò conto, scrisse Megumi, e spense lo schermo del suo telefono.
“Con il tizio che mi ha mandato il telofono,” rispose mostrandolo a Itadori.
“Wow!” Itadori gli strappò il telefono di mano e cominciò a giocarci. “Questo modello è appena uscito,” e si lanciò nella spiegazione delle specifiche tecniche del modello che Megumi non stette ad ascoltare.
Megumi ricevette la camicia due giorni dopo. Una camicia verde scuro, di un tessuto liscio e setoso sulla pelle, niente a che vedere con le camicie che aveva indossato fino a quel momento. Il mittente era, ancora una volta, The King. E aveva avuto ragione. Quel colore gli donava molto, e Megumi adorava come gli stesse addosso. Aveva anche indovinato la taglia, assolutamente perfetta per lui. Gli fasciava il corpo come una seconda pelle.
Andò in camera sua, indossò la maschera e si mise davanti allo specchio a figura intera. Si scattò una foto in cui si vedesse bene la camicia e anche il fatto che stesse scattando la foto con il telefono che gli aveva mandato.
Avrebbe dovuto caricare la foto sul profilo, ma c’era qualcosa di stranamente intimo in quel regalo e Megumi si sentiva di non volerlo condividere pubblicamente, non ancora. Aprì la chat con The King e mandò la foto solamente a lui, senza aggiungere altro.
Staresti bene nel mio ufficio, gli rispose The King.
Non era esattamente quello che si aspettava. La maggior parte delle volte, quando qualcuno avviava una chat privata con lui, parlava di camera da letto. Era una piacevole variazione.
Ufficio?
The King rispose con una foto. Sembrava seduto su una sedia d’ufficio, con giacca, cravatta e camicia bianca. Sembrava abbastanza giovanile come look, e sembrava avere il petto largo. E quel look… era interessante. The King scrisse ancora.
Se me li portassi tu invece della mia segretaria i documenti mi sembrerebbero meno noiosi.
Megumi sorrise alla chat. Non male. Ne voleva di più. E mi lasceresti andar via?
Non è facile. Se andassi via potrei guardarti il culo, ma non mi dispiacerebbe tenerti sotto la mia scrivania, a mia disposizione.
Oh, la conversazione stava prendendo una piega interessante. Non era la prima volta che faceva un po’ di fan service nei messaggi privati, ma questa volta Megumi non riusciva a sentirsi distaccato. Le cose che quell’uomo diceva gli facevano stringere lo stomaco. Lo eccitava che fosse un uomo che lavorava in ufficio, vestito quell’uomo. Dava un’idea di potere, e Megumi forse doveva scendere a patti con il fatto che avesse un po’ un problema con il potere. Le eccitava, e lo eccitava far eccitare uomini così. Lo eccitava l’idea di sottomettersi a uomini così.
Sono piuttosto flessibile, entrerei facilmente sotto la scrivania, scrisse.
La risposta di The King si fece attendere un po’ di più. Sono in riunione, e sto detestando ogni secondo. Vorrei essere nel mio ufficio e poter leggere i tuoi messaggi da solo.
E i tuoi colleghi cosa pensano?
Che ho smesso di parlare perché sto ricevendo messaggi importanti.
L’aura di potere che quell’uomo emanava allora era giustificata.
Torna alla tua riunione, possiamo riprendere questa conversazione più tardi.
The King non rispose, ma Megumi non aveva tempo per pensarci. Doveva prepararsi per lo streaming.
Megumi tornò a casa dall’allenamento e si fece una doccia. Quella sera era di riposo. Da quando aveva di nuovo i pomeriggi liberi era tornato a correre e solo adesso che aveva ricominciato si era reso conto di quanto gli fosse mancata quella sensazione. Non sentire nient’altro che il vento e la pista sotto i piedi, la sensazione di correre lontano da tutto ciò che lo preoccupava, e a distanza i suoi problemi sembravano meno pesanti, più gestibili.
Era ancora lontano dai suoi tempi del liceo, ma non andava così male come temeva. Il suo corpo stava reagendo bene agli allenamenti, e il suo corpo si stava asciugando in fretta in quei punti in cui un anno di inattività l’aveva ammorbidito.
I suoi spettatori non avevano tardato a notare il cambiamento nel suo corpo. Avevano fatto domande, e Megumi aveva spiegato che era finalmente tornato a correre e aveva detto di quanto gli fosse mancato. La storia sembrava aver commosso i suoi spettatori, perché quella sera le mance erano state ottime.
Sul tavolino da caffè, trovò un pacchetto proveniente dal sito. Itadori era a lavoro e Megumi lo aprì sul divano.
Quella volta, dentro ci trovò un fit bit, perfettamente compatibile con il suo telefono. Ancora una volta da The King.
Megumi prese il telefono per mandargli una foto del suo polso con il fit bit. Lui ricambiò con una foto del suo braccio con lo stesso fitbit, scrivendogli che funzionava bene. Aveva un bel braccio, grosso e muscoloso. I frammenti che Megumi aveva di quell’uomo ormai componevano un’immagine sempre più allettante, e qualche volta quella figura senza volto era entrato nelle sue fantasie, ma non voleva ammetterlo.
Nella scatola c’era qualcos’altro. Megumi guardò un attimo il disegno sulla scatola, senza capire esattamente che cosa fosse. Sembrava un dildo anale attaccato a un pennello per il trucco. Aprì la scatola e studiò meglio il prodotto. Gli ci volle un po’, ma capì che quella cosa doveva essere una coda da coniglio di un rosa pastello. Era carina, molto carina, e decise di usarla nello streaming dell’indomani. Certo, si sarebbe dovuto ingegnare per usare il vibratore delle mance, o poteva non usarlo e fare qualcosa di diverso. Aveva un po’ di cose da fare.
Lo streaming era stato un successo. Tutti i suoi spettatori avevano adorato la coda da coniglio e le mance lo avevano dimostrato. Megumi era veramente soddisfatto.
Non male, gli scrisse The King dopo la live. Mi piacerebbe averti come animaletto a casa, ad aspettare il mio ritorno a casa.
Megumi sentì la ormai familiare stretta di eccitazione allo stomaco.
Vorresti che ti saltassi addosso quando ritorni a casa?
Vorrei metterti un collare per far sapere a tutti che sei mio, tenerti inginocchiato sotto la mia scrivania mentre lavoro e farti tutto ciò che desidero quando finisco.
Mi piace come suona.
Ah sì? Ti piace l’idea di avere un uomo più grande che ti comanda, che ti dice quello che devi fare?
Più di quanto credessi.
Ti metterei un collare, per far sapere a tutti che sei mio.
Mi piacerebbe.
La conversazione si stava scaldando, ma in quel momento The King mise un freno.
Buonanotte, Blessing, scrisse.
Megumi non sapeva se essere deluso o sollevato.
Megumi si stava preparando per andare a una festa a cui l’aveva invitato Itadori. Aveva indossato la camicia che gli aveva regalato The King perché adorava come gli stesse.
Itadori bussò alla sua porta. “Pronto?”
“Quasi”
“C’è un pacco per te,” glielo lasciò sul letto e uscì dalla stanza.
Stavolta il pacco era piccolo. Megumi lo aprì e dentro c’era solo una cosa. Era un bracciale, da The King. E, questa volta, aveva allegato un biglietto.
“Non sarà un collare, ma per ora può andare.”
Megumi lo indossò immediatamente.
C’era un ragno sul soffitto. Megumi lo guardava camminare avanti, poi indietro e poi di nuovo in avanti.
La porta della camera si chiuse, e Megumi scattò in piedi e cominciò a raccogliere i propri vestiti sparsi in giro. Quella scopata è stata una perdita di tempo. Per tutto il tempo, mentre quel tizio si dimenava sopra di lui, la sua mente tornava a The King. Era sempre così con i ragazzi della sua età, e Megumi era stanco di annoiarsi in quel modo. E lo era ancora di più adesso, che con il suo nuovo lavoro aveva imparato a capire che cosa gli piacesse e che cosa meno.
Sgattaiolò via mentre il ragazzo era ancora sotto la doccia e tornò a casa ancora mezzo brillo.
Prese in mano il telefono e mandò un messaggio a The King.
Mi hai rovinato la serata.
Buonasera, Blessing. Vuoi dirmi che succede?
Megumi gli mandò una foto del proprio polso, dove il bracciale riposava accanto al Fitbit. Che cos’è questo?
Un regalo.
Megumi prese fiato prima di rispondere. Sono stato a letto con un ragazzo questa sera. Ho pensato a te tutto il tempo.
Fammi indovinare. Lui ci ha provato tutta la sera, è stato carino con te, molto carino, troppo. Tu volevi che ti prendesse, ti ordinasse cosa fare, ti comandasse a bacchetta.
Sì.
E adesso vorresti che lo facessi io? Dirti cosa fare?
Sì.
Allora sdraiati comodo.
I messaggi di The King continuarono ad arrivare, descrivevano esattamente che cosa avrebbe fatto a Megumi se fosse stato lì, sempre più nel dettaglio. E Megumi adorava ogni momento.
Venne con un gemito strozzato e scrisse un rapido Buonanotte.
Non c’era modo di tornare indietro dopo una cosa del genere, ma adesso non voleva pensarci.
Megumi uscì dal negozio soddisfatto del suo acquisto. Era da tempo che Itadori voleva quel videogioco, e lui si era ripromesso che gli avrebbe fatto un regalo degno di questo nome quando finalmente avesse trovato un lavoro. Non solo per i soldi che gli aveva prestato, ma anche per il supporto che gli aveva dimostrato.
La metà del mese era arrivata, e con quella il giorno in cui avrebbe dovuto pagare l’affitto. Megumi aveva fatto il proprio versamento, e era rimasto sconvolto quando si era reso conto che sul suo conto restavano effettivamente dei soldi a disposizione.
Di ritorno dalle lezioni passò davanti alla pasticceria del quartiere. Ci passava ogni mattina e guardava i dolci esposti in vetrina sentendo l’acquolina in bocca. Ogni giorno passando il profumo dello zucchero riempiva la via, gli faceva venire veramente voglia di entrare lì e comrparsi qualcosa, ma non se lo era mai potuto permettere. Quella pasticceria era nota per essere una delle più famose della città, e i dolci erano piuttosto cari, e Megumi non aveva mai avuto soldi extra da poter spendere in dolci.
Eccetto che quel giorno ce li aveva. L’illuminazione lo colpì all’improvviso.
Di istituto entrò e comprò una torta alla fragola, la sua preferita. L’ultima volta che l’aveva mangiata gliel'avevano fatta per i suoi quindici anni, all’ultimo compleanno in cui suo padre si era degnato di essere presente. Era stato lui a scegliere la torta, sapendo quale fosse la preferita di Megumi.
Quella sera la mangiò con Itadori, godendosi i frutti del proprio lavoro.
Forse la vita universitaria non sarebbe poi stata così male.