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[personal profile] chasing_medea
Titolo: walking the wire
Fandom: Free!
Prompt: Pioggia, Sereno, Oscurità
Parole: 1736
Rating: safe

- Haru, ho fatto un casino e mi serve il tuo aiuto -
Haru rimase in silenzio, aggirandosi nel suo appartamento e aspettando che Rin continuasse.
- Ci sei? -, gli chiese Rin dall'altro capo del telefono.
- Sì. Che hai combinato? -, gli chiese Haru con il solito tono piatto.
- Hai presente i miei genitori australiani? -
Haru ricordava di averli conosciuti durante il loro viaggio in Australia, erano stati gentili, ma non gli sembrava di ricordare molto altro al riguardo.
- Sì -, rispose comunque.
- Ecco. Erano preoccupati che io mi stessi dedicando troppo solo al nuoto e non avessi una vita sociale, insistevano che avessi bisogno di uscire con qualcuno...-
Haru aspettò che continuasse, non capendo bene dove volesse andare a parare il suo amico. Si diresse verso il bagno e aprì l'acqua nella vasca da bagno.
- ...quindi io- Ehi! Ti stai facendo il bagno? -
- Non ancora. Quindi tu? -
- Gli ho detto che avevo un ragazzo in Giappone, per quello non uscivo con nessuno -
- Hai un ragazzo a Tokyo? -, chiese Haru. Nonostante la sua voce non lasciasse trapelare nulla, si sentiva offeso che uno dei suoi migliori amici non gli avesse detto una cosa del genere. Non che gli interessasse, ma era quello il tipo di cose che si dicevano gli amici, no?
- No! E' quello il punto! -
- Oh -
- Già. E quando mi hanno chiesto chi fosse sono andato nel panico, non sapevo cosa dirgli e me ne sono uscito con la prima cosa che mi è venuta in mente -
Haru, di nuovo, rimase in silenzio.
- Gli ho detto che l'avevano già conosciuto... quando lo avevo portato con me in Australia -
- Ma tu hai portato me in Australia -
- Appunto -
- Oh. -
Rin rimase in silenzio in questa occasione, aspettando che Haru si rendesse bene conto delle implicazioni della cosa.
- Quindi tu hai detto ai tuoi genitori australiani che io sono il tuo ragazzo? -
- Esatto -
- Non sono offeso -, sentenziò Haru.
- Perchè dovresti? -
- Hai detto di aver fatto un casino. Pensavi mi arrabbiassi per una cosa del genere? -
Haru sentì qualcosa che sbatteva dall'altro capo del telefono.
- Hai sbattuto? -, chiese.
- Sì. Volontariamente contro il tavolo della cucina -.
- Perchè? -
Rin sospirò esasperato e non si degnò di rispondere alla domanda.
- Non è quello il casino -, disse. - Il casino è che sanno che sto per partire per Tokyo per le gare e hanno deciso di venire con me per conoscerti! -
- Ma mi hanno già conosciuto -
- Per conoscerti in veste ufficiale di mio ragazzo -
- Oh -
- Ti prego, ti prego, ti prego. Devi aiutarmi! -
- Che cosa dovrei fare? -
- Niente di particolare. Solo una cena in cui sei il solito te stesso, ma ogni tanto ti volti a guardarmi con occhi pieni d'amore -
- Non so farlo -
- Pensa che io sia uno sgombro gigante -
- Esistono sgombri giganti? -
- Non è quello il punto! -, disse esasperato Rin. - Allora, lo farai? -
- Ok -
- Ok? -
- Ok -
A Rin ci volle qualche momento per rendersi conto che Haru aveva accettato la sua folle proposta senza particolari obiezioni, poi la notizia sembrò raggiungere il suo cervello. - Oddio, grazie, grazie, grazie! Arriviamo la prossima settimana, ci sentiamo nei prossimi giorni per metterci d'accordo? -
- Va bene -
Rin salutò Haru, era già in ritardo per gli allenamenti, ma Haru aveva già attaccato. Si era cacciato veramente in un bel casino.

*

La cena stava procedendo senza intoppi. Avevano prenotato in un ristorante tradizionale, i suoi genitori avevano deciso di assaggiare quanta più roba locale possibile, mentre Haru aveva ordinato il solito sgombro. Rin si stava godendo i sapori con cui era cresciuto: solo riassaggiandoli si era reso conto di quanto gli fossero mancati. Haru si stava mostrando educato e gentile e i suoi genitori australiani erano rimasti completamente ammaliati da lui - avevano fatto anche qualche battuta a Rin su che bel ragazzo fosse riuscito ad accaparrarsi. Rin era arrossito di colpo, aveva borbottato qualcosa imbarazzato e aveva pregato che l'inglese di Haru non fosse migliorato dall'ultima volta che erano stati in Australia insieme.
All'uscita dal ristorante, Haru ringraziò i genitori di Rin per l'ospitalità e l'offerta della cena. Cominciarono a camminare per un po' nella stessa direzione, fino a che Haru non fece scivolare la propria mano in quella di Rin. Rimase un momento bloccato sul posto.
- Vi ringrazio ancora per tutto -, disse Haru ai suoi genitori con un piccolo inchino. - Noi andiamo da questa parte -.
- O certo, vi abbiamo trattenuto anche troppo -, ridacchiò la madre. - Andate pure. E fate i bravi! -.
Rin arrossì ancora fino alla punta dei capelli, ma Haru non sembrò avere alcun tipo di reazione imbarazzante. Salutò educatamente e cominciò a trascinare Rin in una direzione che non conosceva. Quando furono fuori dalla portata dello sguardo, Rin pensò che gli avrebbe lasciato la mano, ma Haru non lo fece. Continuarono a camminare in silenzio.
- Ho pensato fosse più credibile che venissi a casa con me se stiamo insieme a distanza -
Rin annuì. - E' stata una bella pensata -
Piccole gocce di pioggia cominciarono a cadere.
- Dove dormi stanotte? -, chiese Haru dopo qualche attimo di silenzio.
- Ho preso una camera nello stesso albergo dei miei -
- Dovresti andare allora, prima che finiscano i treni -
- Ti accompagno a casa -, gli rispose Rin. Non sapeva cosa stesse facendo, sapeva solo che non voleva lasciare andare la mano di Haru.
La pioggia aumentò di intensità mentre raggiungevano casa di Haru, l'ultimo tragitto lo dovettero fare di corsa. Arrivarono al complesso di appartamenti dove abitava Haru.
Salirono le scale fino a trovarsi davanti alla sua porta. Haru si voltò verso di lui, nell'oscurità della notte rischiarata solo dalla poca luce dei lampioni il suo viso appariva etereo, il blu dei suoi occhi liquido, il suo viso era terribilmente vicino.
- Posso prestarti un ombrello. O puoi restare qui stanotte -
Rin aveva la sensazione di trovarsi davanti a uno di quei bivi che potevano cambiare completamente la vita di una persona. Non sapeva quale fosse la scelta giusta, sapeva solo che non voleva che quella serata finisse.
- Resto -, disse. La sua voce uscì roca e basa.
Haru si voltò e aprì la porta di casa. Non accese le luci. Indicò a Rin il bagno e sparì nel suo appartamento. Rin si ficcò sotto la doccia, quando uscì trovo un cambio di vestiti pronto e piegato.
Raggiunse nuovamente il soggiorno. Haru era in cucina, l'unica luce accesa era quella della cappa, lasciando l'appartamento nella semi-oscurità, quasi anche lui volesse preservare la strana atmosfera che si era venuta a creare.
- C'è del thè caldo -, gli disse prima di allontanarsi in direzione del bagno.
Rin trovò accanto alla teiera due tazze, una blu e una rossa. Scelse quella rossa, ci versò un po' di thè e si sedette a berlo sul divano. Notò che sul divano erano già pronti un cuscino e una coperta.
Dopo un po' Haru uscì dal bagno, anche lui fresco di doccia.
- Ti va bene il divano? -, gli chiese Haru passandosi un asciugamano tra i capelli.
Rin annuì. Haru sparì in direzione della camera da letto, lasciò la porta aperta. Rin sistemò il cuscino e si stese sotto la coperta.
Tra la doccia e la bevanda calda prese sonno immediatamente.

*

Si svegliò nel corso della notte. Dovette sbattere le palpebre un paio di volte per ricordarsi dove fosse. Si tirò su sul divano e vide della luce provenire dalla camera di Haru. Si alzò e scalzo percorse i pochi metri che lo separavano. Si affacciò alla porta e vide Haru seduto sul suo letto, con la schiena al muro e le gambe raccolte al petto, guardava la pioggia sbattere contro il vetro della finestra alla sua destra. L'oscurità della notte era rischiarata solo dai lampi, i tuoni facevano tremare i vetri.
Rin fece un passo titubante dentro la stanza.
- Haru? -, chiese debolmente.
Haru fece scattare la testa nella sua direzione, gli occhi erano spalancati e l'espressione allarmata.
- Non mi piacciono i temporali -, disse solo. - Non mi piace stare da solo quando ci sono i temporali -
Rin annuì. Si chiese per l'ennesima volta in quegli anni quanto veramente fosse stato pesante per Haru vivere da solo in quella grande casa.
- Posso venire lì? - chiese. Rin non era sicuro di come muoversi, aveva sempre visto Haru come un blocco di marmo rigido. Aveva sempre saputo che doveva esserci della fragilità da qualche parte, ma non gli aveva mai dato modo di vederla.
Haru annuì.
Rin si avvicinò e si sedette accanto a lui, le spalle si toccavano. Rimasero in silenzio a guardare la pioggia fuori dalla finestra, fino a che Haru non cominciò a chiudere gli occhi.
- Vuoi sdraiarti? - chiese Rin.
Haru annuì. Rin fece per alzarsi, ma la mano di Haru scattò ad afferrare la stoffa della maglietta che gli aveva prestato per la notte.
- Resta -
Rin annuì e si stese con lui sotto le coperte e allargò le braccia. Pensava che Haru lo avrebbe preso in giro, gli avrebbe detto di starsene nel suo lato del letto e non disturbarlo, ma quello si infilò tra le sue braccia e poggiò la testa al suo petto.
Dopo un attimo di sorpresa, Rin abbassò le braccia e lo strinse. Rin abbassò la testa e lasciò un piccolo bacio tra i capelli di Haru. Sentì Haru irrigidirsi per un momento, poi avvicinarsi ancora di più a lui e sistemarsi meglio sul suo petto.
Haru si addormentò poco dopo, con una mano sul petto di Rin e il viso finalmente sereno.
Rin lasciò un altro leggero bacio sulla sua testa. Non voleva farsi domande, non quella sera, non quando poteva godersi il calore del corpo di Haru accanto al suo mentre fuori il temporale continuava a imperversare. Ci sarebbe stato tempo il giorno dopo per pensare a cosa tutto quello significasse, quando il cielo fosse tornato sereno e il battito del suo nuovamente regolare.

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