Titolo: (un)lost
Fandom: Haikyuu
Missione: M4 - storia divisa a metà, due pov + arranged marriage
Parole: 7777
Rating: nsfw
Note: lievi riferimenti a sangue/scene che potrebbero dar fastidio
Hinata uscì sul balconcino, coperto solo da un lenzuolo di morbido cotone bianco, le ali bianche erano raccolte dietro la schiena. Il balconcino si affacciava direttamente sul mare, davanti a lui non vedeva nulla, se non la distesa blu dell’oceano. Sapeva che c’erano altre persone lì oltre a lui, eppure stare lì lo faceva sentire sul tetto del mondo, quasi come se fosse sulla cima di una scogliera senza nulla intorno.
Chiuse gli occhi e, con un sorriso sulle labbra, inspirò a fondo l’aria di mare.
Un paio di braccia si strinse intorno alle sue spalle.
Hinata voltò leggermente la testa. Kageyama, ancora con gli occhi chiusi, lo aveva raggiunto e aveva appoggiato la testa nell’incavo del suo collo.
“Ehi”, gli mormorò.
Kageyama diede un piccolo bacio sul suo collo.
“Che ci fai qui?”, gli chiese con la voce ancora impastata dal sonno, le labbra si muovevano contro la pelle di Hinata.
“Mi piace il mare”
Kageyama annuì, ma non si mosse da lì.
Hinata chiuse nuovamente gli occhi e inclinò la testa verso l’alto, godendosi il calore del sole sul viso e quello del corpo di Kageyama contro la sua schiena.
Hinata sperava che quel viaggio non finisse mai. Non aveva la minima idea del perchè suo padre avesse deciso di inviare lui come rappresentate del regno a quello stupido torneo, dal momento che non gli era neanche concesso partecipare. Poteva solamente rimanere lì a guardare i cavalieri combattere e ad applaudire. Per non parlare del fatto che non vedeva Kageyama da anni. Kageyama era sempre stato un po' strano, sempre imbronciato e sempre sule sue. Quando erano entrambi piccoli le visite della sua famiglia al castello erano state piuttosto frequenti, si poteva dire anche che fossero quasi diventati amici, ma a un certo punto si erano interrotte e Shoyo aveva quasi dimenticato la sua esistenza.
Shoyo avrebbe voluto fare due chiacchiere con il valletto che lo stava scortando in quel viaggio, giusto per far passare un po' il tempo, ma quello sembrava volesse far finta di non esistere. Probabilmente era stato istruito di non disturbare il viaggio del pincipe.
Sospirà e tornò a guardare fuori dal finestrino della sua carrozza. Il paesaggio stava gradualmente cambiando: dai fitti boschi di campagna erano arrivati in pianura, ovunque si voltasse vedeva infinite distese verdi, alcune casette in legno distanziate tra di loro. Attraversarono alcuni villaggi di contadini che guardarono con curiosità la carrozza riccamente decorata che stava passando. Si bloccavano nel mezzo della loro attività e rimanevano a guardarla a bocca aperta, sporgendo i colli per cercare di vedere chi si nascondesse al suo interno. Ogni volta Hinata si schiacciava contro il sedile per evitare di essere visto. Lo aveva sempre imbarazzato essere trattato in quel modo, essere guardato in quel modo. Avrebbe semplicemente voluto essere lasciato libero di fare quello che voleva, invece era cresciuto con sempre qualcuno che osservava i suoi movimenti, pronto a lamentarsene con il primo membro della sua famiglia che fosse capitato a tiro.
Il paesaggio cambiò nuovamente. Shoyo era circondato da colline gialle, verdi brillanti o rosse per i fiori di campo risplendevano sotto il sole primaverile. Era molto diverso da quello che aveva sempre visto in montagna, dove era solo roccia e verde.
"Quanto manca ancora?", chiese al valletto seduto di fronte a lui, schiacciato in un angolo della carrozza per non disturbarlo.
"Non molto, mio signore", rispose formalmente.
Shoyo annuì e tornò a guardare fuori.
Fu dopo una collina che lo vide. Improvvisamente, davanti ai suoi occhi, comparve una distesa d'acqua blu cristallina che si allungava a vista d'occhio. Il colore dell'acqua era diverso da quello dei laghi di montagna a cui era abituato ed era agitata da piccole onde che si alzavano per il leggero vento che soffiava quel giorno. Shoyo spalancò gli occhi, appoggiò le mani al finestrino, avrebbe desiderato sporgersi ma le aperture troppo piccole non gli consentivano di farlo.
Quello doveva essere il mare. Ne aveva sentito parlare solamente nei suoi libri, ma non lo aveva mai visto. Fu un colpo di fulmine.
Se per avere quella vista per qualche giorno avrebbe dovuto sopportare un torneo di cavalieri, l'avrebbe fatto volentieri.
Hinata si perse ad osservare il panorama e vide solo all'ultimo momento il castello che cominciava ad apparire in lontananza. Era interamente costituito di bianco, aveva forme squadrate, come grandi blocchi di marmo di forme diverse messi l'uno di fianco all'altro e costruito proprio in cima alla scogliera, a picco sul mare. Era completamente diverso dai castelli in pietra scura che si trovavano nei regni di montagna.
La carrozza continuò a camminare, fino ad attraversare un grande cancello di ferro battuto. Hinata ebbe la prima vista dei giardini, enormi e pieni di fontane, riccamente decorate con statue e i cui zampilli d'acqua creavano effetti ottici particolari. La carrozza si fermò davanti a una grande scalinata anche quella completamente bianca e resa quasi accecante dalla luce del sole. Lì, ad attenderlo, vide Kageyama.
Era completamente diverso da come lo ricordava, l'espressione perennemente imbronciata era stata sostituita da una fiera e fredda. I tratti del viso erano affilati, i vestiti di, un blu scuro, gli cadevano perfettamente addosso, dandogli un'aria elegante e regale. Le grandi ali, nere come i capelli, erano piegate dietro la schiena. Teneva la schiena dritta e una mano appoggiata sull'elsa della spada.
Il valletto aprì la porta della carrozza e Hinata scese, le gambe erano intorpidite dopo tante ore di viaggio e per un attimo ebbe la sensazione che non reggessero il suo peso. Si avvicino titubante a Kageyama e si inchinò formalmente, sorridendogli per cercare di mascherare il suo nervosismo.
"Benvenuto", disse Kageyama. La sua voce era profonda e distaccata, come se non volesse essere lì più di quanto volesse Hinata.
"Grazie dell'invito", rispose Hinata raddizzando la schiena.
"Spero tu abbia fatto un buon viaggio"
"Molto tranquillo. I vostri genitori?"
"Avevano impegni che non hanno potuto rimandare, ma sei atteso per cena"
"Con molto piacere"
"I servitori vi scorteranno nelle vostre stanze"
"Grazie"
Hinata si inchinò ancora una volta, sperando che questo mettesse fine alla conversazione rigida e imbarazzata. Non poteva credere che avrebbe dovuto passare così i prossimi giorni.
Kageyama si inchinò a sua volta, si voltò e entrò nuovamente nel castello.
Dietro Hinata alcuni servitori avevano preso i suoi bagagli e avevano cominciato a portarli su per le scale. Hinata li guardò confusi chiedendosi se dovesse seguirli, ma un altro servitore venne in suo soccorso. Si affiancò a lui e si inchinò.
"Prego, mi segua, mio signore"
Hinata lo seguì all'interno del castello. Anche l'interno era completamente bianco, le poche decorazioni erano di un azzurro brillante. Hinata era talmente preso dall'osservare tutto che quasi andò a sbattere contro il servitore, che aveva seguito meccanicamente fino a quel momento, quando questo si fermò.
"Queste saranno le vostre stanze, all'interno è già stato organizzato tutto per permettervi di darvi una rinfrescata"
Hinata lo ringraziò e entrò in quella che sarebbe stata la sua stanza nei prossimi giorni. La prima cosa che vide fu l'enorme letto a baldacchino con le sue decorazioni azzurre, come tutto il castello. Quando vide la tinozza d'acqua calda tutto il resto passò in secondo piano.
Si chiese distrattamente come avrebbe fatto a ritrovarla, si era perso completamente il percorso.
Rinfrescato dopo il lungo viaggio, Hinata aprì il baule e indossò qualcosa di comodo ma elegante per la cena, sempre nei colori del nero e del rosso, quelli del suo regno. Come sempre, nonostante cominciasse a far caldo, indossò un mantello leggero per coprire le ali. Quando un servitore venne a chiamarlo per cena, Hinata era pronto.
Venne scortato attraverso i corridoi del castello fino alla sala da pranzo reale. Era un'ambiente ampio e luminoso, le giornate si erano allungate e la luce del tramonto entrava dalle ampie finestre, alcune candele erano state accese nei bracieri, ma ancora non erano strettamente necessarie.
La regina si avvicinò a lui con un largo sorriso e lo strinse in un abbraccio, le sue ali lunghe e sottili si avvolsero intorno al corpo di Hinata. Hinata dovette resistere alla tentazione di aggrapparsi a lei. Si era reso conto solo in quel momento di quanto sentisse la mancanza di un abbraccio materno. Da quando sua padre se ne era andata, non aveva più avuto nessuno che lo stringesse in quel modo. La regina sorrise e lo tenne stretto più a lungo di quanto fosse strettamente necessario, ma Hinata non aveva alcuna intenzione di districarsi dalla stretta.
"Shoyo", gli disse con voce dolce quando si decise a lasciarlo andare. Lo tenne per le spalle e guardò attentamente tutta la sua figura. "Quanto sei cresicuto", gli disse. "Vieni, accomodati. La cena sarà pronta tra poco".
Shoyo si accomodò al tavolo, la regina prese il posto a capotavola, Kageyama era di fronte a lui. Altri due posti erano apparecchiati, Hinata stava per chiedere chi dovesse raggiungerli per cena, quando la porta della sala si aprì nuovamente e HInata vide entrare Oikawa.
Oikawa era il cugino di Kageyama, divenuto un paio d'anni prima re del suo regno, a poca distanza da lì. Anche lui, da piccolo, aveva passato le estati con loro e il suo passatempo preferito era sempre stato far perdere le staffe a Kageyama, cosa anche abbastanza facile nel complesso. Hinata, però, si era sempre trovato bene con lui, nonostante fosse di qualche anno più grande rispetto a loro. Oltre a essere più alto non sembrava cambiato poi molto, anche se le sue ali color cioccolato erano diventate molto più ampie e imponenti, era visibile nonostante le stesse tenendo a riposo. Shoyo si alzò per andarlo a salutare, Oikawa gli sorrise, lo afferrò per il mento e osservò con attenzione i suoi lineamenti, con un sopracciglio alzato.
"Oikawa, lascialo stare", disse una voce dietro di lui.
Hinata voltò lo sguardo e vide Iwaizumi. Anche lui era stato spesso da loro, era il cavaliere
incaricato della scorta di Oikawa sin da quando avevano quindici anni.
"Guarda che bel faccino ha messo su! Ha sempre avuto gli occhioni, ma adesso guardalo. Potrebbe piegare imperi se imparasse a usarli nel modo giusto", commentò invece Oikawa non dando segno di averlo sentito e senza rilasciare il suo mento.
"Oikawa, lascialo stare e vieni a sederti", lo rimproverò bonariamente la regina. Oikawa lo lasciò andare.
"Ti ricordi di Iwa?", gli chiese. "Adesso è diventato re consorte!", annunciò Oikawa.
"Oh, congratulazioni?", disse Hinata incerto su quale dovesse essere la sua reazione a quella notizia.
Iwa non sembrò offendersi, ma neanche dare molta importanza alla cosa. Si limitò a prendere Oikawa e costringerlo quasi a mettersi seduto sulla sedia accanto al cugino. Hinata si sedette nuovamente e vide l'espressione scocciata sul viso di Kageyama.
In quel momento servitori cominciarono a portare piatti ricchi di pietanze fumanti. Solo in quel momento Hinata si rese conto di quanta fame avesse, ringraziò ancora per l'ospitalità e si fiondò sul cibo.
La cena procedette tranquilla, riempita prevalentemente dalle chiacchiere di Oikawa e dalle domande della regina, che voleva sapere come stesse suo padre, come andasse il regno e se quell'albero di ciliegio che amava tanto nei loro giardini fosse ancora vivo. Kageyama rimase in silenzio tutto il tempo, mentre Iwaizumi interveniva occasionalmente, la maggior parte delle volte per convincere Oikawa a darsi una calmata, soprattutto quando le sue domande vero Hinata cominciarono a farsi più impertinenti. Hinata rispose a tutto, sorseggiando vino per cercare di tenere a freno l'imbarazzo. Non sapeva bene come comportarsi davanti a loro. Quando era più piccolo era libero di fare quello che voleva, ma capiva che si aspettavano che ormai avesse le maniere di un principe. Solo che a Hinata le maniere da principe erano sempre state piuttosto strette.
Alla fine della cena, calò un silenzio confortevole sulla tavolata, tutti erano pieni e soddisfatti per la cena.
"Tobio, perchè non accompagni Shoyo a vedere i giardini?", disse improvvisamente la regina.
Kageyama annuì e si alzò dal tavolo, si avvicinò alla sedia di Hinata e gli offrì il braccio per aiutarlo ad alzarsi. Hinata la prese facendosi tutto rosso in viso e lo seguì nei giardini. Li aveva visti solo di passaggio quella mattina, ma di sera facevano tutto un'altro effetto. La notte era calata, e i bracieri sparsi per il giardino illuminavano le fontane in pietra bianca, dando sfumature rossastre sia alla pietra che all'acqua, la luce della luna immergeva tutto nella penombra dei racconti fantastici che il principe adorava leggere.
Kageyama si schiarì la voce mentre passeggiavano, evitava lo sguardo di Hinata anche lui in evidente imbarazzo.
"Allora", disse improvvisamente. "Le stanze sono di tuo gradimento?", chiese tanto per spezzare il silenzio.
"Sì, sono molto belle. Grazie", rispose Hinata più in imbarazzo di lui.
Hinata capiva solo in parte cosa fosse successo. Erano praticamente cresciuti insieme, ma nonostante questo un'aria imbarazzante gravava intorno a loro rendendo ogni tentativo di conversazione pesante. Quando erano piccoli non avevano mai avuto di quei problemi, passavano le loro giornate a discutere, è vero, ma dove erano loro non c'era mai silenzio.
Un brivido attraversò Hinata.
"Hai freddo? Vuoi rientrare?"
Hinata annuì, cominciava a fare freddo, ma non aveva veramente voglia di rientrare. Voleva solo sfuggire in fretta a quella situazione. Kageyama lo scortò fino alle sue stanze.
"Allora buonanotte", gli disse con un piccolo inchino.
"Buonanotte", gli rispose Hinata prima di infilarsi nella sua camera.
L'arena per il torneo era stata allestita poco distante dal palazzo, in una zona libera al di fuori dei cancelli del giardino. Subito dopo colazione Hinata venne scortato fino a una carrozza e da lì venne accompagnato fino all'arena. Lì venne fatto accomodare nel palchetto con la famiglia reale, accanto a lui la regina e dall'altro lato Oikawa, accanto a Oikawa, Iwaizumi sembrava contento quanto Hinata di essere lì e la cosa in parte lo consolò.
Non gli erano mai piaciuti i tornei, non capiva perchè come passatempo avrebbe dovuto starsene lì seduto a guardare cavalieri che combattevano al primo sangue.
Le trombe squillarono, risuonando per tutta l'arena, tra gli applausi fragorosi del popolo che era accorso, il torno iniziò. In ogni round veniva messa in palio un mazzo di fiori, chiunque vincesse il round aveva l'onore di prendere il mazzo e consegnarlo direttamente a Hinata, che era stato scelto come ospite d'onore di quel torneo. Ogni combattente lo consegnava con un piccolo inchino o un cenno di saluto al suo indirizzo. Hinata ogni volta si alzava dal suo posto e prendeva il mazzo di fiori con un sorriso gentile, cercando di nascondere il fatto che non avesse alcuna voglia di stare lì, dopotutto non era colpa dei cavalieri se lui era costretto a quelle formalità.
Il combattimento successivo sarebbe stato l'ultimo di quella prima giornata e a scendere in campo sarebbe stato Kageyama. Era l'unico della famiglia reale a partecipare a quel torneo e da tutti era dato come favorito per la vittoria. A quanto aveva capito Shoyo, era un combattente incredibile. La sua discesa in campo venne accompagnata dal grande entusiasmo del popolo, che si agitò sugli spalti impaziente di vederlo combattere. A Hinata bastò guardarlo per un attimo per rendersi conto di quanto quelle voci non gli rendessero giustizia. Nonostante non ci capisse molto di duelli, Hinata poteva vedere come Kageyama si muovesse con agilità ed eleganza, le grandi ali dispiegate rendevano la sua figura cupa e inquietante, il suo portamento era fluido e sicuro dei movimenti, non c'era nessun tipo di esitazione in quello che faceva. Appariva quasi spietato per quanto era efficiente. Hinata era sicuro che nessuno volesse trovarselo davanti in battaglia. Gli ci vollero meno di cinque minuti per ferire l'avversario al volto e mettere fine al combattimento, era stato l'incontro più veloce della giornata.
Raccolse il mazzo di fiori e si avvicinò al palchetto reale, lo consegnò a Hinata. Il suo viso era contrariato, come se non fosse soddisfatto del combattimento appena disputato. Hinata raccolse il mazzo di fiori con il solito sorriso gentile, ma Kageyama, non appena gli venne tolto il mazzo dalle mani, si allontanò senza neanche un inchino, andandosi ad infilare direttamente nella tenda allestita per lui intorno all'arena.
Hinata non vedeva l'ora di tornare nelle sue stanze, non aveva alcuna voglia di andare al banchetto organizzato per quella sera, ma sapeva di non avere scelta.
Rispetto al giorno prima il castello era molto più affollato, tutti i cavalieri che erano arrivati per partecipare al torneo alloggiavano dentro le mura del castello, i corridoi erano in pieno fermento e tutto fremeva per la preparazione del banchetto della sera.
Hinata riuscì a rientrare nelle sue stanze solamente per poco, giusto il tempo di cambiarsi e scendere nuovamente nella sala da pranzo, completamente diversa da come l'aveva vista la sera precedente. Il grande tavolo dove avevano cenato era stato disposto in fondo alla sala, altri tavoli ugualmente grandi erano stati disposti ai due lati di quello, creando una sorta di forma a ferro di cavallo. I posti erano apparecchiati uno vicino all'altro, sembrava veramente che non potessero starci tutti insieme visto quanto erano grossi alcuni dei cavalieri. Hinata venne fatto accomodare al tavolo centrale, alla sinistra di Kageyama. La sala fu presto totalmente piena del rumore di piatti, posate, risa, urla e battute, che rimbombavano all'interno delle pareti di pietra. Il trambusto era tale che Hinata non riusciva neanche a sentire cosa gli dicesse Oikawa, seduto alla sua sinistra. Si era sempre trovato bene in mezzo al caos, ma lì in mezzo non riusciva a non sentirsi a disagio e non riusciva a capire perchè. Non appena la cena fu terminata chiese alla regina e a Kageyama di scusarlo e uscì dalla sala.
Lasciatosi alle spalle il rumore del banchetto, i corridoi del castello apparivano spettrali per quanto erano silenziosi. L'idea era quella di andare diretto in camera sua, ma passando davanti all'ingresso principale venne raggiunto dalla brezza leggera dell'aria di mare della sera. Senza pensarci troppo uscì dalle porte e cominciò ad esplorare il giardino.
La sera prima non lo aveva potuto vedere quanto avrebbe voluto perchè la presenza di Kageyama lo metteva a disagio, ma quella sera era solo. Si prese il suo tempo per osservare nel dettaglio ogni fontana e ogni decorazione.
Raggiunse l'estremità del giardino, dove una ringhiera di ferro battuto affacciava direttamente sul mare. L'odore di salsedine lo colpì forte, rimase lì e respirò, sentendo la tensione accumulata in quella giornata scivolare via dal suo corpo. Gli succedeva ogni volta che aveva un incarico ufficiale, ogni volta che gli veniva richiesto di comportarsi da principe per un qualunque motivo. Si sentiva come se indossasse un corpetto troppo stretto per lui - non che ne avesse mai indossato uno, aveva solo provato una volta quello di sua madre per curiosità, e ricordava solo quanto si fosse sentito soffocare quei pochi secondi che lo aveva tenuto addosso, come le stecche gli impedissero qualunque movimento e sentisse il petto compresso, come gli mancasse il fiato solo per tenerlo addosso. Era quella la sensazione, quella di essere costretto in vestiti troppo stretti per lui, che gli irrigidivano la postura e gli impedivano di muoversi come avrebbe voluto, come sarebbe stato naturale per lui.
Sentì dei passi avvicinarsi dietro di lui, Hinata non si voltò. Kageyama lo raggiunse.
"E' un bel posto, qui", gli disse Kageyama.
Hinata annuì. "Molto bello. Di giorno, con il mare che si vede, lo deve essere ancora di più"
"Se ti piace tanto potremmo farlo organizzare qui il matrimonio".
Nonostante il buio Hinata potè vedere Kageyama arrossire. Poi ripensò meglio a quello che aveva detto.
"Aspetta. Quale matrimonio"
Kageyama spalancò gli occhi. "Il nostro matrimonio..." disse diventando ancora più rosso. "Noi dovevamo sposarci"
Hinata spalancò gli occhi e si gelò sul posto. "No, no… non è possibile… mio padre mi ha detto solo che dovevo venire per il torneo, non mi ha detto nulla di un matrimonio", disse con la voce che gli tremava.
"Il torneo era per il fidanzamento", spiegò Kageyama, non sapendo come gestire la situazione.
Hinata cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro per il giardino, con gli occhi che gli si riempivano di lacrime. Appoggiò la schiena alla ringhiera e si lasciò scivolare giù, fino a toccare terra, si portò le ginocchia al petto e si prese la testa tra le mani. Le lacrime cominciarono a scendere.
Kageyama si inginocchiò davanti a lui. "Vuoi dire che non ne sapevi nulla?", il tono della sua voce si era addolcito.
Hinata scosse la testa, tenendo gli occhi spalancati e fissi su un punto non meglio identificato del pavimento. Provò a dire qualcosa, ma riuscì solo a boccheggiare. Kageyama si allontanò un momento e tornò con le mani umide e fresche, doveva averle immerse nella fontana. Cominciò a passarle delicatamente sul viso di Hinata.
HInata lo lasciò fare, mentre le sue lacrime si tramutavano in singhiozzi che scuotevano tutto il corpo. Suo padre lo aveva mandato lì senza dirgli nulla, suo padre lo aveva mandato lì per sbarazzarsi di lui. Hinata non riusciva a togliersi di mente quel pensiero. Non voleva rimanere lì, non voleva sposarsi, ma non voleva neanche tornare a casa, con il timore di essere rispedito via. Sapeva di non essere tagliato per fare il principe, tanto meno il re, ma non credeva che suo padre sarebbe mai arrivato a tanto.
Kageyama fece un cenno a una delle guardie che pattugliavano il giardino e gli disse di mandare a chiedere dell'acqua. Dopo poco arrivò un servitore con una caraffa e un calice, li lasciò lì e si mise in disparte. Kageyama riempì il boccale e aiutò Hinata a bere, assicurandosi che lo facesse a piccoli sorsi. Hinata non aveva ancora detto una parola, ma a poco a poco il suo respiro sembrò regolarizzarsi.
"Mi manderai a casa adesso?", chiese Hinata all'improvviso. Alzò la testa, aveva gli occhi sbarrati. "Non voglio tornare a casa".
"Certo che no", gli rispose Kageyama. "Intanto è meglio che torni in camera".
Kageyama lo prese per un braccio e lo aiutà ad alzarsi. Le gambe di Hinata non sembravano molto stabili. Kageyama lo sostenne per tutto il tragitto, fino alle sue stanze.
"Ce la fai?", gli chiese quando furono sulla porta.
Hinata annuì, con il respiro ancora franto.
"Cerca di riposare", gli disse Kageyama con voce rassicurante, era la prima volta che Hinata lo sentiva così. "Domani cercheremo di capire cosa fare"
Hinata annuì e aprì la porta delle sue stanze.
"Shoyo", lo richiamò Kageyama. Era la prima volta che lo chiamava per nome, si rese conto. "C'è qualcosa di cui hai bisogno?"
Hinata sorrise per il pensiero.
"Nulla che possiate fare"
"Mettimi alla prova"
"C'era questo cavaliere alla corte di mio padre. Sawamura Daichi. E' stato esiliato poco dopo la morte di mia madre. Non ho idea di che fine abbia fatto, ma vorrei veramente parlargli in questo momento".
Il suo sorriso si fece triste, ma la sicurezza sul volto di Kageyama non vacillò neanche per un secondo.
Annuì e si allontanò da lì. Hinata entrò nella sua stanza e si sedette sul bordo del letto, ancora troppo sconvolto per fare qualcosa.
Kageyama percorse i corridoi silenziosi del castello fino a raggiungere la camera della madre. La donna si era tolta gli abiti eleganti che aveva indossato per il banchetto e aveva indossato qualcosa di più comodo.
"Tobio, tutto bene?", gli chiese non appena lo vide fare capolino alla porta della sua stanza.
Kageyama si sedette al tavolo delle sue stanze e cominciò a spiegare alla madre quello che aveva scoperto. La madre annuì pensierosa e si sedette accanto a lui.
"Non possiamo annullare il matrimonio", disse alla fine. "Troppi regni hanno stretto accordi con noi in virtù proprio di questo matrimonio, vorrebbe dire ricominciare tutto da zero. Non posso pensare che quel tizio lo abbia mandato qui senza dirgli nulla"
"Perchè non lo sapeva?", chiese Tobio.
"Con sua madre avevamo deciso di dirvelo quando sareste stati abbastanza grandi per comprendere, ma sua madre è venuta a mancare. Pensavo che il padre glielo avesse detto, non che lo avesse spedito via così"
Kageyama annuì. "Non possiamo rimandarlo a casa", disse deciso. "Lo rifarebbe"
"Lo so. Domani ci inventeremo qualcosa".
Sua madre si alzò dalla sedia, gli lasciò un bacio sulla fronte e così lo congedò.
Tobio si alzò da lì e si diresse verso la sua camera. Sapeva già che quella notte non sarebbe riuscito a prendere sonno.
La mattina dopo, a colazione, non appena sua madre vide Hinata lo strinse forte. Aveva le occhiaie profonde di chi non aveva chiuso occhio tutta la notte.
"Mi dispiace tanto, tesoro. Pensavo lo sapessi"
Hinata la strinse per un secondo, poi si sciolse dall'abbraccio e si sedette al tavolo. Toccò il cibo a malapena. Passò tutto il tempo a giocare con il cibo nel piatto, portando pochissimi bocconi alla bocca. Kageyama aspettò che avesse finito prima di proporgli di andare a fare un passeggiata nei giardini, sperando che la vista del mare lo ritirasse un po' su. Sembrava gli piacesse in modo particolare e Kageyama poteva capirlo: era vero che era cresciuto lì, ma questo non significava che non si rendesse conto della bellezza che si trovava davanti.
Hinata, alla domanda, alzò per la prima volta gli occhi dal tavolo.
"Non devi prepararti per il torneo?"
"Ho ancora tempo. Andiamo?"
Hinata annuì titubante e lo seguì nei giardini. Prima di accompagnarlo alla terrazza della sera precedente, Kageyama passò per le stalle per vedere se il suo cavallo fosse pronto per il torneo. Gli occhi di Hinata si illuminarono. Era il primo sprazzo dell'Hinata che aveva conosciuto da ragazzino che Kageyama vedeva da quando era arrivato al palazzo. Vide Hinata avvicinarsi timidamente ai cavalli. Lo stalliere gli fece un piccolo cenno di assenso e Hinata cominciò ad accarezzarne uno, sorridendo mentre lo faceva e sussurrandogli qualcosa che Kageyama, dal box del suo cavallo, non riusciva a sentire.
Accertatosi che fosse tutto okay, Kageyama raggiunse Hinata in silenzio e lo affiancò.
"Puoi sceglierne uno, se vuoi. Sarà il tuo cavallo"
"Davvero posso?", chiese Hinata con gli occhi che brillavano spalancati e puntati direttamente in quelli di Kageyama, che a stento trattenne l’istinto di fare un passo indietro e di arrossire.
Kageyama annuì.
Hinata abbassò lo sguardo. "Non hai paura che scappi?"
"E dove potresti andare?"
Gli occhi di Hinata si fecero improvvisamente tristi e Kageyama si maledisse. Non era quello che intendeva, ma non aveva la minima idea di come fare a correggere il tiro.
"Non ho intenzione di farlo, per la cronaca. Hai ragione. Non ho dove andare" ammise. Cominciò a camminare avanti e indietro nelle stalle, osservando i cavalli a uno a uno. "Il matrimonio si farà", aggiunse Hinata deciso. "Non sono uno sprovveduto, so come funzionano queste cose". Si prese un momento per guardare i cavalli. "Capisco che è necessario", aggiunse a voce più bassa. "Ed è probabilmente l'unica cosa che posso fare per servire il mio regno".
Kageyama non sapeva che ribattere. Non ci aveva mai riflettuto molto sull'idea del matrimonio combinato in generale, sapeva che era così che dovevano andare le cose, ma pensare che fosse tuto diverso e sentirselo piombare sulle spalle da un momento all'altro non doveva essere facile. Lui era solo contento che gli fosse capitato qualcuno come Hinata, ma se sposarlo avesse significato spegnerlo avrebbe preferito non farlo affatto.
Hinata si avvicinò a un cavallo con gli occhi scuri e il manto talmente scuro da avere riflessi blu.
"Mi piace questo", disse.
"Quello è pericoloso", avvertì Kageyama, ma Hinata aveva preso la sua decisione.
Si avvicinò piano e allungò la mano cercando di non sembrare minaccioso. Sorrise al cavallo, come se il cavallo potesse notare la differenza. Rimase a distanza di sicurezza fermo.
Kageyama osservava la scena poco distante.
Il cavallo fissava Hinata fermo nella sua posizione, mosse un passo nella sua direzione.
Kageyama fece un passo in avanti, pronto a tirare via l’idiota se la situazione si fosse fatta pericolosa, aveva tutti i sensi all’erta.
Ma il cavallo si avvicinò e poggiò il muso sotto la mano di Hinata e si lasciò accarezzare. Hinata fece un passo in avanti, e abbracciò il muso del cavallo continuando ad accarezzarlo.
"Guarda, Kageyama, gli piaccio", disse con quel solito stupido sorriso.
"Sai cavalcare?" gli chiese Kageyama.
Hinata annuì, con negli occhi qualcosa che somigliava a nostalgia. "Andavo sempre con mia madre", rispose. "Ma sono anni che non vado più"
"Come mai?"
Hinata si irrigidì per un secondo. "Mio padre", disse alla fine, "Sostiene che non è decoroso per un principe andare in giro a cavallo, dice che dovrebbe girare in carrozza. Dimostrare il proprio status", abbassò lo sguardo.
"Non ha torto"
"No, ma non sono bravo a fare le cose da principe". Hinata continuò ad accarezzare il muso del cavallo, ma il suo sguardo era perso. "Certe volte vorrei solo avere la libertà di prendere il mio cavallo e scappare nei boschi".
Kageyama capì in quel momento cosa ci fosse di sbagliato in tutta quella visita. Ogni volta che aveva visto Hinata avevano fatto di tutto, tranne comportarsi come i principi che erano. Li avevano lasciati fare perchè erano piccoli, perchè erano poco più che bambini, ma non lo erano più e tutti si aspettavano che si comportassero da principi adesso. E Kageyama si era sforzato con tutto sè stesso per farlo, aveva messo da parte tutto quello che era per apparire dignitoso, pienamente a proprio agio nel suo ruolo, per apparire un compagno desiderabile agli occhi di Hinata. E Hinata aveva fatto la stessa cosa, aveva fatto di tutto per comprotarsi in maniera adeguata, ma quel comportarsi in maniera adeguata lo spegneva dentro, lo snaturava.
A Kageyama venne da ridere al pensiero di quanto fossero stati idioti entrambi.
"Monta a cavallo", disse. "Andiamo a farci un giro"
Hinata spalancò gli occhi. "Cosa? Ma il torneo?"
"Non c'è nessun avversario particolare, posso vincerlo a occhi chiusi"
Hinata lo guardò stranito, come se non sapesse se scoppiare a ridere o alzare gli occhi al cielo.
Kageyama anche montò a cavallo e insieme partirono verso il bosco poco distante dal castello. Quel giorno il torneo si sarebbe disputato senza l'ospite d'onore.
Tornarono al castello che era quasi notte ormai. Il torneo era terminato da un pezzo e la madre di Kageyama non sembrava minimamente turbata dalla scappatella di quel giorno. Si era messa a ridere quando Kageyama gli aveva detto che cosa aveva fatto solo perchè Hinata sembrava triste. Kageyama era arrossito davanti alla risata della madre, senza capire bene perchè si sentisse così in imbarazzo o che cosa sua madre ci trovasse di tanto divertente.
"Siete sempre stati così", disse sua madre quando si fu calmata. "Shoyo faceva gli occhioni e tu avresti fatto qualunque cosa".
Kageyama divenne ancora più rosso.
"Sei fortunato che è buono e che non se ne rende conto, sarebbe in grado di farti dichiarare guerra a qualcuno", continuò la madre.
Kageyama borbottò qualcosa e si allontanò da lì. Si sentiva ancora le guance in fiamme, ma l'aria fresca che entrava nei corridoi dalle grosse finestre aperte gli diede un po' di sollievo.
Camminando per i corridoi sentì dei rumori strani, sembrava il lamento di qualcuno. Tese l'orecchio e accelerò il passo, cercando di individuare la fonte dei rumori. Più si avvicinava più sembrava il pianto di qualcuno in difficoltà. Si ritrovò nel corridoio del secondo piano, continuò a sentire i rumori. Arrivò davanti alla camera di Hinata. Il suono si era fatto più forte. Appoggiò l'orecchio alla porta e non ci furono più dubbi. Hinata aveva qualcosa che non andava. Tirò fuori dallo stivale il pugnale piccolo, quello che portava sempre con sè anche quando era apparentemente disarmato nel comfort del suo palazzo, e spalancò di scatto la porta.
Hinata era in un angolo della stanza, di fronte al grande specchio d'oro nell'angolo, era senza maglietta e dava le spalle allo specchio. Il suo viso era rigato dalle lacrime, c'era sangue sulle sue mani. Si immobilizzò sul posto e guardò Kageyama con gli occhi sbarrati. Kageyama era sotto shock quanto lui.
Si guardò intorno per la stanza e fu allora che le vide: sparse intorno ai piedi di Hinata c'erano delle piume, candide come la neve e macchiate di sangue. Kageyama alzò nuovamente lo sguardo su Hinata, ma stavolta guardò dietro di lui, guardò nello specchio e vide per la prima volta le sue ali.
L'osso dell'ala era nudo, poche piume bianche restavano attaccate, le altre sembravano essere state staccate ad una ad una con le mani. Kageyama sentì un fremito alle sue stesse ali al pensiero di quanto potesse essere dolorosa una cosa del genere.
Hinata sembrò riscuotersi, avanzò verso di lui e fece per spingerlo via, ma Kageyama lo afferrò per i polsi e se lo strinse addosso, lasciando che Hinata nascondesse la testa nel suo petto. I singhiozzi ripresero, ma erano diversi stavolta, non piangeva più per il dolore fisico.
Kageyama avrebbe voluto fare centinaia di domande, ma non era sicuro di come cominciare, non era sicuro che fosse il suo ruolo quello di fare domande. Quando Hinata sembrò essersi calmato, Kageyama si allontanò da lui, recuperò il suo mantello, quello che usava sempre per tenere coperte le ali, e lo coprì.
Strinse un braccio intorno alle spalle di Hinata e cominciò a camminare.
"Dove andiamo?", chiese Hinata con voce roca, lasciandosi guidare docilmente.
"Dal medico di corte"
"Non ho bisogno di un medico"
"Deve far male"
Hinata non rispose.
Camminarono per i corridoi fino a raggiungere lo studio del medico. Il medico li fece accomodare, fece sedere Hinata su un tavolo e sbiancò quando Kageyama tolse il mantello per mostrargli la situazione. Si scusò e si rinchiuse nel suo stanzino alla ricerca di qualcosa in particolare. Tra Hinata e Kageyama calò in silenzio pesante. Kageyama, imbarazzato, faceva vagare lo sguardo in giro per la stanza del medico, cominciò a contare i barattolini con strane polveri esposti sulla mensola.
Fu Hinata a romperlo.
"E' tutta colpa di queste stupide ali", disse.
Kageyama riportò lo sguardo su di lui.
"Mio padre le ha sempre odiate. Me le ha sempre fatte nascondere", continuò Hinata tenendo lo sguardo basso. "E' sempre stato convinto che un corvo bianco non potesse essere re. E' per questo che mi ha mandato via non appena ne ha avuto la possibilità"
"Allora è più idiota di quanto credessi", sentenziò Kageyama.
Hinata alzò di scatto la testa, con gli occhi spalancati. Una piuma si staccò dalla sua ala e cadde ai piedi di Kageyama, che si inchinò per raccoglierla. Ci fece scorrere il dito. Era morbida al tatto.
"Devono essere bellissime", disse tenendo lo sguardo fisso sulla piuma. Pensò a come potesse essere far scorrere la mano sull'intero piumaggio di Hinata.
Il medico tornò poco dopo con un unguento e un infuso caldo. Disse a Hinata di bere l'infuso per far diminuire il dolore, intanto cominciò a spargere l'unguento sulle ali. Hinata rabbrividì per il dolore. Kageyama si avvicinò a lui e gli prese le mani tra le sue, per evitare che si rovesciasse l'infuso caldo addosso. Hinata alzò lo sguardo verso di lui.
Rimasero bloccati così per qualche attimo. Fu la voce del medico a interromperle il momento.
Kageyama si allontanò di scatto, coprì nuovamente le ali d Hinata e lo scortò nuovamente in camera. Senza chiedere il permesso entrò con lui e quando Hinata si sedette sul bordo del letto si sedette accanto a lui.
"Perchè lo hai fatto?"
Hinata abbassò la testa, cominciò a giocare nervosamente con le mani, tenendole talmente strette tra di loro da far diventare le nocche bianche. "Ho pensato che se le avessi viste non avresti più voluto sposarmi e non avrei avuto un posto dove andare"
Kageyama si sentì come se l'avesse appena colpito una coltellata. Non sapeva se dargli una botta in testa per dirgli quanto era stato stupido o stringerlo per dirgli che non l'avrebbe mai mandato via per una cosa del genere. Allungò la mano verso quelle di Hinata, lo convinse a rilasciare la stretta e intrecciò le sue dita a quelle di Hinata ora libere. La sua mano era piccola rispetto a quella più grande di Kageyama. Kageyama fece passare il pollice sul dorso della mano di Hinata. Notò che era ancora macchiata di sangue. Si alzò dal letto e prese il catino con l'acqua. Si sedette nuovamente accanto a Hinata e cominciò a pulirgli delicatamente la mano con una pezza. Lasciò un piccolo bacio sul dorso della sua mano quando ebbe finito.
Il torneo, alla fine, non lo vinse Kageyama, che dopo la scappatella della seconda giornata non era più potuto rientrare in gioco. Guardò il resto del torneo seduto accanto a Hinata, sul palchetto della famiglia reale. In compenso, adesso Hinata aveva capito perchè gli venissero riservati tutti quegli onori. Hinata teneva ancora le ali coperte quando era in pubblico, ma alcune piume avevano già cominciato a ricrescere. Kageyama non vedeva l'ora di vederle complete. Hinata, in quei pochi giorni, era sembrato a poco a poco rasserenarsi, stava cominciando a somigliare sempre di più al ragazzino che si metteva sempre nei guai che Kageyama ricordava. A vederlo così un peso si era sollevato dal petto di Kageyama, all'idea che potesse stare bene lì e potesse adattarsi. Quella sera era stato il loro punto di partenza.
Kageyama aveva anche deciso di rimandare il matrimonio. Se doveva sposare Hinata, lo voleva fare con tutte le sue ali bianche in bella mostra.
"E poi andremo a trovare tuo padre. Entrerai in città a cavallo con le ali in bella mostra", disse Kageyama con la testa appoggiata sul grembo di Hinata.
Hinata rise e tirò indietro la testa.
Erano seduti in un lato un po' più nascosto del giardino, si stavano godendo il sole estivo che faceva risaltare ancora di più il bianco del castello e che faceva profumare il giardino.
Kageyama si perse a guardarlo. Il suo viso si era disteso in quel periodo che aveva passato al castello. Forse l'essere accettato, forse lo stare lontano da suo padre. Kageyama aveva anche cominciato a coinvolgerlo nelle decisioni che riguardavano il regno. Hinata inizialmente era stato restio, fino a che Tobio non gli aveva spiegato che, se doveva essere il suo consorte, lo voleva come alleato anche in quel frangente: non se ne faceva nulla di un consorte che lo fosse solo di facciata e che non prendesse parte minimamente alle decisioni del regno. Quello sarebbe diventato anche il suo regno dopotutto. Hinata alla fine aveva ceduto e aveva cominciato ad aiutarlo. Era buono e compassionevole, Hinata, ma sapeva anche essere deciso. Addolciva i lati più duri di Kageyama, in quei pochi mesi era arrivato a capirlo come nessuno prima. O forse veramente Kageyama si era addolcito a stare con lui.
Almeno questo era quello che sosteneva Oikawa. Lo aveva preso da parte un giorno per dirgli quanto fosse cambiato da quando Hinata era arrivato. Kageyama aveva negato, ma da quel giorno le sue parole avevano continuato a ronzargli in testa. Aveva notato come anche le guardie avessero smesso di irrigidirsi quando passava e sembrassero in generale più cordiali nei suoi confronti. Eppure lui non si sentiva molto cambiato.
Hinata abbassò lo sguardo e vide che Kageama lo stava fissando.
"Ho qualcosa sulla faccia?", chiese preoccupato.
Kageyama, senza pensare bene a quello che stava facendo, allungò un braccio e mise una mano dietro la nuca di Hinata, se lo tirò contro e lo baciò.
Hinata rimase immobilizzato per un secondo, Kageyama si bloccò appresso a lui, preoccupato di aver fatto un casino, ma Hinata ricercò subito le sue labbra.
"Idiota", disse poi allontanandosi e raddrizzando nuovamente la schiena. "Non puoi prendere e fare così all'improvviso".
"Così come?"
"Così", ripetè gesticolando l'intera figura di Kageyama.
"Non ho capito", disse Kageyama, ma scuoteva la testa mentre lo diceva.
Hinata sbuffò esasperato, ma stava sorridendo anche lui. Si piegò nuovamente e rubò un altro bacio a Kageyama.
Per il matrimonio venne allestito il giardino, quel posto che tanto aveva affascinato Hinata. Dalla ringhiera si poteva vedere il mare che risplendeva sotto la luce estiva. Un grande gazebo era stato disposto sull'erba per riparare gli ospiti e gli sposi dal sole cocente. Kageyama camminava nervosamente avanti e indietro per la sua stanza, ancora insicuro che quella fosse la scelta giusta per il regno e per sè, ma Hinata sembrava completarlo e capirlo come nessuno era mai stato in grado di fare. Kageyama poteva andare da lui, dirgli che quel giorno non se la sentiva di fare il suo dovere e Hinata sarebbe scappato con lui in capo al mondo o sarebbe stato in grado di farlo tornare a fare il suo lavoro senza esitazione, perfettamente in grado di leggere la situazione.
Kageyama sentì bussare alla porta della propria camera. Entrò un ragazzo con i capelli grigi, un sorriso dolce e grandi ali bianche che somigliavano a quelle di un cigno.
"Suga!", disse Kageyama non appena lo vide. "Pensavo non riuscissi a venire"
Sugawara sorrise. "Non mi sarei mai perso il tuo matrimonio"
Sugawara era un orfano, era stato cresciuto alla corte. Aveva un paio d'anni più di Kageyama ma erano cresciuti insieme come fratelli. Kageyama si era rattristato al pensiero di sposarsi senza di lui, ma ce l'aveva fatta a venire. Sugawara si occupava di incarichi diplomatici per conto del regno e passava veramente poco tempo al castello.
Suga si avvicinò a lui e lo aiutò a sistemarsi il vestito.
"Non mi chiedi se sono sicuro?", gli chiese Kageyama, che si aspettava che Suga gli facesse tutte le sue raccomandazioni.
"Lo so che lo sei", gli sorrise Suga. "L'hai scelto che eri appena un bambino"
Kageyama lo guardò alzando un sopracciglio.
"Mi ricordo com'eri quando eri con lui", riprese Suga. "Eri... felice? Non so. So solo che sembravi un bambino vero. Non credo avresti mai permesso a nessun altro di chiamarti idiota senza ripercussioni"
Kageyama distolse lo sguardo imbarazzato. Ricordava quello che gli aveva detto sua madre e non era molto diverso. Si chiese se veramente fosse stato così da bambino, ma l'unica cosa che riusciva a ricordare di quelle trasferte erano i guai in cui si andava a cacciare per seguire Hinata.
Suga lo scortò in giardino, dove fu raggiunto da Hinata. Accanto a lui vide un ragazzo più grande di loro di qualche anno, aveva corti capelli neri e spalle larghe, le ali erano nerissime e non particolarmente grandi. Doveva essere il cavaliere di cui Hinata gli aveva parlato. Aveva mandato alcuni soldati a cercarlo, era contento che lo avessero trovato e che HInata non fosse completamente solo lì. Accanto a lui sentì Sugawara irrigidirsi nel guardare il nuovo arrivato. Era rimasto bloccato sul posto, con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta. Hinata si voltò verso di loro e il suo sguardo si bloccò su Sugawara. Sulle sue ali bianche come le sue. Quando anche lo straniero alzò lo sguardo e incontrò quello di Suga ebbe la stessa reazione.
"Lo conosci?", chiese Kageyama a Sugawara.
"No, ma mi piacerebbe", rispose.
Non si era mai contenuto su quelle cose, a Kageyama venne da ridere e si sentì consolato al pensiero che in fondo non fosse cambiato.
Hinata si avvicina a lui, elegantissimo nei suoi abiti interamente neri che contrastano le sue ali grandi e bianche. Sono ancora più belle di quanto Kageyama avesse potuto immaginare e non riesce ancora a credere di aver rischiato di non vederle, che Hinata era arrivato a odiarle al punto di distriuggerle pur di non subire ancora un altro rifiuto. Al solo pensiero stringe i pugni e vorrebbe riversare l'intera sua furia contro il padre di Hinata.
Hinata lo guarda inclinando la testa di lato.
"Perchè sei arrabiato?"
"Non sono arrabiato"
"Sì che lo sei"
"Non lo sono"
"Non so se ti voglio sposare mentre sei arrabbiato"
"Ti ho detto che non lo sono!"
Ma Hinata ride e Kageyama sente qualcosa sciogliersi in lui, come accade ogni volta.
"Andiamo, brontolo! Aspettano solo noi"
Kageyama annuisce e lo segue, prendono i loro posti all'altare. Accanto a Kageyama c'è Sugawara, Daichi è accanto a Hinata.
La cerimonia è breve e concisa, il banchetto che ne segue non lo è.
Kageyama vorrebbe solo andare a rifugiarsi nella sua nuova stanza con quello che è adesso suo marito, prendersi quell'ultimo frammento di lui che ancora non si è preso perchè, testardo, almeno su quello aveva voluto rispettare le tradizioni. Hanno fatto di tutto, ma non hanno mai fatto sesso. Anche perchè Kageyama aveva avuto paura che Hinata, rendendosi conto di quanto mancasse di esperienza, decidesse che non valeva la pena sposarlo.
Quando finalmente il banchetto arriva alla fine, Kageyama quasi corre in camera con Shoyo al seguito. Sua madre ha lasciato che scegliesse lui quale dovesse essere la loro camera, e Kageyama ne ha scelta una al secondo piano, con un piccolo balconcino davanti che affaccia direttamente sul mare. La finestra è stata lasciata aperta per far entrare la brezza marina e Hinata si blocca un attimo a guardare la luce della luna che si riflette sull'acqua calma del mare di notte.
"Ho pensato potesse piacerti svegliarti e vedere il mare", gli dice Kageyama accanto a lui.
Hinata si volta, attacca le braccia al suo collo e lo bacia con trasporto e Kageyama lo sente quanto quel piccolo gesto sia apprezzato. Stringe le braccia intorno alla vita di Hinata e se lo tira più vicino, quanto più può. I baci di Hinata si fanno famelici, si approfondiscono. Kageyama comincia ad irrigidirsi nel contatto. Si è detto di stare calmo, si è detto che avrebbe saputo cosa fare, ma in quel momento ha dimenticato tutto, sa solo che vuole Hinata e vuole fare tutto nel modo migliore possibile, nel modo giusto. Non vuole sbagliare niente. Vuole che quella notte sia perfetta per Hinata quanto lo è già per lui.
Hinata lo sentì irrigidirsi e si allontana.
"Tutto bene?", gli chiede apprensivo. "Ho fatto qualcosa che non va"
Kageyama scuote la testa, appoggia la fronte a quella di Hinata e cerca di trovare le parole giuste per spiegargli come si senta in quel momento, ma come al solito Hinata lo legge.
"Nervoso?", gli chiede con un sorriso gentile.
E Kageyama annuisce, non sapendo bene che altro dire. Hinata gli sorride ancora, lo prende per mano e lo porta fino al letto. Lo fa sedere, gli fa distendere le gambe e appoggiare la schiena all'inferriata decorata. Si mette sopra di lui, con le gambe ai due lati del bacino di Kageyama e Kageyama si rende conto di quanto gli piaccia averlo così, sentirlo sopra di lui, in quel momento era lui ad avere il pieno controllo. Gli passa le mani sulla schiena.
"Non preoccuparti", gli dice HInata. Gli mette la mani tra i capelli, gli fa reclinare la testa indietro e lo bacia. "Per stavolta mi prenderò io cura di te".
Fandom: Haikyuu
Missione: M4 - storia divisa a metà, due pov + arranged marriage
Parole: 7777
Rating: nsfw
Note: lievi riferimenti a sangue/scene che potrebbero dar fastidio
Hinata uscì sul balconcino, coperto solo da un lenzuolo di morbido cotone bianco, le ali bianche erano raccolte dietro la schiena. Il balconcino si affacciava direttamente sul mare, davanti a lui non vedeva nulla, se non la distesa blu dell’oceano. Sapeva che c’erano altre persone lì oltre a lui, eppure stare lì lo faceva sentire sul tetto del mondo, quasi come se fosse sulla cima di una scogliera senza nulla intorno.
Chiuse gli occhi e, con un sorriso sulle labbra, inspirò a fondo l’aria di mare.
Un paio di braccia si strinse intorno alle sue spalle.
Hinata voltò leggermente la testa. Kageyama, ancora con gli occhi chiusi, lo aveva raggiunto e aveva appoggiato la testa nell’incavo del suo collo.
“Ehi”, gli mormorò.
Kageyama diede un piccolo bacio sul suo collo.
“Che ci fai qui?”, gli chiese con la voce ancora impastata dal sonno, le labbra si muovevano contro la pelle di Hinata.
“Mi piace il mare”
Kageyama annuì, ma non si mosse da lì.
Hinata chiuse nuovamente gli occhi e inclinò la testa verso l’alto, godendosi il calore del sole sul viso e quello del corpo di Kageyama contro la sua schiena.
*
Hinata sperava che quel viaggio non finisse mai. Non aveva la minima idea del perchè suo padre avesse deciso di inviare lui come rappresentate del regno a quello stupido torneo, dal momento che non gli era neanche concesso partecipare. Poteva solamente rimanere lì a guardare i cavalieri combattere e ad applaudire. Per non parlare del fatto che non vedeva Kageyama da anni. Kageyama era sempre stato un po' strano, sempre imbronciato e sempre sule sue. Quando erano entrambi piccoli le visite della sua famiglia al castello erano state piuttosto frequenti, si poteva dire anche che fossero quasi diventati amici, ma a un certo punto si erano interrotte e Shoyo aveva quasi dimenticato la sua esistenza.
Shoyo avrebbe voluto fare due chiacchiere con il valletto che lo stava scortando in quel viaggio, giusto per far passare un po' il tempo, ma quello sembrava volesse far finta di non esistere. Probabilmente era stato istruito di non disturbare il viaggio del pincipe.
Sospirà e tornò a guardare fuori dal finestrino della sua carrozza. Il paesaggio stava gradualmente cambiando: dai fitti boschi di campagna erano arrivati in pianura, ovunque si voltasse vedeva infinite distese verdi, alcune casette in legno distanziate tra di loro. Attraversarono alcuni villaggi di contadini che guardarono con curiosità la carrozza riccamente decorata che stava passando. Si bloccavano nel mezzo della loro attività e rimanevano a guardarla a bocca aperta, sporgendo i colli per cercare di vedere chi si nascondesse al suo interno. Ogni volta Hinata si schiacciava contro il sedile per evitare di essere visto. Lo aveva sempre imbarazzato essere trattato in quel modo, essere guardato in quel modo. Avrebbe semplicemente voluto essere lasciato libero di fare quello che voleva, invece era cresciuto con sempre qualcuno che osservava i suoi movimenti, pronto a lamentarsene con il primo membro della sua famiglia che fosse capitato a tiro.
Il paesaggio cambiò nuovamente. Shoyo era circondato da colline gialle, verdi brillanti o rosse per i fiori di campo risplendevano sotto il sole primaverile. Era molto diverso da quello che aveva sempre visto in montagna, dove era solo roccia e verde.
"Quanto manca ancora?", chiese al valletto seduto di fronte a lui, schiacciato in un angolo della carrozza per non disturbarlo.
"Non molto, mio signore", rispose formalmente.
Shoyo annuì e tornò a guardare fuori.
Fu dopo una collina che lo vide. Improvvisamente, davanti ai suoi occhi, comparve una distesa d'acqua blu cristallina che si allungava a vista d'occhio. Il colore dell'acqua era diverso da quello dei laghi di montagna a cui era abituato ed era agitata da piccole onde che si alzavano per il leggero vento che soffiava quel giorno. Shoyo spalancò gli occhi, appoggiò le mani al finestrino, avrebbe desiderato sporgersi ma le aperture troppo piccole non gli consentivano di farlo.
Quello doveva essere il mare. Ne aveva sentito parlare solamente nei suoi libri, ma non lo aveva mai visto. Fu un colpo di fulmine.
Se per avere quella vista per qualche giorno avrebbe dovuto sopportare un torneo di cavalieri, l'avrebbe fatto volentieri.
Hinata si perse ad osservare il panorama e vide solo all'ultimo momento il castello che cominciava ad apparire in lontananza. Era interamente costituito di bianco, aveva forme squadrate, come grandi blocchi di marmo di forme diverse messi l'uno di fianco all'altro e costruito proprio in cima alla scogliera, a picco sul mare. Era completamente diverso dai castelli in pietra scura che si trovavano nei regni di montagna.
La carrozza continuò a camminare, fino ad attraversare un grande cancello di ferro battuto. Hinata ebbe la prima vista dei giardini, enormi e pieni di fontane, riccamente decorate con statue e i cui zampilli d'acqua creavano effetti ottici particolari. La carrozza si fermò davanti a una grande scalinata anche quella completamente bianca e resa quasi accecante dalla luce del sole. Lì, ad attenderlo, vide Kageyama.
Era completamente diverso da come lo ricordava, l'espressione perennemente imbronciata era stata sostituita da una fiera e fredda. I tratti del viso erano affilati, i vestiti di, un blu scuro, gli cadevano perfettamente addosso, dandogli un'aria elegante e regale. Le grandi ali, nere come i capelli, erano piegate dietro la schiena. Teneva la schiena dritta e una mano appoggiata sull'elsa della spada.
Il valletto aprì la porta della carrozza e Hinata scese, le gambe erano intorpidite dopo tante ore di viaggio e per un attimo ebbe la sensazione che non reggessero il suo peso. Si avvicino titubante a Kageyama e si inchinò formalmente, sorridendogli per cercare di mascherare il suo nervosismo.
"Benvenuto", disse Kageyama. La sua voce era profonda e distaccata, come se non volesse essere lì più di quanto volesse Hinata.
"Grazie dell'invito", rispose Hinata raddizzando la schiena.
"Spero tu abbia fatto un buon viaggio"
"Molto tranquillo. I vostri genitori?"
"Avevano impegni che non hanno potuto rimandare, ma sei atteso per cena"
"Con molto piacere"
"I servitori vi scorteranno nelle vostre stanze"
"Grazie"
Hinata si inchinò ancora una volta, sperando che questo mettesse fine alla conversazione rigida e imbarazzata. Non poteva credere che avrebbe dovuto passare così i prossimi giorni.
Kageyama si inchinò a sua volta, si voltò e entrò nuovamente nel castello.
Dietro Hinata alcuni servitori avevano preso i suoi bagagli e avevano cominciato a portarli su per le scale. Hinata li guardò confusi chiedendosi se dovesse seguirli, ma un altro servitore venne in suo soccorso. Si affiancò a lui e si inchinò.
"Prego, mi segua, mio signore"
Hinata lo seguì all'interno del castello. Anche l'interno era completamente bianco, le poche decorazioni erano di un azzurro brillante. Hinata era talmente preso dall'osservare tutto che quasi andò a sbattere contro il servitore, che aveva seguito meccanicamente fino a quel momento, quando questo si fermò.
"Queste saranno le vostre stanze, all'interno è già stato organizzato tutto per permettervi di darvi una rinfrescata"
Hinata lo ringraziò e entrò in quella che sarebbe stata la sua stanza nei prossimi giorni. La prima cosa che vide fu l'enorme letto a baldacchino con le sue decorazioni azzurre, come tutto il castello. Quando vide la tinozza d'acqua calda tutto il resto passò in secondo piano.
Si chiese distrattamente come avrebbe fatto a ritrovarla, si era perso completamente il percorso.
Rinfrescato dopo il lungo viaggio, Hinata aprì il baule e indossò qualcosa di comodo ma elegante per la cena, sempre nei colori del nero e del rosso, quelli del suo regno. Come sempre, nonostante cominciasse a far caldo, indossò un mantello leggero per coprire le ali. Quando un servitore venne a chiamarlo per cena, Hinata era pronto.
Venne scortato attraverso i corridoi del castello fino alla sala da pranzo reale. Era un'ambiente ampio e luminoso, le giornate si erano allungate e la luce del tramonto entrava dalle ampie finestre, alcune candele erano state accese nei bracieri, ma ancora non erano strettamente necessarie.
La regina si avvicinò a lui con un largo sorriso e lo strinse in un abbraccio, le sue ali lunghe e sottili si avvolsero intorno al corpo di Hinata. Hinata dovette resistere alla tentazione di aggrapparsi a lei. Si era reso conto solo in quel momento di quanto sentisse la mancanza di un abbraccio materno. Da quando sua padre se ne era andata, non aveva più avuto nessuno che lo stringesse in quel modo. La regina sorrise e lo tenne stretto più a lungo di quanto fosse strettamente necessario, ma Hinata non aveva alcuna intenzione di districarsi dalla stretta.
"Shoyo", gli disse con voce dolce quando si decise a lasciarlo andare. Lo tenne per le spalle e guardò attentamente tutta la sua figura. "Quanto sei cresicuto", gli disse. "Vieni, accomodati. La cena sarà pronta tra poco".
Shoyo si accomodò al tavolo, la regina prese il posto a capotavola, Kageyama era di fronte a lui. Altri due posti erano apparecchiati, Hinata stava per chiedere chi dovesse raggiungerli per cena, quando la porta della sala si aprì nuovamente e HInata vide entrare Oikawa.
Oikawa era il cugino di Kageyama, divenuto un paio d'anni prima re del suo regno, a poca distanza da lì. Anche lui, da piccolo, aveva passato le estati con loro e il suo passatempo preferito era sempre stato far perdere le staffe a Kageyama, cosa anche abbastanza facile nel complesso. Hinata, però, si era sempre trovato bene con lui, nonostante fosse di qualche anno più grande rispetto a loro. Oltre a essere più alto non sembrava cambiato poi molto, anche se le sue ali color cioccolato erano diventate molto più ampie e imponenti, era visibile nonostante le stesse tenendo a riposo. Shoyo si alzò per andarlo a salutare, Oikawa gli sorrise, lo afferrò per il mento e osservò con attenzione i suoi lineamenti, con un sopracciglio alzato.
"Oikawa, lascialo stare", disse una voce dietro di lui.
Hinata voltò lo sguardo e vide Iwaizumi. Anche lui era stato spesso da loro, era il cavaliere
incaricato della scorta di Oikawa sin da quando avevano quindici anni.
"Guarda che bel faccino ha messo su! Ha sempre avuto gli occhioni, ma adesso guardalo. Potrebbe piegare imperi se imparasse a usarli nel modo giusto", commentò invece Oikawa non dando segno di averlo sentito e senza rilasciare il suo mento.
"Oikawa, lascialo stare e vieni a sederti", lo rimproverò bonariamente la regina. Oikawa lo lasciò andare.
"Ti ricordi di Iwa?", gli chiese. "Adesso è diventato re consorte!", annunciò Oikawa.
"Oh, congratulazioni?", disse Hinata incerto su quale dovesse essere la sua reazione a quella notizia.
Iwa non sembrò offendersi, ma neanche dare molta importanza alla cosa. Si limitò a prendere Oikawa e costringerlo quasi a mettersi seduto sulla sedia accanto al cugino. Hinata si sedette nuovamente e vide l'espressione scocciata sul viso di Kageyama.
In quel momento servitori cominciarono a portare piatti ricchi di pietanze fumanti. Solo in quel momento Hinata si rese conto di quanta fame avesse, ringraziò ancora per l'ospitalità e si fiondò sul cibo.
La cena procedette tranquilla, riempita prevalentemente dalle chiacchiere di Oikawa e dalle domande della regina, che voleva sapere come stesse suo padre, come andasse il regno e se quell'albero di ciliegio che amava tanto nei loro giardini fosse ancora vivo. Kageyama rimase in silenzio tutto il tempo, mentre Iwaizumi interveniva occasionalmente, la maggior parte delle volte per convincere Oikawa a darsi una calmata, soprattutto quando le sue domande vero Hinata cominciarono a farsi più impertinenti. Hinata rispose a tutto, sorseggiando vino per cercare di tenere a freno l'imbarazzo. Non sapeva bene come comportarsi davanti a loro. Quando era più piccolo era libero di fare quello che voleva, ma capiva che si aspettavano che ormai avesse le maniere di un principe. Solo che a Hinata le maniere da principe erano sempre state piuttosto strette.
Alla fine della cena, calò un silenzio confortevole sulla tavolata, tutti erano pieni e soddisfatti per la cena.
"Tobio, perchè non accompagni Shoyo a vedere i giardini?", disse improvvisamente la regina.
Kageyama annuì e si alzò dal tavolo, si avvicinò alla sedia di Hinata e gli offrì il braccio per aiutarlo ad alzarsi. Hinata la prese facendosi tutto rosso in viso e lo seguì nei giardini. Li aveva visti solo di passaggio quella mattina, ma di sera facevano tutto un'altro effetto. La notte era calata, e i bracieri sparsi per il giardino illuminavano le fontane in pietra bianca, dando sfumature rossastre sia alla pietra che all'acqua, la luce della luna immergeva tutto nella penombra dei racconti fantastici che il principe adorava leggere.
Kageyama si schiarì la voce mentre passeggiavano, evitava lo sguardo di Hinata anche lui in evidente imbarazzo.
"Allora", disse improvvisamente. "Le stanze sono di tuo gradimento?", chiese tanto per spezzare il silenzio.
"Sì, sono molto belle. Grazie", rispose Hinata più in imbarazzo di lui.
Hinata capiva solo in parte cosa fosse successo. Erano praticamente cresciuti insieme, ma nonostante questo un'aria imbarazzante gravava intorno a loro rendendo ogni tentativo di conversazione pesante. Quando erano piccoli non avevano mai avuto di quei problemi, passavano le loro giornate a discutere, è vero, ma dove erano loro non c'era mai silenzio.
Un brivido attraversò Hinata.
"Hai freddo? Vuoi rientrare?"
Hinata annuì, cominciava a fare freddo, ma non aveva veramente voglia di rientrare. Voleva solo sfuggire in fretta a quella situazione. Kageyama lo scortò fino alle sue stanze.
"Allora buonanotte", gli disse con un piccolo inchino.
"Buonanotte", gli rispose Hinata prima di infilarsi nella sua camera.
L'arena per il torneo era stata allestita poco distante dal palazzo, in una zona libera al di fuori dei cancelli del giardino. Subito dopo colazione Hinata venne scortato fino a una carrozza e da lì venne accompagnato fino all'arena. Lì venne fatto accomodare nel palchetto con la famiglia reale, accanto a lui la regina e dall'altro lato Oikawa, accanto a Oikawa, Iwaizumi sembrava contento quanto Hinata di essere lì e la cosa in parte lo consolò.
Non gli erano mai piaciuti i tornei, non capiva perchè come passatempo avrebbe dovuto starsene lì seduto a guardare cavalieri che combattevano al primo sangue.
Le trombe squillarono, risuonando per tutta l'arena, tra gli applausi fragorosi del popolo che era accorso, il torno iniziò. In ogni round veniva messa in palio un mazzo di fiori, chiunque vincesse il round aveva l'onore di prendere il mazzo e consegnarlo direttamente a Hinata, che era stato scelto come ospite d'onore di quel torneo. Ogni combattente lo consegnava con un piccolo inchino o un cenno di saluto al suo indirizzo. Hinata ogni volta si alzava dal suo posto e prendeva il mazzo di fiori con un sorriso gentile, cercando di nascondere il fatto che non avesse alcuna voglia di stare lì, dopotutto non era colpa dei cavalieri se lui era costretto a quelle formalità.
Il combattimento successivo sarebbe stato l'ultimo di quella prima giornata e a scendere in campo sarebbe stato Kageyama. Era l'unico della famiglia reale a partecipare a quel torneo e da tutti era dato come favorito per la vittoria. A quanto aveva capito Shoyo, era un combattente incredibile. La sua discesa in campo venne accompagnata dal grande entusiasmo del popolo, che si agitò sugli spalti impaziente di vederlo combattere. A Hinata bastò guardarlo per un attimo per rendersi conto di quanto quelle voci non gli rendessero giustizia. Nonostante non ci capisse molto di duelli, Hinata poteva vedere come Kageyama si muovesse con agilità ed eleganza, le grandi ali dispiegate rendevano la sua figura cupa e inquietante, il suo portamento era fluido e sicuro dei movimenti, non c'era nessun tipo di esitazione in quello che faceva. Appariva quasi spietato per quanto era efficiente. Hinata era sicuro che nessuno volesse trovarselo davanti in battaglia. Gli ci vollero meno di cinque minuti per ferire l'avversario al volto e mettere fine al combattimento, era stato l'incontro più veloce della giornata.
Raccolse il mazzo di fiori e si avvicinò al palchetto reale, lo consegnò a Hinata. Il suo viso era contrariato, come se non fosse soddisfatto del combattimento appena disputato. Hinata raccolse il mazzo di fiori con il solito sorriso gentile, ma Kageyama, non appena gli venne tolto il mazzo dalle mani, si allontanò senza neanche un inchino, andandosi ad infilare direttamente nella tenda allestita per lui intorno all'arena.
Hinata non vedeva l'ora di tornare nelle sue stanze, non aveva alcuna voglia di andare al banchetto organizzato per quella sera, ma sapeva di non avere scelta.
Rispetto al giorno prima il castello era molto più affollato, tutti i cavalieri che erano arrivati per partecipare al torneo alloggiavano dentro le mura del castello, i corridoi erano in pieno fermento e tutto fremeva per la preparazione del banchetto della sera.
Hinata riuscì a rientrare nelle sue stanze solamente per poco, giusto il tempo di cambiarsi e scendere nuovamente nella sala da pranzo, completamente diversa da come l'aveva vista la sera precedente. Il grande tavolo dove avevano cenato era stato disposto in fondo alla sala, altri tavoli ugualmente grandi erano stati disposti ai due lati di quello, creando una sorta di forma a ferro di cavallo. I posti erano apparecchiati uno vicino all'altro, sembrava veramente che non potessero starci tutti insieme visto quanto erano grossi alcuni dei cavalieri. Hinata venne fatto accomodare al tavolo centrale, alla sinistra di Kageyama. La sala fu presto totalmente piena del rumore di piatti, posate, risa, urla e battute, che rimbombavano all'interno delle pareti di pietra. Il trambusto era tale che Hinata non riusciva neanche a sentire cosa gli dicesse Oikawa, seduto alla sua sinistra. Si era sempre trovato bene in mezzo al caos, ma lì in mezzo non riusciva a non sentirsi a disagio e non riusciva a capire perchè. Non appena la cena fu terminata chiese alla regina e a Kageyama di scusarlo e uscì dalla sala.
Lasciatosi alle spalle il rumore del banchetto, i corridoi del castello apparivano spettrali per quanto erano silenziosi. L'idea era quella di andare diretto in camera sua, ma passando davanti all'ingresso principale venne raggiunto dalla brezza leggera dell'aria di mare della sera. Senza pensarci troppo uscì dalle porte e cominciò ad esplorare il giardino.
La sera prima non lo aveva potuto vedere quanto avrebbe voluto perchè la presenza di Kageyama lo metteva a disagio, ma quella sera era solo. Si prese il suo tempo per osservare nel dettaglio ogni fontana e ogni decorazione.
Raggiunse l'estremità del giardino, dove una ringhiera di ferro battuto affacciava direttamente sul mare. L'odore di salsedine lo colpì forte, rimase lì e respirò, sentendo la tensione accumulata in quella giornata scivolare via dal suo corpo. Gli succedeva ogni volta che aveva un incarico ufficiale, ogni volta che gli veniva richiesto di comportarsi da principe per un qualunque motivo. Si sentiva come se indossasse un corpetto troppo stretto per lui - non che ne avesse mai indossato uno, aveva solo provato una volta quello di sua madre per curiosità, e ricordava solo quanto si fosse sentito soffocare quei pochi secondi che lo aveva tenuto addosso, come le stecche gli impedissero qualunque movimento e sentisse il petto compresso, come gli mancasse il fiato solo per tenerlo addosso. Era quella la sensazione, quella di essere costretto in vestiti troppo stretti per lui, che gli irrigidivano la postura e gli impedivano di muoversi come avrebbe voluto, come sarebbe stato naturale per lui.
Sentì dei passi avvicinarsi dietro di lui, Hinata non si voltò. Kageyama lo raggiunse.
"E' un bel posto, qui", gli disse Kageyama.
Hinata annuì. "Molto bello. Di giorno, con il mare che si vede, lo deve essere ancora di più"
"Se ti piace tanto potremmo farlo organizzare qui il matrimonio".
Nonostante il buio Hinata potè vedere Kageyama arrossire. Poi ripensò meglio a quello che aveva detto.
"Aspetta. Quale matrimonio"
Kageyama spalancò gli occhi. "Il nostro matrimonio..." disse diventando ancora più rosso. "Noi dovevamo sposarci"
Hinata spalancò gli occhi e si gelò sul posto. "No, no… non è possibile… mio padre mi ha detto solo che dovevo venire per il torneo, non mi ha detto nulla di un matrimonio", disse con la voce che gli tremava.
"Il torneo era per il fidanzamento", spiegò Kageyama, non sapendo come gestire la situazione.
Hinata cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro per il giardino, con gli occhi che gli si riempivano di lacrime. Appoggiò la schiena alla ringhiera e si lasciò scivolare giù, fino a toccare terra, si portò le ginocchia al petto e si prese la testa tra le mani. Le lacrime cominciarono a scendere.
Kageyama si inginocchiò davanti a lui. "Vuoi dire che non ne sapevi nulla?", il tono della sua voce si era addolcito.
Hinata scosse la testa, tenendo gli occhi spalancati e fissi su un punto non meglio identificato del pavimento. Provò a dire qualcosa, ma riuscì solo a boccheggiare. Kageyama si allontanò un momento e tornò con le mani umide e fresche, doveva averle immerse nella fontana. Cominciò a passarle delicatamente sul viso di Hinata.
HInata lo lasciò fare, mentre le sue lacrime si tramutavano in singhiozzi che scuotevano tutto il corpo. Suo padre lo aveva mandato lì senza dirgli nulla, suo padre lo aveva mandato lì per sbarazzarsi di lui. Hinata non riusciva a togliersi di mente quel pensiero. Non voleva rimanere lì, non voleva sposarsi, ma non voleva neanche tornare a casa, con il timore di essere rispedito via. Sapeva di non essere tagliato per fare il principe, tanto meno il re, ma non credeva che suo padre sarebbe mai arrivato a tanto.
Kageyama fece un cenno a una delle guardie che pattugliavano il giardino e gli disse di mandare a chiedere dell'acqua. Dopo poco arrivò un servitore con una caraffa e un calice, li lasciò lì e si mise in disparte. Kageyama riempì il boccale e aiutò Hinata a bere, assicurandosi che lo facesse a piccoli sorsi. Hinata non aveva ancora detto una parola, ma a poco a poco il suo respiro sembrò regolarizzarsi.
"Mi manderai a casa adesso?", chiese Hinata all'improvviso. Alzò la testa, aveva gli occhi sbarrati. "Non voglio tornare a casa".
"Certo che no", gli rispose Kageyama. "Intanto è meglio che torni in camera".
Kageyama lo prese per un braccio e lo aiutà ad alzarsi. Le gambe di Hinata non sembravano molto stabili. Kageyama lo sostenne per tutto il tragitto, fino alle sue stanze.
"Ce la fai?", gli chiese quando furono sulla porta.
Hinata annuì, con il respiro ancora franto.
"Cerca di riposare", gli disse Kageyama con voce rassicurante, era la prima volta che Hinata lo sentiva così. "Domani cercheremo di capire cosa fare"
Hinata annuì e aprì la porta delle sue stanze.
"Shoyo", lo richiamò Kageyama. Era la prima volta che lo chiamava per nome, si rese conto. "C'è qualcosa di cui hai bisogno?"
Hinata sorrise per il pensiero.
"Nulla che possiate fare"
"Mettimi alla prova"
"C'era questo cavaliere alla corte di mio padre. Sawamura Daichi. E' stato esiliato poco dopo la morte di mia madre. Non ho idea di che fine abbia fatto, ma vorrei veramente parlargli in questo momento".
Il suo sorriso si fece triste, ma la sicurezza sul volto di Kageyama non vacillò neanche per un secondo.
Annuì e si allontanò da lì. Hinata entrò nella sua stanza e si sedette sul bordo del letto, ancora troppo sconvolto per fare qualcosa.
Kageyama percorse i corridoi silenziosi del castello fino a raggiungere la camera della madre. La donna si era tolta gli abiti eleganti che aveva indossato per il banchetto e aveva indossato qualcosa di più comodo.
"Tobio, tutto bene?", gli chiese non appena lo vide fare capolino alla porta della sua stanza.
Kageyama si sedette al tavolo delle sue stanze e cominciò a spiegare alla madre quello che aveva scoperto. La madre annuì pensierosa e si sedette accanto a lui.
"Non possiamo annullare il matrimonio", disse alla fine. "Troppi regni hanno stretto accordi con noi in virtù proprio di questo matrimonio, vorrebbe dire ricominciare tutto da zero. Non posso pensare che quel tizio lo abbia mandato qui senza dirgli nulla"
"Perchè non lo sapeva?", chiese Tobio.
"Con sua madre avevamo deciso di dirvelo quando sareste stati abbastanza grandi per comprendere, ma sua madre è venuta a mancare. Pensavo che il padre glielo avesse detto, non che lo avesse spedito via così"
Kageyama annuì. "Non possiamo rimandarlo a casa", disse deciso. "Lo rifarebbe"
"Lo so. Domani ci inventeremo qualcosa".
Sua madre si alzò dalla sedia, gli lasciò un bacio sulla fronte e così lo congedò.
Tobio si alzò da lì e si diresse verso la sua camera. Sapeva già che quella notte non sarebbe riuscito a prendere sonno.
La mattina dopo, a colazione, non appena sua madre vide Hinata lo strinse forte. Aveva le occhiaie profonde di chi non aveva chiuso occhio tutta la notte.
"Mi dispiace tanto, tesoro. Pensavo lo sapessi"
Hinata la strinse per un secondo, poi si sciolse dall'abbraccio e si sedette al tavolo. Toccò il cibo a malapena. Passò tutto il tempo a giocare con il cibo nel piatto, portando pochissimi bocconi alla bocca. Kageyama aspettò che avesse finito prima di proporgli di andare a fare un passeggiata nei giardini, sperando che la vista del mare lo ritirasse un po' su. Sembrava gli piacesse in modo particolare e Kageyama poteva capirlo: era vero che era cresciuto lì, ma questo non significava che non si rendesse conto della bellezza che si trovava davanti.
Hinata, alla domanda, alzò per la prima volta gli occhi dal tavolo.
"Non devi prepararti per il torneo?"
"Ho ancora tempo. Andiamo?"
Hinata annuì titubante e lo seguì nei giardini. Prima di accompagnarlo alla terrazza della sera precedente, Kageyama passò per le stalle per vedere se il suo cavallo fosse pronto per il torneo. Gli occhi di Hinata si illuminarono. Era il primo sprazzo dell'Hinata che aveva conosciuto da ragazzino che Kageyama vedeva da quando era arrivato al palazzo. Vide Hinata avvicinarsi timidamente ai cavalli. Lo stalliere gli fece un piccolo cenno di assenso e Hinata cominciò ad accarezzarne uno, sorridendo mentre lo faceva e sussurrandogli qualcosa che Kageyama, dal box del suo cavallo, non riusciva a sentire.
Accertatosi che fosse tutto okay, Kageyama raggiunse Hinata in silenzio e lo affiancò.
"Puoi sceglierne uno, se vuoi. Sarà il tuo cavallo"
"Davvero posso?", chiese Hinata con gli occhi che brillavano spalancati e puntati direttamente in quelli di Kageyama, che a stento trattenne l’istinto di fare un passo indietro e di arrossire.
Kageyama annuì.
Hinata abbassò lo sguardo. "Non hai paura che scappi?"
"E dove potresti andare?"
Gli occhi di Hinata si fecero improvvisamente tristi e Kageyama si maledisse. Non era quello che intendeva, ma non aveva la minima idea di come fare a correggere il tiro.
"Non ho intenzione di farlo, per la cronaca. Hai ragione. Non ho dove andare" ammise. Cominciò a camminare avanti e indietro nelle stalle, osservando i cavalli a uno a uno. "Il matrimonio si farà", aggiunse Hinata deciso. "Non sono uno sprovveduto, so come funzionano queste cose". Si prese un momento per guardare i cavalli. "Capisco che è necessario", aggiunse a voce più bassa. "Ed è probabilmente l'unica cosa che posso fare per servire il mio regno".
Kageyama non sapeva che ribattere. Non ci aveva mai riflettuto molto sull'idea del matrimonio combinato in generale, sapeva che era così che dovevano andare le cose, ma pensare che fosse tuto diverso e sentirselo piombare sulle spalle da un momento all'altro non doveva essere facile. Lui era solo contento che gli fosse capitato qualcuno come Hinata, ma se sposarlo avesse significato spegnerlo avrebbe preferito non farlo affatto.
Hinata si avvicinò a un cavallo con gli occhi scuri e il manto talmente scuro da avere riflessi blu.
"Mi piace questo", disse.
"Quello è pericoloso", avvertì Kageyama, ma Hinata aveva preso la sua decisione.
Si avvicinò piano e allungò la mano cercando di non sembrare minaccioso. Sorrise al cavallo, come se il cavallo potesse notare la differenza. Rimase a distanza di sicurezza fermo.
Kageyama osservava la scena poco distante.
Il cavallo fissava Hinata fermo nella sua posizione, mosse un passo nella sua direzione.
Kageyama fece un passo in avanti, pronto a tirare via l’idiota se la situazione si fosse fatta pericolosa, aveva tutti i sensi all’erta.
Ma il cavallo si avvicinò e poggiò il muso sotto la mano di Hinata e si lasciò accarezzare. Hinata fece un passo in avanti, e abbracciò il muso del cavallo continuando ad accarezzarlo.
"Guarda, Kageyama, gli piaccio", disse con quel solito stupido sorriso.
"Sai cavalcare?" gli chiese Kageyama.
Hinata annuì, con negli occhi qualcosa che somigliava a nostalgia. "Andavo sempre con mia madre", rispose. "Ma sono anni che non vado più"
"Come mai?"
Hinata si irrigidì per un secondo. "Mio padre", disse alla fine, "Sostiene che non è decoroso per un principe andare in giro a cavallo, dice che dovrebbe girare in carrozza. Dimostrare il proprio status", abbassò lo sguardo.
"Non ha torto"
"No, ma non sono bravo a fare le cose da principe". Hinata continuò ad accarezzare il muso del cavallo, ma il suo sguardo era perso. "Certe volte vorrei solo avere la libertà di prendere il mio cavallo e scappare nei boschi".
Kageyama capì in quel momento cosa ci fosse di sbagliato in tutta quella visita. Ogni volta che aveva visto Hinata avevano fatto di tutto, tranne comportarsi come i principi che erano. Li avevano lasciati fare perchè erano piccoli, perchè erano poco più che bambini, ma non lo erano più e tutti si aspettavano che si comportassero da principi adesso. E Kageyama si era sforzato con tutto sè stesso per farlo, aveva messo da parte tutto quello che era per apparire dignitoso, pienamente a proprio agio nel suo ruolo, per apparire un compagno desiderabile agli occhi di Hinata. E Hinata aveva fatto la stessa cosa, aveva fatto di tutto per comprotarsi in maniera adeguata, ma quel comportarsi in maniera adeguata lo spegneva dentro, lo snaturava.
A Kageyama venne da ridere al pensiero di quanto fossero stati idioti entrambi.
"Monta a cavallo", disse. "Andiamo a farci un giro"
Hinata spalancò gli occhi. "Cosa? Ma il torneo?"
"Non c'è nessun avversario particolare, posso vincerlo a occhi chiusi"
Hinata lo guardò stranito, come se non sapesse se scoppiare a ridere o alzare gli occhi al cielo.
Kageyama anche montò a cavallo e insieme partirono verso il bosco poco distante dal castello. Quel giorno il torneo si sarebbe disputato senza l'ospite d'onore.
Tornarono al castello che era quasi notte ormai. Il torneo era terminato da un pezzo e la madre di Kageyama non sembrava minimamente turbata dalla scappatella di quel giorno. Si era messa a ridere quando Kageyama gli aveva detto che cosa aveva fatto solo perchè Hinata sembrava triste. Kageyama era arrossito davanti alla risata della madre, senza capire bene perchè si sentisse così in imbarazzo o che cosa sua madre ci trovasse di tanto divertente.
"Siete sempre stati così", disse sua madre quando si fu calmata. "Shoyo faceva gli occhioni e tu avresti fatto qualunque cosa".
Kageyama divenne ancora più rosso.
"Sei fortunato che è buono e che non se ne rende conto, sarebbe in grado di farti dichiarare guerra a qualcuno", continuò la madre.
Kageyama borbottò qualcosa e si allontanò da lì. Si sentiva ancora le guance in fiamme, ma l'aria fresca che entrava nei corridoi dalle grosse finestre aperte gli diede un po' di sollievo.
Camminando per i corridoi sentì dei rumori strani, sembrava il lamento di qualcuno. Tese l'orecchio e accelerò il passo, cercando di individuare la fonte dei rumori. Più si avvicinava più sembrava il pianto di qualcuno in difficoltà. Si ritrovò nel corridoio del secondo piano, continuò a sentire i rumori. Arrivò davanti alla camera di Hinata. Il suono si era fatto più forte. Appoggiò l'orecchio alla porta e non ci furono più dubbi. Hinata aveva qualcosa che non andava. Tirò fuori dallo stivale il pugnale piccolo, quello che portava sempre con sè anche quando era apparentemente disarmato nel comfort del suo palazzo, e spalancò di scatto la porta.
Hinata era in un angolo della stanza, di fronte al grande specchio d'oro nell'angolo, era senza maglietta e dava le spalle allo specchio. Il suo viso era rigato dalle lacrime, c'era sangue sulle sue mani. Si immobilizzò sul posto e guardò Kageyama con gli occhi sbarrati. Kageyama era sotto shock quanto lui.
Si guardò intorno per la stanza e fu allora che le vide: sparse intorno ai piedi di Hinata c'erano delle piume, candide come la neve e macchiate di sangue. Kageyama alzò nuovamente lo sguardo su Hinata, ma stavolta guardò dietro di lui, guardò nello specchio e vide per la prima volta le sue ali.
L'osso dell'ala era nudo, poche piume bianche restavano attaccate, le altre sembravano essere state staccate ad una ad una con le mani. Kageyama sentì un fremito alle sue stesse ali al pensiero di quanto potesse essere dolorosa una cosa del genere.
Hinata sembrò riscuotersi, avanzò verso di lui e fece per spingerlo via, ma Kageyama lo afferrò per i polsi e se lo strinse addosso, lasciando che Hinata nascondesse la testa nel suo petto. I singhiozzi ripresero, ma erano diversi stavolta, non piangeva più per il dolore fisico.
Kageyama avrebbe voluto fare centinaia di domande, ma non era sicuro di come cominciare, non era sicuro che fosse il suo ruolo quello di fare domande. Quando Hinata sembrò essersi calmato, Kageyama si allontanò da lui, recuperò il suo mantello, quello che usava sempre per tenere coperte le ali, e lo coprì.
Strinse un braccio intorno alle spalle di Hinata e cominciò a camminare.
"Dove andiamo?", chiese Hinata con voce roca, lasciandosi guidare docilmente.
"Dal medico di corte"
"Non ho bisogno di un medico"
"Deve far male"
Hinata non rispose.
Camminarono per i corridoi fino a raggiungere lo studio del medico. Il medico li fece accomodare, fece sedere Hinata su un tavolo e sbiancò quando Kageyama tolse il mantello per mostrargli la situazione. Si scusò e si rinchiuse nel suo stanzino alla ricerca di qualcosa in particolare. Tra Hinata e Kageyama calò in silenzio pesante. Kageyama, imbarazzato, faceva vagare lo sguardo in giro per la stanza del medico, cominciò a contare i barattolini con strane polveri esposti sulla mensola.
Fu Hinata a romperlo.
"E' tutta colpa di queste stupide ali", disse.
Kageyama riportò lo sguardo su di lui.
"Mio padre le ha sempre odiate. Me le ha sempre fatte nascondere", continuò Hinata tenendo lo sguardo basso. "E' sempre stato convinto che un corvo bianco non potesse essere re. E' per questo che mi ha mandato via non appena ne ha avuto la possibilità"
"Allora è più idiota di quanto credessi", sentenziò Kageyama.
Hinata alzò di scatto la testa, con gli occhi spalancati. Una piuma si staccò dalla sua ala e cadde ai piedi di Kageyama, che si inchinò per raccoglierla. Ci fece scorrere il dito. Era morbida al tatto.
"Devono essere bellissime", disse tenendo lo sguardo fisso sulla piuma. Pensò a come potesse essere far scorrere la mano sull'intero piumaggio di Hinata.
Il medico tornò poco dopo con un unguento e un infuso caldo. Disse a Hinata di bere l'infuso per far diminuire il dolore, intanto cominciò a spargere l'unguento sulle ali. Hinata rabbrividì per il dolore. Kageyama si avvicinò a lui e gli prese le mani tra le sue, per evitare che si rovesciasse l'infuso caldo addosso. Hinata alzò lo sguardo verso di lui.
Rimasero bloccati così per qualche attimo. Fu la voce del medico a interromperle il momento.
Kageyama si allontanò di scatto, coprì nuovamente le ali d Hinata e lo scortò nuovamente in camera. Senza chiedere il permesso entrò con lui e quando Hinata si sedette sul bordo del letto si sedette accanto a lui.
"Perchè lo hai fatto?"
Hinata abbassò la testa, cominciò a giocare nervosamente con le mani, tenendole talmente strette tra di loro da far diventare le nocche bianche. "Ho pensato che se le avessi viste non avresti più voluto sposarmi e non avrei avuto un posto dove andare"
Kageyama si sentì come se l'avesse appena colpito una coltellata. Non sapeva se dargli una botta in testa per dirgli quanto era stato stupido o stringerlo per dirgli che non l'avrebbe mai mandato via per una cosa del genere. Allungò la mano verso quelle di Hinata, lo convinse a rilasciare la stretta e intrecciò le sue dita a quelle di Hinata ora libere. La sua mano era piccola rispetto a quella più grande di Kageyama. Kageyama fece passare il pollice sul dorso della mano di Hinata. Notò che era ancora macchiata di sangue. Si alzò dal letto e prese il catino con l'acqua. Si sedette nuovamente accanto a Hinata e cominciò a pulirgli delicatamente la mano con una pezza. Lasciò un piccolo bacio sul dorso della sua mano quando ebbe finito.
Il torneo, alla fine, non lo vinse Kageyama, che dopo la scappatella della seconda giornata non era più potuto rientrare in gioco. Guardò il resto del torneo seduto accanto a Hinata, sul palchetto della famiglia reale. In compenso, adesso Hinata aveva capito perchè gli venissero riservati tutti quegli onori. Hinata teneva ancora le ali coperte quando era in pubblico, ma alcune piume avevano già cominciato a ricrescere. Kageyama non vedeva l'ora di vederle complete. Hinata, in quei pochi giorni, era sembrato a poco a poco rasserenarsi, stava cominciando a somigliare sempre di più al ragazzino che si metteva sempre nei guai che Kageyama ricordava. A vederlo così un peso si era sollevato dal petto di Kageyama, all'idea che potesse stare bene lì e potesse adattarsi. Quella sera era stato il loro punto di partenza.
Kageyama aveva anche deciso di rimandare il matrimonio. Se doveva sposare Hinata, lo voleva fare con tutte le sue ali bianche in bella mostra.
"E poi andremo a trovare tuo padre. Entrerai in città a cavallo con le ali in bella mostra", disse Kageyama con la testa appoggiata sul grembo di Hinata.
Hinata rise e tirò indietro la testa.
Erano seduti in un lato un po' più nascosto del giardino, si stavano godendo il sole estivo che faceva risaltare ancora di più il bianco del castello e che faceva profumare il giardino.
Kageyama si perse a guardarlo. Il suo viso si era disteso in quel periodo che aveva passato al castello. Forse l'essere accettato, forse lo stare lontano da suo padre. Kageyama aveva anche cominciato a coinvolgerlo nelle decisioni che riguardavano il regno. Hinata inizialmente era stato restio, fino a che Tobio non gli aveva spiegato che, se doveva essere il suo consorte, lo voleva come alleato anche in quel frangente: non se ne faceva nulla di un consorte che lo fosse solo di facciata e che non prendesse parte minimamente alle decisioni del regno. Quello sarebbe diventato anche il suo regno dopotutto. Hinata alla fine aveva ceduto e aveva cominciato ad aiutarlo. Era buono e compassionevole, Hinata, ma sapeva anche essere deciso. Addolciva i lati più duri di Kageyama, in quei pochi mesi era arrivato a capirlo come nessuno prima. O forse veramente Kageyama si era addolcito a stare con lui.
Almeno questo era quello che sosteneva Oikawa. Lo aveva preso da parte un giorno per dirgli quanto fosse cambiato da quando Hinata era arrivato. Kageyama aveva negato, ma da quel giorno le sue parole avevano continuato a ronzargli in testa. Aveva notato come anche le guardie avessero smesso di irrigidirsi quando passava e sembrassero in generale più cordiali nei suoi confronti. Eppure lui non si sentiva molto cambiato.
Hinata abbassò lo sguardo e vide che Kageama lo stava fissando.
"Ho qualcosa sulla faccia?", chiese preoccupato.
Kageyama, senza pensare bene a quello che stava facendo, allungò un braccio e mise una mano dietro la nuca di Hinata, se lo tirò contro e lo baciò.
Hinata rimase immobilizzato per un secondo, Kageyama si bloccò appresso a lui, preoccupato di aver fatto un casino, ma Hinata ricercò subito le sue labbra.
"Idiota", disse poi allontanandosi e raddrizzando nuovamente la schiena. "Non puoi prendere e fare così all'improvviso".
"Così come?"
"Così", ripetè gesticolando l'intera figura di Kageyama.
"Non ho capito", disse Kageyama, ma scuoteva la testa mentre lo diceva.
Hinata sbuffò esasperato, ma stava sorridendo anche lui. Si piegò nuovamente e rubò un altro bacio a Kageyama.
Per il matrimonio venne allestito il giardino, quel posto che tanto aveva affascinato Hinata. Dalla ringhiera si poteva vedere il mare che risplendeva sotto la luce estiva. Un grande gazebo era stato disposto sull'erba per riparare gli ospiti e gli sposi dal sole cocente. Kageyama camminava nervosamente avanti e indietro per la sua stanza, ancora insicuro che quella fosse la scelta giusta per il regno e per sè, ma Hinata sembrava completarlo e capirlo come nessuno era mai stato in grado di fare. Kageyama poteva andare da lui, dirgli che quel giorno non se la sentiva di fare il suo dovere e Hinata sarebbe scappato con lui in capo al mondo o sarebbe stato in grado di farlo tornare a fare il suo lavoro senza esitazione, perfettamente in grado di leggere la situazione.
Kageyama sentì bussare alla porta della propria camera. Entrò un ragazzo con i capelli grigi, un sorriso dolce e grandi ali bianche che somigliavano a quelle di un cigno.
"Suga!", disse Kageyama non appena lo vide. "Pensavo non riuscissi a venire"
Sugawara sorrise. "Non mi sarei mai perso il tuo matrimonio"
Sugawara era un orfano, era stato cresciuto alla corte. Aveva un paio d'anni più di Kageyama ma erano cresciuti insieme come fratelli. Kageyama si era rattristato al pensiero di sposarsi senza di lui, ma ce l'aveva fatta a venire. Sugawara si occupava di incarichi diplomatici per conto del regno e passava veramente poco tempo al castello.
Suga si avvicinò a lui e lo aiutò a sistemarsi il vestito.
"Non mi chiedi se sono sicuro?", gli chiese Kageyama, che si aspettava che Suga gli facesse tutte le sue raccomandazioni.
"Lo so che lo sei", gli sorrise Suga. "L'hai scelto che eri appena un bambino"
Kageyama lo guardò alzando un sopracciglio.
"Mi ricordo com'eri quando eri con lui", riprese Suga. "Eri... felice? Non so. So solo che sembravi un bambino vero. Non credo avresti mai permesso a nessun altro di chiamarti idiota senza ripercussioni"
Kageyama distolse lo sguardo imbarazzato. Ricordava quello che gli aveva detto sua madre e non era molto diverso. Si chiese se veramente fosse stato così da bambino, ma l'unica cosa che riusciva a ricordare di quelle trasferte erano i guai in cui si andava a cacciare per seguire Hinata.
Suga lo scortò in giardino, dove fu raggiunto da Hinata. Accanto a lui vide un ragazzo più grande di loro di qualche anno, aveva corti capelli neri e spalle larghe, le ali erano nerissime e non particolarmente grandi. Doveva essere il cavaliere di cui Hinata gli aveva parlato. Aveva mandato alcuni soldati a cercarlo, era contento che lo avessero trovato e che HInata non fosse completamente solo lì. Accanto a lui sentì Sugawara irrigidirsi nel guardare il nuovo arrivato. Era rimasto bloccato sul posto, con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta. Hinata si voltò verso di loro e il suo sguardo si bloccò su Sugawara. Sulle sue ali bianche come le sue. Quando anche lo straniero alzò lo sguardo e incontrò quello di Suga ebbe la stessa reazione.
"Lo conosci?", chiese Kageyama a Sugawara.
"No, ma mi piacerebbe", rispose.
Non si era mai contenuto su quelle cose, a Kageyama venne da ridere e si sentì consolato al pensiero che in fondo non fosse cambiato.
Hinata si avvicina a lui, elegantissimo nei suoi abiti interamente neri che contrastano le sue ali grandi e bianche. Sono ancora più belle di quanto Kageyama avesse potuto immaginare e non riesce ancora a credere di aver rischiato di non vederle, che Hinata era arrivato a odiarle al punto di distriuggerle pur di non subire ancora un altro rifiuto. Al solo pensiero stringe i pugni e vorrebbe riversare l'intera sua furia contro il padre di Hinata.
Hinata lo guarda inclinando la testa di lato.
"Perchè sei arrabiato?"
"Non sono arrabiato"
"Sì che lo sei"
"Non lo sono"
"Non so se ti voglio sposare mentre sei arrabbiato"
"Ti ho detto che non lo sono!"
Ma Hinata ride e Kageyama sente qualcosa sciogliersi in lui, come accade ogni volta.
"Andiamo, brontolo! Aspettano solo noi"
Kageyama annuisce e lo segue, prendono i loro posti all'altare. Accanto a Kageyama c'è Sugawara, Daichi è accanto a Hinata.
La cerimonia è breve e concisa, il banchetto che ne segue non lo è.
Kageyama vorrebbe solo andare a rifugiarsi nella sua nuova stanza con quello che è adesso suo marito, prendersi quell'ultimo frammento di lui che ancora non si è preso perchè, testardo, almeno su quello aveva voluto rispettare le tradizioni. Hanno fatto di tutto, ma non hanno mai fatto sesso. Anche perchè Kageyama aveva avuto paura che Hinata, rendendosi conto di quanto mancasse di esperienza, decidesse che non valeva la pena sposarlo.
Quando finalmente il banchetto arriva alla fine, Kageyama quasi corre in camera con Shoyo al seguito. Sua madre ha lasciato che scegliesse lui quale dovesse essere la loro camera, e Kageyama ne ha scelta una al secondo piano, con un piccolo balconcino davanti che affaccia direttamente sul mare. La finestra è stata lasciata aperta per far entrare la brezza marina e Hinata si blocca un attimo a guardare la luce della luna che si riflette sull'acqua calma del mare di notte.
"Ho pensato potesse piacerti svegliarti e vedere il mare", gli dice Kageyama accanto a lui.
Hinata si volta, attacca le braccia al suo collo e lo bacia con trasporto e Kageyama lo sente quanto quel piccolo gesto sia apprezzato. Stringe le braccia intorno alla vita di Hinata e se lo tira più vicino, quanto più può. I baci di Hinata si fanno famelici, si approfondiscono. Kageyama comincia ad irrigidirsi nel contatto. Si è detto di stare calmo, si è detto che avrebbe saputo cosa fare, ma in quel momento ha dimenticato tutto, sa solo che vuole Hinata e vuole fare tutto nel modo migliore possibile, nel modo giusto. Non vuole sbagliare niente. Vuole che quella notte sia perfetta per Hinata quanto lo è già per lui.
Hinata lo sentì irrigidirsi e si allontana.
"Tutto bene?", gli chiede apprensivo. "Ho fatto qualcosa che non va"
Kageyama scuote la testa, appoggia la fronte a quella di Hinata e cerca di trovare le parole giuste per spiegargli come si senta in quel momento, ma come al solito Hinata lo legge.
"Nervoso?", gli chiede con un sorriso gentile.
E Kageyama annuisce, non sapendo bene che altro dire. Hinata gli sorride ancora, lo prende per mano e lo porta fino al letto. Lo fa sedere, gli fa distendere le gambe e appoggiare la schiena all'inferriata decorata. Si mette sopra di lui, con le gambe ai due lati del bacino di Kageyama e Kageyama si rende conto di quanto gli piaccia averlo così, sentirlo sopra di lui, in quel momento era lui ad avere il pieno controllo. Gli passa le mani sulla schiena.
"Non preoccuparti", gli dice HInata. Gli mette la mani tra i capelli, gli fa reclinare la testa indietro e lo bacia. "Per stavolta mi prenderò io cura di te".