a blessing in disguise
Feb. 19th, 2021 09:55 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Missione: M1 - Soldi
Parole: 7142
Rating: NSFW
Quella scopata era stata fottutamente noiosa. La ciliegina sulla torta della giornata di merda che Megumi aveva avuto.
Megumi, sdraiato in un letto non suo nella camera di uno sconosciuto, fissava il soffitto, le coperte tirate su fino al petto. Poteva sentire l’acqua della doccia scorrere mentre il ragazzo si faceva una doccia - a onor del vero aveva offerto a Megumi di andare lui per primo, ma Megumi aveva rifiutato, preferendo pulirsi con delle salviettine che teneva nello zaino.
Era sempre stato così. Non che Megumi avesse particolare esperienza in quel campo, ma non riusciva a non pensare che il sesso non fosse poi questa gran cosa. Quando era arrivato finalmente all’università, una delle prime cose che aveva fatto era stata scaricarsi di un’app di incontri, ma fino a quel momento non aveva avuto particolare fortuna.
Nel migliore dei casi, gli avevano dato la stessa soddisfazione di una rapida sega nella doccia, nei peggiori si annoiava a morte e la sua mente cominciava a vagare, pensando a quello che avrebbe fatto dopo e che cosa avrebbe comprato per cena tornando a casa.
In questo caso era stata la seconda, e la risposta era stata “nulla,” perchè Megumi non aveva soldi da spendere e l’unico colloquio che avesse trovato in oltre un mese di ricerche era andato a puttane quella mattina.
Megumi si alzò dal letto e cominciò a raccogliere i vestiti sparsi sul pavimento della stanza. Lo sconosciuto scelse quel momento per uscire dal bagno, con solo un asciugamano legato alla vita. Era un peccato che le cose fossero andate in quel modo, perchè quel ragazzo era veramente il suo tipo fisicamente: era alto e dalle spalle larghe, muscoloso il giusto, e aveva i capelli chiari. Megumi considerò quasi l’idea di dargli una seconda possibilità, poi si ricordò che non aveva il tempo.
“Volevi scappare mentre ero sotto la doccia?”, chiese il ragazzo, apparentemente offeso.
“Volevo solo rivestirmi”
“Pensavo di ordinare una pizza per cena, se vuoi restare,” disse quello portandosi una mano dietro la nuca. Megumi si concesse di immaginare la scena per un momento. Avrebbero mangiato pizza, l’iniziale imbarazzo avrebbe a poco a poco lasciato spazio al desiderio di impressionarlo, poi il ragazzo gli avrebbe chiesto di restare per un caffè, oppure avrebbero guardato uno stupido film, e poi si sarebbero dati a un secondo round di sesso insoddisfacente per lui. All’inizio era caduto nella trappola un paio di volte, ma aveva presto imparato che tendenzialmente tra il primo e il secondo round non cambiava mai molto. Se possibile i ragazzi si sentivano ancora più sicuri per il fatto che avesse accettato da diventare ancora più approssimativi in quello che facevano.
Megumi si rese conto di non ricordare il nome del ragazzo, nonostante fosse abbastanza sicuro che si fossero presentati al suo arrivo. Ricordava anche che il ragazzo gli aveva detto di essere stressato per la preparazione di un esame, e che quando Megumi l’aveva contattato tramite l’app di incontri che aveva sul cellulare era stato ben contento di concedersi una distrazione dallo studio.
Non ne valeva la pena. E soprattutto, sentiva veramente il bisogno di tornarsene a casa sua.
“No, grazie”
Il ragazzo fece un passo verso di lui, ormai completamente vestito. “Possiamo rivederci?”
Megumi afferrò lo zaino da dove lo aveva abbandonato sul pavimento. “Credo sia meglio di no,” disse solo prima di andarsene.
Quando Megumi tornò a casa Itadori non era ancora rientrato. Il pomeriggio lavorava in una sala giochi nel quartiere, e a quanto pareva il numero dei clienti - e delle clienti in particolare - era raddoppiato da quando aveva cominciato a lavorare lì.
Megumi ne approfittò per buttarsi sotto la doccia senza il rischio che qualcuno entrasse in bagno, aveva veramente bisogno di lavarsi di dosso la sensazione delle mani di quel ragazzo sul suo corpo. Si era mostrato particolarmente ossessionato dai suoi capezzoli nonostante non fossero mai stati tra i punti più sensibili di Megumi, che aveva sentito solo una vago solletico, ma adesso erano arrossati e indolenziti. Dovette stare attento mentre si lavava per evitare che gli dessero fastidio.
L’acqua calda era un sollievo sulla schiena dopo la tensione accumulata in quella giornata.
Distantemente, sentì la porta di casa aprirsi.
“Ho portato la cena,” urlò Itadori, chiudendosi la porta alle spalle. “Sbrigati prima che si freddi”
Megumi uscì dalla doccia, si mise i vestiti i puliti e tamponò i capelli con un asciugamano, senza prendersi il disturbo di asciugarli con il phon. Non c’era verso che stessero al loro posto, e le giornate avevano cominciato ad allungarsi e farsi più calde, tanto valeva evitare quel fastidio inutile che era il phon.
Uscì dal bagno e raggiunse Itadori nel soggiorno dell’appartamento che condividevano sin dall’inizio dell’anno accademico.
L’appartamento non era grande. Il soggiorno era attrezzato con un angolo cottura probabilmente preso in offerta all’Ikea e un divano di pelle consunta proveniente da qualche mercatino dell’usato. Uno dei vantaggi del non vivere in dormitorio era che lui e Itadori avevano due camere da letto separate, quindi potevano mantenere la loro privacy nonostante la convivenza.
Onestamente Megumi aveva avuto paura all’idea di dover improvvisamente passare dal vivere in una enorme casa tradizionale ad un piccolo appartamento con qualcun altro. Era solo contento che gli fosse capitato qualcuno come Itadori come coinquilino. I due erano andati d’accordo sin da subito, e Itadori non si era mai fatto intimorire dal fatto che Megumi potesse sembrare freddo, scontroso e distante a primo impatto - era abbastanza amichevole per entrambi, e nei mesi di convivenza Megumi si era ritrovato a pensare a lui come un amico, forse il primo vero amico che avesse mai avuto.
Sul tavolo della cucina, Itadori aveva già diviso ordinatamente i contenitori di alluminio del takeaway in due pile ordinate ai due lati del tavolo della cucina.
“Cinese,” disse Itadori quando lo vide comparire. “Ti ho preso il solito”
Megumi aprì la bocca per dire la bocca, ma Itadori gli fece un cenno con la mano e gli diede le spalle. “Non preoccuparti,” disse. “Stasera offre Sukuna.”
A Megumi ci erano voluti mesi per scoprire che quel Sukuna che ogni tanto saltava fuori nei discorsi di Itadori altri non era che suo padre. Itadori non si era mai riferito a lui in quei termini, però. Megumi non aveva mai indagato oltre. Qualunque fossero i problemi di Itadori con suo padre erano affari suoi e Megumi aveva ogni intenzione di rispettare la sua privacy. Lui più di tutti poteva capire come fosse avere problemi con la propria figura paterna.
“Ti restituirò tutto,” disse Megumi e si sedette al suo posto al tavolo. Aggiunse mentalmente il costo approssimativo della cena al prezzo del regalo che avrebbe fatto a Itadori una volta che finalmente avesse trovato un lavoro - se fossero andati avanti così ancora a lungo avrebbe avuto bisogno di diventare milionario.
“Come è andato il colloquio?”, chiese Itadori aprendo il contenitore del suo riso. L’odore di soia e ananas abbrustolito si sparse per tutto il soggiorno, facendo storcere il naso a Megumi. Come Itadori potesse mangiare un tale abominio sarebbe sempre rimasto un mistero per lui.
“Volevano qualcuno che gli coprisse l’intera giornata e lo volevano pagare come un part-timer,” Megumi si mise in bocca un po’ di riso e masticò lentamente. “Cosa che anche volendo non avrei potuto fare perchè la mattina ho le lezioni.”
E saltare le lezioni era qualcosa che Megumi non poteva proprio permettersi. Avrebbe significato perdere la borsa di studio, che era l’unica cosa che gli permetteva di studiare quello che davvero voleva studiare invece di essere costretto a seguire le orme di famiglia. Già con il lavoro precedente, quello da cui lo avevano licenziato, Megumi era stato costretto a studiare la notte per rimanere in regola con gli esami e allo stesso tempo mantenere la sua media abbastanza alta con gli esami per non perderla.
Itadori annuì comprensivo, continuando a strafogarsi di riso come se non vedesse cibo da un paio di settimane. Sembrò contemplare qualcosa per un momento, e Megumi non gli fece pressioni. Sapeva che qualunque cosa avesse in mente prima o poi l’avrebbe chiesto senza farsi troppi problemi. Si allungò verso un raviolo e lo tagliò in due, portandosi la prima metà alla bocca, stando attento che la carne non ricadesse sul piatto.
“Non puoi chiedere qualcosa alla tua famiglia? Solo per questa volta?”
Megumi ripensò a suo padre, che alla tenera età di sette anni lo aveva scaricato ai suoi nonni. Da quel momento in poi, le volte in cui lo aveva visto per più di una manciata ore consecutive si poteva contare sulle dita di una mano. Da quando era andato al college non lo aveva mai chiamato. Neanche Megumi lo aveva fatto dopotutto. Negli anni Megumi si era chiesto spesso se a suo padre onestamente fregasse qualcosa di lui, dopotutto non gli aveva mai dato motivo di pensare che fosse veramente così.
Megumi pensò anche ai suoi nonni, esponenti di quella vecchia nobiltà che non contava più un cazzo ma continuava ad autocompiacersi nelle proprie tradizioni e restrizioni, come se questo meritasse una qualche medaglia di merito. Continuavano a stare chiusi nella loro torre d’avorio, guardando il resto del mondo dall’alto in basso, senza rendersi conto che le fondamenta della torre erano ormai marce fino all’osso.
Megumi si era chiuso alle spalle la porta di quella casa tradizionale convinto che non vi avrebbe mai più fatto ritorno. Tornare a chiedere aiuto a loro sarebbe perdere il suo orgoglio, e Megumi non ha intenzione di perderlo, anche a costo di complicarsi la vita. Preferisce essere sereno con sé stesso piuttosto che strisciare di nuovo nel luogo da cui aveva lottato tanto per uscire, anche se questo avesse significato restare fuori al freddo.
“Non voglio,” disse solo.
Itadori non insistette oltre e continuò a mangiare, il silenzio era confortevole intorno a loro.
“Potrei mettermi a fare il cam boy,” lo ruppe improvvisamente Megumi.
Si aspettava che Itadori scoppiasse a ridere, ma Itadori mise in bocca un raviolo intero e cominciò a masticare. “Perchè no,” disse imperturbabile.
Megumi non sapeva neanche se lo avesse detto seriamente o meno. L’idea lo aveva accarezzato un paio di volte in passato, ma non l’aveva mai presa in considerazione in maniera particolarmente seria e non si era mai andato ad informare su come funzionasse veramente la cosa. Megumi provò a dirlo, ma Itadori riprese a parlare.
“Hai un tipo di bellezza che potrebbe piacere sia agli uomini che alle donne”
Megumi quasi si strozzò con un chicco di riso e un vago rossore gli risalì sulle guance. Era la prima volta che qualcuno avesse mai detto una cosa del genere su di lui. Il suo cuore cominciò ad accelerare i battiti anche per un altro motivo: forse quello poteva essere il momento giusto per fare un’altra confessione, una che ancora non aveva avuto il coraggio di fare ad Itadori nonostante sapesse razionalmente che non ci sarebbero state le conseguenze che era cresciuto imparando a temere.
“Non mi interessa piacere alle donne,” ammise, non riuscendo a staccare gli occhi da un taglio nella tovaglia di plastica attraverso il quale si poteva vedere il legno del tavolo. Era in assoluto il peggior coming out che avesse mai fatto - era anche l’unico.
Itadori non si scompose. “E quindi?”, chiese. “Finchè ti pagato che ti frega?”
La tranquillità con cui Itadori stava prendendo quell’idea che Megumi aveva buttato lì quasi per caso lo costrinse a guardarla per la prima volta con più serietà.
Se la cosa avesse ingranato ci sarebbero stati numerosi pro. Avrebbe potuto lavorare da casa, in primis, e se le cose fossero andate bene poteva cavarsela con tre o quattro stream a settimana, senza bisogno di lavorare tutte le sere, facendosi il culo a lavorare sottopagato in un ristorante e prendendo delle mance misere. Avrebbe potuto dedicare tutti i suoi pomeriggi allo studio - o a godersi la vita universitaria - e concentrarsi sul mantenere alta la media. I pro sembravano essere decisamente più dei contro.
“Se sei preoccupato per la tua identità potresti usare una maschera,” disse Itadori. “E— non hai tatuaggi strani vero?”
A Megumi venne da ridere. Itadori ci stava pensando più seriamente di quanto lui non avesse mai fatto. “Nessun tatuaggio strano.”
Itadori si allungò verso la sua porzione di ravioli e gli rubò l’ultimo, quello che Megumi lasciava sempre perchè la porzione era troppo grande per lui, e se lo mise in bocca tutto intero. “Pensaci,” disse, sputando ovunque pezzetti di cibo.
Megumi ci stava pensando più seriamente di quanto non avesse mai fatto prima.
Il pensiero venne parzialmente accantonato nei giorni successivi. Megumi era tornato al turbinio costante delle sue giornate - lezioni, pranzo, giri per la città alla ricerca di qualche posto che cercasse qualcuno. Aveva anche riprovato nei pub notturni, dove già lo avevano rifiutato all'inizio dell'anno perché non aveva ancora 20 anni.
Megumi uscì dalla lezione con la testa già abbassata sul cellulare, dove aveva compilato l'ennesima lista di luoghi in cui andare a proporsi. Mancavano meno di due settimane al pagamento dell'affitto e Megumi cominciava a sentirsi l'acqua alla gola. E non era mai stato un buon nuotatore.
Nel corridoio qualcuno gli venne addosso, violentemente, facendogli sfuggire il telefono di mano. Megumi alzò lo sguardo e vide il ragazzo biondo con cui era andato a letto qualche giorno prima. Lo stava guardando dall'alto in basso e Megumi resistette a malapena alla tentazione di roteare gli occhi. Perfetto, pensò, aveva beccato uno di quelli con l'ego più grande di loro che non accettavano un rifiuto. Era solo contento di non avergli dato la seconda possibilità che aveva considerato sul momento. Abbassò lo sguardo sul telefono che gli era sfuggito dalle mani. Il vetro si era rotto, ma quello non era un grosso problema. Quando Megumj provo ad accenderlo però il cellulare resto spento, lo schermo nero insensibile ad ogni stimolo. Megumi fu preso dal panico, "No, no, no, anche tu no!" disse al suo telefono, come se quello potesse sentirlo, avere pietà di lui e riaccendersi per miracolo. Ma nulla di tutto ciò accadde, il telefono rimase nero e silenzioso. Essere senza telefono significava non poter ricevere chiamate per i colloqui, o se lo avessero richiamato al vecchio lavoro per qualche miracolo - il vecchio gestore del ristorante l'aveva presa peggio di Megumi il fatto di essere costretto a licenziarlo, e aveva promesso che lo avrebbe chiamato se avesse visto qualcosa o se la situazione fosse cambiata. Significava non poter sapere in tempo reale se ci fossero modifiche alle sue lezioni o comunicazioni da parte dell'università. Significava recidere quel fragile filo di speranza che ancora Megumi aveva in cuore che suo padre decidesse di chiamarlo per sapere come stesse andando l'università.
Megumi alzò lo sguardo verso il ragazzo biondo, la sua espressione doveva essere più dura di quanto avesse pensato, perché lo vide sbiancare.
"Io non— Volevo solo…"
Megumi si alzò e senza degnarlo di un secondo sguardo lo lasciò lì, in mezzo al corridoio, con delle scuse parzialmente formate sulle labbra. Non aveva tempo per queste cose.
Quella era stata l'ultima goccia. Megumi era stanco di doversi sbattere in quel modo. Aveva pensato che si sarebbe divertito all'università, ma niente di tutto quello stava succedendo perché era sempre troppo preoccupato per i soldi e per come avrebbe fatto a vivere. Era ingiusto. Avrebbe voluto essere uno di quei ragazzi che poteva contare sulla propria famiglia, sui propri genitori, per le questioni di soldi, ma non gli era stato concesso e in certi giorni l'ingiustizia di questa cosa gli faceva vedere tutto rosso. Ma Megumi era stanco. Strinse le mani in un pugno, uno tenendo ancora quello che restava del proprio telefono. Quella storia sarebbe finita. Avrebbe preso in mano la situazione.
Aveva poco di suo, ma non aveva paura di usarlo.
Non appena arrivò a casa, Megumi afferrò il laptop e si mise alla scrivania. Le ricerche lo tennero occupato l'intero pomeriggio, la stanza si fece buia intorno a lui senza che se ne accorgesse. Quando sentì la porta di casa aprirsi saltò sulla sedia e pensò per un momento che Itadori avesse finito prima il suo turno, poi gli cadde l'occhio sull'orologio nell'angolo in basso a destra del suo schermo.
Era comprensibile che avesse fame. Quella sera si sarebbero dovuti accontentare del ramen istantaneo.
Uscendo dalla sua stanza trovò Itadori buttato sul divano. Alzò lo sguardo su di lui.
"Oh sei a casa. Ti stavo aspettando per cena"
"Preparo il ramen," rispose Megumi, dirigendosi verso la cucina. Itadori lo seguì poco dopo.
Megumi lo sentì sedersi al tavolo dietro alle sue spalle mentre aspettava che l'acqua bollisse. Pensò a come aprire il discorso.
"Ho fatto un po' di ricerche oggi," cominciò. "Sulla cosa del camboy."
"Mh-mh"
"C'è un sito che non sembra male"
"Hai già creato il profilo?"
"Non ancora"
Megumi sentì Itadori alzarsi e prendere dal frigo qualcosa da bere, poi il sibilo di una bevanda gassata che si apriva. Megumi scosse la testa, "Bevi troppe di quelle schifezze."
Megumi poteva immaginare fin troppo bene il modo in cui Itadori stesse scrollando le spalle.
L'acqua cominciò a bollire. Megumi ne versò un po' nei contenitori del ramen e li appoggiò sul tavolo, uno di fronte a sé e uno di fronte a Itadori. Si sedette al solito posto di fronte a Itadori mentre aspettavano che il ramen fosse pronto.
"La stai prendendo con molta calma," disse Megumi, non riuscendo più a trattenersi.
"Cosa?" chiese Itadori. Alzò il coperchio del ramen per vedere a che punto fosse, e Megumi gli diede un colpo sulla mano per farlo smettere.
"Questa storia del camboy"
Itadori si tirò su e si appoggiò allo schienale della sedia. "È un lavoro," disse solo. "Ci avevo pensato anche io a farlo per un po', per non prendere più soldi da Sukuna. Ma non penso renderei bene."
Megumi rimase sorpreso dalla prima parte. Non il fatto che ci avesse pensato, ma il fatto che non si fosse sentito abbastanza attraente da andare fino in fondo. Itadori era una delle persone più sicure di sé che avesse mai conosciuto, e Megumi era convinto che il suo carisma sarebbe riuscito a passare anche attraverso la telecamere e gli avrebbe fatto guadagnare parecchi fan. Itadlri aveva anche un fisico veramente ben sviluppato, muscoloso il giusto e proporzionato - per i gusti di Megumi era un po' basso, erano alti uguali e Megumi aveva sempre preferito i ragazzi più alti, ma se non fosse stato la persona più eterosessuale che Megumi avesse mai conosciuto ci avrebbe sicuramente provato con lui - oltre al fatto che fossero amici e non voleva che le cose so facessero strane tra di loro.
"Sono abbastanza sicuro che troveresti il tuo pubblico," disse Megumi.
Itadori scoppiò a ridere. "Non fa per me. E poi ho scoperto che è divertente spendere i soldi di Sukuna," rise.
Rimasero un attimo in silenzio. Poi Megumi parlò di nuovo.
"E se non funzionasse?"
"Chiudi tutto e torni a cercare lavoro come hai fatto fino adesso," disse Itadori sereno. "Fare un tentativo non fa male a nessuno"
Fare un tentativo… Era molto diverso dal modo in cui Megumi era cresciuto, in cui se già sapevi di non poter essere il migliore era meglio lasciar stare e non provarci neanche. Era una novità assoluta per lui, ed era anche liberatorio. Megumi sentì come un peso sollevarsi dalle sue spalle. Fare un tentativo non avrebbe fatto male a nessuno.
Megumi sedeva sul letto a gambe incrociate e il laptop aperto davanti a lui.
Aveva finito di compilare il modulo di registrazione e stava controllando per l’ennesima volta i dati inseriti e i termini dell’iscrizione. Aveva provato a chiedere a Itadori una mano nell’impostare il proprio profilo, ma Itadori aveva rifiutato, sostenendo che non aveva intenzione di sapere nulla di più di quanto già sapesse, come ad esempio il suo nome utente o la sua immagine del profilo - Megumi non poteva dire di non essere d’accordo con il suo punto di vista. Itadori però lo aveva aiutato a stendere una scaletta per la sua bio, senza voler sapere cosa avrebbe scritto nel dettaglio.
Megumi aveva scelto come immagine del profilo una foto che aveva scattato un po’ a caso qualche tempo prima, in cui aveva una camicia bianca con i primi due bottoni sbottonati, il braccio che non teneva il cellulare era alzato e la mano appoggiata dietro la testa, leggermente voltata verso sinistra. Era una foto che aveva scattato dopo il suo primo colloquio, nello specchio della sua camera da letto. Il suo viso era parzialmente coperto dal telefono, ma si poteva veder bene la linea del suo corpo, il fatto che fosse longilineo. Ed era una delle poche foto di sé stesso che aveva sul telefono e aveva caricato sul pc. Sembrava anche più alto di quanto non fosse. Come nome scelse Blessing - banale e pretenzioso allo stesso tempo, ma se voleva far funzionare la cosa tanto valeva sparare in alto. E apparire più sicuro di quanto non si sentisse. O almeno questo era stato uno dei consigli che aveva estratto da Itadori e dalla sua esperienza sui social network - non si sa come, ma aveva sviluppato un seguito non male e anche un gruppo di fan all’università che fermavano qualunque cosa stessero facendo quando passava per guardarlo.
Dopo l’ultimo controllo Megumi diede la conferma finale. Il suo profilo era ufficialmente online. Tempo qualche minuto gli arrivò una mail da parte del sito dicendogli che il vibratore brandizzato che aveva ordinato, quello che vibrava al ritmo dell’arrivo delle mance, sarebbe arrivato a casa sua nel giro di ventiquattrore, una volta avuto quello avrebbe ufficialmente potuto fare la sua prima live. Quello che restava da fare fino a quel momento era solo cercare di curare un po’ il suo profilo, in modo tale da cominciare ad attirare le prime visualizzazioni.
La prima cosa che fece fu tirare fuori dall’armadio alcuni dei vestiti che riteneva gli stessero meglio e cominciare a scattarsi un po’ di foto. Il fatto di poterle fare solamente dalla webcam del computer invece che dal cellulare rendeva il tutto molto più complicato, non sapeva bene che posizioni utilizzare per valorizzarsi al meglio.
Aveva anche degli abiti tradizionali che la sua famiglia aveva insistito perché portasse con se quando era andato via di casa. Aveva promesso che non li avrebbe mai più indossati, ma l’idea di indossarli in quel contesto stava facendo circolare l’eccitazione nel suo sangue, era come un ragazzino che aspetta di essere in casa da solo per farsi le prime seghe o per fumare le prime sigarette di nascosto, gli faceva sentire la testa leggera.
Gli venne in mente cosa avrebbe pensato la sua famiglia se avesse mai visto quelle foto. Probabilmente lo avrebbero definitivamente diseredato, e il pensiero non gli dispiaceva più di tanto. Probabilmente però quello che aveva detto Itadori la prima sera aveva un suo perché. Nascondere la sua identità poteva essere una scelta saggia. Con gli ultimi risparmi che aveva da parte aprì il suo account amazon e cominciò a cercare una maschera.
Ne trovò una che non copriva interamente il volto, copriva solo la parte superiore del volto e non interamente, era fatta di ghirigori di pizzo nero che avrebbero lasciato parte della sua pelle scoperta, ma se fosse stato fortunato avrebbe distratto abbastanza da non renderlo riconoscibile senza. Fu amore a prima vista con quella maschera, non ne aveva mai vista una così bella. Quella poteva diventare veramente parte della sua immagine.
Senza pensarci troppo la ordinò, e selezionò l’opzione della spedizione rapida, in modo tale che arrivasse in tempo per il suo primo stream.
Era tutto pronto, adesso non restava che aspettare.
Il giorno successivo Megumi lo passò in attesa dei propri pacchi. Per ammazzare il tempo si mise a guardare un alcuni degli stream presenti sul sito su cui si era iscritto, per studiare un po’ come strutturare il suo streaming. Sarebbe dovuto andare un po’ per tentativi, però per il momento l’unica idea che aveva era di fare quello che gli piaceva fare. Da quando era arrivato all’università raramente aveva avuto l’occasione di fare le cose con la serenità che gli piaceva, tanto valeva approfittarne.
Forse come tutte le altre cose, la cosa migliore era divertirsi per davvero.
I suoi pacchi arrivarono nel pomeriggio. La maschera era bellissima, e Megumi adorava con gli stesse addosso. Immediatamente si scattò una foto e la caricò sul suo profilo, annunciando nella didascalia che quella sera avrebbe fatto la sua live. Nel corso della nottata le foto e la sua presentazione gli avevano attirato un po’ di followers. Non erano molti, ma era un buon punto di partenza.
Una strana energia nervosa lo accompagnò per tutto il giorno, ma mai una volta gli venne la tentazione di tirarsi indietro. Non gli piaceva non sapere se fosse bravo o meno a fare qualcosa, ma allo stesso tempo non era mai stato il tipo da tirarsi indietro. Una volta che una cosa era decisa era decisa.
Quando si avvicinò l’orario deciso, Megumi dispose il laptop in modo tale che riprendesse il letto e mise a portata di mano tutto ciò che sarebbe potuto servirgli. Mise anche il segnale che lui e Itadori avevano concordato per fargli sapere quando stava facendo uno streaming sulla porta della sua stanza. Mai come in quel momento era stato convinto di voler mantenere quella appartamente e la privacy che le due camere da letto permettevano.
Itadori si era chiuso in camera sua con le cuffie antirumore nuove di zecca che si era fatto comprare da Sukuna - gli aveva detto che gli servivano per studiare - e un vecchio sparatutto con “gli effetti sonori più rumorosi che avesse mai sentito”.
Megumi si mise davanti allo specchio, e si tirò indietro i capelli. Indossò la stessa camicia bianca che aveva nella sua immagine del profilo, e sotto quella solamente un paio di boxer neri. Lasciò slacciati i primi due bottoni.
Infine, indossò la maschera che aveva comprato, legandola saldamente dietro la testa in modo tale che non rischiasse di sciogliersi nel corso dello streaming. Gli piaceva come gli stava addosso, gli dava una sicurezza diversa, lo faceva sentire sexy e adatto al compito. Era stata veramente un ottimo acquisto.
Con calma si sedette sul letto, in posizione e avviò lo streaming. Ancora non c’era nessuno connesso, ma Megumi sapeva di dover cominciare comunque.
Megumi si spostò indietro sul letto e piantò i piedi sul materasso, aprendo le gambe, mostrando le gambe lunghe e le cosce toniche, facendo vedere che sotto la camicia indossava solo i boxer. Aprì leggermente la bocca e cominciò ad accarezzarsi delicatamente l’interno coscia. Era sempre stato un punto estremamente sensibile per lui, che faceva crescere in lui l’anticipazione, ma a cui nessuno dedicava mai particolare attenzione. Megumi vide le prime persone cominciare a connettersi, ma continuò a fare quello che stava facendo, come se non fossero lì. Sollevò la testa con fare altezzoso e sorrise arrogante alla telecamera. Si passò una mano sulla stoffa dei boxer, sentendo la sua erezione che cominciava ad indurirsi. Gli piaceva l’idea di essere guardato, di tenere qualcuno sulle spine dall’altro lato della telecamere.
Con la mano si sollevò la camicia, mostrando alla telecamera l’addome piatto, dalla muscolatura appena accennata.
Sulla chat cominciarono ad apparire i primi messaggi, che lo invitavano a mostrare qualcosa di più: via la maglietta, via i boxer, mostra quello che hai sotto le mutande.
E Megumi sorrise alla telecamera, “Buonasera,” disse. “Vedo che cominciate ad essere attivi.”
Si sporse verso la telecamera e si tirò su, mettendosi in ginocchio. Si allungò verso la scrivania, per prendere qualcosa accanto al pc e facendo attenzione che la telecamera mostrasse abbastanza bene il suo petto attraverso la stoffa lasciata larga della camicia. Quando tornò nell’inquadratura mostrò alla telecamera il vibratore brandizzato che gli aveva mandato il sito. “Sapete tutti cos’è questo,” disse alla telecamera, “E sapete tutti come funziona,” aggiunse con un sorriso. “Che ne dite?”
I commenti cominciarono a susseguirsi sulla chat. Megumi tornò alla sua posizione precedente, con l’anticipazione che gli dava la pelle d’oca. Sapeva di avere la loro attenzione, lo poteva percepire in ogni fibra del suo essere. Si stava divertendo, e si sentiva la testa leggera. Era esilarante tutto questo. Tutti i progetti che aveva fatto, le mosse che aveva studiato davanti allo specchio fuggirono dalla sua testa. Voleva solo sentire.
Quel poco di tensione ancora accumulata sulle sue spalle svanì di colpo, e Megumi sospirò, portando nuovamente la mano ad accarezzare l’erezione attraverso i boxer.
Levali, scrisse in chat un utente di nome KingOfCourses.
E Megumi sorrise, sentendo un brivido corrergli lungo la scena. Sentiva che una delle sue fantasie più recondite, quella di essere guidato mentre si dava piacere da solo, poteva essere veramente messa in pratica quella sera.
“Fammelo fare,” rispose, guardando diretto in camera come se potesse guardare negli occhi l’utente che gli aveva mandato quel messaggio.
Immediatamente Megumi sentì il suono dell’arrivo di una mancia, sorrise alla telecamera. “Molto bene”
Megumi si stese indietro sul letto, e sollevò le gambe facendo in modo che il suo culo restasse ben inquadrato. Megumi sollevò in alto le gambe, anni di stretching fatto mentre faceva atletica gli tornarono utili in quel momento, e fece lentamente scivolare i boxer in alto, lungo la linea delle cosce, fino a toglierli interamente e lanciarli via. Quando si tirò nuovamente su, con le ginocchia chiuse, Megumi notò la grande quantità di nuovi commenti presenti nella chat. A quanto pareva le sue gambe avevano attirato l’attenzione, e Megumi sentì l’eccitazione nello stomaco.
Con gli occhi andò a cercare un altro commento di KingOfCurses.
Molto bene, aveva scritto.
Gli altri commenti gli suggerivano di aprire le gambe, altre mance cominciarono ad arrivare, e Megumi lo fece. Lentamente, aprì le gambe, lasciando che la camicia coprisse ancora parzialmente la sua erezione. Lentamente si fece passare una mano sull’addome, sollevando la camicia, e bloccandola tra i denti, mostrandosi alla videocamera interamente.
Toccati, arrivò un nuovo messaggio.
Nuove mance cominciarono ad arrivare quando Megumi cominciò ad accarezzarti. Si lasciò sfuggire un piccolo gemito, soffocato dalla stoffa della camicia nella sua bocca. Cominciò a pompare, cercando di resistere alla tentazione di velocizzare il ritmo. Quella situazione lo stava eccitando molto di più di quanto avesse pensato inizialmente. La mano di Megumi scese ad accarezzare la propria apertura ancora morbida. Quel pomeriggio, nella doccia, aveva fatto un po’ di preparativi, ma si era fermato prima di venire.
Impaziente, arrivò un nuovo messaggio.
I messaggi di quella persona trasudavano una autorità che stava facendo meraviglie su Megumi. Gli altri messaggi sparivano al confronto, ma se voleva guadagnare un seguito avrebbe dovuto mostrare anche a loro un po’ di attenzione. Molti messaggi spingevano perchè cominciasse a prepararsi, sostenevano di volerlo vedere pieno.
“Oh, non vedo l’ora di esserlo,” rispose Megumi.
Si allungò verso il lubrificante e ne mise un po’ sulle dita. Si penetrò direttamente con due dita, e dalla chat arrivarono nuove mance. Megumi cominciò a pompare le dita, soffocando i gemiti mordendosi il labbro inferiore.
Lentamente, Megumi aggiunse un terzo dito. Le mosse un po’ dentro, gli scappò un gemito più forte quando si accarezzò la prostata.
Megumi si allungò verso il vibratore del sito e si penetrò con quello. Lo accese e immediatamente quello cominciò a vibrare con le mance che arrivavano. Era più potente di quanto avesse inizialmente previsto, e si appoggiava deliziosamente sulla sua prostata. Megumi si inarcò contro il letto, dalla bocca gli sfuggirono gemiti più alti, che la chat accettò volentieri. Mandando nuove mance, che continuavano a far vibrare il vibratore dentro di lui e contro la sua prostata. Non sapeva quanto ogni scarica sarebbe durata e Megumi approfittava della pausa tra una scarica e l’altra per riprendere fiato.
Megumi si stese sul letto e si sporse verso la telecamera, mettendosi bene in mostra davanti alla telecamera, mostrando il modo in cui la sua erezione si contraeva ad ogni nuova scarica, e il modo in cui il vibratore spariva nel suo corpo.
“Chi sarà a farmi venire?” Megumi chiese provocatorio davanti alla telecamera. Nuove mance continuavano ad arrivare.
Arrivò una scarica più forte, interminabile. Megumi sentì i muscoli delle gambe contrarsi, le punte dei suoi piedi tirarsi, mandò la testa indietro e si lasciò quasi sfuggire un urlo davanti a quella stimolazione insistita.
Venne senza neanche bisogno di toccarsi, schizzando sullo stomaco e macchiando la camicia. Megumi si concesse un momento per riprendere fiato, poi si avvicinò alla telecamera con fare sinuoso, cercando di nascondere quanto fosse stanco. Ringraziò tutti quelli che si erano collegati e chiuse la trasmissione, dando l’appuntamento successivo.
Chiuse lo schermo del pc e collassò sul letto. Era sudato e appiccicoso, si sarebbe dovuto andare a fare una doccia, ma non era sicuro che le gambe potessero reggere il suo peso in quel momento. Era stato l’orgasmo migliore che avesse avuto da un po’ di tempo a quella parte.
Forse quel lavoro poteva essere più adatto a lui di quanto avesse inizialmente pensato.
Di ritorno dalla doccia, Megumi trovò un messaggio privato da parte di KingOfCurses:
Non vedo l’ora di vedere il tuo prossimo streaming, Blessing.
Gli stream cominciarono ad ingranare dopo quella prima sera. Alcuni cominciarono ad essere dei regular e a seguirlo sempre, e Megumi ne aveva ormai memorizzato i nomi, altri andavano e venivano. A poco a poco sembrò cominciare a costruirsi un nome.
Visto che era ancora all’inizio e che la sessione d’esami era appena finita - e anche che era un po’ in emergenza per quanto riguardava i soldi - Megumi trasmetteva quattro volte a settimana. Il piano sarebbe stato con il tempo ridurle a due o tre a settimana, ma uno dei grandi pro di quel lavoro era proprio la flessibilità degli orari. Megumi avrebbe potuto decidere di settimana in settimana come regolarsi, in base anche agli altri impegni.
Alcuni avevano anche cominciato a mandargli dei ragali. Il sito a cui si era iscritto aveva un sistema per tenere le loro identità protette: i regali che le persone volevano mandargli dovevano essere mandati alla sede centrale del sito, lì sarebbero stati controllati e poi smistati e inviati direttamente alle loro case. In questo modo si teneva protetta sia la sua identità che quella di chi aveva inviato il regalo. La maggior parte gli aveva mandato lingerie o cose simili, Megumi cercava di indossare quello che poteva nel corso degli streaming, facendo sempre attenzione a nominare per bene chiunque glielo avesse donato. KingOfCourses era sparito nel nulla dopo quel primo messaggio, ma Megumi lo vedeva quasi sempre online durante i suoi show, e spesso le sue mance erano piuttosto generose.
Quella sera Megumi aveva deciso di ricambiare uno dei favori che doveva. Ordinò la pizza e la offrì a Itadori. Si buttarono sul divano e misero una nuova puntata di un anime che avevano cominciato a seguire insieme.
“Come stanno andando gli streaming?” gli chiese improvvisamente Itadori. Era la prima volta che si interessava da quando quella storia era cominciata.
“Bene,” ammise Megumi. “Un altro paio di stream e dovrei essere in grado di pagare l’affitto.”
“Ma ancora niente telefono”
“Ancora niente telefono”
Itadori si mise in bocca un altro pezzo di pizza, “Dovresti provare a buttarla lì durante uno stream,” disse. “Se te la giochi bene ti danno abbastanza mance da comprartene uno nuovo”
Megumi si sentiva in conflitto. Da una parte si sentiva una sorta di approfittatore a fare qualcosa del genere, dall’altra parte quello era un lavoro, e un cellulare nuovo gli sarebbe davvero servito. Forse aveva ragione Itadori, forse non c’era niente di male ad ammettere di avere un bisogno quando era vero, non si stava approfittando di quella gente, stava onestamente offrendo i suoi servizi in cambio di soldi, come in un qualunque altro lavoro.
Quella sera non aveva lo streaming. Aveva deciso di lasciarsi i venerdì sera liberi proprio per passare la serata a guardare anime con Itadori. Era un’abitudine che avevano preso dopo essersi ritrovati come coinquilini, e Megumi non aveva intenzione di rinunciarci adesso che poteva scegliere in quali serate lavorare. Anche quello era un punto a favore di quel lavoro.
I suoi ritmi di studio erano anche diventati decisamente più umani, non si trovava più a dover passare le notti in bianco per tenersi in pari con lo studio. Aveva anche ricominciato a dormire le otto ore a notte e gradualmente le occhiaie costanti erano sparite dal suo viso, dandogli nuovamente l’aspetto di un essere umano in buona salute. Era anche riuscito a tornare a correre, e solo tornando a correre si era reso conto di quanto gli fosse mancato. Non faceva niente di particolare, andava semplicemente al parco nelle sere in cui non faceva gli streaming o il pomeriggio, ma tornare a sentire il suo corpo tendersi in quel modo lo faceva sentire energizzato, e non esausto come si sentiva dopo ore a correre per lavoro.
Ma per quella sera voleva mettere da parte tutti i pensieri sul lavoro. Voleva solo godersi una pizza, una birra che in teoria non poteva bere e una nuova puntata del suo show preferito.
La sera dopo, durante il suo stream, Megumi decise di provarci. Durante lo stream disse che c’erano alcuni nuovi vestiti che avrebbe voluto mostrargli, in particolare alcuni degli splendidi regali che gli erano stati inviati, ma che purtroppo non rendevano bene in quel modo. Promise che glieli avrebbe mostrati non appena avesse avuto un telefono nuovo. Qualcuno in chat gli chiese cosa fosse successo al suo vecchio telefono, e Megumi disse che il suo telefono aveva subito un piccolo incidente e che ne avrebbe dovuto comprare uno nuovo.
Nel corso dello stream di quella sera, Megumi ebbe come la sensazione che le mance fossero molte di più del solito e sorrise internamente. Forse veramente si sarebbe potuto comprare un telefono nuovo e tornare in contatto con il mondo - e riaccendere quella debolissima fiammella di speranza che suo padre potesse decidere veramente di contattarlo. Megumi non aveva neanche la minima idea di in quale angolo di mondo fosse andato a rintanarsi quell’uomo.
Due giorni dopo, Megumi stava studiando quando sentì suonare il campanello. La sede del sito gli aveva mandato il nuovo pacco contenente i regali indirizzati a lui.
Megumi si sedette sul divano, approfittando di essere a casa da solo per quel pomeriggio, e lo aprì con calma. Megumi trovò all’interno del pacco ancora nuovi completini intimi, alcuni assolutamente discutibili e che non avrebbe mai indossato (chi poteva pensare che avrebbe mai indossato della lingerie leopardata fucsia era un mistero), tutti ancora sigillati - una delle politche del sito era che non sarebbe stata inoltrata ai ragazzi nulla che non fosse nuovo e sigillato.
Megumi trovò anche all’interno del pacco una scatola che inizialmente non riuscì ad identificare. Era chiusa in una busta nera con un fiocco celeste. La spilla che teneva chiusa la busta era stata aperta per i controlli di sicurezza, il biglietto spillato alla busta indicava KingOfCourses come mittente. Megumi rimase a bocca aperta quando, all'interno della busta, trovò un nuovo telefono, ancora perfettamente imballato.
Non riusciva a crederci che qualcuno gli avesse fatto un regalo del genere. Megumi non era un grande esperto di nuove tecnologie, ma sembrava essere un modello abbastanza nuovo. Lo aprì con cautela, incerto se avrebbe dovuto aprirlo o meno. Si alzò dal divano e raggiunse il suo laptop, ancora aperto sulla scrivania.
Aprì il sito e scorse i messaggi privati fino a raggiungere il primo che gli fosse mai arrivato.
Mi hai mandato un telefono, scrisse.
La risposta arrivò molto prima di quanto si aspettasse. Hai detto che il tuo è rotto. Era tutta una scusa?
Mi serve un nuovo telefono. Non pensavo di riceverne uno.
Ti dispiace?
Non sono sicuro di poter accettare.
Allora fai qualcosa per me.
Megumi guardò confuso il messaggio. Non ho intenzione di dare dati personali.
Bravo ragazzo. La risposta confuse Megumi. Se ti mando un regalo, dì che lo indosserai in uno dei prossimi stream.
Qualcosa del tipo?
E’ una sorpresa.
Megumi soppesò la proposta. Finchè non è nulla di pericoloso, lo farò.
Non ti farei mai del male, Blessing.
Megumi si chiese se dovesse pentirsi di quella cosa.
A Megumi non ci volle molto per scoprire che cosa avesse in mente. Qualche giorno dopo, Megumi ricevette un nuovo pacco, questa volta contenente un plug anale nero. Avrebbe dovuto fare l’intero stream con quello. Significava non poter usare il vibratore che vibrava con le mance, se non in maniera creativa. Megumi si sarebbe dovuto inventare qualcosa.
Infilò il vibratore prima dell’inizio dello streaming, e quando si tolse i boxer i suoi fan sembravano molto contenti della sorpresa che vi trovarono sotto. Il vibratore brandizzato del sito finì per essere legato alla base del suo pene. Megumi non sapeva cosa fare con quella stimolazione, fin troppo intensa.
Alla fine della sessione ricevette un nuovo messaggio privato.
Ben fatto, Blessing.
La metà del mese arrivò, e con quella il giorno in cui avrebbe dovuto pagare l’affitto. Megumi fece il proprio versamento, e rimase sconvolto quando si rese conto che sul suo conto restavano effettivamente dei soldi a disposizione.
Rimase per qualche momento imbambolato a guardare la schermata del proprio conto in banca. Non aveva idea di come comportarsi, ma non aveva tempo per pensarci. Stava per essere in ritardo per le lezioni.
Di ritorno dalle lezioni passò davanti alla pasticceria del quartiere. Ci passava ogni mattina e guardava i dolci esposti in vetrina sentendo l’acquolina in bocca. Ogni giorno passando il profumo dello zucchero riempiva la via, gli faceva venire veramente voglia di entrare lì e comrparsi qualcosa, ma non se lo era mai potuto permettere. Quella pasticceria era nota per essere una delle più famose della città, e i dolci erano piuttosto cari, e Megumi non aveva mai avuto soldi extra da poter spendere in dolci.
Eccetto che quel giorno ce li aveva. L’illuminazione lo colpì all’improvviso.
Di istituto entrò e comprò una torta alla fragola, la sua preferita. L’ultima volta che l’aveva mangiata gliel'avevano fatta per i suoi quindici anni, all’ultimo compleanno in cui suo padre si era degnato di essere presente. Era stato lui a scegliere la torta, sapendo quale fosse la preferita di Megumi.
Quella sera la mangiò con Itadori, godendosi i frutti del proprio lavoro.
Forse la vita universitaria non sarebbe poi stata così male.