new life, new home
Feb. 22nd, 2020 01:38 amTitolo: new life, new home
Fandom: Fairy Tail
Prompt/missione: Luna nuova
Parole: 710
Rating: safe
Levy si sentiva spaesata: Magnolia era enorme e le faceva in qualche modo paura con le sue centinaia di migliaia di persone, le sue strade caotiche e sempre rumorose. Quando le avevano offerto quel lavoro non era riuscita a dire di no, aveva preso tutto ciò che avesse ritenuto importante e si era lasciata indietro la sua città, la sua famiglia, gli amici di una vita, e si era trasferita a centinaia di chilometri da casa. Era scesa dal treno un paio di mesi prima, con gli occhi pieni di meraviglia e di speranza, e adesso cominciava a domandarsi che cosa avesse visto di tanto magico in quella stazione da convincerla che quello sarebbe stato il posto giusto per lei.
Da quando era arrivata, le sue giornate erano un susseguirsi ripetitivo delle stesse azioni. Non faceva altro che andare a lavoro, tornare a casa, vedersi qualcosa su Netflix e andare a dormire.
Anche quel giorno stava procedendo come tutti gli altri. Levy era appena uscita dal lavoro. Si fermò al ristorante cinese accanto all’ufficio a prendersi qualcosa di cena, pregustando già il suo venerdì sera sul divano con la nuova stagione di The Crown, e si avviò verso casa.
Passò accanto al vicolo con il graffito della mongolfiera a cui gettava un’occhiata tutte le sere e notò che, lì per terra, qualcuno aveva lasciato una scatola di cartone. Fece per proseguire senza prestarci più attenzione del dovuto, quando sentì un vagito provenire dalla scatola, che ondeggiava sul posto.
Il suo primo istinto fu quello di scappare, pensando fosse un topo, ma al ripetersi del vagito si avvicina. Con tutto il coraggio che ha, solleva il coperchio della scatola con la punta della scarpa, attenta a tenere il busto ben distanziato e le mani in guardia.
Tutti i nervi del suo corpo si rilassarono quando ne vide il contenuto.
Era un gatto.
Tigrato dal pelo lungo. Non poteva avere più di un mese, probabilmente tre settimane. Usava le poche forze che aveva nelle zampe per cercare di arrampicarsi sul bordo della scatola.
Levy fu presa da un moto di rabbia verso chiunque fosse stato così orribile da lasciarlo lì, chiuso in una scatola senza cibo, acqua e neanche una coperta per ripararsi dal gelo invernale.
Era solo e senza una famiglia. Proprio come lei.
La decisione fu istantanea. Si tolse la sciarpa e ce lo avvolse dentro.
“Ciao piccolino, io mi chiamo Levy. Che ne dici se andiamo a casa?”
Se lo strinse al petto per tutto il tragitto fino al piccolo appartamento che ha affittato. Lo ha preso già ammobiliato e ancora fa fatica a chiamarlo casa.
Aprì la porta e si fiondò verso il frigo, nella speranza di trovare un po’ di latte. Fortunatamente aveva solo quello senza lattosio. Prese una siringa dall’armadio delle medicine, gli tolse la punta e lo nutrì piano. Prese poi uno dei pochi scatoloni del trasloco che aveva svuotato, lo posizionò di traverso, in modo tale che il piccolo potesse uscire se avesse voluto, e cominciò a cercare plaid con cui imbottirlo - trovò una coperta e due sue vecchie felpe che usava ormai solamente per casa. Ci mise il piccolo e solo allora si dedicò alla sua cena, ormai gelida.
Mangiò con il computer davanti, alla ricerca di un veterinario che fosse aperto anche di sabato per potercelo portare subito il giorno dopo.
Finito di mangiare, voltò lo sguardo verso lo scatolone il piccolo esplorava la scatola con passi titubanti, odorandone ogni angolo. Si sedette per terra accanto allo scatolone.
“Dovrei trovarti un nome”, disse al gatto. “Non so ancora se sei maschio o femmina, ma secondo me sei un maschio. Credo che il nome giusto sia Enea. Anche lui come te e me si è ritrovato senza una casa e se ne è dovuto costruire una nuova… ed è nata Roma da questo! E’ quello che dobbiamo fare anche io e te adesso, costruirci da zero la nostra casa”.
Levy sorrise, si alzò da lì. Enea trovò un angolo dello scatolone di suo gradimento, ci si acciambellò e si mise a dormire serenamente.
Quella notte, quando Levy si mise a letto, per la prima volta i rumori dell’appartamento sembravano meno spaventosi.
Era il primo passo per cominciare a chiamare quel posto casa.
Fandom: Fairy Tail
Prompt/missione: Luna nuova
Parole: 710
Rating: safe
Levy si sentiva spaesata: Magnolia era enorme e le faceva in qualche modo paura con le sue centinaia di migliaia di persone, le sue strade caotiche e sempre rumorose. Quando le avevano offerto quel lavoro non era riuscita a dire di no, aveva preso tutto ciò che avesse ritenuto importante e si era lasciata indietro la sua città, la sua famiglia, gli amici di una vita, e si era trasferita a centinaia di chilometri da casa. Era scesa dal treno un paio di mesi prima, con gli occhi pieni di meraviglia e di speranza, e adesso cominciava a domandarsi che cosa avesse visto di tanto magico in quella stazione da convincerla che quello sarebbe stato il posto giusto per lei.
Da quando era arrivata, le sue giornate erano un susseguirsi ripetitivo delle stesse azioni. Non faceva altro che andare a lavoro, tornare a casa, vedersi qualcosa su Netflix e andare a dormire.
Anche quel giorno stava procedendo come tutti gli altri. Levy era appena uscita dal lavoro. Si fermò al ristorante cinese accanto all’ufficio a prendersi qualcosa di cena, pregustando già il suo venerdì sera sul divano con la nuova stagione di The Crown, e si avviò verso casa.
Passò accanto al vicolo con il graffito della mongolfiera a cui gettava un’occhiata tutte le sere e notò che, lì per terra, qualcuno aveva lasciato una scatola di cartone. Fece per proseguire senza prestarci più attenzione del dovuto, quando sentì un vagito provenire dalla scatola, che ondeggiava sul posto.
Il suo primo istinto fu quello di scappare, pensando fosse un topo, ma al ripetersi del vagito si avvicina. Con tutto il coraggio che ha, solleva il coperchio della scatola con la punta della scarpa, attenta a tenere il busto ben distanziato e le mani in guardia.
Tutti i nervi del suo corpo si rilassarono quando ne vide il contenuto.
Era un gatto.
Tigrato dal pelo lungo. Non poteva avere più di un mese, probabilmente tre settimane. Usava le poche forze che aveva nelle zampe per cercare di arrampicarsi sul bordo della scatola.
Levy fu presa da un moto di rabbia verso chiunque fosse stato così orribile da lasciarlo lì, chiuso in una scatola senza cibo, acqua e neanche una coperta per ripararsi dal gelo invernale.
Era solo e senza una famiglia. Proprio come lei.
La decisione fu istantanea. Si tolse la sciarpa e ce lo avvolse dentro.
“Ciao piccolino, io mi chiamo Levy. Che ne dici se andiamo a casa?”
Se lo strinse al petto per tutto il tragitto fino al piccolo appartamento che ha affittato. Lo ha preso già ammobiliato e ancora fa fatica a chiamarlo casa.
Aprì la porta e si fiondò verso il frigo, nella speranza di trovare un po’ di latte. Fortunatamente aveva solo quello senza lattosio. Prese una siringa dall’armadio delle medicine, gli tolse la punta e lo nutrì piano. Prese poi uno dei pochi scatoloni del trasloco che aveva svuotato, lo posizionò di traverso, in modo tale che il piccolo potesse uscire se avesse voluto, e cominciò a cercare plaid con cui imbottirlo - trovò una coperta e due sue vecchie felpe che usava ormai solamente per casa. Ci mise il piccolo e solo allora si dedicò alla sua cena, ormai gelida.
Mangiò con il computer davanti, alla ricerca di un veterinario che fosse aperto anche di sabato per potercelo portare subito il giorno dopo.
Finito di mangiare, voltò lo sguardo verso lo scatolone il piccolo esplorava la scatola con passi titubanti, odorandone ogni angolo. Si sedette per terra accanto allo scatolone.
“Dovrei trovarti un nome”, disse al gatto. “Non so ancora se sei maschio o femmina, ma secondo me sei un maschio. Credo che il nome giusto sia Enea. Anche lui come te e me si è ritrovato senza una casa e se ne è dovuto costruire una nuova… ed è nata Roma da questo! E’ quello che dobbiamo fare anche io e te adesso, costruirci da zero la nostra casa”.
Levy sorrise, si alzò da lì. Enea trovò un angolo dello scatolone di suo gradimento, ci si acciambellò e si mise a dormire serenamente.
Quella notte, quando Levy si mise a letto, per la prima volta i rumori dell’appartamento sembravano meno spaventosi.
Era il primo passo per cominciare a chiamare quel posto casa.