Feb. 28th, 2020

chasing_medea: (Default)
Titolo: tie the knot
Fandom: Haikyuu
Prompt/missione: M4 - you wanted to make me believe in love
Parole: 1440
Rating: safe

Kageyama, steso a pancia in su sul letto, palleggia pigramente sopra la sua testa. Tiene le mani occupate, mentre la sua testa è altrove. Lo sguardo gli cade sul filo grigio annodato al suo mignolo.
Sua madre gli aveva spiegato anni prima cosa fosse, quando Kageyama non riusciva a capire come mai nessun altro potesse vederlo.
- Anche io posso vedere il mio -, aveva detto con voce rassicurante e un sorriso dolce. – Non tutti possono. Ti indicherà la persona più importante della tua vita -.
- Quindi il tuo ti ha portato a papà? -, le aveva chiesto ingenuamente Kageyama, con gli occhi grandi e pieni di meraviglia. Sarebbero passati ancora un paio d’anni prima del divorzio, prima che suo padre prendesse le sue cose e sparisse nel nulla, ma i segnali erano già nell’espressione tirata che sua madre gli aveva rivolto in quell’occasione.
- Non è sempre la persona di cui ci innamoriamo -, gli aveva spiegato prendendolo in braccio e facendolo sedere sulle sue ginocchia. – Quel filo ci conduce alla persona che ha il potere di cambiare la nostra vita, ma non possiamo sapere in che modo succederà perché non possiamo vedere il colore del filo -.
- Il colore? –
- Mh-mh -, aveva annuito sua madre. – Alcune persone sono in grado di vedere anche il colore di questi fili. Ce ne sono tre. Bianco per gli amici, nero per i rivali e rosso per la persona amata -.
Kageyama non aveva capito per molto tempo come potesse esserci qualcuno di tanto importante da meritarsi di essere legata a lui in quel modo – il pensiero lo aveva irritato a lungo. Non voleva che uno stupido filo gli dicesse chi dovesse far entrare nella sua vita o meno.
Quando era arrivato alle medie aveva visto Oikawa giocare. Aveva sentito il suo cuore accelerare, gli occhi spalancarsi. Aveva deciso che sarebbe diventato alzatore e aveva pensato che il filo non poteva non portare a lui – quale rivoluzione poteva esserci di più grandi di quella, nella sua mente interamente occupata dalla pallavolo?
Aveva provato ad avvicinarlo in continuazione, gli girava intorno sperando di vedere il suo filo collegato al mignolo di Oikawa. Dopo che lo aveva quasi colpito si era rassegnato al fatto che il filo potesse essere nero, non che non lo avrebbe portato a lui. Doveva esserci un errore. Ma Oikawa finì le scuole medie, andò al liceo e Kageyama fu costretto a lasciar perdere la questione.
La vita di Kageyama era proseguita come al solito per due anni, quel filo a malapena sfiorava i suoi pensieri. Ogni tanto entrava nel suo campo visivo, ma aveva imparato ad ignorarlo. Dopotutto doveva essere sbagliato: se non lo aveva collegato a Oikawa cosa poteva fare per lui? Era solo una stupidaggine.
Poi all’improvviso eccolo lì. Nel bagno di un palazzetto, una figura mingherlina e tremante, con grandi occhi castani e caotici capelli arancioni. Kageyama sentì un brivido di eccitazione percorrerlo.
Aveva pensato che dovesse essere forte e erima di scendere in campo fremeva d’eccitazione all’idea di trovarsi davanti al suo rivale designato, non gli succedeva da molto tempo.
Si era dovuto ricredere poco dopo. Quel ragazzino era completamente incapace. Come poteva essere la persona più importante della sua vita qualcuno di così mediocre? Oltre alla tenacia e la fame di vittoria che lo avevano affascinato, non aveva nulla.
Kageyama pensò nuovamente che quel filo fosse sbagliato, che gli si fosse legato addosso il filo di qualcun altro. Provò anche a fare qualche ricerca per vedere se cose del genere potessero succedere, ma trovò solo leggende popolari e racconti di gente estasiata di aver trovato il proprio compagno.
Se davvero quei fili non sbagliavano, l’unica spiegazione era che quel ragazzino sarebbe diventato forte e l’anno successivo se lo sarebbe ritrovato come rivale.
Nuovamente si dimenticò del filo. C’era un torneo da vincere, la scuola da continuare.
Era arrivato poi il rifiuto dei suoi compagni.
Per la prima volta Kageyama aveva provato un moto di tristezza al pensiero di chi fosse legato a lui. Si chiese se l’altra persona sarebbe stata delusa – lui sarebbe stato deluso, forse, di trovarsi qualcuno come lui davanti. Per la prima volta volle tagliare quel filo, non per il suo bene, ma per quello dell’altra persona.
Mai avrebbe pensato che l’anno successivo si sarebbe ritrovato quel ragazzino come compagno di squadra, né che insieme avrebbero conquistato il palco nazionale. Non avrebbe mai pensato di trovare un complice, un alleato che continuava a urlare a squarciagola anche dopo che avevano cambiato i segnali solo per fargli sapere che era lì, pronto, che avrebbe schiacciato qualunque pallone Kageyama avrebbe alzato. Che non gli avrebbe mai permesso di voltarsi e non trovare nessuno alle sue spalle. Che lo spingeva a dare di più, a fare meglio – perché Kageyama non avrebbe perso contro di lui, ma per continuare a vincere non poteva battere la fiacca. Perché Hinata cresceva, cresceva a vista d’occhio, e Kageyama sentiva l’orgoglio scaldargli il petto. Era un amico e un rivale nella stessa persona e Kageyama non credeva potesse chiedere di meglio.
Ma poi quell’orgoglio che gli scaldava il petto era cominciato a diventare altro, quel calore nel petto era cominciato ad apparire anche lontano dal campo, quando Hinata non faceva nulla di particolare, solo si voltava e sorrideva a Kageyama.
- Tobio? -, la voce di sua madre interrompe i suoi pensieri. Aveva affacciato solo la testa alla porta della sua camera d’albergo. – Almeno oggi potresti mettere via quel pallone -, lo rimprovera dolcemente entrando nella stanza. Si avvicina a lui e gli passa una mano tra i capelli.
- Nervoso? – gli chiede.
Kageyama annuisce. E’ la prima volta che sente il panico crescere in lui da quando hanno cominciato ad organizzare tutto. Mai come il quel momento vorrebbe vedere il colore di quel filo per sapere se sta facendo la scelta giusta.
Tobio si tira su sul letto, nasconde il viso dietro la frangia troppo lunga. – Tu è papà… - comincia.
- Non abbiamo mai avuto quello che avete tu e Shoyo –
- Il filo? –
Sua madre scuote la testa. – Il filo ti ha portato a lui, ti ha detto che avrebbe avuto un ruolo nella tua vita. Sei stato tu a scegliere che ruolo dovesse avere. Vi sareste scelti anche senza quello. Voi due vi capite come nessun’altro –
Tobio annuisce e si alza dal letto, il viso deciso come prima delle grandi partite.
- Ti sei sgualcito tutto il vestito -, gli dice la madre sistemandogli le pieghe. Si prende un momento per guardarlo, gli prende il viso tra le mani. I suoi occhi trattengono a stento le lacrime.
Tobio vorrebbe fuggire al suo sguardo e annegarci dentro allo stesso tempo. I tempo in cui non riescono a parlarsi sono lontani alle loro spalle e anche quello deve essere imputato a Shoyo – quando la potenza di quello che provava aveva terrorizzato Tobio, lo aveva costretto ad aprirsi con sua madre, a ricucire quella frattura che si stava creando tra di loro. Da lì avevano cominciato a recuperare in rapporto che aveva rischiato di sgretolarsi tra i loro silenzi.
Sua madre apre la bocca, prova a dire qualcosa, ma dalla sua bocca non esce nulla. Tobio mette le mani sopra le sue più piccole e annuisce, guardandola negli occhi dall’altro verso il basso. Sua madre era sempre stata minuta, ma solo in quel momento si rende conto di quanto sia diventato più alto di lei, che da tempo ha smesso di guardarla dal basso verso l’alto. Tobio capisce quello che vuole dire, non c’è bisogno di dire nulla.
La madre annuisce in risposta, gli sorride.
In silenzio si chiudono alle spalle la porta della stanza e scendono le scale.
Raggiungono il giardino, addobbato per l’occasione. All’altare, ad attenderlo, c’è Shoyo – elegantissimo nel suo smoking, con un grosso sorriso sulle labbra – quello che dopo anni fa ancora fare le capriole allo stomaco di Kageyama – e gli occhi brillanti. Legato a lui da quel filo grigio, strettamente annodato ai loro mignoli.
Kageyama sente un piccolo sorriso farsi strada in lui, le guance arrossarsi davanti agli sguardi commossi dei loro amici. I dubbi sono ormai alle sue spalle, ma se Kageyama potesse vedere quel filo adesso vedrebbe tre colori, bianco, nero e rosso, strettamente intrecciati tra di loro.
E se potesse vederlo si ricorderebbe di quella ricerca fatta su internet tanti anni prima, in un momento di sconforto, in cui aveva letto che raramente, molto raramente, quei tre colori possono trovarsi nella stessa persona, nel segno delle anime gemelle.

rocksteady

Feb. 28th, 2020 11:03 pm
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Titolo: rocksteady
Fandom: Bnha
Prompt/missione: M4 - you fuse my broken bones back together, and then lift the weight of the world from my shoulders again
Parole: 4000
Rating: nsfw

Se gli avessero chiesto cosa ricordasse del combattimento, Bakugou non sarebbe stato in grado di rispondere. Ricordava solo un grande boato, un terribile fischio alle orecchie e il dolore.
L'ultima consapevolezza, prima di perdere i sensi, fu quella di aver vinto.
Quando Bakugou aprì gli occhi gli ci volle qualche momento per ricordare perchè fosse in una stanza d'ospedale. Provò a muoversi sul letto, ma le fitte di dolore in tutto il corpo gli imposero di restare fermo.
Provò a guardarsi intorno e la prima cosa che vide fu la testa di Deku sul suo letto. Si era addormentato su una sedia di plastica accanto al suo letto, con il busto in avanti e la testa appoggiata sul materasso accanto alle gambe di Bakugou, come se stesse dormendo sul banco di scuola. Sentendo il movimento, Deku alzò la testa e sbattè un paio di volte le palpebre per mettere bene a fuoco la stanza.
Sorrise a Bakugou quando lo vide sveglio. "Kacchan!"
"Bentornato tra noi", disse un'altra voce.
Bakugou si voltò in quella direzione e trovò Todoroki, reclinato contro la parete e con le braccia incrociate.
"Come ti senti?"
Bakugou provò nuovamente a muoversi, ma ancora una volta il dolore lo bloccò.
Entrò un medico nella stanza, gli controllò i segni di vita e lo aggiornò sulla situazione.
A quanto pare si era lesionato i legamenti del gomito, rotto il crociato e lussato una spalla.
"La spalla è stata rimessa a posto, ma dovrai tenerla a riposo per un po'. Il ginocchio è stato operato, ma per i legamenti del gomito c'è poco che possiamo fare. L'unica cosa che possiamo fare è vedere come evolve la situazione"
Bakugou annuì, troppo stanco anche per rispondere.
La sua mente stava già pensando a come avrebbe fatto a tornare operativo dopo quel quadro, a come avrebbe fatto a tornare nel suo appartamento. Non c'era neanche l'ascensore lì.
Il medico uscì e Bakugou fu lasciato in compagnia di Deku e Todoroki.
"Il villain è stato arrestato, comunque. Non uscirà per un bel po'", provò a consolarlo Deku.
Bakugou avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma fu bloccato dal rumore della porta che si apriva. Tutti e tre si voltarono in quella direzione e videro entrare All Might.
"Ah, giovane Bakugou. Vedo che sei sveglio", lo salutò entrando. Appoggiò un cesto di frutta sul comodino accanto al letto. "E vedo che ci siete anche voi", disse all'indirizzo di Todoroki e Midoriya. "Li abbiamo dovuti convincere almeno a fare i turni per andarsi a riposare, non volevano mai lasciare la stanza", disse a Bakugou.
Sia Midoriya che Todoroki distolsero lo sguardo, Bakugou potè giurare che fossero anche arrossiti.
"Come ti senti?", chiese All Might.
"Come se mi avesse investito un camion", rispose onestamente.
Non aveva senso mentire, non davanti a quelle persone, non più.
La porta della stanza si aprì di nuovo e l'intero gruppo di amici di Bakugou si riversò all'interno, riempendo la stanza di rumore. Parlavano tutti sovrapponendosi, ognuno voleva sapere come stesse Bakugou.
Midoriya si allontanò dal letto per lasciare loro spazio, si appoggiò al muro accanto a Todoroki. Bakugou continuò ad osservarli con la coda dell'occhio, parlottavano di qualcosa e Bakugou avrebbe voluto sapere cosa.
Quando tutti se ne furono andati, la stanza piombò nel silenzio. Bakugou recuperò dal comodino uno dei budini a disposizione e cominciò a mangiarlo con cucchiaiate aggressive.
Fu Todoroki a romperlo.
"Dovresti venire a stare da noi", disse a Bakugou.
Bakugou si strozzò con il budino. "EH?"
"Dovresti venire a stare da noi", ripetè Todoroki. "Non puoi stare da solo in quelle condizioni e la maggior parte dei nostri compagni vivono da soli, con il loro lavoro rimarresti solo per parecchie ore, mentre io e Izuku possiamo organizzarci i turni in modo che ci sia sempre qualcuno a casa"
Sapeva che avevano ragione, non poteva combinare molto ridotto in quelle condizioni. Aveva già pensato di chiedere a Kirishima di andare a stare da lui per un po', non aveva pensato a quella possibilità. Quello che diceva Todoroki aveva perfettamente senso, sarebbe stata la scelta pratica. L'alternativa sarebbe stata tornare a casa, con sua madre da una parte e suo padre apprensivo dall'altra in circolazione, e quella non era un'opzione. ma una parte di Bakugou era restia.
Non voleva vederli insieme, nella loro casa. Illudersi che lì potesse esserci spazio anche per lui.
"Abbiamo una stanza libera", intervenne Izuku con sguardo quasi speranzoso.
Veramente erano disposti a sopportarlo 24 ore su 24? Bakugou non aveva mai trovato nessuno disposto a farlo. Sapeva che anche i suoi amici ogni tanto avevano bisogno di pause e lo capiva.
"Come volete, nerd di merda"
Avrebbero dovuto gestire un Bakugou più incazzato, insofferente e insopportabile del solito, ma sembravano aver ricevuto un regalo in quel momento. Persino Todoroki si era lasciato sfuggire un sorriso. Bakugou li maledisse mentalmente. None era colpa loro se lui continuava a nutrire speranze nonostante quei due stessero insieme tra di loro da anni, ma Bakugou li maledisse comunque.
Bakugou abbassò lo sguardo, in uno di quei momenti di insicurezza che aveva cominciato a nascondere sempre di meno davanti a loro.
"Siete sicuri?", chiese.
Todoroki scrollò le spalle. "Al massimo ti congelo", disse con il solito tono impassibile, ma Bakugou riuscì facilmente ad indviduare la scintilla di ironia. Bakguou si chiese quando avesse imparato a leggerlo al punto da riconoscere quelle cose.

Il trasferimento fu meno traumatico di quanto avesse pensato, e le sue cose sembravano stare meglio in quella casa che nel suo appartamento. Quando Todoroki era andato ad aiutarlo a fare i bagagli Bakugou non aveva voluto sentire ragioni: la sua macchinetta del caffè sarebbe andata con loro.
Bakugou era costretto a muoversi con le stampelle: le odiava e aveva voglia di farle saltare in aria.
La sua stanza era all'altro capo dell'appartamento rispetto alla loro. Almeno non avrebbe dovuto sentirli scopare. Todoroki riscaldò qualcosa di precotto per cena e gliela porse sul divano.
“Questa roba fa schifo” commentò Bakugou. “Appena la spalla sta meglio vi faccio vedere io cos’è una cena”.
Izuku rise: “Non vedo l’ora”.
Bakugou si rese conto di aver veramente voglia di cucinare per loro.
Izuku scelse un film su Netfilx, Bakugou era seduto in mezzo sul divano, sentì dopo un po' i corpi degli altri avvicinarsi al suo, avevano un divano abbastanza grande e stavano quasi schiacciati nel mezzo. Era tutto talmente naturale da far male. Adorava stare nel mezzo, avrebbe voluto tirarseli ancora più vicini, ma sapeva che era solo la sua stupida cotta a parlare.
La sua mente cominciò a vagare poco dopo l’inizio del film – il classico film sui supereroi.
Il suo istinto non lo aveva mai tradito e forse se percepiva come naturale quella situazione era perché lo era veramente. Non poteva fare nulla in quella situazione, una convivenza era già complicata, non potevano aprire anche questo discorso e se fosse andata male non avrebbe sopportato l’imbarazzo. E poi Bakugou non aveva mai imparato a chiedere. Non aveva la minima idea di da dove avrebbe potuto cominciare.
Il primo mese di convivenza passò serenamente, scivolarono in quella convivenza senza particolari scossoni: la verità era che se esisteva qualcuno al mondo in grado di sopportare il caratteraccio di Bakugou quelli erano quei due. Senza potersi allenare Bakugou aveva troppa energia addosso e non sapeva cosa farci.
Così trascorrevano le loro giornate.
Uno dei due stava sempre a casa per evitare di lasciarlo solo, la sera si sedevano insieme sul divano per continuare qualunque serie avessero cominciato a vedere insieme, lasciando sempre a Bakugou il posto nel mezzo. Un po' perchè era quello che meno probabilmente si sarebbe dovuto alzare.
Le cose cambiarono una sera. Mentre erano seduti così sul divano, Todoroki cominciò a disegnare cerchi sulla pelle della sua coscia, lasciata scoperta dal calzoncino con la mano sinistra. La sua mano era calda, più calda della pelle di Bakugou.
Saltò al contatto, ma non si oppose.
Poco dopo si unì anche Izuku, cominciando a fare la stessa cosa sull'altra coscia. I loro corpi si fecero più vicini, Bakugou poteva sentire l'eccitazione crescere. Sentì il viso di Izuku avvicinarsi al suo, andarsi a incastrare nell'incavo del suo collo. Rimase così per un po'. Quando vide che non c'erano state reazioni negative da parte di Bakugou, cominciò a baciargli il collo, mentre la sua mano cominciò a risalire più su, sfiorandogli l'interno coscia. Todoroki attaccò l’altro lato del suo collo, mordicchiandolo e fece scivolare una mano sotto la maglietta, percorse i suoi addominali e arrivò a stuzzicargli un capezzolo. Bakugou lasciò andare la testa indietro sul divano e sospirò.
"Non hai idea di quanto l'abbiamo voluto", gli disse Izuku.
Bakugou trattenne a stento un gemito all'idea di essere voluto da quei due. Voleva ricevere tutte le loro attenzioni, adorava essere lì in mezzo, decise di approfittarsene,decise di prendersi con prepotenza l’unica cosa che poteva avere.
Sentì la mano di Deku insinuarsi sotto la sua maglietta e andargli a pizzicare un capezzolo e dovette trattenere un gemito tra i dent..
La mano di Izuku andò a toccare da sopra la stoffa dei vestiti la sua erezione in formazione. Bakugou vide gli altri due baciarsi sopra il suo corpo e la visione lo eccitò ancora di più. Bakugou portò una mano sulla nuca di Todoroki, gli afferrò i capelli all’attaccatura e gli tirò indietro la testa – dovette trattenere un ghigno al gemito che si lasciò scappare l’altro, gli attaccò il collo a morsi. Con l’altra mano andò a slacciarsi i pantaloni e a spingere la testa di Deku verso la sua erezione. Gli abbassò i pantaloni e cominciò a passare le labbra su di lui, un contatto appena accennato attraverso la stoffa dei boxer che gli faceva volere di più, provò a spingere la testa di Deku più addosso a lui, ma quello gli morse l’interno coscia e tornò a quel contatto leggero mentre con l’altra mano andò a massaggiare Todororki,
Todoroki si tolse la maglietta tolse anche quella di Bakugou, poi si inginocchiò davanti a lui. Deku lo raggiunse.
Lo aiutarono a far scendere i pantaloncini lungo i fianchi e cominciarono a leccarlo. Poteva distinguere con esattezza la lingua più fresca di Todoroki da quella di Izuku, il bastardo probabilmente si era abbassato la temperatura apposta per creare quel contrasto che lo stava facendo impazzire.
Avere entrambi così ai suoi piedi, intenti ad adorare il suo corpo, gli diede una scarica elettrica quasi più della stimolazione fisica.
Venne rapidamente.
I due si scambiarono uno sguardo soddisfatto.
Bakugou fece schioccare la lingua sul palato.
Almeno aveva trovato un modo per sfogare l'energia in eccesso.

Quelle scappatelle divennero parte della loro routine. Non era un’occorrenza quotidiana e con le sue condizioni fisiche c'era poco che potesse fare. Bakugou cercava di ignorare la parte di lui che gli diceva di andarci cauto, che una cosa del genere non poteva durare. La parte che gli diceva che per loro era solo una cosa fisica, mentre per lui quella che prima aveva considerato una stupida cotta stava cominciando a mettere radici sempre più profonde. O si stava semplicemente rendendo conto che le aveva sempre avute. Quando era con quei due si sentiva accettato pienamente, sentiva che poteva dire qualunque cosa liberamente. Dopo anni passati a cercare di censurarsi davanti agli altri, anche con coloro con cui era più in confidenza, gli sembrava inredibile.

Quella mattina erano solamente lui e Izuku in casa. Todoroki era uscito presto per il suo turno, loro due bevevano caffè seduti agli sgabelli della cucina.
"Perchè?", chiese improvvisamente Bakugou.
"Perchè cosa?"
"Perchè stai facendo tutto questo"
"Siamo amici, Kacchan"
Katsuki sentì una stilettata nel petto davanti alla naturalezza con cui lo aveva detto.
"Tu avevi paura di me"
"Hai perso da anni il potere di farmi paura", gli rispose Izuku con un sorriso.
Bakugou strinse meglio la tazza tra le mani, per un attimo temette di vederla rompersi tra le sue dita. I legamenti del gomito tiravano per la forza con cui stava stringendo. "Tu... tu non contavi un cazzo. Non avevi neanche un quirk ed eri così... sereno. Stavi bene nei tuoi panni. Mentre io mi sentivo in dovere di giustificarmi per la mia stessa esistenza quando sulla carta avevo tutto. Mi facevi incazzare"
"Lo so", gli rispose semplicemente. "Adesso lo so. Ma grazie per avermelo detto"
"Ti ho trattato di merda. Ti ho trattato di merda per qualcosa che non riguardava te"
Izuku annuì. "Sì, l'hai fatto. E io non ti ho ancora perdonato - tu non ti sei neanche scusato in realtà", gli disse ancora sorridendo. Bakugou si chiede come facesse, quando Deku fosse diventato così grande. Si sentiva ancora il ragazzino stronzo che era stato davanti a lui in quel momento. Si sentiva il ragazzino stronzo che si vergogna quando viene rimproverato da un adulto. Gli venne la nausea e poggiò la tazza di caffè sul tavolo. Non sarebbe stato in grado di finirla senza vomitare.
Deku riprese a parlare. "Ma io non sono più la stessa persona. E so che non lo sei neanche tu. So che hai continuato a interrogarti, so che tutto quello ti ha aiutato ad essere l'eroe... la persona che sei oggi. E mi piace la persona che sei oggi", gli disse come se fosse la cosa più semplice del mondo.
Bakugou potè sentire il proprio battito cardiaco accelerare a quelle parole.

Bakugou tornò dall’appuntamento del medico, aveva finalmente tolto il gesso e il giorno dopo avrebbe cominciato la fisioterapia; lo aveva accompagnato Kirishima e i suoi amici avevano deciso di fare i turni per accompagnarlo.
Quella sera stessa
Bakugou si ritrovò a quattro zampe, al centro del loro enorme letto. Era prepotente, voleva le loro attenzioni tutte su di lui, voleva sentirsi ammirato e desiderato.
Todoroki si spingeva lentamente dentro di lui, troppo lentamente per i suoi gusti. Provò a spingersi indietro verso di lui, ma le sue mani lo afferrarono per i fianchi bloccando i suoi movimenti:
“Quanta fretta”
“Un giorno sarò io a farlo a te e vedrai”, ringhiò Bakugou.
Todoroki si abbassò abbastanza da sussurrare nel suo orecchio: “Non vedo l’ora”, gli disse, prima di mordergli la spalla. Al suo tono roco Bakugou si lasciò scappare un gemito.
“Muoviti, invece di fare lo stronzo”, disse con la voce rotta.
Todoroki lo prese in prosa, e diede una spinta forte con il bacino che gli fece inarcare la schiena e scappare un gemito. Todoroki gli afferrò la testa e gliela riportò sull’erezione di Izuku:
“Fai il bravo e continua qui”.
E Bakugou voleva assolutamente fare il bravo, voleva essere al centro delle loro attenzioni, sentire Todoroki dentro di lui e Izuku in gola; prendersi quello che non poteva avere di solito.
“Kacchan…” lo pregò Izuku. E sapere di essere lui a fargli avere quella voce rotta lo eccitò.
Todoroki continuava a spingere, le sue spinte si stavano facendo frenetiche e irregolari. Morse nuovamente la spalla di Bakugou per evitare di far uscire suoni dalla sua bocca – era sempre il più silenzioso, mentre con una mano andava alla sua erezione. Bakugou venne, con un gemito strozzato intorno a Izuku e con gli occhi che gli si rovesciarono indietro e stringendosi intorno a Todoroki che venne subito dopo. A vederli così anche Izuku si riversò nella sua bocca.

Quella sera Bakugou raggiunse Todoroki in cucina.
"Bakugou, pizza per cena?" gli chiese. "Non ho voglia di cucinare"
"Meglio così, sei un pericolo ai fornelli"
"Ehi! Non sono così male"
"Comunque sì, piccante" rispose. "Quando potrò tornare ad allenarmi la pagherò"
Todoroki prese il telefono per ordinare.
"E, halfie?" lo richiamò Bakugou. "Puoi chiamarmi per nome, ti ho visto nudo"
Todoroki sorrise: "Anche tu, Katsuki"
Bakugou arrossì, non sapeva neanche se era per il suo nome pronunciato nella voce profonda di Todoroki o per il suo sorriso.

Bakugou era a casa da solo e decise di preparare la cena, era una cosa che lo aveva sempre aiutato a calmarsi e gli era mancato particolarmente in quel periodo di immobilità forzata.
Il primo a rientrare fu Todoroki.
“Siamo di buon umore” commentò sedendosi sullo sgabello della cucina.
“Preparati alla migliore cena della tua vita” fu la risposta di Bakugou.
“Posso assaggiare in anteprima?”.
Bakugou fece un grugnito che l’altro interpretò come un segno di assenso, prese un cucchiaio e si avvicinò alla pentola.
“Delizioso” commentò.
Passando per tornare al suo posto diede un rapido bacio a stampo a Katsuki, che rimase immobile. Todoroki sembrò metterci un po’ a realizzare quello che aveva fatto.
“Scusami” si imbarazzò.
“Non dirò niente a Deku” fu la risposta di Katsuki, continuando a dargli le spalle e tenendo lo sguardo fisso sul fornello.
“Vado a farmi una doccia” disse Todoroki allontanandosi dalla cucina.
A cena il cibo era ottimo, ma un silenzio pesante gravava sul tavolo; non appena ebbe finito di cenare, Bakugou si ritirò in camera sua, ma lasciò la porta socchiusa.
Vide la luce del corridoio accendersi e sentì gli altri due in bagno che si preparavano per andare a dormire.
“Ho baciato Bakugou” sentì dire a Todoroki.
Avrebbe voluto non ascoltare, perché Todoroki aveva dovuto dirglielo? Bakugou si ritrovò a non fare nessun movimento per evitare che il fruscio delle lenzuola coprisse la conversazione.
“Come l’ha presa?” chiese Izuku, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Ho ancora la testa attaccata al collo” fu la risposta di Todoroki.
Izuku rise: “Credo sia un buon segno”.
“Dovremmo parlarci?”
“Ne abbiamo parlato, Sho, avevamo detto di aspettare che questa storia finisse”
“E dopo questa storia tutto tornerà alla normalità e non sarà il momento per il lavoro, e poi ce ne sarà un'altra ancora. Il momento perfetto non cade dal cielo, non esiste” Todoroki sembrava spazientito.
“E’ una cosa seria, non possiamo andare da lui e sganciare questa bomba così, non mentre è qui da noi”
“Tu ti stai godendo questa situazione, ti stai illudendo che sia così che andranno le cose, ma non ti rendi conto che finché non chiariamo la situazione sarà tutto finto. Tornerà a casa a un certo punto e la bella immagine che ti sei creato crollerà”
“Dovremmo lasciar decidere lui, no?”
“Se non ti decidi a parlargli non ci sarà nulla da decidere. Deve sapere come stanno le cose. Non può andare avanti così, con tutti che continuiamo a ignorare questa… cosa, a comportarci come se non stesse succedendo nulla”.
“Credi che non lo sappia? Ma rischia di essere la fine di tutto, potrebbe non parlarci mai più”
“Io mi rifiuto di lasciarlo andare via senza chiarire la situazione. Soprattutto visto dove siamo arrivati. Se tu non vuoi parlargli sarò io a farlo”.
I toni di voce si stavano alzando, Bakugou non si aspettava di sentirli litigare per questo. Non si aspettava di sentirli litigare per lui. Non l’avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura, ma indipendentemente dalla sua cotta li aveva sempre ammirati molto come coppia. Ammirava e invidiava il modo in cui erano riusciti a farla funzionare nonostante i loro lavori, nonostante avessero entrambi dei caratteri complicati. Invidiava il modo in cui non facessero nulla, ma l’attenzione e la cura dell’uno verso l’altro era impossibile da non vedere. Era stato così anche al dormitorio. Nessuno li aveva mai visti scambiarsi effusioni, ma era talmente evidente che fossero innamorati l’uno dell’altro che nessuno aveva mai avuto dubbi al riguardo, anche senza una dichiarazione ufficiale. Bakugou si era sempre chiesto se avrebbe mai trovato qualcuno che tenesse a lui in quel modo. Della maggior parte delle coppie che si erano formate nella vecchia classe non gliene fregava granchè, potevano fare quello che volevano, ma loro non potevano discutere, non così. Non per lui. Cominciò a pensare come tornarsene a casa, come poter tornare a vivere da solo. Adesso che aveva tolto la fasciatura al ginocchio non sarebbe stato impossibile, complicato e scomodo sicuramente, ma avrebbe potuto farcela.
Bakugou tese l’orecchio. La discussione sembrava essersi conclusa. Sentì qualcuno bussare delicatamente alla sua porta, ma non rispose, chiunque fosse a vedere tutto buio doveva aver pensato che stesse già dormendo.Bakugou passò la notte a girarsi nel letto, non riuscendo a prendere sonno. Fino a che non arrivò ad una decisione. Non sarebbe scappato. Non voleva scappare. Non da loro. Non più. Anche a costo di rompersi definitivamente.

La mattina dopo Bakugou Avrebbe voluto andare da loro, dirgli che aveva sentito tutto, che voleva anche lui quello che volevano loro. Ma se avesse frainteso? Come si chiedeva una cosa del genere?
Uscì dalla stanza pronto ad affrontarli, a chiedergli che cosa avessero da dirgli.
“Buongiorno Katsuki” lo salutò Todoroki in cucina. “Caffè?”.
Bakugou annuì.
“Di che cosa dovevate parlarmi ieri sera?”.
Todoroki sembrò preso alla sprovvista, ma gli sorrise: “Dovresti smetterla di origliare le nostre conversazioni” lo prese in giro. “Credo sia meglio aspettare che si svegli Izuku, riguarda anche lui”.
Bakugou fu sollevato, almeno non si era tirato indietro, ma il silenzio lo stava innervosendo, non vedeva l’ora che Midoriya si svegliasse per capire un po’ meglio questa situazione.
Midoriya si presentò al tavolo della cucina.
“Ha sentito la nostra conversazione di ieri sera” gli disse Todoroki.
"Oh", disse Midoriya. "Ecco, noi...
Bakugou alzò una mano e li fermò subito.
"Una cosa di sesso non mi basta", disse tenendo lo sguardo basso. "Non è quello che voglio. Se è quello che volete voi nessun problema, finisce qui e ritorna tutto come prima. Ma non posso continuare a farlo".
Non ci fu risposta dall'altro lato. Bakugou aspettò e aspettò ancora, aveva paura ad alzare lo sguardo. Temeva di trovare Deku che si mordicchiava il labbro con espressione contrita cercando le parole per dirgli che, in realtà, quello che volevano dirgli era che non avevano più intenzione di andare a letto con lui.
Alla fine si decise ad alzare la testa, con la paura del rifiuto che gli attanagliava lo stomaco.Trovò entrambi con il viso che brillava e gli occhi pieni di sorpresa. Bakugou si sentì di essere tornato integro. Come se tutte le ossa che credeva rotte si fossero nuovamente rinsaldate.
"Beh. A noi starebbe bene... insomma. Non renderla solo una cosa di sesso", disse infine Izuku diventando completamente rosso.
Bakugou dovette nascondere il suo sorriso.
"Bene", disse. "Quando tutta questa storia sarà finita me ne tornerò a casa. E voglio un appuntamento, uno serio. Mi venite a prendere, ristorante fatto bene. Niente stronzate"
Entrambi risero.
"Tutto quello che vuoi Kacchan"
E Katsuki, per quella volta, voleva credergli.

La mattina, a due mesi di distanza, Bakugou si stava preparando per tornare al suo appartamento: odiò subito l’idea, era freddo e vuoto. Bakugou poteva camminare adesso, ma gli ci sarebbe voluto ancora qualche mese perché potesse tornare a pieno regime a lavoro, per il momento lo avrebbero tenuto solamente a fare qualche incarico d'ufficio.
Gli mancava già la casa di quei due, gli mancavano quei due. Gli mancava passare le serate su quel divano a guardare serie tv, ma sapeva che quel distanziamento sarebbe stata la cosa migliore. Non sentiva il peso del cambiamento, gli ultimi sviluppi gli sembravano una cosa naturale, ma sapeva che per farla funzionare ci sarebbero dovuti andare con i piedi di piombo e quel distanziamento sarebbe stato necessario.

Bakugou tornò a casa quasi di corsa dopo il suo turno, si buttò direttamente sotto la doccia, poi si mise davanti all’armadio con solo l’accappatoio addosso a cercare di capire cosa mettersi. Aveva sempre avuto occhio per quelle cose, ma quella sera era quasi nel panico. Ogni abbinamento gli sembrava o troppo formale o troppo casual, voleva che si vedesse l’impegno, ma non in maniera eccessiva. Tirò fuori numerose camicie, ma nessuna gli sembrava adatta. Alla fine optò per la semplicità, con una camicia in tinta unita.
Alle otto in punto sentì suonare alla porta di casa, la aprì. Si trovò davanti Izuku e Shoto. Si sentì meno idiota quando vide che anche loro avevano fatto uno sforzo per vestirsi bene, come se in quegli anni non si fossero visti nelle condizioni peggiori possibili.
«Pronto ad andare?» gli chiesero.
Bakugou annuì e sorrise. Non era mai stato così pronto in vita sua.

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