Lo spirito della foresta (Capitolo 1)
Mar. 29th, 2021 10:46 am![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Fandom: JJK
Missione: M8
Parole: 4011
Rating: safe
Megumi entra nella sala del trono, i suoi passi sono silenziosi sul legno liscio e lucido. Marchi neri gli circondano il collo, i polsi e le caviglie nude e gli adornano il viso come una cornice.
Al di sotto della pedana, uno stuolo di maledizioni in ginocchio non osa alzare la testa al suo ingresso.
Megumi passa alle spalle del grande trono al centro della pedana, ne accarezza il retro bitorzoluto, formato da teschi di animali selvatici. Circonda il trono con passi sicuri, accarezza la spalla dell’occupante e va a inginocchiarsi ai suoi piedi.
Sukuna lo guarda con un sorriso indulgente, poi allunga una delle sue quattro mani verso di lui, invitandolo ad alzarti. Megumi la prende e torna a mettersi in piedi.
Sukuna, senza lasciargli la mano, lo guida sul trono più piccolo, alla sua destra. Non gli lascia la mano fino a che Megumi non si è seduto sul suo trono. Nel posto che gli spetta.
Il temporale, quell’anno, arriva in anticipo.
Il primo lampo rischiara a giorno la notte invernale, il tuono fa tremare i vetri delle finestre. Megumi si alza di scatto sul suo pagliericcio. Accanto a lui anche gli altri ragazzi cominciano ad alzarsi. Alcuni si guardano intorno confusi, i più giovani sono terrorizzati. Piangono e tremano, con la testa nascosta sotto le coperte, nella speranza di attutire il rumore assordante della pioggia che batte sul tetto di legno.
In un angolo della stanza, l’acqua comincia a entrare. Penetra dalle assi di legno, accumulandosi in un angolo dello stanzone.
L’umidità è insopportabile, rende difficile respirare e penetra nelle ossa. Megumi comincia a tremare dal freddo, ma resiste alla tentazione di ritirarsi sotto le coperte alla ricerca di un po’ di calore, cercando di sfuggire ai rumori che gli fanno battere il cuore come un tamburo. Si alza dal letto e raggiunge i ragazzi più piccoli, cercando di rassicurarli. Intorno a lui, vede alcuni dei ragazzi più grandi fare lo stesso, tristemente abituati a quelle occorrenze ormai.
Fuori dallo stanzone, Megumi sente i sacerdoti correre da una parte all’altra, urlando ordini e mettendo in campo tutte le misure di sicurezza per evitare che la sala centrale del tempio si allaghi. Qualcuno propone di andare a controllare come stiano i ragazzi, ma la voce dell’anziano lo ferma, gli dice che la priorità è il tempio e quello non può far altro che obbedire.
Megumi conta i giorni che lo separano ad essere finalmente libero, fuori da quel posto. Ne mancano tre. Chiude gli occhi e cerca di respirare, mentre tiene stretto tra le braccia Yuki. E’ un ragazzino di neanche dodici anni, ha perso i genitori nell’alluvione di neanche sei mesi prima e si è ritrovato a condividere quel posto con tutti loro. Ha i capelli biondissimi in un caschetto disordinato. Megumi chiude gli occhi e conta. Ancora tre giorni, tre giorni e se ne andrà da lì. Yuki si aggrappa al suo kimono con mani tremanti, piange e bagna la parte frontale del vestito di Megumi con lacrime calde. Trema.
Nessuno chiude occhio quella notte.
La mattina successiva, la pioggia non ha ancora smesso di cadere. Al tavolo della colazione, lungo e con tutti i ragazzi ammassati ai due lati, nessuno sembra avere fame né avere voglia di chiacchierare - dovrebbero urlare per farsi sentire al di sopra del battere incessante della pioggia anche a pochi centimetri di distanza.
Al tavolo principale, orizzontale rispetto a quello dei ragazzi, i sacerdoti parlano concitati tra di loro. Megumi non distoglie neanche per un momento lo sguardo da loro, nella speranza di riuscire a carpire qualche informazione. Tiene lo sguardo fisso sul sacerdote anziano, al centro.
Tutti sanno che è lui quello che prende le decisioni lì dentro. Non appena tutti finiscono di mangiare, è proprio lui ad alzarsi in piedi.
“Il re della foresta ci ha reso nota la sua volontà,” tuona. La sua voce riempie la stanza e, per un momento, anche il rumore della pioggia sembra ritrarsi davanti a lui. “Il rituale di offerta dovrà essere anticipato.” Megumi sente gli altri ragazzi trasalire e tendersi, nel timore di essere scelti. “Ne abbiamo discusso a lungo,” riprende l’anziano, “e la scelta è ricaduta su Yuki.”
Tutti si voltano verso di lui, Megumi compreso. Yuki è seduto accanto a lui e ha gli occhi sbarrati dal terrore al sentir pronunciare il suo nome. La rabbia monta in Megumi, gli fa stringere i pugni e tremare le braccia.
Yuki non ha neanche dodici anni. E il ragazzo che è stato mandato al macello prima di lui ne aveva appena compiuti tredici. L’anziano gli sceglie sempre più giovani e Megumi sa di non essere l’unico ad averlo notato, ha sentito un’altro dei sacerdoti litigare con lui appena qualche giorno dopo che l’ultimo ragazzo era stato abbandonato all’imbocco della foresta per non vederlo mai più, e dal tono della discussione non era la prima che avevano avuto.
Megumi scatta in piedi. “Andrò io,” dice, fermo e deciso. Ancora poco e sarebbe stato libero, ancora poco e avrebbe potuto andare via da lì.
Tutti i sacerdoti seduti al tavolo si voltano sconvolti verso di lui. “Fushiguro Megumi,” comincia l’anziano. Per un momento sembra in difficoltà su come proseguire. Non può ammettere ad alta voce che sta scegliendo vittime sempre più giovani, se non a costo di scatenare il panico. E’ un secondo sacerdote a prendere la parola, uno di quelli più vicini all’anziano, il primo candidato ad essere il suo successo. “Ne abbiamo discusso a lungo e non crediamo che tu possa essere di gradimento per il demone.”
“Almeno avrete guadagnato tempo,” insiste Megumi. “Per trovare una soluzione definitiva,” dice guardando il tavolo dei sacerdoti a occhi stretti.
Megumi sa di aver messo i sacerdoti alle strette. Davanti a quello, non possono ridire nulla, non davanti a tutti.
“Molto bene,” dice l’anziano, con il volto di chi preferirebbe ucciderlo lì davanti a tutti piuttosto che cedere davanti al suo ricatto. “Preparati,” dice secco. “Il rituale sarà celebrato al tramonto.”
La pioggia continua a battere incessante, Megumi sente la calma scivolare su di lui come acqua calda. La sua decisione è ormai presa.
Ci avrebbe pensato lui a chiudere quella storia una volta per tutte.
Gli abiti tradizionali sono stretti e pesanti, inzuppati dall’acqua. Megumi trema dal freddo davanti all’ingresso della foresta di pini. Alle sue spalle poteva vedere i sacerdoti schierati, pronti a pronunciare la tradizionale formula di commiato.
Il coltello nascosto dentro le fasce delle vesti preme contro il suo sterno. Megumi ha salutato tutti quelli che per anni sono stati i suoi compagni, orfani come lui, senza nessuno che si prendesse cura di loro. In quel tempio aveva avuto dei compagni, un tetto sulla testa e del cibo caldo, ma non è mai riuscito a chiamarlo casa. Megumi non ha idea di che cosa fosse una casa, aveva perso la sua troppo presto per imprimersi quel concetto nel cuore.
Yuki, stretto a uno dei ragazzi più grandi, piange a dirotto. Megumi cercò di sorridergli, ma il freddo gli intorpidiva tutti i muscoli.
“Re della foresta,” comincia l’anziano. Il resto delle parole del giuramento spariscono nel rumore dell’acqua, ma Megumi ha visto quella cerimonia fin troppe volte per non ricordarle a memoria. Offrivano questo giovane nella speranza che il re gli donasse pace e buone condizioni di vita per il periodo a venire.
La parola sacrificio non è mai pronunciata, la parola vittima neanche, ma per nessuno dei ragazzi scelti c’è mai stato alcun dubbio su cosa fossero davvero - animali da macello, cresciuti appositamente e utilizzati al bisogno per tenere in sicurezza il villaggio.
Megumi sente il ronzio di sottofondo della voce del sacerdote fermarsi. Senza guardare indietro, muove i primi passi nella foresta. Il buio è ormai calato.
Megumi ha fatto pochi passi quando la pioggia si ferma, lasciando spazio al freddo vento invernale..
Megumi ha i muscoli intorpiditi dal freddo, trema tanto da non riuscire a muoversi. La luce della luna non penetrava nella foresta, gli rende impossibile vedere dove stia andando.
Lentamente tira fuori il coltello che aveva nascosto nel vestito. Nel buio non può ottenere più di tanto con quel coltello, ma tenerlo in mano lo rassicura. Lentamente si toglie anche lo stato superiore dei vestiti.
Nessuno aveva mai saputo a che cosa andassero incontro coloro che prima di lui si erano addentrati nella foresta come sacrifici. Alcune voci volevano che il demone che abitava nella foresta banchettasse con le loro carni, altri che li uccidesse per divertimento, altri ancora che avessero attraversato indenni la foresta e ne fossero usciti come ragazzi liberi dall’altro lato, pronti ad esplorare il mondo, ma Megumi cominciava a pensare che fossero semplicemente morti di freddo nel buio.
Megumi intravede le prime luci dell’alba infiltrarsi tra le chiome degli alberi e continua a camminare. Mentre il sole si alza nel cielo, Megumi continua a camminare.
Il silenzio intorno a lui fa improvvisamente assordante, non si sentono uccelli, o altri animali. Anche il fruscio del vento è ormai sparito. L’aria sembra farsi più calda.
Megumi continua a camminare ancora un po’ e non riesce a credere a quello che improvvisamente si trova davanti.
Al centro di una radura si erge un tempio di legno. Da un comignolo esce del fumo, segno che fosse abitato e riscaldato. Megumi vuole affrettarsi, ma le sue gambe non sembrava più in grado di reggere il suo peso. Ad ogni passo il tempio sembrava più lontano, i pochi gradini che deve salire per raggiungere la porta gli sembra una montagna. Arriva quasi al punto di dover sollevare di peso le sue gambe per scalare ogni gradino, ma alla fine si ritrova davanti alla porta del tempio.
Con un gesto secco apre la porta. L’ondata di calore proveniente dall’interno lo investe in pieno, e Megumi è vicino a mettersi a piangere per il sollievo.
Gli occupanti del tempio rimangono bloccati sul posto per un momento. In fondo a un lunga stanza di legno lucido, simile a quella del tempio, su una pedana rialzata sta un trono massiccio e, sul trono, un demone con quattro braccia e quattro occhi, il torso nudo e decorato da segni neri che proseguono sul volto. I suoi occhi si fissano su Megumi.
Ai piedi del trono, in ginocchio davanti al demone, sta una persona dai capelli bianchissimi, lucenti nella semi oscurità dell’interno del tempio, il volto girato verso Megumi e gli occhi sbarrati dalla sorpresa.
Anche dalla distanza, Megumi può vedere quanto il demone sul trono fosse imponente. Studia Megumi da capo a piedi per un momento e Megumi sentì una nuova energia scorrergli dentro.
“E tu chi saresti?” la sua voce rimbomba contro pareti di legno, ma sembrava avere un tono divertito.
Megumi muove alcuni passi all’interno del tempio, il rumore delle sue scarpe sul pavimento di legno rimbomba nella stanza lunga e vuota. Il tepore del posto sembra scottare sulla pelle gelida di Megumi, non in grado di scaldarlo abbastanza. Ha il corpo scosso dai brividi e gli occhi lucidi che rendono difficile vedere chiaramente.
La persona in ginocchio davanti al trono si alza in piedi e si volta verso Megumi, che continua ad avanzare su gambe tremanti, ma la creatura sul trono si alza dalla sua postazione e scende i pochi gradini che separano la pedana del trono dal pavimento. Allunga due delle quattro braccia, per fare cenno alla persona dai capelli bianchi di stare indietro e quella inchina leggermente il capo prima di fare un passo indietro.
La creatura avanza nel tempio, andando incontro a Megumi, continuando a studiarlo con l’espressione interessata con i due occhi, l’uno sopra all’altro, lasciati scoperti dalla maschera di legno che gli copre il lato sinistro del volto. Sono di un rosso vivido, e Megumi si sente come se gli potessero guardare attraverso e leggere le sue intenzioni. Un Kimono bianco fascia la sua figura, coprendolo quasi fino ai piedi, nudi contro il legno del tempio.
Improvvisamente la creatura sorride, è un sorriso folle, che gli fa spalancare gli occhi e fa rabbrividire Megumi.
Sono a pochi metri di distanza ormai. Da vicino la creatura torreggia su Megumi, che deve alzare il collo per continuare a guardarlo. Megumi infila una mano nel suo kimono e ne sfila il coltello, puntandolo alla creatura.
“Tu…” mormora Megumi, mentre si slancia contro di lui.
“Sukuna-sama!” urla la persona alle sue spalle.
“Va tutto bene, Uraume,” risponde quello imperturbabile. La sua voce è profonda e roca. Come se Megumi non fosse altro che un insetto fastidioso, Sukuna si sposta appena, la sua mano sfiora il braccio di Megumi, quel tanto che basta per mandarlo fuori traiettoria.
Continua a ridere, mentre Megumi attacca ancora, e ancora, quello continua a muoversi in maniera impercettibile. Sukuna scoppia a ridere, è una risata sguaiata, sgradevole alle orecchie amplificata dalle pareti di legno. Continua a schivare gli attacchi.
Megumi non ci vede più, gli occhi completamente annebbiati gli bruciano. Prova un altro attacco, questa volta Sukuna lo afferra, gli fa passare il braccio dietro la schiena e blocca Megumi in posizione. Il suo corpo è enorme e massiccio contro quello di Megumi. La sua presa è stretta sul polso di Megumi, la sua carne fresca contro quella gelida e bollente di Megumi allo stesso tempo.
Gli occhi gli bruciano in maniera insopportabile.
Sukuna preme il corpo contro il suo, è caldo e fresco allo stesso tempo e Megumi vorrebbe lasciarsi andare perché un po’ di calore dopo il gelo della notte è gradito, ma non può farlo e non vuole farlo. Sukuna si curva su di lui, gli passa il naso sul collo.
Megumi sente tutto farsi buio intorno a lui.
Quando si sveglia, Megumi è al caldo. Qualcosa di caldo e morbido preme contro di lui, e Megumi non vuole chiudere gli occhi, avvolto in quella situazione confortevole. La coperta che lo copre è calda e pesante, sente un fuoco scoppiettare non lontano e una leggera pioggia che sbatte contro il soffitto fa da sottofondo.
Quando apre gli occhi, ci sono due… cani? che lo tengono al caldo. Sono enormi e dal pelo lungo, uno bianco come la neve e l’altro completamente nero. Sono enormi, e somigliano più a dei lupi che a dei cani. Megumi ci mette qualche secondo a capire dove si trovi, poi gli torna in mente la creatura, il suo patetico tentativo di ucciderla, il modo sgradevole in cui aveva riso davanti ai suoi sforzi.
La porta della sua stanza scorre lateralmente, e ad entrare è direttamente la creatura. Sukuna, gli ricorda la sua mente. La sua figura è imponente, la sua testa sfiora il soffitto di legno, le quattro braccia sono incrociate davanti al corpo, le mani infilate nelle maniche del kimono. Osserva Megumi con fare curioso.
“Sei sveglio,” constata.
Megumi prova ad alzarsi. La testa gli gira in modo incredibile ed è costretto a sdraiarsi nuovamente.
"Cosa mi è successo?"
"Febbre. Hai passato la notte a vagare nella foresta in inverno."
Megumi annuisce. Si sente la testa pesante e il corpo sudato e appiccicoso. Non c'è nulla che desideri più di un bagno caldo, e dei vestiti puliti.
“Non mi hai detto come ti chiami,” riprende Sukuna. “Eri troppo impegnato a cercare di uccidermi.”
“Perchè ti interessa?”
Megumi sente la rabbia montare nella voce di Sukuna quando risponde, “Non farmi ripetere la domanda.” Megumi sente il potere di quella creatura. Se lo ha lasciato in vita, se non lo sta costringendo a rispondere con altri mezzi, è solo perché lo vuole, Megumi realizza. Non ha nulla contro di lui, e trema di fronte al puro potere che emana Sukuna e Megumi ci tiene abbastanza alla sua vita da non voler correre il rischio di opporsi a quel potere.
“Fushiguro Megumi,” risponde.
Sukuna fa due passi indietro. “Ti unirai a me per cena,” dice, prima di uscire dalla stanza.
Uraume entra nella stanza occupata da Megumi. Megumi si alza dal tatami e resta seduto, guardando la persona appena entrata nella stanza.
Uraume lo guarda come se fosse un insetto fastidioso e vagamente disgustoso che si guarda con sospetto, pronti a schiacciarlo nel caso decidesse di avvicinarsi troppo.
"Seguimi," dice con voce secca e si volta, senza aspettare che Megumi lo faccia veramente.
Megumi si alza dal letto. Le gambe, dopo chissà quanti giorni passati a letto, sembrano fatte di gelatina e per un momento non è convinto che siano in grado di reggere il suo peso.
Uraume non rallenta il passo, Megumi si appoggia al muro nei corridoi per sostenersi. Uraume lo guida giù per una scalinata, poi un'altra, nei meandri di quell'edificio che sembra costruito come un labirinto.
L'ultima scalinata è scavata direttamente nella roccia, nera e scura. L'aria è fredda e umida, la luce del giorno che aveva illuminato i corridoi di legno chiaro è ormai sparita.
A Megumi sembra di star scendendo nei meandri della terra. L'aria comincia a scaldarsi, l'umidità è talmente densa che a Megumi sembra di entrare in una piscina calda.
Dal fondo delle scale arriva rumore di acqua che scorre, si fa sempre più forte mano a mano che scendono le scale e il calore si fa quasi insopportabile.
Arrivano al fondo della scalinata, davanti a Megumi si apre una grande sala scavata nella roccia nera, pozze d'acqua calda sono sparse per tutta la sala.
Accanto all'acqua, Megumi trova degli asciugamani puliti e appeso ad una sporgenza della roccia alla destra dell'entrata Megumi vede un kimono. È di un blu acceso, dello stesso colore del cielo subito dopo il tramonto estivo. Megumi ci passa le mani sopra, la seta è delicata e liscia contro le sue dita e fresca, di qualità decisamente maggiore anche del kimono rituale che Megumi aveva indossato per il rituale. Si chiede che fine abbia fatto, dal momento che i vestiti che indossa adesso sono diversi, anche se nel sonno non si è accorto di nulla.
"Puoi entrare nell'acqua. Io resterò di guardia all'entrata. Se serve qualcosa, chiama," si inchina Uraume, che ha l'aria di chi preferirebbe accoltellare Megumi piuttosto che inchinarsi davanti a lui.
Megumi entra lentamente nella pozza più vicina. L'acqua è bollente e come un balsamo sulla sua pelle, distende i muscoli di Megumi e gli toglie di dosso il sudore accumulato.
Quando sente di essersi lavato abbastanza - e che se passasse altro tempo nell'acqua rischierebbe di svenire - esce lentamente dall'acqua, sentendosi di essere tornato ad abitare la sua pelle dopo giorni confusi. Non sa ancora bene dove sia né quale sia la sua situazione, ma deve pensare a stare meglio come prima cosa.
Si asciuga con i teli lasciatigli accanto alle vasche, rabbrividisce al contatto con l'aria della caverna, e si avvicina al kimono. È complesso da indossare, soprattutto senza aiuto, ma Megumi è abbastanza soddisfatto del risultato finale.
Uraume non sembra essere d'accordo. Quando di avvicina, squadra Megumi da capo a piedi e senza dire nulla allunga le mani verso di lui e comincia a sistemargli addosso la stoffa.
"Grazie," mormora Megumi quando ha finito.
"Non posso permetterti di presentarti davanti al nobile Sukuna in condizioni pietose."
A Megumi non sembrava di essere in condizioni pietose, ma non lo dice ad alta voce.
Megumi viene ancora una volta guidato da Uraume, il kimono bianco candido che indossa, dello stesso colore dei suoi capelli, struscia contro le sue caviglie ad ogni passo sollevando un sottile fruscio.
Megumi prova a tenere conto di dove stiano andando, ma dopo la terza svolta ha già perso ogni senso dell'orientamento e si limita a seguire passivamente Uraume.
Arrivano davanti ad una sala, Uraume si mette laterale alla porta e la apre con un piccolo inchino. Megumi capisce: deve entrare da solo.
Fa un passo nella stanza, sente la porta chiudersi alle sue spalle con un fruscio, ma lo registra distrattamente.
Davanti a lui, Sukuna lo sta già aspettando. In una stanza illuminata da candele sparse, Sukuna è inginocchiato ad una estremità del lungo tavolo di legno.
Con una mano fa cenno a Megumi di accomodarsi, con l'altra continua a portare cibo alla sua bocca.
Megumi siete all'estremità opposta del tavolo. Il cibo davanti a lui è abbondante e raffinato, più di quanto non abbia mai avuto occasione di vedere, ma Megumi riconosce che sono piatti facilmente digeribili, adatti a qualcuno che abbia passato i giorni precedenti a letto.
Megumi comincia titubante a mangiare, aspettandosi un rimprovero che non arriva.
Megumi è teso, mangia lentamente, si sente addosso gli occhi di Sukuna, inamovibili, ma non osa alzare i suoi e ricambiare lo sguardo. Continua ad aspetterei qualcosa che non arriva, non fino a quando non hanno finito di mangiare.
Come se convocati a comando, non appena terminano di mangiare, dei servitori entrano a frotte nella sala, liberano il tavolo e servono il tè. Sukuna continua a non dire niente e Megumi non riesce più a sopportare il silenzio.
“Non mi hai ucciso,” dice, rompendo il silenzio e tenendo lo sguardo fisso sulla tazza di tè tra le sue mani. Ne fa roteare il contenuto nervosamente.
Megumi sente la creatura ridacchiare dal lato opposto del tavolo. “Sei interessante.”
A Megumi non piace il modo in cui quelle parole gli scivolano addosso.
“Interessante?”
“Nessuno ha più cercato di attaccami direttamente da un po’ di tempo a questa parte. Sei molto coraggioso, o molto stupido.”
A giudicare dal modo in cui Sukuna ha reagito ai suoi attacchi, Megumi propenderebbe per il molto stupido, ma non lo dice ad alta voce.
“E che senso ha tenermi qui? Perchè non uccidermi come hai fatto con gli altri?”
“Gli altri?”
“Gli altri ragazzi offerti dai sacerdoti.”
Sukuna sembra rifletterci per un momento, le sue mani inferiori si appoggiano alle ginocchia, mentre con le altre sorseggia il suo tè. I suoi quattro occhi non si staccano mai da Megumi.
“Gli altri ragazzini che vagavano per la foresta?” chiede.
Megumi e annuisce, e Sukuna scoppia a ridere, di una risata crudele e sgradevole. “Dovevano essere dei sacrifici per me?” chiede tra le risate.
Megumi sente la furia montare in sè. Quei ragazzi hanno sacrificato la loro vita e vengono snobbati in questo modo, alcuni erano terrorizzati, ma nessuno è mai scappato: tutti disposti a sacrificarsi per il bene degli altri. Megumi compreso. Come osa quel demone farsi beffe di loro in quel modo? La rabbia cresce in lui, e gli occhi di Sukuna non lo abbandonano, sembrano bearsi della sua reazione, come se fosse esattamente quella che voleva ottenere. Il volto gli si piega in una smorfia soddisfatta, e Megumi sente di essere caduto in trappola - una farfalla nella ragnatela.
“Sacrifici,” Sukuna continua a ridere. “Pensavo solo che tentassero di scappare da quel posto di merda che è il villaggio sulla montagna.”
Megumi sente ogni pensiero congelarsi nel petto, la rabbia lo abbandona, lasciandolo senza forze, senza possibilità di restare dritto al tavolo.
“Vuol dire che tu… non hai mai chiesto…?” chiede in un sussurro, non sapendo neanche bene cosa voglia sapere, nè se voglia veramente saperlo.
Ogni cosa crolla in Megumi. E’ stato tutto inutile. Sono morti tutti inutilmente. Si porta una mano al petto e si piega su sè stesso, la tazza di tè gli cade dalle mani e cade sul pavimento con un rimbombo sonoro, il contenuto si rovescia sul legno chiaro.
Sukuna si fa improvvisamente serio, “Cosa avrei dovuto farne di loro?”
“I sacerdoti— “
Sukuna scuote la testa, “Gli umani sono veramente caduti in basso.”
Megumi alza la testa, “Puoi dirmi almeno cosa è successo loro?”
Sukuna lo guarda, non addolcisce la parole. “Alcuni sono morti di freddo, altri per gli animali. Ma qualcuno è riuscito ad attraversare la foresta e uscire sano e salvo dall’altra parte. I più intelligenti ce l’hanno fatta.”
“Vuol dire i più grandi.”
“O i più fortunati.”
“Cosa accadrà a me?”
Sukuna sorride, maligno. “Potresti finalmente essere il primo a fare quello per cui sei stato mandato qui. Tenere al sicuro il tuo villaggio,” dice con voce melliflua.
“E che cosa vuoi in cambio?”
Sukuna sorride, come se fosse soddisfatto della sua risposta, poi appoggia la tazza di tè sul tavolo e si alza in piedi.
“Buonanotte, Fushiguro Megumi,” dice uscendo dalla stanza.