ossessione/interesse
Mar. 31st, 2021 07:30 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Fandom: JJK
Missione: M6 - Liberosis
Parole: 1322
Rating: safe
Sukuna rientrò nell’appartamento che condivideva con il fratello gemello, trovandolo pieno di gente che non ricordava di aver mai visto prima. Ovunque sono sparse bottiglie di birra e bicchieri di plastica pieni di non vuole sapere che cosa, la musica ha un volume abbastanza alto da costringere gli ospiti a urlare per potersi parlare.
Una festa in piena regola.
Non gli sarebbe neanche dispiaciuto partecipare, se solo non avesse avuto un’emicrania terribile che gli dava la sensazione che la sua testa stesse per spaccarsi a metà dopo aver sostenuto l’ultimo esame della sessione.
Pazienza, si disse. Avrebbe privato quella festa della sua presenza, tanto senza di lui non sarebbe stata chissà quale grande cosa.
Attraversò il soggiorno del proprio appartamento senza salutare nessuno, per strada prese abbastanza cibo da poter essere considerato una cena decente e qualcosa da bere, e si chiuse nella sua camera, contento di non trovare nessuno che stesse scopando nel suo letto.
Dopo aver mangiato, si mise dei vestiti comodi e si buttò direttamente sul letto. I rumori che provenivano dal resto della casa continuavano a disturbarlo, musica e risate di gente ubriaca che celebrava la fine della sessione d’esami, così si allungò verso il comodino per recuperare le sue cuffie e scegliere un album.
Chiuse gli occhi, immaginò la scena di andare a svegliare la mattina dopo Yuji per costringerlo a pulire casa nonostante il dopo sbornia - col cazzo che lui si sarebbe messo a fare qualcosa, mica era la sua festa - e si addormentò ancora prima di terminare la prima canzone.
Sukuna si svegliò nel bel mezzo della notte. L’album che aveva scelto prima di addormentarsi era arrivato alla fine, le cuffie erano storte e scomode sulla sua testa e, da fuori della sua stanza, non sembra provenire più alcun rumore.
C’era qualcuno nel suo letto.
Sukuna sbatté le palpebre un paio di volte, ancora troppo ancorato al sonno perché il suo stupore si trasformasse in rabbia. Tutto quello che riuciva a vedere dalla sua posizione era una massa di capelli neri e una schiena che, nella luce fioca che entra dalla finestra, si alzava e si abbassava al ritmo regolare del respiro.
Si tirò su sul letto, e il movimento sembrò disturbare il ragazzo, che si voltò verso Sukuna tenendosi strette addosso le coperte e aprì gli occhi. Anche nell’oscurità erano di un verde brillante.
Sukuna stava per chiedergli chi fosse e che cosa ci facesse nel suo letto, ma fu il ragazzo a parlare per primo.
“Devo andare in bagno,” disse con voce roca e alzandosi dal letto. “Mi rimedieresti un pigiama? I jeans stringono,” continuò prima di uscire dalla stanza.
Sukuna, non sapeva bene neanche lui per quale motivo, allungò il braccio verso il comodino e ne tirò fuori un pigiama di un rosso intenso.
Il ragazzo tornò poco dopo, prese il pigiama e si cambiò nel bel mezzo della stanza, senza preoccuparsi di Sukuna che non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, poi si infilò nuovamente nel letto, un po’ più vicino a Sukuna di quanto non fosse stato prima, come un gatto alla ricerca di calore.
Il ragazzo si addormentò in un attimo, e Sukuna era troppo stanco e confuso per fare domande. Si liberò dalla stretta delle cuffie, appoggiò la testa sul cuscino, e crollò nuovamente addormentato.
Il sole era già alto quando la mattina dopo Sukuna aprì nuovamente gli occhi, aveva dimenticato di chiudere le tende la sera prima.
Era solo in camera. Del ragazzo che aveva dormito con lui non c’era neanche l’ombra, il pigiama che gli aveva prestato era ordinatamente piegato su una sedia, l’unica traccia che qualcun altro fosse stato in quella stanza ad eccezione di Sukuna.
Non importa, si disse Sukuna.
Il problema, Sukuna fu costretto ad ammettere, era che importava. Sukuna si ritrovò a strizzare gli occhi in giro per il campus ogni volta che vedeva una massa di capelli neri. Si guardava intorno con fare ossessivo, durante le lezioni, nei dintorni dell’università. Aveva anche cominciato a fare attenzione agli amici di suo fratello, cosa che non aveva mai fatto prima - non gliene era mai fregato molto di che gente frequentasse suo fratello, ognuno conduceva la sua vita, si tenevano aggiornati ma a distanza.
La sera prima, durante la cena, consumata sul divano davanti alla nuova puntata di uno show di Netflix con cui Yuji si era fissato, Sukuna era arrivato a tanto così dal chiederglielo, ma cosa avrebbe potuto chiedergli, “chi era il tizio con i capelli neri che si è infilato nel mio letto la sera della festa”? E sottoporsi alle costante prese in giro di Yuji? Non ne valeva la pena.
Eccetto che ne valeva la pena, perchè quella cosa, qualunque cosa fossa, lo stava tormentando. E Sukuna non avrebbe voluto pensarci, avrebbe fatto di tutto pur di non pensarci - aveva cominciato a studiare anche la sera per distrarsi, aveva cominciato ad uscire di più con gli amici - anche nella speranza di incontrare quella massa di capelli neri e quegli occhi verdi brillanti, ma non lo avrebbe mai ammesso.
“Organizziamo una festa,” disse Sukuna seduto al tavolo della cucina. Era ormai sceso a patti con la sua ossessione, e l’unico modo per guarire sembrava ormai quella di assecondarla e scoprire quanto più potesse sul ragazzo in questione.
Yuji non avrebbe potuto sembrare più sconvolto dalla proposta.
“Che c’è?” continuò rude Sukuna. “Non posso dare una festa?”
“Non vuoi mai dare feste, odi le feste perchè non hai stuoli di persone raccolti intorno a te pronti a baciare la terra su cui cammini”
“Questa volta mi va di dare una festa.”
“Chi sei tu e cosa hai fatto di mio fratello?”
Sukuna fulminò Yuji con lo sguardo e Yuji chiuse quella tangente, rendendosi probabilmente conto di star camminando sul filo del rasoio.
Yuji sospirò, “Chi dovremmo invitare?”
“Quelli che hai chiamato l’altra volta?” Sukuna cercò di suonare disinteressato. “E aggiungo qualcuno del mio gruppo.”
Yuji continuava a guardarlo con sospetto, ma Sukuna finì di mangiare la sua cena e si chiuse in camera sua. Non aveva voglia di gestire un fratello ficcanaso.
La sera della festa, Sukuna navigava per le stanze con fare disinteressato. Beveva, chiacchierava con i suoi soliti amici al di sopra del caos della musica e delle persone. In un angolo, Sukuna vide suo fratello parlare con un tizio dai capelli bianchi.
Se non andava errato era un assistente di un professore, avrebbe dovuto investigare la cosa, a giudicare dal modo in cui quei due si ronzavano intorno.
Del ragazzo dai capelli neri, però, non c’era ancora nessuna traccia. Sukuna lo vide solamente dopo almeno un ora.
Era arrivato e si era messo a chiacchierare con Yuji e quel maniaco di assistente del professore - Sukuna aveva avuto una sola lezione con lui e gli era stata sufficiente per odiarlo, era abbastanza convinto che la cosa fosse reciproca, ma quale miglior momento per confermarlo?
Sukuna attraversò la stanza, appoggiò il gomito sulla spalla di suo fratello.
“Che ci fai qui?”
Gojo, esattamente come si aspettava, sorrise e lo guardò attraverso le lenti degli occhiali da sole, “Sono stato invitato,” disse con un sorriso, come se la questione non lo toccasse.
Il ragazzo con i capelli neri guardò Sukuna con il naso arricciato e l’aria vagamente disgustata. Sukuna sorrise trionfante, era esattamente quello che voleva.
“E tu saresti?” gli chiese.
“Fushiguro, non devi—” provò ad intromettersi Yuji, ma il ragazzo non gli diede il tempo di finire la frase.
“Fushiguro Megumi,” rispose, con voce ferma e senza staccare mai gli occhi verdi da quelli rossi di Sukuna.
Sukuna venne chiamato da Uraume, si voltò nella sua direzione e poi lanciò un’altra occhiata a Fushiguro prima di allontanarsi da lì. Fushiguro non sembrava aver mai staccato gli occhi da lui.
Sukuna si allontanò dal gruppetto e tornò a raggiungere i suoi amici.
Fushiguro Megumi, eh? Interessante.